L'Italia finanzia, la Libia deporta gli eritrei di Misurata. Ancora violenza e sangue, e l'Italia rimane a guardare.

 

La politica dei respingimenti collettivi, praticata dal governo italiano contro tutte le Convenzioni internazionali ha sigillato nei centri di detenzione libici migliaia di persone che avrebbero diritto di entrare in Europa e di ottenere asilo.

Dopo la celebrazione dei Òsuccessi storiciÓ conseguiti da Frattini e da Maroni nella Òguerra all'immigrazione illegaleÓ, con la chiusura quasi completa della rotta dalla Libia a Lampedusa, ancora una volta la tragica realtˆ dei fatti inchioda alle loro responsabilitˆ quanti hanno anteposto ragioni di natura economica e vantaggi elettorali al rispetto dei diritti umani e della stessa vita dei migranti.

 

A Misurata, in uno dei pochi centri di detenzione nei quali fino allo scorso mese aveva accesso l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nella giornata di luned“ scorso si sono avviate le pratiche per la deportazione in Eritrea di centinaia di richiedenti asilo, compresi donne e minori, ai quali stato richiesto di collaborare per le pratiche di identificazione affidate ad un rappresentante del governo dal quale erano fuggiti. Al loro rifiuto seguita una repressione violentissima da parte delle forze di polizia, con decine di feriti gravi e con la dispersione del gruppo di eritrei in altri centri di detenzione segreti che la Libia ha aperto grazie al sostegno politico e finanziario italiano. Al momento non si sa pi nulla delle persone che erano rinchiuse a Misurata, alcuni potrebbero essere stati trasferiti in altri centri di detenzione come quello di Sebha, uno dei pi terribili, di certo tutti hanno subito e stanno ancora subendo gravissimi abusi, indegni per qualsiasi paese che voglia definirsi civile e rischiano di essere dispersi nei tanti lager nel deserto ai confini meridionali della Libia.

 

Ancora poche settimane fa Amnesty International documentava le diffuse violazioni dei pi elementari diritti umani che la Libia infligge ai migranti, e il Parlamento Europeo lo scorso 17 giugno protestava per le esecuzioni capitali che la giustizia libica aveva sancito dopo processi farsa , in alcuni dei quali erano coinvolti anche degli immigrati come cofermato dal quotidiano Cerene , notoriamente vicino ˆ Saif al-Islam Kadhafi, figlio di Gheddafi. Questo giornale ha riferito Ò que 18 personnes, parmi lesquelles des ressortissants du Tchad, d'ƒgypte et du Nigeria, avaient ŽtŽ exŽcutŽes ˆ Benghazi le 30 mai, aprs avoir ŽtŽ condamnŽes pour meurtre avec prŽmŽditation; que leurs identitŽs n'ont pas ŽtŽ divulguŽes par les autoritŽs libyennesÓ.

 

Nella sua risoluzione il Parlamento europeo esprimeva forte preoccupazione per la sorte dei migranti bloccati in Libia, ricordando il divieto di trattamenti inumani o degradanti, oltre che della tortura e della pena di morte, affermando precisamenteÒque l'article 19, paragraphe 2, de la Charte des droits fondamentaux de l'Union europŽenne interdit tout Žloignement, expulsion ou extradition vers un ƒtat o il existe un risque sŽrieux que la personne concernŽe soit soumise ˆ la peine de mort, ˆ la torture ou ˆ d'autres peines ou traitements inhumains ou dŽgradantsÓ, mentre le trattative tra l'Unione Europea e Gheddafi i corso da mesi si erano arenate proprio sui dossier relativi al rispetto dei diritti umani in quel paese. Eppure l'Italia continua a vantarsi dei suoi accordi con la Libia senza preoccuparsi delle persone, in gran parte potenziali richiedenti asilo, che non riescono pi a fuggire da quel paese.

 

Dai ÒconsiderandoÓ della risoluzione del Parlamento Europeo del 17 giugno scorso emergono interessanti dati che i governi europei e quello italiano nascondono all'opinione pubblica.

