Qualcuno di voi ricorderà che, nell'ottobre del 2008, i senatori tolleranti e illuminati Federico Bricolo e Rosy Mauro lanciarono l'idea di una specie di conto alla rovescia per gli immigrati: nel permesso di soggiorno ti daremo dieci crediti, se li perdi te ne vai. All'epoca espressi il mio stupore con il post La Lega è su scherzi a parte: punti e pene ai regolari!. Si allargava infatti il fronte, con questo annuncio: dai clandestini a coloro che dopo lunghissimi mesi di attesa, molte volte anni, hanno conquistato il diritto di vivere e lavorare alla luce del sole. L'idea divenne legge il 15 luglio del 2009, inquadrata nel "pacchetto sicurezza".
Ma bisognava scrivere un regolamento, per quello che venne ribattezzato come “Accordo di integrazione”. Truppe di esperti della Presidenza del Consiglio, del ministero dell'Interno, del Lavoro e dell'Istruzione, hanno lavorato allora per mesi e mesi, per poter dare alla proposta un senso compiuto, stabilendo anche una griglia credibile di punteggi positivi e negativi, di crediti e di decurtazioni. Alla fine, il travagliato parto, che ha avuto il suo primo via libera politico ieri sera dal Consiglio dei ministri.
Per poter strappare l'Accordo di integrazione, l'immigrato deve conseguire 30 crediti nell'arco di un biennio, con la possibile proroga di un anno. Ma questo era già filtrato dalle indiscrezioni delle scorse settimane. Ciò che si scopre adesso è che, se manchi i 30 crediti e rimani tra 1 e 29, non ti succede nulla: nessuno ti torce un capello. Vieni espulso soltanto se fai zero crediti. Ma un immigrato che resta a secco non lo errebbe proprio nessuno, se pensiamo che la sola scelta di un medico di base gli frutta 4 crediti. Valeva la pena, allora, di mettere in piedi tutto questo ambaradan?
Da quanto ne so, anche la Presidenza del Consiglio era perplessa: sono stati i ministri dell'Interno Maroni e del Lavoro Sacconi a forzare la mano. Vediamo allora gli aspetti essenziali del regolamento, tenendo conto che deve ancora acquisire il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni e del Consiglio di Stato, prima di tornare sul tavolo del Consiglio dei ministri ed essere mandato alla firma di Napolitano come Decreto presidenziale. Per giunta, una volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l'Accordo di integrazione dovrà attendere 120 giorni prima di scattare concretamente. Stiamo parlando dunque, nel più ottimista dei casi, di un evento del tardo autunno.
Lo straniero, al momento di presentare allo “sportello unico dell'immigrazione” la sua richiesta di permesso di soggiorno dovrà stipulare un accordo articolato per crediti. La stipula è dovuta per tutti coloro, tra i 16 e i 65 anni, con permesso di soggiorno di durata superiore a 1 anno. Non dovrà sottoporsi a questa procedura chi chiede il rinnovo: l'Accordo, dunque, vale solo per gli immigrati futuri. Come detto, ci sono due anni per conseguirlo più un altro di proroga.
I crediti si acquisiscono, anzitutto, con la conoscenza della lingua e della cultura civica italiana. Qui va individuato uno dei pochi aspetti positivi dell'operazione: lo Stato fornirà dei corsi gratuiti obbligatori di educazione civica della durata da 5 a 10 ore. Ma è previsto che questi vengano effettuati con assoluta priorità rispetto ai test di lingua: entro 30 giorni dalla stipula dell'Accordo. Il che dà luogo a una pesante contraddizione: come fanno gli stranieri dopo un mese a conoscere l'italiano così bene da capire la Costituzione e i suoi articoli, i poteri dello Stato, le regole del nostro vivere civile e via elencando? Ma certo che lo conoscono: perché gli stranieri sono già da tempo sul nostro territorio, hanno lavorato da irregolari e adesso puntano al sospirato pezzo di carta. Altro che arrivare direttamente dall'estero chiamati dal datore di lavoro, come vorrebbe la Bossi-Fini.
Certo, gli operai degli anni '70 ottennero le 150 ore per la scuola e la formazione, gli immigrati del 2000 invece soltanto le 5 ore. In pratica, una sola giornata di educazione civica. Ma insomma, accontentiamoci. Lo Stato organizzerà anche i corsi di lingua? Assolutamente no: l'accordo non ha dotazione finanziaria. E allora? Allora chi ne ha bisogno si rivolgerà agli enti locali, alle associazioni tipo Caritas, esibendo poi l'attestato e/o sottoponendosi al test organizzato, questo sì, dagli “sportelli unici”. Per la cronaca, la lingua vale da un minimo di 14 crediti (livello A1, solo italiano parlato elementare) a un massimo di 30 (livello superiore a B1). Se fai un anno di Università strappi da 30 a 50 crediti, se ti iscrivi a un corso di integrazione da 4 a 30 crediti a seconda della lunghezza, se insegni all'Università ne hai 54, se hai un contratto d'affitto registrato o d'acquisto, o un mutuo sono 6 crediti, se fai del volontariato sono 4.
Assai poco pagate sono le onorificenze della Repubblica italiana, appena 6 crediti. Abbiamo avuto vari casi di immigrati che hanno salvato italiani dall'annegamento, ottenendo la medaglia d'oro. Un gesto così, di crediti ne dovrebbe valere 100! Ci sono poi le decurtazioni: da meno 3 crediti per l'arresto fino a tre mesi a meno 25 per la reclusione fino a 3 anni. Rintuzzabili con una buona conoscenza dell'italiano, doppiata da un contratto d'affitto e dalla scelta del medico dell'Asl. Un chiarimento sugli illeciti amministrativi: verranno punite, partendo da meno 3 crediti, soltanto le ammende da 10 mila euro in su. Dunque, niente multe per semplici infrazioni al codice della strada, come pure si temeva. Meglio così, sarebbe stato tragicomico.
A 30 crediti si conquista l'accordo. Ma c'è un premio per chi sfonda quota 40, in non meglio precisate agevolazioni formative. Chi resta tra 1 e 29, vive in pace, come detto. Si potrebbe però tener conto del mancato conseguimento dell'obiettivo, in alcune decisioni “discrezionali” dell'amministrazione, come quella se accordare o no la carta di soggiorno (il permesso permanente che non ha bisogno di soggiorno) o la cittadinanza per naturalizzazione, dopo 10 anni di residenza.
Non è detto che la bozza dell'Accordo di integrazione resti invariata, visto che deve compiere ancora diversi passaggi. Vengono comunque i brividi al pensiero che tutta la regia dell'operazione sia affidata agli "sportelli unici per l'immigrazione", che già oggi non sanno a chi dare il resto, oberati di lavoro come sono con il rilascio dei permessi di soggiorno. Osserva Sergio Briguglio, esperto ben noto ai lettori di questo blog: «Risulterà definitivamente preclusa la possibilità di ricondurre il procedimento amministrativo di rinnovo entro i 20 giorni previsti dalla legge». Parole sante. |
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