Sono oltre 50 milioni oggi nel mondo i profughi causati da eventi metereologici estremi. E nel 2050 potrebbero diventare 200 milioni. Desertificazione, siccità, scioglimento dei ghiacciai, crescita dei livelli del mare, alluvioni e uragani, sono le emergenze umanitarie denunciate da Legambiente nel rapporto "Profughi ambientali".
Secondo il dossier di Legambiente, se fino a qualche anno fa erano le guerre la principale causa delle emigrazioni di massa, a rappresentare il principale fattore determinante oggi è il riscaldamento globale. Nel 2008 infatti a fronte dei 4,6 milioni di profughi in fuga da guerre e violenze, sono state 20 milioni le persone costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito a eventi meteorologici estremi. Solo tra il 2005 e il 2007, riferisce una nota diffusa da Legambiente, l'Unhcr ha risposto a una media annua di 276 emergenze in 92 Paesi, oltre la metà delle quali causate da calamità, il 30% da conflitti e il 19% da emergenze sanitarie. Secondo stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 si raggiungeranno i 200/250 milioni di persone coinvolte, con una media di 6 milioni di uomini e donne costretti ogni anno a lasciare i propri territori.
Per queste vittime, riferisce l'associazione ambientalista, mancano sostegno e aiuto umanitario. "Nonostante l'emergenza umanitaria ormai evidente a livello internazionale - ha commentato Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente - dal punto di vista giuridico i profughi ambientali non esistono, non essendo stati riconosciuti come "rifugiati" dalla Convenzione di Ginevra del 1951, né dal suo Protocollo supplementare del 1967". "La soluzione del problema dei nuovi migranti - ha proseguito - passa necessariamente per il riconoscimento del loro diritto a godere del sistema di protezione internazionale accordato a profughi e richiedenti asilo. Ma oltre all'immediata necessità di uno status giuridico per loro, la vera urgenza consiste nel comprendere che l'emergenza va affrontata a partire da un serio impegno collettivo nella lotta ai cambiamenti climatici".
Le emergenze ambientali riguardano oggi i piccoli Stati insulari del Pacifico e dell'Oceano Indiano, che rischiano in un futuro prossimo di essere sommersi a causa dell'innalzamento del livello del mare, gli Stati africani resi sempre più vulnerabili da siccità e desertificazione, i Paesi costieri esposti sia ai cicloni che all'innalzamento dei mari. Ma anche l'Italia dove, negli ultimi 20 anni, si è triplicato l'inaridimento del suolo e si stima che il 27 % del territorio nazionale rischia di trasformarsi in deserto. Più interessate sono le regioni meridionali, dove l'avanzata del fenomeno rappresenta già da un decennio una vera e propria emergenza ambientale.
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