ÒconsidŽrant que l'UE a tenu un dialogue informel et une sŽrie de consultations avec la Libye en vue de signer un accord-cadre, notamment sur les questions de migration; que les nŽgociations en cours entre les deux parties ont connu au moins sept cycles jusqu'ˆ ce jour, sans amener de progrs substantiels ou d'engagements clairs de la Libye en faveur du respect des conventions internationales sur les droits de l'homme,

ÒconsidŽrant que les principaux obstacles aux relations entre l'UE et la Libye sont le manque de progrs dans le dialogue sur les droits de l'homme, les libertŽs fondamentales et la dŽmocratie, en particulier la non-ratification de la convention de Genve, ainsi que la politique extŽrieure agressive du rŽgime libyen, y compris ˆ l'Žgard des ƒtats europŽens; que la Libye ne dispose pas d'un rŽgime d'asile couvrant le tri et l'enregistrement des rŽfugiŽs, l'octroi du statut d'asile, les visites aux installations de rŽtention et la fourniture d'une aide mŽdicale et humanitaire, t‰ches qui ont ŽtŽ assurŽes par le HCRÓ.

 

Pochi giorni dopo la chiusura della piccola delegazione dell'ACNUR a Tripoli, che comunque era riuscita a censire almeno una parte dei richiedenti asilo, attivitˆ dichiarata poi illegale da Gheddafi, nella stessa risoluzione il Parlamento Europeo chiedeva agli stati membri Òqui dŽportent des migrants vers la Libye, en coopŽration avec Frontex (l'Agence europŽenne pour la gestion de la coopŽration opŽrationnelle aux frontires extŽrieures des ƒtats membres de l'Union europŽenne) de mettre un terme immŽdiatement ˆ ces opŽrations lorsqu'il existe un risque grave que la personne concernŽe soit soumise ˆ la peine de mort, ˆ la torture ou ˆ d'autres peines ou traitements inhumains ou dŽgradantsÓ. Un appello a cessare le deportazioni ed i respingimenti collettivi che nessun paese europeo e tantomeno l'Italia hanno raccolto Del resto, ormai, sono direttamente le unitˆ militari, donate dal nostro paese alla Libia, con gli equipaggi formati dai nostri istruttori, sotto la supervisione di agenti di collegamento e con una direzione operativa unificata, che vanno a riprendersi i migranti in fuga da quel paese anche quando sono arrivati a poche miglia dalle coste di Lampedusa.

 

Solo il governo italiano continua a ritenere che dalla Libia non arrivano migranti richiedenti asilo, una circostanza ben nota invece al Parlamento Europeo che nella sua risoluzione, sulla base dei dati forniti dall'ACNUR, richiama proprio gli eritrei come la componente pi consistente dei migranti detenuti nei centri libici, Òselon le HCR, 9 000 rŽfugiŽs – principalement palestiniens, iraquiens, soudanais et somaliens – ont ŽtŽ enregistrŽs en Libye, dont 3 700 sont demandeurs d'asile, essentiellement en provenance de l'ƒrythrŽe; que les rŽfugiŽs risquent constamment d'tre dŽportŽs vers leurs pays d'origine et de transit en violation des critres de la convention de Genve, et d'tre ainsi exposŽs aux persŽcutions et ˆ la mort; que des cas de mauvais traitements, de torture et de meurtres ont ŽtŽ rapportŽs dans les centres de rŽtention pour les rŽfugiŽs, ainsi que des abandons de rŽfugiŽs dans les dŽserts situŽs aux frontires entre la Libye et les autres pays africainsÓ

 

