Piattaforma del PD

 

Per una convivenza civile tra italiani e immigrati

 

 

Gli immigrati sono parte integrante della societˆ italiana.

Governare in modo efficace lĠimmigrazione e favorire una civile convivenza deve essere lĠimpegno quotidiano di una buona politica che abbia lĠambizione di promuovere lo sviluppo, lĠequitˆ e la sicurezza.

Il Pd ha fortemente contrastato la politica del governo sullĠimmigrazione e la recente normativa Maroni Berlusconi sulla sicurezza.

PerchŽ  ideologica e non tiene conto della realtˆ del nostro paese. PerchŽ muove dallĠillusione di una societˆ che pu˜ fare a meno degli immigrati ed ha fino ad ora affidato alla politica il compito di porre ostacoli allĠingresso regolare per lavoro e allĠintegrazione. LĠobiettivo  di rendere difficile lĠingresso, di chiudere le porte, anche se poi sono costretti ad aprirle come nel caso del lavoro stagionale o delle tante sanatorie che i governi di centro- destra hanno fatto, di mantenere le distanze tra italiani e immigrati.

LĠesito concreto  quello di un aumento dellĠirregolaritˆ, della sofferenza umana e sociale, dellĠinsicurezza, dellĠinefficienza e dei costi economici.

 

 

2 anni di centro- destra: - diritti + irregolaritˆ

 

I provvedimenti adottati in questi due anni dal governo Berlusconi in materia dĠimmigrazione riducono i diritti degli immigrati, aumentano la loro condizione dĠirregolaritˆ, alimentano il sentimento di paura e dĠinsicurezza.

I disegni di legge sulla sicurezza Berlusconi – Maroni, 24 luglio 2008, nĦ125, 28 novembre 2008, nĦ186, 15 luglio 2008, nĦ94, insieme alle misure contenute in altri provvedimenti legislativi di carattere generale, ordinanze e mozioni, rendono precari i diritti fondamentali attinenti alla dignitˆ della persona come le libertˆ individuali, la tutela della salute, la tutela dei minori e rendono pi difficile costruire un nucleo famigliare. Inoltre, tali norme, insieme con alcune leggi regionali, come quella varata dalla Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia, e a provvedimenti adottati dai comuni del centrodestra, riducono le opportunitˆ dĠinserimento sociale come lĠaccesso ai servizi e alle prestazioni sociali, riducono le opportunitˆ formative e rendono difficile lĠaccesso alla casa.

Le modalitˆ del contrasto allĠimmigrazione clandestina alterano lĠequilibrio imposto dalla Costituzione tra il dovere alla sicurezza ed il rispetto delle libertˆ personali a scapito di queste ultime. Il reato dĠimmigrazione clandestina, lĠaggravante di clandestinitˆ, lĠestensione dei casi di espulsione dello straniero a titolo di misura di sicurezza, lĠallontanamento del cittadino comunitario a titolo di misura di sicurezza, lĠallungamento della permanenza nei centri dĠidentificazione fino a 180 giorni, il mancato recepimento della norma della direttiva europea che prevede il rimpatrio volontario alternativo allĠespulsione, la disciplina pi restrittiva in materia di status di rifugiato, la sospensione di fatto della Convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati nellĠapplicazione dellĠaccordo con la Libia, lĠonere per i cittadini stranieri di esibire il permesso di soggiorno per sposarsi, lĠonere di esibizione del titolo di soggiorno per la presentazione dĠistanze o per lĠottenimento di autorizzazioni ad atti riguardanti lo stato civile delle persone nonchŽ per lĠaccesso ai servizi pubblici, i rilievi delle impronte digitali ai rom, lĠiscrizione coattiva delle persone senza fissa dimora allĠanagrafe dei residenti, le ronde per la sicurezza insieme ai pesanti tagli al fondo per la sicurezza,sono queste le misure rilevanti che ledono la libertˆ personale e alimentano lĠinsicurezza.

Ad esse si aggiungono: i tagli riguardanti le politiche dĠintegrazione, asilo e cittadinanza, i requisiti stringenti per lĠaccesso allĠedilizia pubblica (dieci anni di residenza consecutiva sul territorio nazionale ovvero cinque anni di residenza nella propria regione), disciplina restrittiva per il riconoscimento dellĠassegno sociale ai genitori a carico dei cittadini comunitari lungo soggiornanti (cinque anni consecutiva di residenza in Italia), classi

ÒponteÓ per i bambini stranieri, disciplina pi restrittiva in materia di ricongiungimenti familiari, iscrizione dei cittadini stranieri allĠanagrafe subordinata alle verifica da parte del comune dellĠidoneitˆ abitativa dellĠimmobile in cui abitano, tassa di duecento euro per ottenere il permesso di soggiorno, superamento di prove di conoscenza della lingua italiana per lĠottenimento del permesso di soggiorno di lungo periodo,disciplina restrittiva per il rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati, permesso di soggiorno a ÒpuntiÓ.

Inoltre il Governo Berlusconi ha bloccato lĠingresso regolare per lavoro dal 1 gennaio 2009, non ha presentato nessun decreto flussi se non quello riguardante il lavoro stagionale; non ha presentato il piano triennale delle politiche migratori interrompendo cos“ lĠazione di programmazione dei flussi e delle politiche dĠintegrazione avviato dal centro- sinistra.

Non ha ancora recepito la direttiva europea del 18 giugno 2009,contro lo sfruttamento del lavoro degli immigrati irregolari attraverso sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi con il soggiorno irregolare.

La lega e il centrodestra predicano la chiusura delle frontiere ma poi sono costretti dalla realtˆ ad adottare provvedimenti che vanno nella direzione opposta.

LĠesame dei decreti flussi e delle regolarizzazioni nel periodo 1998- 2009 mettono in evidenza dati molto interessanti.

Il centrosinistra ha programmato 948.400 ingressi di cui 199.400 per stagionali (21%) e 749.000 per lavoro subordinato e autonomo; ha regolarizzato 214.000 persone per un totale di 1.162.400.

Il centrodestra ha programmato 853.500 ingressi di cui 383.500 per lavoro stagionale (45%) e 500.000 per lavoro subordinato e autonomo; ha regolarizzato 944.744 persone per un totale di 1.828.244.

