Newsletter
periodica d’informazione
(aggiornata
alla data del 29 novembre 2010)
Regolarizzazione di colf e badanti: bocciate il 10% delle domande
Sommario
o
Dipartimento Politiche
Migratorie – Appuntamenti pag. 2
o
Attualità – Anche
i rifugiati potranno diventare lungo - soggiornanti pag. 2
o
Attualità - la
sanatoria boccia 27 mila colf e badanti pag. 2
o
Attualità – Il
Governo apre ad una estensione della regolarizzazione pag. 3
o
Società – Milano: incontro in prefettura su via
Imbonati; PDS, parte esame lingua italiana pag. 4
o
Lavoro Domestico
– Un popolo di invisibili, poco più che schiavi pag. 5
o
Discriminazioni:
l’UNAR censura il sindaco di Montecchio pag. 6
o
OIM presenta il
rapporto “World Migration 2010” pag. 6
o
Dai Territori:
Permessi di soggiorno: il Tar del Lazio condanna la questura di Roma pag. 7
o Foreign
Press – New Yoork Times: How immigrants create new jobs pag. 8
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n.
297
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Giovedì, 2 dicembre 2010, ore 16,
Auditorium Via Rieti
Fondazione Migrantes:
presentazione Rapporto Italiani nel Mondo 2010
(Angela Scalzo)
Giovedì, 2 dicembre 2010, ore 16,
Via del Velabro
Comitato Direttivo del Cir
(Giuseppe Casucci)
Cagliari, Venerdì 3 dicembre
2010, ore 10
Convegno UIL e Ital su
immigrazione
(Guglielmo Loy)
Fiuggi, Lunedì 13 dicembre 2010,
ore 15.00
Corso formazione UILA su
immigrazione
(Guglielmo Loy)
Fiuggi, Martedì 14 dicembre, ore
10.00
Corso formazione UILA su
immigrazione
(Giuseppe Casucci)
Salerno, giovedì 16 dicembre 2010,
ore 15.00
Convegno UIL su immigrazione
(Guglielmo Loy)
Attualità
Anche
i rifugiati potranno ottenere lo status di lungo soggiornanti.
Il Comitato dei rappresentanti permanenti nell’Ue ha approvato
le modifiche alla direttiva 2003/109/CE. Dopo il voto dell’Europarlamento,
previsto in gennaio 2011, i rifugiati saranno liberi di muoversi nei Paesi Ue
con l’esclusione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca.
(dalla redazione di Immigrazione Oggi) Roma,
25 novembre 2010 - I rifugiati potranno acquisire lo status di soggiornanti di
“lungo-periodo” negli Stati membri dell’Unione europea, sulle stesse basi
valide per gli altri cittadini di Paesi terzi legalmente residenti nell’Ue da
più di cinque anni. È quanto ha approvato il Comitato dei rappresentanti
permanenti del Consiglio dell’Unione Europea apportando le necessarie modifiche
alla direttiva 2003/109/CE, misura già negoziata con il relatore del Parlamento
europeo. Se l’Assemblea darà il suo benestare al testo, il Consiglio lo
adotterà. A quel punto, dopo l’adozione formale del provvedimento, che avverrà
probabilmente all’inizio del 2011, gli Stati membri dovranno rispettare le
nuove norme. Il Regno Unito, l’Irlanda e la Danimarca non hanno aderito alla
direttiva modificata. La Commissione aveva pubblicato la sua proposta di
modifica l’8 giugno del 2007, il Consiglio la discusse, ma non riuscì a
raggiungere un accordo unanime. Una fase di stallo superata dal nuovo Trattato
di Lisbona secondo il quale le questioni legate alla migrazione rientrano tra
le procedure legislative ordinarie per le quali è richiesta la maggioranza in
Consiglio, ma non l’unanimità. Questa direttiva fa parte di un pacchetto di sei
proposte legislative che gli Stati membri dell’Ue si sono impegnati ad adottare
al fine di istituire un regime europeo comune in materia di asilo (Seca) entro
il 2012. Le altre proposte sono: i regolamenti Dublino e Eurodac, la qualifica,
le condizioni di accoglienza e di procedure direttive.
(Red.)
Di Francesca
Padula, ilsole24ore.com
Roma, 25
novembre 2010 - Nella ragnatela di una legge (permissiva e poco chiara) e di
una circolare (restrittiva) sono finite più di 27mila domande di
regolarizzazione presentate in occasione della sanatoria colf e badanti.
