REGOLARIZZAZIONE COLF E BADANTI:

LE RAGIONI PER CONTRASTARE LA CIRCOLARE MANGANELLI

 

1. Delimitazione dellĠambito dellĠindagine

LĠart. 1 ter L. 102/09, al comma 13, lett. c) prescrive che non possano essere ammessi alla procedura di emersione prevista dalla stessa legge gli stranieri che Òrisultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a  seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dellĠart. 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti degli artt. 380 e 381 del medesimo codiceÓ.

Il Ministero dellĠinterno, in data 17/3/2010, ha diramato una circolare a firma del Capo della polizia Manganelli avente ad oggetto: ÒProcedure di emersione del lavoro irregolare prestato da cittadini stranieri nellĠattivitˆ di assistenza e di sostegno alle famiglie. Motivi ostativi previsti allĠart. 1, ter, comma 13, della legge 3 agosto 2009 n. 102Ó. Al dichiarato scopo di dirimere dubbi interpretativi relativi allĠinquadramento della condanna per il reato di cui allĠart. 14, co. 5 ter, D. Lg. 286/98 tra i reati ostativi alla fruizione della procedura di emersione, la circolare sostiene che Òrientra nellĠambito dellĠart. 381 c.p.p. la prima figura di reato prevista dallĠart. 14 comma 5 ter che punisce con la reclusione da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dallĠordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorniÓ.

La circolare in oggetto nulla aggiunge a sostegno dellĠinterpretazione offerta a tutte le questure: non spiegando perchŽ la fattispecie in esame sarebbe ostativa alla regolarizzazione.

Volendo interpretare lĠermetica prosa del Capo della polizia ( che, a sua volta, vuole interpretare la legge),  lecito presumere che la ritenuta ostativitˆ si fondi sul dato, incontrovertibile, della sanzione prevista per il reato di cui alla prima parte dellĠart. 14, co. 5 ter, da uno a quattro anni di reclusione, che rientra nei limiti edittali di cui al primo comma dellĠart. 381 c.p.p., a mente del quale Ò Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltˆ di arrestare chiunque  colto in flagranza di un delitto non colposoÉ per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ÉÓ.

Dunque, poichŽ il reato in questione  punito con pena massima superiore a tre anni di reclusione, consegue che lo stesso rientri nellĠambito dellĠart. 381 c.p.p.

Scopo di questa nota  la verifica della correttezza di tale interpretazione.

 

2. PerchŽ il reato di cui alla prima parte dellĠart. 14, co. 5 ter, D. Lg. 286/98, non  previsto dallĠart. 381 c.p.p. e, quindi, la relativa condanna non  ostativa alla procedura di emersione di cui alla legge 102/09.

Punto di partenza dellĠanalisi deve essere la fonte normativa: non  ammesso alla regolarizzazione chi risulti condannato per uno dei reati previsti dagli artt. 380, 381 del codice di rito penale.

La soluzione della questione dipende anche dallĠinterpretazione che si fornisce a tale locuzione.

Infatti, dallĠesame della circolare, pare evidente che il Ministero ritenga la ÒprevisioneÓ formula equivalente al concetto di ÒrientrareÓ. E, in questĠottica, sicuramente la pena prevista per la fattispecie incriminatrice in esame rientra nei limiti edittali dellĠart. 381 c.p.p.

Tuttavia, il fatto che la norma utilizzi una locuzione differente, pu˜ condurre ad una diversa soluzione della questione. Invero, la formula Ò É uno dei reati previsti dallĠart. 381 c.p.p. ÉÓ pu˜ esser interpretata come Ò uno dei reati per i quali lĠart. 381 prevede lĠarresto facoltativo in flagranza.Ó é appena il caso di rammentare che, invece, per la violazione dellĠart. 14 co. 5 ter, prima parte,  previsto lĠarresto obbligatorio dal successivo comma 5 quiquies, il che esclude che detta fattispecie sia prevista dallĠart. 381 cit., anche se vi rientra quanto a limiti edittali.

*** 

La problematica in esame non  certo nuova, basti pensare che anche la legge 189/02, allĠart. 33 rubricato ÒDichiarazione di emersione del lavoro irregolareÓ, prevedeva talune cause ostative tra le quali quelle indicate al comma 7, lett. c): le disposizioni relative allĠemersione del lavoro sommerso degli stranieri non si applicavano ai prestatori dĠopera Ò che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli artt. 380 e 381 ÉÓ , ed analoga previsione riportava la L. 222/02. Non vĠ chi non veda come la locuzione Òreati indicati ÉÓ, utilizzata dal legislatore nel 2002, sia assolutamente analoga a quella del legislatore del 2009: Òreati previsti ÉÓ dagli stessi articoli del codice di rito penale.