La lega e il centrodestra hanno ripetuto e ripetono Ò aiutiamoli a casa loroÓ ma il loro governo ha ridotto le risorse per la cooperazione allo sviluppo. Il nostro paese  fanalino di coda in Europa quanto a stanziamenti alla cooperazione allo sviluppo. Nella finanziaria del 2009 le risorse per la cooperazione allo sviluppo sono scese ad un ammontare di circa 322.000.000 di euro e sono state ulteriormente ridotte del 56% nella finanziaria del 2010.

 

 

Bossi – Fini, la legge fabbrica clandestini.

 

Il governo vanta la riduzione degli sbarchi via mare che sono solo il 20% degli ingressi irregolari e tace sul permanere di migliaia dĠimmigrati irregolari. Irregolari non per scelta ma per costrizione. La condizione dĠirregolaritˆ  prodotta dalla legge Bossi- Fini. PerchŽ i meccanismi per ingresso per lavoro sono farraginosi e lunghi mediante la cosiddetta chiamata nominativa o numerica di uno straniero sconosciuto e residente allĠestero; perchŽ la brevitˆ della durata dei permessi di soggiorno, la macchinositˆ e i tempi lunghi del loro rinnovo e il loro elevato costo rendono alta la probabilitˆ che una persona regolare diventi irregolare suo malgrado. A ci˜ si aggiunga il rallentamento della lotta allĠevasione dellĠeconomia sommersa e del lavoro nero praticata dal Governo.

Pi ampia  lĠeconomia sommersa, pi alta  la domanda di lavoro irregolare, maggiore  la domanda di irregolari stranieri.

Il Governo vanta la riduzione degli sbarchi ma tace sullĠallarme lanciato dallĠUNHCR sul dimezzamento delle richieste dĠasilo avvenuto nel periodo 2008-2009.

 

Il PD propone una cancellazione delle nuove norme contenute nel recente pacchetto sicurezza a partire dal reato di immigrazione clandestina ed una revisione dellĠintera normativa ispirandosi alla legislazione dei governi dellĠUlivo: la legge 40/98, il decreto legislativo 286/98, la legge Amato- Ferrero.

Tale legislazione ha dimostrato di essere efficace e lungimirante ed era basata su tre pilastri: contrasto dellĠimmigrazione clandestina, ingresso regolare per lavoro, politiche dĠintegrazione.

 

NellĠattuale legislatura, alla camera e al senato, sono stati depositati diversi disegni di legge, sulla cittadinanza, sul diritto di voto amministrativo, sulla libertˆ religiosa, sullĠintegrazione scolastica che costituiscono nel loro insieme una proposta organica per il governo dellĠimmigrazione e per le politiche dĠintegrazione.

 

 

PerchŽ una piattaforma del PD

 

Il nostro impegno non  solo quello dellĠaggiornamento legislativo ma anche quello dellĠazione quotidiana per combattere i pregiudizi e le discriminazioni, per contrastare lĠillegalitˆ, per promuovere i diritti umani e la dignitˆ della persona, per promuovere la civile convivenza.

Per questo abbiamo scelto di elaborare una piattaforma del PD per il governo dellĠimmigrazione e la civile convivenza, che contiene le questioni urgenti, i punti concreti da far vivere nella battaglia di oggi, nel confronto con il governo, in relazione con le associazioni e i sindacati e le imprese.

Una piattaforma per migliorare da subito la vita di tanti immigrati e indirettamente di tutti i cittadini, di tante famiglie e di tante imprese, di tante scuole, di tante cittˆ.

 

 

 

Un nuovo approccio: valorizzare il capitale umano e sociale degli immigrati. Promuovere un percorso dĠintegrazione che offra opportunitˆ concrete e premi i successi.

 

La nostra composizione demografica vedrˆ nei prossimi anni una riduzione delle classi di etˆ centrali, lĠinvecchiamento della popolazione e il persistente bisogno di servizi alla persona anche per la mancanza di servizi pubblici adeguati. La nostra economia nei suoi segmenti pi tradizionali e manuali avrˆ bisogno di forza lavoro. Questi fattori rendono duratura e strutturale la presenza degli immigrati nel nostro paese.

Se ci poniamo dal punto di vista dellĠinteresse nazionale, dello sviluppo, della crescita del nostro paese dobbiamo cambiare approccio al tema dellĠimmigrazione. Dobbiamo passare dalla considerazione dellĠimmigrato forza lavoro, strumento di governo del mercato del lavoro, allĠimmigrato persona, capitale umano e sociale che deve essere valorizzato e non umiliato,discriminato, tenuto ai margini della societˆ. Gli immigrati sono persone, destinati oggi e domani a diventare parte stabile della popolazione, non sono un semplice fattore di produzione, come troppo spesso la destra li considera. Per usare una efficace espressione di Massimo Livi Bacci ÒlĠimmigrazione non  una protesi temporanea di una societˆ anchilosata che stenta a muoversi,ma un trapianto,spesso permanente.Ó

Pertanto le politiche dĠintegrazione e convivenza vanno considerate parte integrante della crescita e sviluppo del paese: investire sulla formazione, superare le discriminazioni, combattere il lavoro nero e sommerso, incentivare la ricerca del lavoro, promuovere un sistema di protezione sociale che sia inclusivo, sono scelte per lo sviluppo e la crescita del paese.

La domanda che il paese deve porsi non  solo di quanti lavoratori abbiamo bisogno ma quante persone siamo in grado di accogliere e coinvolgere in un processo di crescita. Tema cruciale  dunque la sostenibilitˆ sociale dellĠimmigrazione. Le politiche di integrazione per una convivenza democratica tra italiani ed immigrati sono una prioritˆ. Esse costituiscono politiche di sviluppo e per la sicurezza di tutti.

La strada non  quella del permesso di soggiorno a punti, che oggi costituirebbe nella concreta realtˆĠ del nostro paese un insieme di vincoli formalistici che sarebbero di ostacolo alla integrazione,bens“ quella di un percorso di integrazione basato su un patto di diritti e doveri, che mette a disposizione delle persone e delle famiglie concrete opportunitˆ per lĠinclusione sociale e contempla gli obblighi per promuovere la civile convivenza.

La differenza tra il percorso dĠintegrazione ed il permesso di soggiorno a punti proposto dal governo consiste nel fatto che il percorso dĠintegrazione offre opportunitˆ ed esige il rispetto di adempimenti. Mentre il permesso a punti contiene solo prove ed esami da superare.

