REPUBBLICA ITALIANA

N.                  Reg. dec.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.                  Reg. ric.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL  LAZIO        (Sezione  II quater)

ha pronunciato la seguente

ANNO 2007

              SENTENZA

sul ricorso n. 484/2006 proposto da LI MING QUAN, rappresentato e difeso dallĠavv. prof. Francesco Saverio Fortuna ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, in Corso Trieste n. 16;

contro

il Ministero dellĠInterno, in persona del Ministro in carica, e Questura di Roma , in persona del Questore p.t., rappresentati e difesi Òex legeÓ dallĠAvvocatura Generale dello Stato, legalmente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per lĠannullamento, previa sospensiva,

- del decreto della Questura di Roma del 25.10.2005, con il quale  stata rigettata lĠistanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentato dal ricorrente;

- di ogni altro atto preordinato, connesso o conseguenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto lĠatto di costituzione  in giudizio del Ministero dellĠinterno;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore allĠudienza pubblica del 19 dicembre 2006 il Primo Referendario Floriana Rizzetto;

Uditi lĠavv. Roberto Savarese, su delega dellĠavv. E. Vignola, per il ricorrente e, ai preliminari, lĠavv.to dello Stato Saulino per il Ministero dellĠInterno;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Il ricorrente impugna, chiedendone lĠannullamento, lĠatto indicato in epigrafe, con cui  stata respinta lĠistanza di rinnovo del permesso soggiorno per lavoro dipendente presentata dallo stesso in considerazione della sussistenza di una condanna penale ostativa al soggiorno in Italia ex art. 26, comma 7-bis, del D.lvo n. 286/98, essendo il predetto stato condannato per violazione delle norme a tutela del diritto dĠautore dal Tribunale di Ravenna con decreto penale di condanna (non opposto) in data 13.12.2004  per i reati di cui agli art. 648 co.2 c.p. continuato con artt. 81 e 474 c.p. in quanto acquistava e deteneva, a fini di rivendita, orologi e penne false.

Con un unico articolato motivo di ricorso si lamenta: violazione dellĠ art. 26, comma 7-bis, e degli artt. 4 e 5 del D.lvo n. 286/98, nonchŽ eccesso di potere per insufficienza ed irrazionalitˆ della motivazione; per erronea valutazione dei fatti e difetto dei presupposti; per travisamento e sviamento dellĠinteresse pubblico nonchŽ per ingiustizia manifesta. Il ricorrente ritiene che il reato commesso sia ostativo solo al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, e non invece al rinnovo per lavoro subordinato, per il quale devono ritenersi ostativi solo i reati espressamente menzionati nellĠart. 4, co. 3, del D.L.gs n. 286/1998.

Con ordinanza n. 1166 del 22.2.2006  stata accolta lĠistanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.

Si  costituito in giudizio il Ministero dellĠInterno, senza svolgere difese scritte.

AllĠudienza pubblica del 19 dicembre 2006 la causa  stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La questione sottoposta allĠesame del Collegio concerne il problema dellĠindividuazione dellĠambito applicativo dellĠart. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

Tale comma, aggiunto dallĠart. 21, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, stabilisce che Òla condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e lĠespulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblicaÓ.

Come  possibile constatare, la disposizione sopra riportata prevede una sanzione indubbiamente grave per il cittadino extracomunitario che commetta un reato legato alla tutela del diritto dĠautore e dei marchi industriali, onde  di estrema importanza stabilire se essa riguardi i soli permessi per lavoro autonomo o debba estendere i suoi effetti fino a comprendere anche i permessi rilasciati per lavoro subordinato o ad altro titolo.

A favore della interpretazione pi restrittiva sembra deporre in primo luogo la collocazione della norma in questione, la quale, trovandosi allĠinterno dellĠarticolo di legge che disciplina il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo dovrebbe ritenersi applicabile solo nei casi in cui lo straniero condannato per i reati sopra specificati sia titolare di un permesso rilasciato a tale titolo. In secondo luogo vi  la considerazione che mancherebbe una esplicita estensione del dettato legislativo a qualsiasi tipo di permesso.

