Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 21 ottobre 2010)

 

Economia sommersa: nei campi lavora in nero la metà degli stranieri

 

 

Sommario

 

o       Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                             pag. 2

o       Economia sommersa - Nei campi è in nero la metà degli stranieri                                                       pag. 2

o       Sommerso - Sacconi firma accordo programma per lavoratori extra-UE                                                           pag. 3

o       Lavoro nero - l’inferno in alto mare dei pescatori schiavi                                                                   pag. 3 

o       Sommerso – A Rosarno le arance sono mature: chi le raccoglierà?                                                        pag. 5

o       Società – Ancora voci su decreto flussi 2010                                                                                      pag. 6

o       Internazionale – Ban Ki-moon: non discriminare i migranti; Merkel ed il multiculturalismo                    pag. 7

o       Dai Territori – il 7% delle imprese lombarde hanno un titolare straniero                                                          pag. 9

o       Foreign Press – EJF report: the abuse of human rights at sea                                                               pag.10

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 293



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 22 ottobre 2010, ore 12.30, pazza Trevi 86

AICCRE: presentazione dell’help –desk telefonico sul ritorno volontario assistito

(Giuseppe Casucci)

Roma, 26 ottobre 2010, ore 10.30 – Teatro Orione

Caritas – Migrantes: presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2010

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Bruxelles, 27 ottobre 2010, ore 09.00

CES: riunione del gruppo migrazione ed inclusione

(Giuseppe Casucci)

Roma, 28 ottobre 2010, ore 14.00, Borgo S. Spirito 78

Incontri con controparti datoriali in materia di immigrazione: incontro congiunto Confcooperative e Lega delle Cooperative

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Roma, 3 novembre 2010, ore 15, C.so Vittorio Emanuele II, 101

Incontri con controparti datoriali in materia di immigrazione: incontro con Confagricoltura

Bruxelles, 05 novembre 2010, ore 09.00

Seminario CES: “Domestic Workers’ Rights”

 (Giuseppe Casucci)

Roma, 18 novembre 2010, ore 16 sede BNL via Crescenzo Del Monte, 27

Seminario UNAR: “Diversità al lavoro”

(Angela Scalzo)


 