Promuovere lĠassunzione di responsabilitˆ degli immigrati verso il nostro paese attraverso un patto di diritti e doveri, sollecitarli a diventare protagonisti nella scena pubblica,promuovere la conoscenza ed il reciproco riconoscimento tra italiani ed immigrati alimenta unĠetica pubblica condivisa e rende pi forte la democrazia e la coesione sociale.

 

Il percorso di integrazione deve offrire le opportunitˆ della lingua e della cultura italiana, dellĠinserimento lavorativo, della tutela dei minori, della promozione della salute, dellĠaccesso ai servizi sociali e sanitari,dellĠabitazione e dellĠistruzione. Deve esigere lĠ apprendimento della lingua, della cultura e delle regole del nostro paese ed il rispetto di queste ultime. Promotore e garante del percorso di integrazione deve essere lĠente locale che attiva lĠimpegno delle forze economiche e sociali,del volontariato ed inserisce le politiche di integrazione e di convivenza tra italiani ed immigrati nellĠambito della programmazione delle politiche sociali e di sviluppo della comunitˆ .Al Comune devono essere trasferite le competenze del rinnovo del permesso di soggiorno e tale scadenza pu˜ diventare lĠoccasione per verificare lo stato di attuazione del percorso di integrazione di ciascuna persona attraverso adeguati strumenti istituzionali. Si potrebbe anche approntare un sistema di incentivi per premiare i successi dellĠintegrazione.

Un passo in avanti potrebbe essere rappresentato dalla possibilitˆ di accesso degli immigrati con permesso di soggiorno CE di lungo periodo alle procedure concorsuali nelle pubbliche amministrazioni di livello statuale, regionale e locale. Incontrare persone cinesi, indiane, africane che fanno gli operatori ecologici,i vigili urbani,guidano gli autobus,lavorano agli sportelli delle banche, operano nei vigili del fuoco o della protezione civile consente agli italiani di imparare a vivere come normale la presenza dellĠaltro negli spazi della nostra vita quotidiana e favorisce nei nuovi cittadini il sentimento della lealtˆ e del senso civico.

 

 

 

Valorizzare gli effetti positivi dellĠimmigrazione

 

Gli immigrati regolari in Italia sono oltre 4 milioni di persone. Si tratta di una popolazione composta da lavoratori e lavoratrici, per metˆ donne. Si tratta di famiglie spesso giovani con figli. I minori sono 840.00. Nel 1990 erano 50.000. Questa popolazione vive prevalentemente nel centro nord, si  insediata nei nostri territori seguendo le esigenze del nostro mercato del lavoro. LĠimmigrazione, nonostante la crisi internazionale e il precario posizionamento dellĠItalia,  funzionale ma anche allo sviluppo del nostro paese. Non si spiegherebbe, altrimenti, la sua crescita, dagli anni novanta ad oggi, di circa 10 volte. SullĠaumento degli immigrati hanno influito la quasi piena occupazione di diverse regioni italiane, la diffusione dellĠeconomia sommersa e lĠindisponibilitˆ degli italiani a inserirsi in alcuni settori. Determinante  stato anche allĠandamento demografico: un sesto dei nuovi nati in Italia ha almeno un genitore straniero e i giovani di origine immigrata incidono per un decimo sulle classi di etˆ pi giovani (i minori e i giovani fino a 39 anni). Sempre a livello demografico, basti pensare che sette su dieci comuni con meno di 5.000 abitanti soffrono di Òdisagio insediativoÓ e la metˆ di essi, 2.830,  giudicata a rischio di estinzione. In questi ultimi anni molti piccoli comuni hanno ricevuto un forte impulso dallĠinsediamento lento ma costante e progressivo degli immigrati, tanto nel Nord che nel Sud dĠItalia, dove tre paesi calabresi hanno messo case vuote a disposizione dei rifugiati[1]. A livello lavorativo, basti pensare allĠincidenza di circa il 10% sulla forza lavoro dipendente e al crescente impatto anche sullĠimprenditoria. Il lavoro immigrato  diventato cos“ strutturalmente necessario da essere aumentato, allĠinizio del 2009, di 200.000 unitˆ rispetto allĠanno precedente, mentre nei periodi di crisi normalmente il livello occupazionale degli immigrati tende a diminuire fortemente. Insomma, lĠimmigrazione  un fatto strutturale e duraturo per lĠItalia e per tutti i paesi dellĠUnione Europea. Se le porte fossero chiuse allĠimmigrazione , la popolazione giovane in etˆ attiva tra i 20 anni ed i 40 anni scenderebbe tra il 2010 ed il 2030 da 15.4 a 11.3 milioni: una diminuzione di oltre 4 milioni; 200.000 unitˆ in meno per ogni anno di calendario. Passata la crisi anche un modesto sviluppo non potrebbe sostenersi con forza lavoro decrescente. Anche con un alto tasso di attivitˆ e di occupazione degli italiani e con una perfetta paritˆ uomo –donna nel lavoro le nostre forze di lavoro ruscirebbero a consentire ma non ad evitare il nostro declino economico.

 

 

Superare le criticitˆ.

 

La realtˆ dellĠimmigrazione italiana presenta alcune criticitˆ connesse alla storia del nostro paese che vanno contrastate e superate:il divario Nord-Sud,il degrado urbano,le situazioni di marginalitˆ sociale e la diffusione della criminalitˆ .LĠItalia  diventata da paese di emigrazione a paese di immigrazione molto rapidamente e senza saperlo .A deciderlo pi che la politica sono stati i fatti. Tutto cominci˜ alla fine degli anni 70 quando la crisi petrolifera indusse i paesi europei ad alta immigrazione a chiudere le frontiere. LĠItalia divenne una alternativa meno allettante ma pi praticabile. Dovuta,allora,allĠassenza di adeguati controlli alle frontiere e di norme sullĠimmigrazione. Dal seme gettato in quegli anni prese il via,a poco a poco,una silenziosa quanto massiccia catena migratoria. Gli immigrati non solo sono arrivati spontaneamente,offrendosi ad un sistema produttivo che non aveva ancora realizzato di averne bisogno,ma hanno trovato lavoro ed occupazione,in grande parte illegali e precari,prima nellĠarea meridionale del nostro paese e, poi,via via, nei grandi centri urbani e nelle regioni del centro nord. Sta qui la spiegazione del perchŽ anche per lĠimmigrazione esistono ormai due Italia:quella del centro nord, dove per i nuovi venuti si vanno consolidando sistemi di collocamento regolari e percorsi certi di integrazione E quella del sud che continua ad ingoiare nei meandri oscuri della sua economia sotterranea quote significative di lavoratori stranieri irregolari.