Concentrate nelle città del Nord, ma non solo. Eclatanti i due episodi di
protesta sulla gru a Brescia e sulla torre Carlo Erba a Milano, eppure dal
bilancio del Viminale sulle pratiche trattate dalle prefetture emerge che i
casi simili, di rigetto, sono molti di più: quasi il 10% delle richieste.
Pratiche respinte, a volte per irregolarità dei requisiti di reddito dei datori
di lavoro ma in gran parte proprio per l'interpretazione restrittiva che è
stata adottata, solo in alcune città, delle istruzioni – tardive –
arrivate dal Viminale. A dare il via libera alla sanatoria è stata una legge di
agosto 2009 (n.102) varata per mettere al riparo gli irregolari già presenti in
Italia dal reato di clandestinità che stava per essere introdotto con il
pacchetto sicurezza. Perché "permissiva"? Perché ha consentito
esplicitamente di presentare la domanda di emersione anche per immigrati già
raggiunti in precedenza da un decreto di espulsione. Le pratiche esaminate per
prime, perfezionate con il pagamento di 500 euro, sono state chiuse seguendo i
criteri scritti nella legge; solo dopo sei mesi (a marzo 2010) è arrivato il
chiarimento del ministero dell'Interno (ormai noto come circolare Manganelli
dal nome del capo della Polizia) che ha bloccato gli irregolari colpiti da
precedente decreto di espulsione. Ma l'interpretazione – come confermano
i numeri degli sportelli unici – ha avuto maglie molto strette in alcune
regioni (nella sola Lombardia sono state bloccate 8mila domande) mentre è stata
applicata in modo più blando in altre. A Catania le colf (o presunte tali) sono
state decimate: ogni tre istanze ce n'è una rigettata, e lo stesso è avvenuto a
Crotone e a Massa Carrara. La procedura di emersione, comunque, si avvia alla
conclusione: oltre 65 province hanno finalmente finito (o stanno per farlo) il
lavoro, mentre le altre sono ancora alle prese con le convocazioni, i fascicoli
da integrare e i contratti da firmare. La lentezza degli sportelli è destinata,
però, a peggiorare dal 2011, se gli uffici dovessero perdere (come sembra)
l'apporto di 650 lavoratori a tempo determinato. I contratti sono in scadenza
il 31 dicembre e rischiano di non essere convertiti in assunzioni, come da
tempo chiedono gli operatori. Per dare un assaggio di quello che potrebbe
accadere senza di loro, i precari hanno deciso di scioperare. Ha iniziato lo
sportello di Roma, poi quelli di Brescia e Firenze, e a seguire la protesta si
estenderà anche agli altri grandi centri.
Il Governo
apre ad una estensione della regolarizzazione
Accolti gli ordini del giorno
di maggioranza e opposizione. "Estenderla anche agli altri
lavoratori"
Roma –
22 novembre 2010 – Il governo valuterà l’ipotesi di estendere la
regolarizzazione anche ai lavoratori non domestici. Parola del sottosegretario
al sottosegretario all’Economica Giuseppe Casero, che venerdì scorso, durante
l’approvazione della Finanziaria a Montecitorio, ha accettato gli ordini del
giorno su questo tema presentati da esponenti del Popolo delle Libertà e del
Partito Democratico. L’ordine del giorno è un atto di indirizzo politico con
cui la Camera o il Senato chiede al governo di fare qualcosa. In realtà il
governo, anche se lo accoglie, non è davvero costretto a dare seguito alla
richiesta, ma il sì di venerdì dimostra perlomeno che per l’esecutivo una nuova
regolarizzazione non è un tabù e che in Parlamento trova d’accordo esponenti
della maggioranza e dell’opposizione. Su questo punto, infatti, l’ ordine del
giorno presentato dai deputati del Pdl Lucio Barani, Giuliano Cazzola e
Francesco de Luca è identico a quello dei deputati Pd Livia Turco, Rosa De
Pasquale e Gugliemo Vaccaro. Si chiede al governo di “valutare l’opportunità”
di estendere la regolarizzazione “anche a quei settori dell'economia italiana
in cui vi sia un'alta incidenza di manodopera irregolare nonché a quei settori
ove la domanda di manodopera di lavoratori extracomunitari sia particolarmente
richiesta dalle imprese e, comunque, con particolare attenzione ai settori
economici dell'edilizia, agricoltura, terziario, pubblici esercizi e assistenza
familiare”. Negli ordini del giorno accettati dal governo si chiede inoltre
di estendere la durata del permesso per ricerca di lavoro (oggi è di appena sei
mesi), per evitare che chi ha perso il posto a causa della crisi economica
diventi irregolare. I deputati del Pdl hanno chiesto inoltre al governo di
rispettare i tempi per i rinnovi dei permessi di soggiorno, mentre il Pd ha
chiesto che i truffati della regolarizzazione possano denunciare le truffe
senza essere espulsi e che venga concesso il permesso di soggiorno a chi
denuncia i propri sfruttatori. La palla
passa al governo. Nel mezzo della crisi politica, avrà tempo e voglia di dare
seguito alle richieste del Parlamento?