ComĠ noto a tutti, la Corte costituzionale con la sentenza 78/2005 dichiar˜ lĠillegittimitˆ costituzionale delle disposizioni sulla regolarizzazione del 2002, nella parte in cui facevano derivare dalla mera denuncia per i reati previsti dagli artt. 380, 381 c.p.p. lĠostativitˆ allĠemersione. Ebbene, in tutta la motivazione della sentenza 78/2005 la Consulta non utilizza mai la locuzione utilizzata dal Capo della polizia Manganelli. Al contrario, la Corte decret˜Ó l'illegittimitˆ costituzionale delle norme impugnate nella parte in cui fanno derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione nei suoi confronti di una denuncia per uno dei reati per i quali gli artt. 380 e 381 cod. proc. pen. prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.Ó

Di identico tenore  la giurisprudenza che, sul solco della sentenza 78/05, dichiar˜ illegittimi i provvedimenti di rigetto delle domande di regolarizzazione del 2002, adottati sul presupposto di Òuna denuncia per uno dei reati per i quali gli artt. 380 e 381 c.p.p. prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, n. 7375/2005).Ó ( CdS. Sez. VI, 25/8/2009).

Con lĠautorevole sostegno della giurisprudenza costituzionale e di legittimitˆ, si pu˜ quindi giungere ad una prima importante conclusione: la locuzione della legge 102/09 Òcondanna  É per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p.Ó deve essere interpretata nel senso di Òcondanna É per uno dei reati per i quali gli artt. 380 e 381 c.p.p. prevedono lĠarresto obbligatorio o facoltativo in flagranzaÓ. La difformitˆ della interpretazione proposta dal Ministero, pare evidente.

***

A questo punto non resta che prendere atto che per la violazione dellĠart. 14, co. 5 ter prima parte  previsto lĠarresto obbligatorio in flagranza ai sensi del comma 5 quiquies della stessa disposizione, e non dagli artt. 380 e 381 c.p.p.

Infatti, anche se i limiti edittali previsti dalla fattispecie incriminartice in esame rientrano nella previsione dellĠart. 381, co. 1, c.p.p. (come osserva il Capo della polizia), il legislatore, in deroga alla disciplina codicistica , ha ritenuto di prevedere lĠarresto obbligatorio in flagranza. Tuttavia, poichŽ i limiti edittali della norma in esame non rientrano, per difetto, nella previsione di cui allĠart. 380, comma 1, c.p.p., il legislatore  stato costretto a prevedere lĠobbligatorietˆ dellĠarresto con una norma speciale: lĠart. 14, comma 5 quinquies D. Lg. 286/98. Tale ultima disposizione si pone pertanto in rapporto di specialitˆ rispetto alle disposizioni di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p.

Consegue, logicamente, che la previsione di arresto obbligatorio in flagranza per lĠinottemperante allĠordine del questore non sia prevista nŽ dallĠart. 380 nŽ dallĠart. 381 c.p.p. e, pertanto, non vi rientri.

 

3. PerchŽ la soluzione proposta non viola il principio di uguaglianza

Taluno potrebbe obiettare che parrebbe irragionevole escludere dallĠemersione i condannati per i reati previsti dallĠart. 381 c.p.p – per i quali  previsto lĠarresto facoltativo – e consentirne lĠaccesso ai condannati per lĠart. 14, co. 5 ter prima parte D. Lg. 286/98, per il quale  invece prevista la pi grave misura dellĠarresto obbligatorio.

Un breve excursus della vicenda delle misure precautelari in tema di inosservanza dellĠordine questorile  utile per fugare ogni dubbio al riguardo.

Si rammenterˆ che il reato in esame fu originariamente previsto come contravvenzione dal legislatore del 2002 (lo stesso di oggi). Solo a seguito della nota sentenza 223/2004 della Corte costituzionale, che dichiar˜ lĠincostituzionalitˆ di un arresto fine a se stesso, il legislatore – ricorrendo alla decretazione dĠurgenza – trasform˜ la contravvenzione in delitto e introdusse lĠattuale previsione edittale, al solo scopo di rendere lĠarresto conforme a Costituzione.

La pena della reclusione da uno a quattro anni, pertanto, non  conseguente a unĠopzione di politica criminale  tale per cui si  ritenuto di inasprire le pene per un reato di particolare gravitˆ. Al contrario, scopo dichiarato dal legislatore ( cfr. art. 14, comma 5 ter)  quello di procedere – in ogni caso – allĠadozione di un nuovo decreto espulsivo: a tanto serve lĠarresto e, dopo la Consulta, lĠaumento della pena. Si rammenterˆ altres“ che plurime eccezioni di illegittimitˆ costituzionale fioccarono allĠindomani della trasformazione da contravvenzione in delitto del reato dĠinottemperanza allĠordine del questore, posto dal D.L. 241/04, convertito, con modificazioni, nella L. 271/04. E, infine, si rammenterˆ ancora la sentenza n. 22/2007 della Corte costituzionale che concludeva considerando amaramente come Ò la rigorosa osservanza dei limiti dei poteri del giudice costituzionale non esime questa Corte dal rilevare lĠopportunitˆ di un sollecito intervento del legislatore, volto ad eliminare gli squilibri, le sproporzioni e le disarmonie prima evidenziateÉÓ