Ci sono due Italie ma ci sono anche due realtˆ diverse del mezzogiorno:quella dello sfruttamento e del lavoro nero e quella della civile convivenza. Bisogna far vincere la civile convivenza. Nella consapevolezza che lĠimmigrazione fa da detonatore e fa esplodere i problemi del disagio sociale ma non ne  quasi mai la causa prima. Bisogna bonificare le aree della clandestinitˆ e dello sfruttamento,rendere vivibili i quartieri ora degradati,a partire dalla soluzione del grave disagio abitativo,bisogna combattere la criminalitˆ e promuovere la legalitˆ.

 

Dai territori la via italiana alla convivenza.

 

LĠimmigrazione sta cambiando la societˆ italiana. EĠ un cambiamento molecolare e profondo che coinvolge le aziende , le scuole, gli ospedali, i quartieri.

CĠ unĠItalia che ha paura degli immigrati ma cĠ anche un Italia che ha saputo combattere la paura e sta tracciando la strada della convivenza.

Ne sono protagonisti i datori di lavoro, i lavoratori, gli insegnanti, i sindacati, gli enti locali, il volontariato. LĠintegrazione e la convivenza tra italiani ed immigrati non  stata indicata dallĠalto, ma  nata dal basso, dai territori e dalle comunitˆ,  espressione di un inedito welfare locale e di un inedita democrazia partecipata.

I territori e le comunitˆ locali stanno componendo un modello italiano della convivenza.

Integritˆ della persona, interazione, reciproco riconoscimento, superamento delle discriminazioni, patto di diritti e di doveri,integrazione tra ruolo delle istituzioni e ruolo della societˆ civile,distinzione tra i diritti che appartengono alla persona in quanto tale e dunque sono universali ed inalienabili come la tutela della salute e dei diritti dei minori e i diritti connessi alla residenza: questa  lĠintelaiatura di valori e principi che  possibile ricavare dalla nuova Italia della convivenza. Tale intelaiatura ha avuto un inquadramento legislativo. Si tratta della 3Ħ parte della legge 40/98 poi rielaborata dal decreto legislativo. 286/98,confermato dalla Bossi- Fini. In queti ultimi anni il processo virtuoso tra leggi nazionali, politiche locali, azioni della societˆ civile  stato interrotto. I comuni si sono trovati soli e senza risorse ad affrontare i problemi inediti e difficili dellĠintegrazione e della convivenza. Molti di loro hanno proseguito su questa strada e regioni come la Toscana, lĠEmilia Romagna, la Calabria e la Puglia, hanno approvato leggi innovative per lĠinclusione e la civile convivenza.

Altri comuni, quelli governati dal centrodestra, hanno scelto la strada della riduzione dei diritti degli immigrati in nome dello slogan Ò prima agli italianiÓ.

Nonostante tutte le difficoltˆ  cresciuta unĠItalia della convivenza.

Partire dai territori, far conoscere i successi dellĠintegrazione,valorizzare le buone pratiche, attivare una sorta di Ò pedagogia dellĠesperienzaÓ  la strada vincente per combattere gli stereotipi e le semplificazioni;  la strada vincente per combattere le paure, per dare fiducia. Pu˜ sollecitare una emulazione positiva Ò se ce lĠhanno fatta loro possiamo farcela anche noi.Ó

 

Il PD deve conoscere e raccontare questa nuova Italia. Accendere i riflettori su di essa. Farla diventare una narrazione pubblica.

Per questo bisogna partire dai territori ed imparare da loro.

Per questo lanciamo lĠobiettivo dei Forum del PD ÒCostruire la convivenza civile tra italiani ed immigratiÓ nelle cittˆ e nei territori del nostro paese. La via italiana allĠintegrazione va estesa, sostenuta, condivisa, arricchita e raccolta in una ÒLegge quadro per la civile convivenza tra italiani ed immigratiÓ.

La via italiana allĠintegrazione si inserisce nel contesto del Patto Europeo per lĠimmigrazione. Esso definisce lĠintegrazione Òla chiaveÓ del successo dellĠimmigrazione,un processo a Òdoppio sensoÓ che vede protagoniste le societˆ ospitanti ma anche gli immigrati. Un processo di adattamento reciproco fra la societˆ ospitante e gli immigrati dove lĠintegrazione  il risultato di una interazione tra persone di culture diverse che hanno lĠobbligo di rispettare i valori e le regole del paese ospitante ma hanno anche il dovere di arricchirli attraverso la conoscenza reciproca, il reciproco riconoscimento, lo scambio umano e culturale.

LĠintegrazione  innanzi tutto una questione di relazioni tra persone di diverse appartenenze e identitˆ che condividono lo stesso spazio fisico, sociale, amministrativo e politico. Non sono quindi le diverse culture che si incontrano o si scontrano, ma le persone che ne sono portatrici. DallĠaltra parte, nessun essere umano oggi ha elaborato unĠunica monolitica appartenenza, ma individui, gruppi e societˆ sono incessantemente obbligati a confrontarsi con orizzonti culturali in continuo cambiamento. LĠintegrazione  dunque un processo che permea tutta la societˆ, includendo la dimensione economica, sociale, politica e religiosa del fenomeno:  il contesto in tutti i suoi aspetti relazionali, procedurali e organizzativi, che pu˜ rivelarsi pi o meno integrato. La sfida si gioca non tanto nellĠimportare modelli integrazionisti stranieri, poichŽ si pu˜ dire che tutti i paesi, anche quelli di vecchia immigrazione, sono ancora degli apprendisti in materia. Piuttosto lĠesperienza ormai consolidata di alcuni paesi pu˜ aiutarci a evitare gli effetti negativi sia delle impostazioni assimilazioniste, dove le diversitˆ delle appartenenze e la loro evoluzione non hanno trovato sempre cittadinanza sociale, che di quelle separatiste, dove il rispetto e la preservazione della diversitˆ pu˜ diventare lĠalibi per evitare la contaminazione generata dalla quotidianitˆ dei rapporti interpersonali e intercomunitari. Visto, dunque che oggi non ha pi senso rifarsi meccanicamente al passato, ci si pu˜ chiedere se sia possibile elaborare una via italiana allĠintegrazione, non come soluzione studiata a tavolino, ma come sperimentazione di un processo di coesione e partecipazione sociale. Riteniamo che sia possibile nella misura in cui si diffonderˆ la consapevolezza che la presenza degli stranieri in Italia non  passeggera ma strutturale e che anzi  destinata a crescere.

