MOZIONE
“In merito all’eventuale
collocazione di un Centro di Identificazione ed Espulsione in Toscana”
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO
CHE
l’articolo 14 del D.Lgs. 286/1998, così come modificato dalla Legge 189/2002 (c.d. legge Bossi-Fini), prevede che
“quando non sia possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante
accompagnamento”, “il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il
tempo strattamente necessario presso” il CIE cioè presso il Centro di Identificazione ed Espulsione e che quindi questi siano destinati al
trattenimento, convalidato dal Giudice di Pace, dei cittadini stranieri
extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione;
dall’8 agosto 2009, con
l’entrata in vigore della legge 15 luglio 2009, n. 94 (c.d. Pacchetto
Sicurezza), il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è
passato da 60 giorni a 180 giorni complessivi, rafforzando così la loro natura
di luoghi di permanenza obbligatoria, caratterizzandosi come luoghi di detenzione
amministrativa delle e dei migranti;
SOTTOLINEATO
come la visione alla base del Pacchetto Sicurezza- nel quale si
introduce il reato di “presenza irregolare sul territorio nazionale”- e delle
altre norme di contrasto all’immigrazione clandestina adottate dal governo di
centro-destra, colleghi in maniera diretta, impropria e non condivisibile il
tema dell’immigrazione unicamente a quello della sicurezza;
CONSIDERATO
CHE
l’articolo 2 della Costituzione Italiana afferma che “la
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (….) e
richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”;
l’articolo 117, comma 2, (lett. a e b), riserva in via esclusiva alla competenza
legislativa dello Stato le materie di politica estera e rapporti internazionali
dello Stato, diritto di asilo e condizione giuridica di cittadini di Stati non
appartenenti all’Unione Europea ed in materia di immigrazione (lett. b) e che, in questo quadro, la legge nazionale
(art. 3 c. 5 D.Lgs. 286/98) riconosce che “le Regioni, le Province,
i Comuni e gli altri Enti Locali
adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di
rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti
e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con
particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio, alla lingua,
all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona
umana” e che ovviamente tale potestà si estende anche ai migranti presenti nei Centri di Identificazione ed Espulsione;
che, a conferma di questo assunto,
rispetto ai Centri di Identificazione ed Espulsione, la Corte Costituzionale, con sentenza
n. 300/2005, ha riconosciuto che è costituzionalmente legittima la previsione
che la Regione svolga “attività di osservazione e monitoraggio, per quanto di
competenza ed in raccordo con le prefetture, del funzionamento dei centri di
permanenza temporanea”;
inoltre, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 134/2010, nel ribadire il carattere esclusivo della
competenza statale relativo alla costituzione ed individuazione dei CIE, ha ritenuto propri della competenza
legislativa concorrente e residuale delle Regioni i compiti di osservazione
e monitoraggio del funzionamento dei CIE e ha riconosciuto proprie delle
Regioni le funzioni di assistenza ed in particolare di assistenza sanitaria
all’interno di tali centri;
che, dal quadro legislativo e
giurisprudenziale sopra delineato, ferma restando la competenza dello Stato
nell’istituire e gestire i centri di identificazione ed espulsione, parimenti
si evince il dovere, da parte della Regione, di vigilare e monitorare, per
quanto di propria competenza, l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali
della persona e degli standard garantiti ai migranti dalle leggi vigenti e
dalle convenzioni internazionali in materia, affinché tali strutture non si
trasformino in veri e propri centri di detenzione;
SOTTOLINEATO
che in tale ambito di competenza si inseriscono le norme e le
finalità della legge 29/2009, tesa a far sì che tutti coloro che dimorano
sul territorio della Regione Toscana, anche se non in possesso del diritto di
soggiorno, possano ricevere gli interventi socio assistenziali urgenti ed
indifferibili necessari ad avere la garanzia del rispetto dei diritti
fondamentali riconosciuti ad ogni persona dalla Costituzione repubblicana e
dalle altre norme internazionali;
RICHIAMATO
CHE