Credo che sia sufficiente non avere la memoria corta per comprendere come non sia affatto irrazionale ammettere allĠemersione i condannati per lĠart. 14 co. 5 ter, pur escludendo i condannati per furto, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, truffa, danneggiamento aggravato, appropriazione indebita e tutti gli altri reati per i quali  consentito lĠarresto in flagranza, se solo si rammentano le ragioni per le quali – ormai possiamo dire ÒstoricamenteÓ -  stato previsto lĠarresto obbligatorio in flagranza per il reato in questione.

 

4. PerchŽ la soluzione proposta dal Ministero dellĠinterno  ingiusta e irrazionale

Ogni sanatoria, o regolarizzazione o emersione del lavoro sommerso comporta, fisiologicamente, unĠautodenuncia. Chi vuole essere regolarizzato  costretto ad uscire allo scoperto, a declinare le proprie generalitˆ, a smettere di essere ÒinvisibileÓ. E con lui il proprio datore di lavoro.

Di questo  ben consapevole il legislatore se  vero che ha espressamente previsto, fino alla definizione  della procedura di emersione, la sospensione di tutti i procedimenti, penali e amministrativi connessi alla presenza sul territorio e al lavoro nero, nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore. E, parallelamente, lĠestinzione di gran parte degli stessi reati e illeciti amministrativi, sia per il lavoratore che per il datore di lavoro, a regolarizzazione avvenuta. E, ancora, sempre la legge di emersione ha previsto che possano sanarsi gli espulsi per irregolaritˆ dellĠingresso e/o del soggiorno.

 EĠ noto a tutti che lĠordine del questore costituisce la modalitˆ ordinaria di esecuzione delle espulsioni: quel che non riesce a fare lo Stato, con i suoi potenti mezzi, lo deve fare lĠimmigrato, chiamato ad autoespellersi in soli cinque giorni. Salvo giustificato motivo. Pena lĠarresto e la reclusione da uno a quattro anni.

Secondo lĠopinione ministeriale, gli espulsi per irregolaritˆ di ingresso e/o soggiorno – che pure sono inottemperanti allĠordine del questore -  possono sanarsi, se per˜ sono stati un poco pi sfortunati, e sono stati fermati una seconda volta, e, solo per questo arrestati e condannati, allora no, dura lex, sed lex.

E quindi si ricomincia dallĠinizio, come al gioco dellĠoca. é stata tutta una finzione, abbiamo scherzato, si torna clandestini, si procede allĠespulsione, e ad applicare le sanzioni, penali e amministrative, al datore di lavoro.

La possibilitˆ di emersione dipende dallĠalea. Sarˆ utile, forse, rammentare che, proprio in tema di emersione del lavoro sommerso, con la sentenza n. 78/2005 la Corte costituzionale precis˜ che Ò se  indubitabile che rientra nella discrezionalitˆ del legislatore stabilire i requisiti che i lavoratori extracomunitari debbono avere per ottenere le autorizzazioni che consentano loro di trattenersi e lavorare nel territorio della Repubblica ,  altres“ vero che il suo esercizio deve essere rispettoso dei limiti segnati dai precetti costituzionali. A prescindere dal rispetto di altri parametri,per essere in armonia con lĠart. 3Cost. la normativa deve anzitutto essere conforme a criteri di intrinseca ragionevolezzaÓ.

Far dipendere da fatti del tutto casuali la sorte dei lavoratori stranieri che si sono autodenunciati ( e dei loro datori di lavoro), suona come una beffa, assai poco conforme ai citati Òcriteri di intrinseca ragionevolezzaÓ.

Ma la beffa potrebbe avere il sapore ben pi grave della truffa se si considera che il 23 settembre 2009, al quesito ÒBuongiorno, Vi chiedo se  possibile fare richiesta di regolarizzazione in favore di stranieri condannati per i reati di cui all'art. 14 comma C 5 ter del DL 286/98 (inottemperanza all'ordine del questore). Grazie, cordiali salutiÓ,
il Ministero dell'interno rispondeva formalmente nel modo seguente: Òcomunichiamo la seguente soluzione/informazione:
si pu˜ fare la richiesta per un lavoratore che ha avuto un decreto di espulsione per˜ non lo ha rispettato ed  rimasto in Italia anche se successivamente  stato trovato di nuovo dalle forze dell'ordine e condannato per i reati di cui all'art. 14 comma 5 ter del DL 286/98Ó.


EĠ per questi motivi che lĠinterpretazione della legge prospetta dal Capo della polizia con la circolare del 17 marzo scorso  ingiusta e irragionevole.