LĠopzione ermeneutica sopra riportata parrebbe poi ulteriormente confermata dalla circostanza che i reati di cui si tratta non sono riconducibili, per tipologia e pena edittale, a quelli rientranti nei commi 1 e 2 dellĠart. 380 c.p.p. ovvero tra gli altri reati tassativamente indicati dallĠart. 4, comma 3, del citato D.Lgs. n. 286/1998 come ostativi allĠingresso ed alla permanenza dei cittadini extracomunitari nel territorio nazionale.

Ad avviso della Sezione la soluzione sopra delineata non appare del tutto convincente.

In proposito va previamente rilevato che i reati consistenti nella vendita di merce contraffatta con segni falsi, sanzionati a tutela del diritto dĠautore, a differenza degli altri sopra specificati, non possono considerarsi manifestazione di pericolositˆ sociale in quanto espressione di azioni violente, aggressive o comunque incidenti sulla incolumitˆ dei cittadini e sullĠordine pubblico, atteso che lĠantigiuridicitˆ dei comportamenti sanzionati dalla legge risiede essenzialmente nella loro idoneitˆ a generare un grave danno economico e di immagine a carico delle aziende che producono gli articoli oggetto di contraffazione. Tuttavia la pericolositˆ sociale dei comportamenti stessi va ricercata oltre che negli effetti sopra delineati anche nella idoneitˆ dellĠattivitˆ commerciale illecita a veicolare sul libero mercato prodotti provenienti da organizzazioni criminali le quali ampliano in tal modo il loro giro di affari illegali.

Se ci˜  vero, non sembra dubitabile che lo scopo precipuo perseguito dal legislatore sia stato quello di impedire che lo straniero si dedichi a tempo pieno ad una attivitˆ illecita dalla quale egli tragga, almeno in via prevalente, se non esclusiva, i propri mezzi di sostentamento favorendo il propagarsi dellĠattivitˆ criminale di chi gli fornisce la merce contraffatta.

Per tale ragione la norma si palesa correttamente collocata nellĠambito delle disposizioni che regolano il permesso di soggiorno per lavoro autonomo, prevedendone quindi la revoca (se il permesso sia in corso di validitˆ) con contestuale allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.

EĠ evidente che, ove il permesso in questione sia, invece, scaduto e ne venga chiesto il rinnovo, questo non potrˆ essere concesso qualora il richiedente si sia reso colpevole degli stessi reati che ne avrebbero comportato il ritiro.

Conseguenza di siffatto ragionamento  che se il colpevole dei suddetti reati allĠevidente scopo di eludere la sanzione di cui allĠart. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. n. 286/1998 chieda alla scadenza del permesso la sua trasformazione da lavoro autonomo a lavoro subordinato ed il reato sia stato commesso nel periodo di vigenza del titolo di soggiorno scaduto, il rinnovo non potrˆ essere accordato, ancorch si verta in ipotesi di rilascio di permesso per lavoro subordinato, non potendosi consentire che lĠinteressato possa a suo piacimento mutare il ripetuto permesso per non incorrere nella espulsione dal territorio nazionale.

Stima peraltro il Collegio che lĠapplicazione del menzionato comma 7 bis debba essere consentita anche nellĠipotesi in cui  lo straniero che sia giˆ titolare di permesso per lavoro subordinato alla scadenza ne chieda il rinnovo dopo aver riportato condanna per reato concernente il falso dĠautore.

In linea di principio, invero, non  da escludere che il titolare di un rapporto di lavoro subordinato possa nel tempo libero (e, cio, dopo lĠorario di lavoro, nel fine settimana o nei periodi di ferie) dedicarsi alla vendita di articoli contraffatti.

In tal caso la norma di che trattasi potrˆ del pari trovare applicazione poich la pericolositˆ sociale dello straniero sarˆ comunque sussistente, in ragione della oggettiva valenza della condotta criminosa vietata dal legislatore, restando invece indifferente ai fini considerati la maggiore o minore gravitˆ della condotta stessa risultante dalla entitˆ della pena inflitta, dalla quantitˆ della merce venduta e dalla frequenza con cui lĠattivitˆ illecita  stata svolta, fattori tutti dai quali pu˜ arguirsi il grado di inserimento del cittadino extracomunitario nella catena distributiva collegata con le organizzazioni criminali dedite alla contraffazione.

