Una panoramica delle problematiche sanitarie della popolazione straniera nel nostro Paese e una mappatura delle politiche regionali di assistenza sanitaria agli immigrati. E' il quadro presentato dal progetto Migrazione e Salute finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità.
Dall'analisi dei dati è emerso che nei maschi stranieri le cause più frequenti di ospedalizzazione in regime ordinario sono risultate essere le fratture e i traumatismi, l'appendicite acuta e le bronchiti tra gli immigrati provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm), mentre tra cittadini provenienti da Paesi a sviluppo avanzato (Psa), compresi gli italiani, troviamo le patologie cardiache, quali l'insufficienza, l'infarto e le aritmie. Per quanto riguarda i ricoveri in Day-hospital, prevalgono in entrambi i gruppi gli accessi per chemioterapia, seguiti dalle patologie croniche (come il diabete mellito) tra i Psa e le malattie infettive tra i Pfpm.
Nelle donne la causa più frequente di ricovero ordinario è rappresentata dal parto tra le immigrate provenienti da Pfpm, mentre tra le Psa predominano le patologie croniche, legate all'insufficienza cardiaca e all'artrosi. In Day-hospital si conferma il dato relativo alle interruzioni volontarie di gravidanza che, in riferimento alle donne immigrate da Pfpm, rappresentano il 41% di tutti gli accessi (a fronte del 4% registrato tra le donne dei Psa).
Da un'analisi ad hoc basata sui dati del Sistema di Sorveglianza delle Malattie Sessualmente Trasmissibili (IST), gestito dall'ISS, è emerso come, dal 1990 al 2008, ci sono state circa 18.000 segnalazioni di caso a carico di persone non italiane. La proporzione annua tra gli stranieri (in maggioranza europei e africani) è passata dal 10% nel periodo fino al 1994 al 35% del 2008, dato questo interpretabile alla luce del forte incremento demografico registrato nel medesimo periodo a carico della popolazione immigrata presente in Italia. Gli stranieri con una IST sono prevalentemente eterosessuali, con bassa scolarità, poco propensi all'uso di droghe (1,2%) e che in un caso su cinque hanno già avuto una IST in passato. In particolare, più che negli italiani viene diagnosticata una gonorrea (9,3% vs 4,1%), una sifilide latente (15,6% vs 6,9%) o una infezione da clamidia (8,1% vs 5,7%). La prevalenza dell'infezione da HIV, invece, risulta minore rispetto agli italiani (5,3% vs 8,8%).
Per quanto riguarda l'analisi delle politiche sanitarie locali, dal progetto è emerso che quasi metà delle regioni italiane hanno un alto livello di attenzione verso il tema della salute degli immigrati. La Puglia è identificata come l'eccellenza, almeno come pianificazione degli interventi, mentre Calabria e Basilicata mostrano ancora un livello minimo e scarso di impatto delle politiche sanitarie per gli immigrati. Il Friuli Venezia-Giulia, in passato all'avanguardia, ha subito una battuta d'arresto ed anche la Lombardia non mostra particolare attenzione al tema. Per migliorare l'equità di accesso e la qualità di trattamento delle cure degli stranieri, secondo la ricerca, è necessario lavorare, oltre che su una pianificazione sanitaria specifica, su alcuni punti chiave, ovvero su indicatori di una politica migrant friendly per servizi culturalmente sensibili: la comunicazione e l'informazione rivolta a tutti gli immigrati; il superamento delle barriere di lingua e cultura sia per gli utenti che per il personale sanitario attraverso anche interventi di mediazione linguistico-culturale; investimento sulla formazione degli operatori di tutti i presidi sanitari, a partire da quelli a maggior flusso di immigrati.