 

UN PROGETTO PER LĠINTEGRAZIONE POLITICA

 

Non cĠ integritˆ della persona senza integrazione sociale, non cĠ integrazione sociale senza lĠimpegno di ogni democrazia ad adeguare ed innovare la sua capacitˆ inclusiva. Il patto migliore che lĠItalia pu˜ proporre ai nuovi cittadini non  la rinuncia delle loro origini bens“ lĠaccettazione della cultura democratica scandita nella nostra Costituzione. LĠintegrazione politica vuole costruire, attraverso la democrazia e la partecipazione, un

Òorizzonte condivisoÓ di valori e regole, in cui ciascuno pu˜ riconoscersi perchŽ vi ha contribuito, ciascuna cultura e religione  stata coinvolta a realizzare il bene comune ed , in tal modo, passata al setaccio dai valori della democrazia e dei diritti umani inviolabili. Scegliere lĠintegrazione politica per costruire la societˆ condivisa  riproporre lĠideale democratico. Non una democrazia qualunque, bens“ la democrazia come fine e come mezzo. Un esempio di democrazia condivisa e partecipata  la Carta dei valori proposta dal Ministro Giuliano Amato alle Comunitˆ Islamiche Italiane.

 

Il diritto di voto degli immigrati rientra dentro il processo di ÒmanutenzioneÓ della democrazia per usare unĠespressione di Giovanna Zincone. La partecipazione politica in forme uguali agli italiani facilita la collaborazione e la ricerca di interessi comuni, favorisce lĠapprendimento di regole e di pratiche democratiche, incentiva lĠintegrazione politica e abbassa i rischi di conflitto interetnico o di corporativismo. La proposta sul diritto di voto agli stranieri contiene sia lĠistanza, cara in modo particolare alla cultura politica della sinistra, di una democrazia inclusiva, sia quella, cara in modo particolare alla cultura politica del centrodestra, della identitˆ della nazione e della lealtˆ verso di essa. Il futuro della nostra democrazia ha bisogno che entrambi questi valori non restino lĠespressione di una parte ma si fondino in unĠetica e in una cultura comune. Il diritto di voto agli immigrati pu˜ pertanto contribuire a costruire una nazione pi giovane e condivisa ed una democrazia pi forte.

 

 

 

Per una Convivenza Civile tra Italiani e Immigrati.

10 proposte

 

1) Sviluppare una politica comune come previsto nel Trattato di Lisbona in materia di ingressi di soggiorno, lavoro stagionale, diritto di asilo e visti. Aggiornare il Patto Europeo per lĠimmigrazione sottoscritto dai paesi dellĠUnione nel giugno 2008 per progredire nella definizione di una politica comune anche nellĠambito dei diritti di cittadinanza.

 

2)     Promuovere gli accordi bilaterali, gli accordi di riammissione, la cooperazione allo sviluppo e le politiche di co-sviluppo, proseguendo sulla strada intrapresa dai governi di centrosinistra che ne aveva stipulati il 90% di quelli esistenti.

3)     No ai respingimenti in contrasto con il diritto di asilo e la tutela dei diritti umani, si ad una politica europea per il diritto dĠasilo.

 

4)     Chiudere la fabbrica della clandestinitˆ, combattere lo sfruttamento, promuovere la legalitˆ. Rendere conveniente lĠingresso regolare per lavoro.

 

5)     Promuovere un Welfare inclusivo ed efficiente per evitare la competizione fra gli immigrati e le fasce deboli della popolazione italiana.

 

6)            Investire sui figli dellĠimmigrazione preparandoli ad essere a pieno titolo membri della nostra comunitˆ, protagonisti della sua vita economica, sociale, politica e culturale senza perdere le loro radici. Riformare la legge sulla cittadinanza per consentire ai figli degli immigrati nati in Italia di essere riconosciuti cittadini italiani. Promuovere la partecipazione dei giovani immigrati al servizio civile italiano.

 

 

7)     Promuovere un piano nazionale per le politiche dĠintegrazione e la civile convivenza.

 

8)     Promuovere un programma di lingua e la cultura italiana per le persone straniere.

 

 

9)     Una proposta di legge dĠiniziativa popolare per il diritto di voto amministrativo.

 

10) Una legge per promuovere il diritto costituzionale della libertˆ religiosa.

 

 

Le Azioni

 

Sviluppare e aggiornare nel nostro paese ed in sede di Unione Europea gli indirizzi contenuti nel patto Europeo sullĠImmigrazione sintetizzati nelle parole chiave:

prosperitˆ, sicurezza, e solidarietˆ.

Esso contiene indicazioni precise per contrastare lĠimmigrazione clandestina ed irregolare soprattutto puntando sulla prevenzione del fenomeno e dunque su unĠefficace collaborazione con i paesi terzi ma anche rilanciando le politiche di cooperazione allo sviluppo. Critichiamo fermamente il governo italiano per aver disatteso parti significative del Patto Europeo e delle direttive approvate in sede comunitaria, come le politiche per lĠintegrazione,la direttiva che contiene le sanzioni contro i datori di lavoro che utilizzano lĠimmigrazione clandestina,la direttiva sui rimpatri recepita unicamente nella parte relativa alla possibilitˆ di allungare i tempi di permanenza nei CIE lasciando del tutto disattesa la parte restante che prevede, ad esempio, il rimpatrio volontario alternativo alla espulsione.

 

Estendere e rendere operativi gli accordi bilaterali che prevedono lĠimpegno reciproco per il contrasto dellĠimmigrazione clandestina, lĠingresso di quote regolari e la promozione dello sviluppo attraverso adeguate politiche di cooperazione allo sviluppo. Bisogna collegare tra loro le politiche migratorie con quelle di promozione dello sviluppo allĠinterno di una politica estera di pace, collaborazione e cooperazione. Bisogna puntare su un nuovo approccio integrato tra mercati del lavoro nazionali,mercato unico europeo,area Schengen e flussi migratori.

 

Va attribuita una particolare attenzione da parte di tutta lĠUnione Europea ai problemi dellĠAfrica, alle sue potenzialitˆ ed ai suoi drammi.

Il Patto Europeo sullĠimmigrazione impegna i governi a Ò collaborare strettamente con i paesi africani al fine di attuare insieme il Processo di Rabat del 2006 sulle migrazioni e sullo sviluppo ed il potenziamento UE- Africa in materia di migrazione, mobilitˆ ed occupazione conclusa a Lisbona nel dicembre 2007Ó.