Di Elvio Pasca
Società
Immigrazione: Milano, incontro
in Prefettura su regolarizzazione e su via Imbonati
Milano,
24 novembre 2010 – Si è tenuto, lo scorso 22 Novembre, l'incontro in
Prefettura - sulla base di una
scaletta sottoscritta tra le OO.SS e
le Associazioni - per
tentare di trovare una serie di risposte alle problematiche relative alla
procedura di emersione di “colf e badanti”, createsi per i pasticci normativi
della procedura stessa, oltre a
comprendere se vi potesse arrivare ad una possibile soluzione per la
vicenda della occupazione della Torre di via Imbonati, ex Carlo Erba, da parte
di alcuni immigrati. L'incontro ha permesso di conseguire una seria di
risultati concreti:
-
la costituzione di un Tavolo istituzionale permanente,
presso la stessa Prefettura,dove si avrà la possibilità di discussione e
confronto sulle problematiche che attengono alla immigrazione e di discutere,
caso per caso, quelle istanze che necessitano di una valutazione più
approfondita; istanze che potranno essere riprese in considerazione, alla luce
delle aperture registrate dall’atteggiamento della Prefettura nei confronti
delle nostre richieste;
-
la possibilità, previa segnalazione delle Organizzazioni
Sindacali, di convincere il datore di lavoro che ha fatto richiesta di
regolarizzazione, di presentarsi comunque alla convocazione in prefettura,
anche se non intende firmare il contratto con lo straniero interessato;
quest’ultimo potrà comunque ottenere un permesso di soggiorno per attesa
occupazione in caso, sia di mancata assunzione, sia qualora il datore di lavoro non si
presenti;
-
la possibilità di valutare, caso per caso, la concessione del permesso
di soggiorno per motivi umanitari a
favore di quelle persone che denuncino l'organizzazione criminale e/o singole
persone che li ha truffati chiedendo loro soldi in cambio della domanda di
emersione e/o che li ha costretti a lavorare in nero anche in settori diversi
da quelli previsti per l'emersione;
-
l'impegno della Prefettura a notificare, d'ora
in poi, il rigetto della istanza di emersione non solo al datore di lavoro,
ma anche allo stesso lavoratore.
Per Via Imbonati siamo in
attesa di sapere se il Comitato Immigranti ,alla luce dei risultati ottenuti,
deciderà di sospendere la protesta sulla Torre ex Carlo Erba.
P.L. Paolini, Segretario
UIL Milano e Lombardia
ITALIA - Immigrazione. Parte
esame lingua per permesso soggiorno
Roma, 28
novembre 2010 - Dal prossimo 9 dicembre niente permesso di soggiorno senza
conoscenza dell'italiano. Lo prevede il decreto 4 giugno 2010 (firmato dai
ministri dell'Interno e dell'Istruzione, Roberto Maroni e Mariastella Gelmini),
che entra in vigore in quella data e prevede un test di lingua obbligatorio per
gli stranieri che intendono richiedere il documento per soggiornanti di lungo
periodo.
Il Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione del ministero
dell'Interno ha messo a punto la procedura informatica che consentira' la
gestione delle domande per la partecipazione al test. Lo straniero che intende
chiedere il rilascio del permesso per soggiornanti di lungo periodo dovra' presentare
alla prefettura la richiesta di partecipazione tramite l'indirizzo
www.testitaliano.interno.it. La prefettura convoca il richiedente entro 60
giorni per lo svolgimento della prova indicando data e luogo. L'esame si svolge
con modalita' informatiche ma, su richiesta, anche per iscritto. E' strutturato
sulla comprensione di brevi testi, frasi ed espressioni di uso frequente. Il
contenuto delle prove che compongono il test, i criteri di assegnazione del
punteggio e la durata della prova sono stabiliti uniformemente su tutto il
territorio nazionale. Per superare la prova il candidato deve conseguire almeno
l'80% del punteggio complessivo. Se l'esito e' positivo, lo straniero puo'
presentare la domanda e la questura, verificati tutti gli altri requisiti richiesti,
rilascia il permesso di soggiorno. In caso di 'bocciatura', lo straniero puo'
ripetere la prova e inoltrare un'altra richiesta per sostenere il nuovo test.