DĠaltro canto la riferibilitˆ del dettato normativo in argomento alla fattispecie in esame trova la sua ragion dĠessere nella considerazione che ai sensi dellĠart. 14, comma 1, lett. a), Òil permesso di soggiorno rilasciato per lavoro subordinato non stagionale consente lĠesercizio di lavoro autonomo, previa acquisizione del titolo abilitativo o autorizzatorio...Ó, sicch non vi  incompatibilitˆ assoluta tra la prestazione di lavoro subordinato e lo svolgimento di una parallela attivitˆ costituente espressione di lavoro autonomo che, ove riguardi la vendita di merce contraffatta, oltre ad essere non autorizzata  anche illecita e, come tale, ancor pi meritevole di repressione. 

Nella specie il ricorrente ha dimostrato di essere entrato nel territorio nazionale nellĠanno 2001 con visto di ingresso per lavoro subordinato e di avere contestualmente ottenuto permesso di soggiorno a tale fine.

Detto permesso gli  stato rinnovato nel 2003, sempre per lavoro subordinato, che  stato intrattenuto con una sartoria in Roma, cittˆ nella quale lĠinteressato sembra avere eletto il proprio domicilio (sebbene abbia dimorato per periodi imprecisati anche ad Osoppo ed a Guidonia).

Il rapporto in questione, tuttavia, pur avendo durata indeterminata,  stato instaurato a tempo parziale con un orario medio di sole 20 ore settimanali.

LĠassunzione in servizio ha avuto decorrenza dallĠaprile 2003 e nel successivo mese di agosto, come comprovato dal modello INAIL depositato agli atti, lĠinteressato ha goduto di soli cinque giorni di ferie. Ci˜ malgrado egli ha avuto modo di recarsi a Milano marittima ove il giorno 2 dello stesso mese ha commesso il reato ascrittogli consistente nella vendita, al fine di trarne profitto, della merce contraffatta procurata illecitamente e consistente in n. 17 penne a sfera marca Mont Blanc, n. 18 orologi marca Rolex, n. 3 orologi marca Frank Muller e n. 2 orologi marca Raio Mir Panerai.

Orbene dalle circostanze sopra evidenziate si evince che il rapporto di lavoro subordinato non ha impegnato a pieno tutte le energie lavorative del ricorrente il quale ha cos“ avuto modo di svolgere la propria attivitˆ illecita anche a notevole distanza dal luogo di residenza.

Inoltre la non indifferente quantitˆ della merce trovata in suo possesso rivela che la illegittima attivitˆ di vendita non ha avuto carattere marginale, e quindi saltuario, come del resto si deduce anche dalla comminata aggravante per la continuazione del reato.

Pertanto il Collegio, ad un pi meditato esame della controversia, ritiene di doversi discostare dallĠorientamento seguito nella fase cautelare del giudizio, in quanto nella specie non  ravvisabile la denunciata violazione dellĠart. 26, comma 7 bis, del pi volte citato D.Lgs. n. 286/1998 che risulta correttamente applicato.

Quanto al richiamo allĠart. 5, commi 5 e 9, del medesimo decreto legislativo, contenuto nellĠatto impugnato, esso appare in realtˆ superfluo ma, assumendo carattere meramente rafforzativo, non ha alcun effetto viziante sulle determinazioni adottate dalla Questura di Roma.

Da ultimo non  configurabile il dedotto vizio di eccesso di potere per carenza di motivazione in ordine al giudizio di pericolositˆ sociale poich, una volta accertata la concreta applicabilitˆ del ridetto art. 26, comma 7 bis, il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno costituisce atto vincolato in relazione al quale non sussiste alcuna discrezionalitˆ da parte dellĠamministrazione.

In conclusione, palesandosi infondate le censure dedotte, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusta ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autoritˆ Amministrativa.

Cos“ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 dicembre 2006, con lĠintervento dei Magistrati:

Italo RIGGIO                                    Presidente

Renzo CONTI                                  Consigliere

Floriana RIZZETTO                       Primo Referendario, estensore.