 

LĠunione Europea propone inoltre lĠintensificazione delle politiche di co- sviluppo attraverso la collaborazione paritaria tra territori, istituzioni, con il coinvolgimento delle imprese e delle ONG.

LĠobiettivo  quello di attivare le capacitˆ e le risorse dei paesi poveri ed in via di sviluppo per renderli protagonisti delle loro crescita economica e sociale.

 

In questo processo un ruolo importante possono svolgerlo le persone immigrate che mantengono un rapporto stabile con i loro paesi dĠorigine non solo attraverso le rimesse ma utilizzando il patrimonio culturale e professionale accumulato nellĠesperienza migratoria.

Gli immigrati e le loro associazioni possono essere attori del sviluppo e potenziare quelĠĠidentitˆ transnazionale di chi vive simultaneamente in due societˆ diverse, che connota molti di loro e che pu˜ costruire dei ponti tra le popolazioni.

Le politiche di co-sviluppo e di promozione della trans nazionalitˆ valorizzano il potenziale rappresentato dalle comunitˆ migranti sia verso la crescita dei loro paesi dĠorigine sia verso le nostre popolazioni ed i nostri territori. Il co-sviluppo sostiene e valorizza le competenze,le capacitˆ e la mobilitˆ dei migranti in un processo dinamico,mettendo al centro il valore della persona. Vanno promosse politiche di sostegno da parte dei governi dei paesi dĠorigine,del governo e del parlamento italiano,degli enti locali,del terzo settore,del sistema economico e finanziario,delle universitˆ .Come indicato nel recenteÓ manifesto migrazioni e sviluppo Òpromosso dal Laboratorio migrazioni e sviluppo che raccoglie importanti centri di ricerca ed associazioni del nostro paese.

 

 

No ai respingimenti, si ad una politica europea per il diritto dĠasilo

 

Gli sbarchi degli "irregolari" sulle coste italiane sono un fenomeno doloroso, mediaticamente incisivo, politicamente delicato. Negli anni tra il 2000 e il 2007 gli arrivi si sono mantenuti tra le 14000 e le 27000 unitˆ annue; nel 2008 hanno toccato una punta di 37000, ma nei primi 10 mesi del 2009 il numero si  ridotto - in seguito al Trattato con la Libia e al rinforzo del pattugliamento marittimo - ad appena 9000 unitˆ. L'azione di Frontex (l'agenzia europea per il controllo delle frontiere) e soprattutto

l'accordo Italia - Libia sono alla base della riduzione degli sbarchi.

Alcuni punti vanno ricordati. Il primo  che il flusso trans mediterraneo  alimentato da una pressione migratoria dall'Africa sub sahariana (per motivi economici e politici) destinata a crescere pi che a ridursi, e che da luogo a consistenti flussi verso il Nord Africa (vengono citate cifre comprese tra 60.000 e 150.000 unitˆ all'anno). Questi flussi vanno, in parte, ad alimentare la quantitˆ di migranti africani irregolari che - nella sola Libia - viene collocato tra 1 e 2 milioni di unitˆ, e in parte ad alimentare le traversate "illegali" verso la sponda nord del Mediterraneo.

In queste condizioni, il processo di "allontanamento" della nostra frontiera - spostata verso sud, dalle coste al mare aperto e alle acque territoriali dei paesi del Nord Africa - pone una diga, per noi apparentemente efficiente, ma che non risolve il problema, soprattutto perchŽ molti di coloro che non arrivano pi rimangono vittime del deserto, delle carceri libiche, del mare. Trafficanti e intermediari posseggono capacitˆ e inventivitˆ per individuare itinerari alternativi, nuovi mezzi e nuovi varchi che faranno riprendere la pressione migratoria trova altri percorsi, ma a prezzi sempre pi alti in termini di sfruttamento, schiavit, vite umane.

 

Un recente rapporto di Amnesty International denuncia la pericolositˆ degli accordi diplomatici bilaterali di riammissione stipulati tra paesi europei e paesi nei quali le persone riammesse rischiano la tortura, nonostante contengano ampie assicurazioni sulla sospensione di ogni trattamento disumano . A.I. cita in proposito il rapporto redatto nel 2009 da un gruppo di giuristi che raccomandavano gli Stati di attenersi al principio di non-refoulement e di Ònon fare affidamento su assicurazioni diplomatiche o altri accordi non –prescrittivi di trasferimento di individui quando vi sia un rischio concreto di seria violazione di diritti umaniÓ.

 

 

Ci sono tre punti fermi.

a) Le intercettazioni in mare e gli accompagnamenti allĠorigine sono leciti solo nel pieno rispetto dei diritti umani, compreso il diritto del migrante intercettato di avanzare domanda di asilo e di protezione umanitaria.

 

b) Nel caso di accompagnamento o respingimento al paese di origine/transito (Libia, per esempio) al migrante deve avere garantito il diritto di rivolgere domanda di asilo per il tramite di organizzazioni internazionale (ACHNUR) o altre entitˆ che - mediante solidi accordi e adeguate capacitˆ operative - siano legittimate ad accoglierle. Le domande

devono essere esaminate con le garanzie giuridiche prescritte ed in tempi ragionevoli. Queste condizioni oggi non esistono. Si aggiunga, per completezza, che anche in caso di diniego di protezione, il migrante non pu˜ subire trattamenti inumani e degradanti nŽ pu˜ essere rinviato in una paese dove possa subirne.

 

c) Deve esserci accordo tra il paese di destinazione degli intercettati/riaccompagnati, il paese che opera lĠintercettazione e gli altri paesi Europei sui criteri per lĠinsediamento di coloro la cui domanda di asilo  stata accolta. Ricordiamo che un criterio proporzionale (al PIL di ogni paese, per esempio) di redistribuzione degli ÒasilatiÓ tra i 27 paesi europei assegnerebbe allĠItalia un numero di ÒospitiÓ maggiore dellĠattuale.

 

 

 

Chiudere la fabbrica dellĠirregolaritˆ, combattere lo sfruttamento del lavoro, far emergere il lavoro nero.

 

Si pu˜ e si deve combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro attraverso una rigorosa applicazione della normativa vigente, in modo particolare lĠartico 18 del decreto legislativo 286/98 che prevede un permesso di soggiorno per le persone che denunciano i propri sfruttatori. Si pu˜ prevedere lĠintroduzione nel nostro ordinamento il reato per grave sfruttamento del lavoro, unĠautonoma fattispecie incriminatrice del caporalato, aggravata quando interessa minori o migranti clandestini.