Non tutti gli stranieri sono pero' tenuti a sottoporsi all'esame di lingua. E'
infatti esentato dalla prova chi ha attestati o titoli che certifichino la
conoscenza dell'italiano a un livello non inferiore al livello A2 del Quadro
comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue; chi ha titoli di
studio o titoli professionali (diploma di scuola secondaria italiana di primo o
secondo grado oppure certificati di frequenza relativi a corsi universitari,
master o dottorati): chi e' entrato in Italia come dirigente, professore
universitario o ricercatore, traduttore o interprete; chi e' affetto da gravi
limitazioni alla capacita' di apprendimento linguistico.
Lavoro domestico
Lavoro
domestico in Arabia Saudita
Un popolo di
invisibili, poco più che schiavi
di Nena News
E’ stato il
caso di Lahanda Purage Ariyawathie, 49 anni rientrata in Sri Lanka a fine
agosto, dopo mesi passati come cameriera alle dipendendenze di una ricca
famiglia di Rihyad, a riaccendere l’attenzione sulle condizioni delle centinaia
di migliaia di collaboratori domestici che affollano le case dei ricchi in
Medio Oriente. I medici hanno dovuto rimuovere dal suo corpo almeno 24, tra
chiodi e aghi, che il suo datore di lavoro, un saudita, dal quale lavorava
dallo scorso marzo, gli aveva conficcato nel corpo, come punizione alle
continue lamentele della colf, che chiedeva di essere alleggerita dalle
innumerevoli mansioni domestiche. I raggi X hanno evidenziato chiodi dai
2 ai 5 centimetri nelle mani e nelle gambe della donna. Un caso di efferata
brutalità e di barbarie domestica, “ma non un caso isolato”, ha
dichiarato Christoph Wilckie, ricercatore senior per l’area Medio Orente del
gruppo Human Rights Watch, che da anni monitora le violazioni ai danni di colf,
camerieri e badanti, provenienti soprattutto da paesi asiatici e africani,
nelle ricche famiglie arabe in Medio Oriente e nei paesi del Golfo. Sarebbero
1,5 milioni in Arabia Saudita, 660.000 in Kuwait e 200.000 in Libano.
Provengono principalmente da Sri Lanka, Filippine, Nepal, ma anche India e
Etiopia. Lavorano con orari impossibili, ricevendo poco cibo nelle famiglie che
li ospitano, zero ferie, né giorni di riposo. E con salari mensili da fame.
Secondo i dati forniti da HRW, tra gennaio 2007 e agosto 2008, solo in Libano,
almeno un domestico alla settimana sarebbe morto: nella metà dei casi si tratta
di suicidi, e molte delle vittime sarebbero cadute da edifici e balconi, mentre
tentavano di fuggire dai loro datori di lavoro. Il lungo percorso dello
sfruttamento inizia già nei paesi di origine, da parte delle agenzie di
collocamento; molti domestici arrivano nei paesi del Medio Oriente attraverso
un “sistema di sponsorizzazione” (accordi tra i datori di lavoro nei paesi di
destinazione e le agenzie di collocamento) così che il loro essere migranti
risulta inesorabilmente legato al loro datore di lavoro: non possono cioè
tornare nei loro paesi contro la volontà dei loro “padroni”, che in alcuni casi
“sequestrano” loro il passaporto, né cambiare lavoro e almeno per l’Arabia
Saudita e il Kuwait non possono nemmeno lasciare il paese. L’Arabia Saudita
presenta sicuramente il caso più allarmante. Nel rapporto del 2008, dal titolo
“Come se non fossi umano”, HRW ha analizzato oltre 20 casi di collaboratori
domestici che avevano subito situazioni di sfruttamento, abusi verbali, fisici,
fino ad arrivare a violenze sessuali.