L'Italia continua cos“ a sostenere le politiche poliziesche di Gheddafi, come testimoniato dall'ennesimo viaggio di Berlusconi a Tripoli, qualche settimana fa, conclusosi con il rilascio di tre pescherecci mazaresi sequestrati dai libici in acque internazionali, ma senza neppure un cenno alla sorte dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione ed alla chiusura della sede dell'ACNUR a Tripoli, accusato lo scorso 8 giugno di svolgere attivitˆ illegali, una sede che al governo italiano era servita proprio per legittimare la politica dei respingimenti collettive e la collaborazione con le forze di polizia libiche. Del resto tale la dipendenza che il governo italiano ha prodotto nei confronti della Libia che qualsiasi protesta sulla violazione dei diritti umani avrebbe come immediata ritorsione il blocco dei rifornimenti di gas e petrolio. Se i libici volessero, potrebbero lasciare l'Italia a piedi, e magari fare crollare i titolo azionari dei pi importanti gruppi finanziari italiani, questo il brillante risultato della politica bipartisan nella quale Prodi ed i governi di centro sinistra, a partire dal 2000, hanno fatto da battistrada.

 

Adesso il Parlamento europeo ha chiesto formalmente alla Commissione di essere informato sullo stato delle trattative tra l'Unione Europea e la Libia, invitando Òla Commission et le Conseil ˆ prendre des mesures en vertu de l'article 265 et de l'article 218, paragraphe 10, du traitŽ FUE, qui disposent que le Parlement europŽen est "immŽdiatement et pleinement informŽ ˆ toutes les Žtapes de la procŽdure" sur les nŽgociations avec la Libye; renouvelle sa demande d'tre pleinement informŽ du mandat de nŽgociation de la Commission ˆ cet ŽgardÓ.

Il Parlamento europeo afferma anche che Òque toute coopŽration ou accord entre l'UE et la Libye doit tre subordonnŽ ˆ la ratification et ˆ l'application par la Libye de la convention de Genve sur les rŽfugiŽs et des autres conventions et protocoles majeurs en matire de droits de l'homme; ed ha incaricato il suo Presidente Òde transmettre la prŽsente rŽsolution au Conseil, ˆ la Commission, aux ƒtats membres, ainsi qu'ˆ l'AssemblŽe gŽnŽrale des Nations unies, au Haut Commissariat des Nations unies pour les rŽfugiŽs et aux autoritŽs libyennesÓ,ma le altre istituzioni dell'Unione Europea non hanno mosso neppure un dito per impedire alla Libia di proseguire nelle sue continue e gravissime violazioni dei diritti della persona umana.

 L'Italia deve denunciare gli accordi con la libia perch non garantiscono il rispetto dei diritti umani dei migranti. Non ci attendiamo per˜ dal governo italiano e dai vertici delle forze di polizia alcun  rigurgito di umanitˆ dopo anni di stretta collaborazione con le autoritˆ libiche, dopo che nel 2005 il generale Mori aveva giˆ denunciato i modi brutali con i quali i libici trattano i migranti. Sono troppi i rapporti delle agenzie internazionali come HRW, MSF ed Amnesty che il governo italiano ha irriso giungendo ad attaccare sistematicamente l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e gli avvocati che difendono coloro che, dopo essere stati respinti in Libia, riescono a presentare un ricorso contro l'Italia davanti alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo.

Attendiamo le decisioni in merito della Corte di Strasburgo, ma i fatti, come gli abusi e le violenze di Misurata e di altri centri di detenzione in Libia, costituiscono una pietra tombale sulla dignitˆ delle persone che hanno contribuito direttamente o indirettamente a produrli, ma anche una macchia sull'onore di tutti gli italiani che non si ribellano a queste politiche di morte e di deportazione.

 

A tutti coloro che ancora hanno a cuore la vita e la libertˆ dei migranti non rimane altro che moltiplicare gli sforzi per estendere e rafforzare le reti di protezione legale, contribuire in qualsiasi modo alla circolazione delle informazioni censurate dalle agenzie governative, e promuovere iniziative perch l'opinione pubblica non si abitui del tutto all'idea che, in fondo, meglio che i migranti, piuttosto di raggiungere l'Italia, muoiano o vengano abusati lontano dai nostri occhi.

 

Fulvio Vassallo Paleologo

Universitˆ di Palermo