Si deve applicare la direttiva europea del 18 giugno 2009 che impegna gli stati membri dellĠunione europea a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno  irregolare;

Si devono utilizzare tutti gli strumenti per consentire unĠemersione del lavoro irregolare,con particolare attenzione al comparto agricolo attivando in modo continuativo il sistema dei controlli; promuovere una regolarizzazione per i lavoratori agricoli stranieri da anni presenti sul nostro territorio che non abbiano commesso reati;

 

La normativa europea non consente nŽ sanatorie di massa – ma, come avvenuto con i provvedimenti recenti per lĠemersione di colf e badanti, queste poi si fanno – nŽ espulsioni di massa. Tuttavia nessun paese bene organizzato pu˜ ammettere che centinaia di migliaia o milioni di persone vivano in stato dĠirregolaritˆ e quindi – perci˜ stesso – vulnerabili e ad alto rischio di esclusione e di conflittualitˆ.

Il paese ha interesse alla regolarizzazione degli stranieri che si trovano in situazione illegale, ma che a) siano entrati regolarmente nel paese; b) abbiano un lavoro o la capacitˆ di trovarlo; c) abbiano consolidate relazioni nel paese; d) non siano incorse in reati (salvo quello di irregolaritˆ). Questo pu˜ farsi su base individuale, estendendo ad altre categorie di lavoratori la normativa che ha permesso lĠemersione di colf e badanti, riconoscendo ad altri mestieri (muratore, mungitore, bracciante, operaio, cameriereÉ) la stessa utilitˆ sociale riconosciuta a chi lavora in una famiglia. Ma ad evitare il formarsi delle periodiche ÒbolleÓ di irregolaritˆ, possono adottarsi forme di regolarizzazioni ad personam per coloro che contribuiscono allĠindividuazione di fattispecie criminose legate allĠimmigrazione; per coloro che compiono atti di rilevanza sociale ed umanitaria; per coloro che sono dimoranti nel paese da vari anni e che abbiano dato dimostrazione di buona integrazione. Ma sarebbe opportuno che tale criterio venisse applicato per tutti coloro che ne avessero i requisiti (lavoro, casa) senza procrastinare una situazione di irregolaritˆ nei documenti che in realtˆ non esiste nei fatti. Canali di regolarizzazione individuale di questo tipo permetterebbero una ragionevole e motivata uscita dallĠirregolaritˆ evitando il ricorso a sanatorie ricorrenti e generalizzate.

Infine occorrerˆ incentivare il rimpatrio volontario degli irregolari (la direttiva europea 2008/115/EC ne ha tracciato i meccanismi). Per la legge vigente la richiesta di Òrimpatrio volontarioÓ  impossibile, perchŽ equivale ad una autodenuncia, con susseguente procedimento giudiziario, condanna ed espulsione.

 

 

Consentire lĠingresso regolare per lavoro

 

Va premesso che una nuova politica migratoria pu˜ costruirsi solo dopo aver rimosso gli strumenti di oppressione, criminalizzazione, intralcio della vita quotidiana, messi in atto col Òpacchetto sicurezzaÓ.

Inoltre la macchina amministrativa che gestisce lĠimmigrazione deve essere messa in condizione di operare con efficienza e rapiditˆ e necessita di forti investimenti. Alcune misure possono essere adottate subito.

Il primo segno di discriminazione tra cittadino italiano e cittadino straniero  lĠincertezza dello status giuridico e la mancanza di documenti di riconoscimento, anche quando ne esistono le condizioni. Lo Stato non pu˜ dare risposte a richieste di riconoscimento dello status giuridico in tempi talmente lunghi da vanificarne lĠefficacia. Gli immigrati regolari in Italia trascorrono la maggior parte della loro vita senza documenti o con mortificanti foglietti succedanei, nellĠattesa che la burocrazia svolga le proprie funzioni. EĠ un grave segno di inciviltˆ, di debolezza dello Stato che pretende che gli immigrati siano in regola, ma non li mette nelle condizioni di vivere da regolari.

 

Bisogna fin da subito ridurre i tempi per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, prolungare la durata del tempo per il rinnovo del permesso di soggiorno quando si perde il lavoro, estendere ai lavoratori immigrati gli ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori italiani,presentare il Documento triennale sulle politiche migratorie previsto dallĠart. del decreto legislativo 286/98,semplificare il sistema delle quote passando dal decreto annuale, elaborato dal governo con vincolo amministrativo e contenente una indicazione rigida, ad un documento poliennale elaborato da una agenzia tecnica che indica le esigenze del mercato del lavoro,i profili professionali necessari,la capacitˆ di accoglienza del nostro paese,le politiche di inclusione sociale che sono necessarie,incentivare e semplificare, in accordo con le regioni, lĠapplicazione dellĠart.23 del decreto legislativo 296/98 relativamente alla formazione di personale allĠestero da parte delle aziende.

 

Sono poi indispensabili profonde modifiche dellĠattuale normativa che prevede come via maestra dellĠingresso legale la Òrichiesta nominativa e numericaÓ. Nuove vie di accesso legale vanno introdotte.

 

a) Ingresso per ricerca di lavoro – entro limiti temporali specifici - sponsorizzata e garantita da istituzioni ed organizzazioni certificate (sindacati, associazioni di imprenditori, istituzioni pubbliche).

 

b) Ingresso per ricerca di lavoro su domanda dei singoli, dietro prestazione di garanzia da parte del richiedente, in via sperimentale, ed entro tetti numerici prefissati.

 

c) Rendere possibile la conversione di un permesso di soggiorno ad altro titolo in permesso di soggiorno per lavoro, in presenza di determinate condizioni;

 

d) Facilitazioni per lĠingresso di persone con profili professionali di qualitˆ, che apportino particolari contributi alla conoscenza scientifica e tecnologica, o alla qualitˆ anche artistica della produzione, o che esercitino attivitˆ di riconosciuto e particolare valore sociale;

 

e) Agevolazioni allĠingresso di investitori e imprenditori.

 

I vari canali dĠingresso legale hanno una natura complementare e per ciascuno di essi pu˜ essere posto un tetto numerico, modulandone il funzionamento, cos“ da sperimentarne lĠefficienza.