Lo stesso
avviene in Kuwait, dove sempre secondo HRW, i lavoratori migranti rimangono
intrappolati in sistemi di vero e proprio sfruttamento che non consentono loro
di lasciare l’impiego, senza il permesso del datore di lavoro e anzi possono
essere soggetti a procedimenti penali e a un’immediata deportazone dal paese,
se tentano di sfuggire alla ricca famglia che li tiene in “ostaggio”. Il Kuwait
ha la più alta percentuale di collaboratori domestici di tutto il Medio
Oriente: un terzo della forza lavoro di tutto il paese, che ha solo 1,5
milioni di abitanti, è rappresentato da filippini, indonesiani, cingalesi. Solo
nel 2009, colf, cameriere e badanti di Sri Lanka, Indonesia, Filippine e Etiopia,
hanno presentato alle loro ambasciate in Kuwait oltre 10.000 lettere di
proteste per le condizioni lavorative subite. La maggior parte dei paesi del
Medio Oriente non include i collaboratori domestici nella normativa che
regola altre categorie di lavoratori, costringendo così gli immigrati a non
godere di alcuna tutela giuridica. Per esempio l’Arabia Saudita nel 2005 ha
presentato una bozza di disegno di legge sul lavoro domestico, che includesse
diritti e doveri dei dipendenti, con una regolamentazione maggiore delle ferie
e degli orari di lavoro; ma la bozza non è mai stata approvata dal Consiglio
dei Ministri. Sui paesi del Medio Oriente che ospitano grandi percentuali di
immigrati asiatici (Libano, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi,
Barhein), solo la Giordania ha incluso i lavoratori domestici, nel 2008, nella
legislazione riguardante il diritto al lavoro, i rapporti lavorativi, e la
stipula dei contratti.
Discriminazioni
Montecchio
Maggiore (Vicenza) 24 novembre 2010 - Il sindaco di Montecchio Maggiore deve
ritirare la delibera sui parametri abitativi, che colpisce in particolare gli
immigrati, perche' illegittima. Lo sostiene la Cgil di Vicenza, che accoglie
''con grande soddisfazione'' la notizia dell'invio di una lettera da parte
dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), che fa capo al
Ministero delle pari opportunita', in cui si chiede al primo cittadino Milena Cecchetto
''l'eventuale sospensione e il successivo ritiro del provvedimento'', approvato
nel dicembre 2009. Di interventi analoghi da parte dell'Unar ha parlato oggi
Repubblica, citando casi avvenuti nel Bresciano. L'Unar sottolinea che la
delibera - con la quale si stabilisce il numero di occupanti, anche temporanei,
di un alloggio, in relazione alle sue dimensioni (2 persone per 60 mq, 3
persone per 70 mq, 4 per 85 mq, 5 per 95 mq e cosi' via) - non e' coerente
''con i principi generali dell'ordinamento, oltre che della Costituzione
italiana e del diritto europeo''. Il documento cita la direttiva del Ministero
dell'interno in cui si chiarisce che gli alloggi considerati idonei per il
ricongiungimento familiare degli immigrati devono corrispondere a ''parametri
generalmente stabiliti per tutta la cittadinanza, su tutto il territorio
nazionale''. Per la Cgil, l'Unar in pratica sposa in pieno le tesi ''ribadite
piu' volte pubblicamente dal sindacato ed espresse nel ricorso depositato
presso il Tribunale di Vicenza che verra' dibattuto il udienza il 21 dicembre
prossimo''. E al responso dell'aula giudiziaria si rifa' il sindaco di
Montecchio nella sua replica: ''davanti al Tribunale stiamo illustrando in
maniera chiara e precisa la nostra posizione - precisa - e da quest'organo
attendiamo di sapere se nel nostro agire sono da ravvisare illegittimita' e
violazioni della normativa antidiscriminazioni''. Senza risparmiare una battuta
polemica. ''Se l'Unar avesse approfondito la materia - replica Cecchetto -
avrebbe 'scoperto' che tanti altri comuni, vicentini e veneti, applicano gli
stessi parametri abitativi. A quel punto, forse, sarebbe stato piu' opportuno
per l'Unar contattare non il Comune di Montecchio Maggiore, che non ha fatto
altro che applicare una normativa - conclude - ma direttamente il Governo,
chiedendogli di intervenire per portare chiarezza in questa materia''.