il citato art. 14, al comma 2, afferma che
in tali centri deve essere assicurata “allo straniero irregolare trattenuto (…)
la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità”;
l’art. 21 del D.P.R. 394/1999 specifica
che le modalità del trattamento nei CIE “devono garantire, nel rispetto del
regolare svolgimento della vita in comune, la libertà di colloquio all’interno
del centro e con visitatore proveniente dall’esterno, in particolare con il
difensore che assiste lo straniero, e con i ministri di culto, la libertà di
corrispondenza, anche telefonica, ed i
diritti fondamentali della persona” e che in tali centri devono essere presenti
“i servizi sanitari essenziali, gli interventi di socializzazione e la libertà
di culto” e i “servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza,
promozione umana e sociale”;
RILEVATO
CHE
all’interno dei CIE si sono verificati gravi violazioni dei diritti umani, come denunciato sia da inchieste ed articoli
di stampa, sia dalle
associazioni di volontariato e dalle associazioni per la tutela dei diritti
umani tra le quali anche Amnesty International e Medici senza Frontiere,
nonché dall’indagine interministeriale presentata dall’Ambasciatore de Mistura
(2007);
per quanto sopra ricordato occorre constatare
come il funzionamento dei CIE
si
discosti dai dettati legislativi e non garantisca nei fatti il rispetto dei diritti umani dei e delle migranti, mantenendo così tutti i
profili già sollevati di dubbia costituzionalità;;
RITIENE
CHE
lo strumento dei CIE si sia
rivelato inefficace poiché si fonda sulla idea di detenzione amministrativa, in
particolare dalla recente modifica legislativa che ha triplicato il periodo di
trattenimento e che in tali contesti si venga a creare una pericolosa
commistione di presenze tra lavoratrici/lavoratori, clandestine/i, richiedenti
asilo…che rende assai problematica la gestione dei centri stessi;
fermo restando la competenza dello Stato per la promozione delle procedure
che consentano la
costituzione di un CIE in Toscana, la
Regione ha il dovere ed il diritto di vigilare e monitorare in merito all’effettivo rispetto dei
diritti umani fondamentali dei migranti presenti;
la clandestinità sia un
fenomeno da contrastare favorendo anche l’apertura di canali di ingresso
legali, adottando programmi seri di cooperazione allo sviluppo, riconoscendo e
garantendo il diritto d’asilo, promuovendo la cultura dei pari diritti e dei
pari doveri, garantendo il diritto al ricongiungimento familiare e attuando
serie politiche di integrazione sociale come quelle delineate dalla legge
regionale 29/2009 e compiute dalla Regione Toscana già da molti anni
tramite gli atti di programmazione;
IMPEGNA LA
GIUNTA REGIONALE
A favorire, in coerenza con la L.R. 29/2009,
processi di promozione della coesione sociale con l’obiettivo di costruire una
comunità plurale e coesa nella quale si valorizzi il contributo positivo delle
differenze nel contesto civile e culturale delle nostre realtà locali;
A rivendicare la prerogativa della Regione nel
monitoraggio del rispetto dei diritti fondamentali della persona, delle leggi
vigenti e delle convenzioni internazionali, nonché la propria competenza in
materia di integrazione sociale;
A ribadire la propria contrarietà al modello di
CIE finora sperimentato (grassetto di Paolo) poiché, fondandosi sul
concetto di detenzione amministrativa e su periodi di trattenimento di lungo
periodo, tale modello non ha garantito il pieno rispetto dei diritti dei
migranti, né una piena corrispondenza al dettato costituzionale;
Qualora vi fosse la richiesta del Governo Nazionale di attivare in Toscana un CIE, a garantire la
doverosa collaborazione
istituzionale proponendo un modello alternativo fondato su centri di piccola
dimensione, gestiti in collaborazione con le associazioni del settore presenti
sul territorio, con tempi di permanenza limitati, al fine di garantire l’integrazione e la
regolarizzazione del soggiorno come previsto dalla normativa statale e
internazionale e, più in generale, il rispetto e la dignità della persona, anche attraverso il sostegno
alla regolarizzazione amministrativa e lavorativa. (grassetto di
Paolo)
MOZIONE SOTTOSCRITTA DAI CAPIGRUPPO REGIONALI DELLA MAGGIORANZA (Vittorio
Bugli PD – Marta Gazzarri IDV – Monica Sgherri Fed Sinistra Verdi
– Pieraldo Ciucchi Ps) e APPROVATA a maggioranza dal Consiglio Regionale
nella seduta di mercoledì 9 giugno 2009