 

Va infine detto che una buona politica migratoria deve fondarsi anche sullĠadozione di metodi scientifici adeguati per determinare la possibile domanda di lavoro straniero e le concrete possibilitˆ di integrazione (abitazione, infrastrutture, servizi). La conoscenza di grandezze plausibili (cfr, & 8 circa le limitazioni di tali valutazioni)  una buona guida per la programmazione di medio e lungo periodo.

 

 

Un Piano Nazionale per le politiche dĠintegrazione e di civile convivenza.

 

Il governo deve promuovere con le Regioni, gli Enti locali, le forze economiche e sociali, il volontariato e lĠassociazionismo, un Piano nazionale per le politiche dĠintegrazione e di civile convivenza tra italiani e immigrati. Tale Piano nazionale per le politiche dĠ integrazione e di convivenza deve ispirarsi ai valori costituzionali della dignitˆ della persona, dellĠeguaglianza di rispetto, delle pari opportunitˆ, della non discriminazione Deve promuovere alcune azioni prioritarie quali: il contrasto del degrado urbano e del disagio abitativo, lĠestensione dellĠeducazione e della formazione interculturale, attraverso il sostegno ai bambini e alle famiglie nellĠapprendimento della lingua e della cultura italiana predisponendo anche un programma straordinario per lĠapprendimento della lingua e cultura italiana da parte degli adulti, lĠattenzione alla scuola dove si pongono basi profonde per una reale e civile convivenza, curare lĠinsegnamento dellĠitaliano come seconda lingua e la lingua dĠorigine, la formazione di dirigenti e docenti il rafforzamento di percorsi di interculturalitˆ, la promozione dei giovani attraverso lĠinserimento scolastico,lavorativo e la partecipazione civica, lo sviluppo della figura dei mediatori culturali con lĠistituzione di un albo nazionale dei mediatori culturali e delle associazioni di mediazione culturale, lĠintroduzione di tempi certi per il rinnovo dei permessi di soggiorno, il problema delle carceri, il sostegno allĠassociazionismo degli immigrati che promuovono attivitˆ sociali e di integrazione, lĠestensione ai giovani stranieri del servizio civile volontario. Il Piano nazionale  finanziato da un Fondo nazionale alimentato da risorse dello stato, delle regioni, dei datori di lavoro che assumono stranieri, di alcune categorie di lavoratori stranieri come gli imprenditori, delle fondazioni. Il Fondo pu˜ essere alimentato anche dai contributi pensionistici degli immigrati non riscossi dai lavoratori stranieri e dalle ammende corrisposte dai datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno in violazione della normativa vigente.

 

Un programma di lingua e cultura italiana per gli immigrati

La conoscenza della lingua veicolare rimane per il cittadino e lavoratore straniero il primo necessario veicolo di integrazione nel nuovo paese di soggiorno e di residenza. Lo Stato deve accompagnare, tramite le istituzioni locali e con il coinvolgimento del volontariato , il cittadino straniero ,nel suo primo anno di presenza nel nuovo Paese. Sono ancora troppo pochi i cittadini stranieri che partecipano a corsi di lingua e cultura italiana nonostante la legge 40/98 prevedesse lĠimpegno della scuola pubblica a promuovere il diritto alla formazione di tutti, stranieri compresi. La proposta che avanziamo si basa su un meccanismo che vede lĠofferta di unĠopportunitˆ formativa connessa con lĠobbligo di utilizzarla. Il Ministero della pubblica istruzione predispone corsi di base di lingua ed educazione civica che vengono promossi dalle scuole presenti sul territorio anche in collaborazione con le associazioni di volontariato riconosciute e che devono essere tenuti da insegnanti professionisti,coinvolgendo anche gli insegnanti in pensione. La partecipazione ai corsi deve essere obbligatoria e deve svolgersi nel primo anno di permanenza. Il contratto di soggiorno che viene stipulato presso lo sportello unico per lĠimmigrazione deve prevedere che i contraenti,lavoratori e datori di lavoro,diano seguito a questo impegno. Questo implica che il datore di lavoro, nulla togliendo agli obblighi contrattuali,dovrˆ riconoscere delle ore settimanali di permesso per la partecipazione al corso. Coloro che entrano in Italia per motivi di famiglia dovranno sottoscrivere al momento dellĠingresso, presso lo sportello unico dellĠimmigrazione, lĠimpegno ad iscriversi al corso. Gli sportelli unici ,in accordo con il comune e con le scuole prescelte, forniscono lĠelenco delle scuole in cui iscriversi. I corsi, la ci durata deve essere decisa da una apposita commissione ministeriale,potranno essere proposti in due o tre periodi specifici nellĠanno. Al termine del corso verrˆ rilasciato un attestato di partecipazione che dovrˆĠ essere esibito al primo rinnovo del permesso i soggiorno. Il corso dovrˆ essere frequentato da tutti coloro che entrano in Italia anche prescindendo dalla propria conoscenza della lingua italiana .Il finanziamento di questo programma deve essere pubblico. LĠaccesso al corso di lingua e cultura italiana nel primo anno di permanenza nel nostro paese sarebbe un formidabile strumento di inserimento della persona straniera e favorirebbe la creazione di un clima amichevole tra immigrati ed italiani.

 

Una proposta di legge dĠiniziativa popolare sul diritto di voto agli immigrati alle elezioni amministrative.

Nel corso di questa legislatura sono stati presentati diversi disegni di legge per il diritto di voto amministrativo degli immigrati. Il voto e la partecipazione politica sono uno schermo contro il razzismo. Promuovere una battaglia sociale e culturale per il diritto di voto dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese pu˜ contribuire a far crescere nel nostro paese la curiositˆ verso le persone che provengono dalle diverse parti del nostro mondo,sollecitando i cittadini italiani a diventare cittadini globali. Portare in Parlamento un milione di firme in calce ad una proposta di legge per il diritto di voto amministrativo agli stranieri sarebbe scrivere una bella pagina di democrazia.

 

 

 

 



[1] [1] WIM Wenders, docufilm IL VOLO girato sullĠesperienza di accoglienza di alcuni paesi della calabria ÒRiace e Caulonia hanno trovato nei rifugiati africani, afghani, curdi o palestinesi che arrivano da noi in cerca di una nuova vita, la chiave di volta per dare ai piccoli comuni, affetti da un drammatico spopolamento, una vita nuova. Ed  questo il segreto di certi borghi calabresi: aver fatto dellĠaccoglienza una risorsaÓ.