L’OIM presenta il Rapporto
Migrazione nel Mondo 2010: investire
oggi per gestire le migrazioni di domani
Nel 2010 214 milioni di migranti nel mondo, nel 2050 potrebbero
essere 405 milioni
GINEVRA 29 novembre - Il
mondo sarà colto impreparato dal passo incessante della migrazione se gli
Stati, le organizzazioni internazionali e la società civile non uniranno le
loro forze per rispondere alle sfide che il fenomeno comporta. E’ quanto
sostiene il Rapporto sulla Migrazione nel Mondo 2010 lanciato
oggi a Ginevra dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Il
rapporto “Il Futuro delle Migrazioni: capacity building per il cambiamento” rileva
che, nonostante le centinaia di milioni di dollari spesi ogni anno per
rafforzare la capacità di gestione dei flussi migratori da parte degli
Stati, le risposte ai cambiamenti delle migrazioni attuali o emergenti
sono spesso a breve termine, lacunose e frammentarie. Il numero di migranti
internazionali è oggi stimato intorno ai 214 milioni e,
se continuerà a salire allo stesso ritmo nei prossimi 20 anni, potrebbe
raggiungere quota 405 milioni entro il 2050, mentre la
forza lavoro nei paesi in via di sviluppo crescerà da 2.4 miliardi del 2005 a
3.6 miliardi nel 2040. In questo scenario, considerando che la domanda di
lavoro dei paesi di destinazione è al momento superiore all’offerta di lavoro
dei paesi di origine, i canali di migrazione legale resteranno un’eccezione
e non la regola. Le nuove forme di migrazione irregolare inoltre
stanno sempre più interessando categorie che hanno bisogno di protezione
internazionale: minori non accompagnati, richiedenti asilo,
vittime di tratta e persone che fuggono dagli effetti del cambiamenti
climatici. Un fenomeno che sfiderà ulteriormente gli Stati nella loro capacità
di rispondere con un approccio umanitario ai flussi migratori. “Senza
investimenti significativi nelle tematiche migratorie, non ci sono dubbi che le
criticità legate ai diritti dei migranti e alla loro integrazione
nelle società ospitanti siano destinate ad acuirsi”, affema William
Lacy Swing, Direttore Generale dell’OIM. “ Investire
e pianificare nel futuro delle migrazioni aiuterà a migliorare la percezione
pubblica dei migranti, che ha subito negativamente gli effetti dell’attuale
crisi economica. Contribuirà anche ad alleggerire la pressione politica sui
governi per progettare iniziative a breve termine sul tema dell’immigrazione”.
Il rapporto mostra che, nonostante la crisi economica, il numero
totale dei migranti è rimasto stabile nel
corso degli anni, in quanto relativamente pochi hanno fatto ritorno a casa
nonostante l’elevato tasso di disoccupazione. Disoccupazione che però nel 2009
ha causato il calo solo del 6% delle rimesse verso i paesi in via di sviluppo,
mentre alcuni paesi, come Bangladesh, Pakistan e Filippine, hanno registrato un
aumento del volume delle rimesse. Lo studio dell’OIM identifica mobilità
lavorativa, migrazione irregolare, migrazione e sviluppo, integrazione e
cambiamenti climatici come le aree che subiranno i maggiori evoluzioni nei
prossimi anni e in cui è necessario investire. Tra le raccomandazioni del
rapporto:
· Rafforzare legislazioni nazionali e politiche sugli spostamenti
interni causati dai cambiamenti climatici.
· Elaborare dati più esaustivi su migrazione irregolare e
mercati del lavoro.
· Contrastare la tratta di migranti e il traffico di esseri umani
consolidando la capacità dei paesi di transito a dare assistenza ai migranti
irregolari.
"Non è necessario reinventare il tema della migrazione, né approvare
investimenti finanziari abnormi. Soluzioni umane ed efficaci per le
problematiche migratorie sono a portata di mano. E’ solo una questione di
collaborazione e di allocare in modo efficiente le risorse, determinando solide
politiche di lungo periodo, basate sui fatti e non sull’opportunismo politico
di breve periodo” conclude Swing.
Dai Territori
Permessi di soggiorno: solo 20 giorni per il rinnovo. Tar Lazio
condanna Questura Roma
Articolo di Claudia
Moretti, http://immigrazione.aduc.it/
Non importerebbe commentare una sentenza di un tribunale che
si limita ad applicare la normativa in vigore da anni, se non fosse che si
tratta di una pronuncia emessa nel Pianeta Immigrazione. Ci stupiamo, allora,
che i principi elementari dell'ordinamento trovino in concreto applicazione
anche in una materia che vede spesso lo straniero vittima di violazioni di
leggi ed in particolare di quelle che regolano il corretto svolgimento della
funzione pubblica e dei procedimenti amministrativi. Ci stupiamo anche, allora,
che per i rinnovi dei permessi di soggiorno, che a rigor di legge devono
concludersi entro 20 giorni dalla data di deposito dell'istanza, salvo
eccezioni dovute ad integrazione dell'istruttoria (ulteriori documenti ecc...),
non si debbano invece attendere tempi biblici, a volte mesi e mesi, oltre
l'anno. Tempi illegali, sì, ma che ci sono ovunque, in tutte le questure e che
non si riesce ad eliminare, tempi cui tutti, stranieri per primi, ci siamo
rassegnati a sopportare. Per non parlare, poi, dei tempi pluriennali delle
procedure di emersione e sanatorie varie.
E' invece accaduto che un Tribunale amministrativo abbia condannato
l'amministrazione a provvedere. Si tratta di un cittadino di nazionalità
straniera che ha chiesto il rinnovo del pds per residenza elettiva lo scorso 21
gennaio 2010 e, non avendo avuto risposta nei tempi di legge, si e' rivolto ad
un legale che ha impugnato il “silenzio” della pubblica amministrazione nello
scorso luglio. La Questura di Roma non ha spiegato le ragioni a sostegno della
validità e legittimità del proprio ritardo, non ha addotto scuse o quant'altro.
Il processo si è concluso rapidamente perché affrontato con un rito molto
celere che è previsto dalla giustizia amministrativa. Il Tar Lazio ha, dunque,
sentenziato lo scorso 8 novembre con sentenza n. 33277/2010. Queste, in
sintesi, le limpide, ragionevoli, quasi ovvie motivazioni:
“L’art. 5, comma 9 D.Lgs. n. 286/1998, in particolare, dispone che “Il permesso
di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data
in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni
previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il
permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo
di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico” mentre
l’art. 2 L. n. 241/1990 statuisce che sia nell’ipotesi di procedimento iniziato
d’ufficio che in quello attivato su istanza di parte “la pubblica
amministrazione ha il dovere di concluderlo con un provvedimento espresso”. Ciò
comporta, sul piano processuale, la possibilità del privato di tutelare l’interesse
all’adozione dell’atto conclusivo del procedimento, al fine di ottenere una
pronuncia che accerti la violazione di tale dovere e che ponga a carico
all’Amministrazione l’obbligo specifico di pronunciarsi...[...]...
Per quanto sopra argomentato il ricorso va accolto e, per l’effetto, va
annullato l’impugnato silenzio-rifiuto, va dichiarato l’obbligo della intimata
Questura di concludere, con un provvedimento espresso, il procedimento attivato
con l’istanza avanzata dal ricorrente in data 21 gennaio 2010, entro il termine
di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente
sentenza, ovvero dalla sua notificazione, se anteriore e va, conseguentemente,
ordinato alla medesima di adempiere a tale obbligo.” Il Tar Lazio, pero',
non riconosce nel ritardo dell'amministrazione un motivo per riconoscere
automaticamente il danno lamentato e richiesto dal ricorrente. Ad avviso
del Tribunale, infatti, occorre dedurre i fatti a fondamento della lesione
lamentata ai propri diritti patrimoniali e provarne la sussistenza e
l'ammontare. In altre parole, di per se' il ritardo non crea danno, danno che
spetta alla parte provare.
Cio' significa che chiunque incappi in un ritardo della questura nelle
procedure relative al rinnovo o al rilascio del permesso di soggiorno dovrà
raccogliere elementi e prove relative al suo disagio. Per esempio, indicare i
giorni di lavoro persi per recarsi invano presso i locali della questura, costi
delle raccomandate che ha dovuto inviare, spese pagate in anticipo al proprio
legale per la causa e per la fase stragiudiziale che l'ha preceduta, oppure un
mancato viaggio all'estero perché “recluso” in Italia in attesa del documento
rinnovato. In ogni caso, la sentenza riconosce un rimborso di 500,00 euro a
titolo di spese legali (sigh!) in favore del ricorrente.
Insomma, una vittoria contenuta, non eclatante, ma vittoria. Un motivo per non
rassegnarci alle disfunzioni del nostro Paese.
Foreign Press
IN the campaign season now drawing to a close, immigration and globalization have often been described as economic threats. The
truth, however, is more complex. Over all, it turns out that the continuing
arrival of immigrants to American shores is encouraging business activity here,
thereby producing more jobs, according to a new study. Its authors argue that the easier it is to find
cheap immigrant labor at home, the less likely that production will relocate
offshore. The study, “Immigration, Offshoring and American Jobs,” was written
by two economics professors — Gianmarco I. P. Ottaviano of Bocconi
University in Italy and Giovanni Peri of the University of California, Davis — along with Greg C. Wright, a Ph.D. candidate
at Davis. The study notes that when companies move production offshore, they
pull away not only low-wage jobs but also many related jobs, which can include
high-skilled managers, tech repairmen and others. But hiring immigrants even
for low-wage jobs helps keep many kinds of jobs in the United States, the
authors say. In fact, when immigration is rising as a share of employment in an
economic sector, offshoring tends to be falling, and vice versa, the study
found. In other words, immigrants may be competing more with offshored workers
than with other laborers in America. American economic sectors with much
exposure to immigration fared better in employment growth than more insulated
sectors, even for low-skilled labor, the authors found. It’s hard to prove
cause and effect in these studies, or to measure all relevant variables
precisely, but at the very least, the evidence in this study doesn’t offer much
support for the popular bias against immigration, and globalization more
generally. We see the job-creating benefits of trade and immigration every day,
even if we don’t always recognize them. As other papers by Professor Peri have shown, low-skilled immigrants usually fill gaps in American labor
markets and generally enhance domestic business prospects rather than destroy
jobs; this occurs because of an important phenomenon, the presence of what are
known as “complementary” workers, namely those who add value to the work of
others. An immigrant will often take a job as a construction worker, a drywall
installer or a taxi driver, for example, while a native-born worker may end up
being promoted to supervisor. And as immigrants succeed here, they help the
United States develop strong business and social networks with the rest of the
world, making it easier for us to do business with India, Brazil and most other
countries, again creating more jobs. For all the talk of the dangers of
offshoring, there is a related trend that we might call in-shoring. Dell or
Apple computers may be assembled overseas, for example, but those products aid
many American businesses at home and allow them to expand here. A cheap call
center in India can encourage a company to open up more branches to sell its
products in the United States. Those are further examples of how some laborers
can complement others; it’s not all about one group of people taking jobs from
another. Job creation and destruction are so intertwined that, over all, the
authors find no statistically verifiable connection between offshoring and net
creation of American jobs. We’re all worried about unemployment, but the
problem is usually rooted in macroeconomic conditions, not in immigration or
offshoring. (According to a Pew study, the number of illegal immigrants from the Caribbean
and Latin America fell 22 percent from 2007 to 2009; their departure has not
had much effect on the weak United States job market.) Remember, too, that each
immigrant consumes products sold here, therefore also helping to create jobs.
When it comes to immigration, positive-sum thinking is too often absent in
public discourse these days. Debates on immigration and labor markets reflect
some common human cognitive failings — namely, that we are quicker to
vilify groups of different “others” than we are to blame impersonal forces.
Consider the fears that foreign competition, offshoring and immigration
have destroyed large numbers of American jobs. In reality, more workers have
probably been displaced by machines — as happens every time computer
software eliminates a task formerly performed by a clerical worker. Yet we know
that machines and computers do the economy far more good than harm and that
they create more jobs than they destroy. Nonetheless, we find it hard to
transfer this attitude to our dealings with immigrants, no matter how logically
similar “cost-saving machines” and “cost-saving foreign labor” may be in their
economic effects. Similarly, tariffs or other protectionist measures aimed at foreign nations have a certain populist appeal, even
though their economic effects may be roughly the same as those caused by a
natural disaster that closes shipping lanes or chokes off a domestic harbor. AS
a nation, we spend far too much time and energy worrying about foreigners. We
also end up with more combative international relations with our economic
partners, like Mexico and China, than reason can justify. In turn, they are
more economically suspicious of us than they ought to be, which cements a
negative dynamic into place. The current skepticism has deadlocked prospects
for immigration reform, even though no one is particularly happy with the
status quo. Against that trend, we should be looking to immigration as a
creative force in our economic favor. Allowing in more immigrants, skilled and
unskilled, wouldn’t just create jobs. It could increase tax revenue, help
finance Social Security, bring new home buyers and improve the business
environment. The world economy will most likely grow more open, and we should
be prepared to compete. That means recognizing the benefits — including
the employment benefits — that immigrants bring to this country.
Tyler Cowen is a professor of economics at George Mason University.