Economia sommersa  


Nei campi è in nero la metà degli stranieri

Dal nostro inviato Paolo Lambruschi, Avvenire


Torino, 19 ottobre 2010 - Lavoratori stranieri reclutati nelle aree più derelitte del globo e portati con l’inganno nelle nostre campagne al Sud o in cantieri subappaltati al Nord, a sgobbare in nero per due euro all’ora fino a quindici ore al giorno. Come schiavi. Uno sfruttamento sommerso che non risparmia neppure il lavoro domestico, in questo caso diffuso in maniera uniforme lungo tutta la Penisola. Sono perlopiù uomini giovani, tra i 20 e i 40 anni, vittime di tratta, perché hanno pagato due o tremila euro in patria per uno pseudo contratto di lavoro che consentirebbe di sfamare moglie e figli a casa. Ma che, appena varcati i confini del Belpaese, si trasforma in schiavitù contemporanea bella e buona. Zero tutele, condizioni abitative e igieniche inumane, rischi per la salute, salari in nero e da fame, intimidazioni, ricatti, violenze. Le vittime sono anche costrette a versare tangenti, di norma il 60% della già bassa paga, ai "caporali", gli intermediari perno della truffa, di norma connazionali in combutta coi datori italiani e spesso con cartelli mafiosi. A dieci mesi dai fatti di Rosarno, il Gruppo Abele, insieme a Caritas Italiana, Acli Colf, Associazione Papa Giovanni e altre realtà del privato sociale, in collaborazione con sindacati e associazioni datoriali, ha scelto di dedicare a Torino la Giornata europea contro la tratta agli esseri umani alle vittime del lavoro nero. Sono l’altra faccia dimenticata del traffico di braccia e corpi, accanto a quella ben più evidente a scopo sessuale. Vi sono anche poche denunce, nonostante la legislazione italiana ed europea la puniscano duramente. Ma una vittima magari irregolare, se denuncia perde l’unica fonte di sostentamento. E non ha molte garanzie di tutela perché l’applicazione della legge resta arbitraria. A luglio, poi, ha chiuso per mancanza di fondi il numero anti-tratta del ministero delle Pari opportunità, unico canale di denuncia accessibile. Insomma c’è un problema di coscienza culturale e politica. Per il responsabile immigrazione della Caritas nazionale, Oliviero Forti, il fenomeno in Italia non è quantificabile, anche se a livello globale l’Organizzazione internazionale del lavoro stima 12 milioni di persone sfruttate in maniera grave o gravissima sul luogo di lavoro. Ma gli allarmi mandati dalle antenne diocesane puntate sui migranti dicono che nelle campagne del Mezzogiorno, dove i braccianti immigrati che lavorano in nero sarebbero tra gli 80 e i 100mila (ovvero circa la metà del totale degli stranieri presenti nel settore agricolo), ci sono ancora troppe situazioni come quella di Rosarno. «Certo - afferma Forti - abbiamo buone norme anti-tratta, ma sono applicate soprattutto alle forme di sfruttamento sessuale». I dati raccolti nell’ultimo anno dallo sportello giuridico del Gruppo Abele tracciano un identikit geografico dei nuovi schiavi. Provengono dall’Est, da Moldavia, Romania e Ucraina (attivi nel lavoro domestico e in cantieri soprattutto al Centro e al Nord), dal Maghreb (muratori al Centro e al sud) come dall’Africa subsahariana, dall’America Latina e dalla Cina. «La vita delle persone non si vende e non si compra - ammonisce don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione torinese - una società non può dirsi civile se vengono tollerate simili situazioni lesive del diritto alla vita e della dignità umana».


 

 


Sommerso: il Ministro sacconi firma accordo programma per lavoratori extra UE


Un immigrato africano al lavoro (ASCA) - Roma, 14 ottobre 2010 - E' stato firmato tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e le Regioni Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, un Accordo di Programma che ha come obiettivo la realizzazione di un intervento sperimentale di politica attiva del lavoro finalizzato alla prevenzione del lavoro sommerso. L'intervento, nell'ambito dei fondi P.O.N, mira a rafforzare - precisa un comunicato - la cooperazione interistituzionale nell'ambito delle azioni rivolte al coordinamento degli interventi rivolti a contrastare il lavoro illegale che coinvolge con particolare intensità i lavoratori immigrati. E' prevista, pertanto, la creazione di una rete di relazioni stabili tra soggetti istituzionali e operatori autorizzati in base al Decreto Legislativo del 10 settembre 2003, n. 276 (Parti sociali, Enti bilaterali, Associazioni imprenditoriali) finalizzate a concertare azioni di politica attiva del lavoro volte a prevenire il lavoro sommerso, a qualificare le reti di domanda-offerta, a favorire il rapido inserimento al lavoro dei disoccupati. I 5 milioni di euro messi a disposizione delle Regioni saranno utilizzati in particolare per promozione ed attuazione di interventi formativi per almeno 3.000 disoccupati, in via prevalente cittadini extracomunitari, e all'attuazione dei modelli operativi in 8 aree territoriali (2 per ogni Regione) nei settori produttivi dell'agricoltura, edilizia, dei servizi alla persona e del turismo.

A Italia Lavoro spa, ente in house del Ministero del lavoro che svolgerà il ruolo di soggetto attuatore dell'azione, sarà affidato il compito di definizione di sistemi informativi, supporti e procedure trasferibili per il monitoraggio e la gestione dei bacini di disoccupati, le attività formative attraverso l'utilizzo e la messa in rete di piattaforme gestionali integrate per le varie tipologie del rapporto di lavoro, la certificazione delle competenze, la verifica degli esiti occupazionali, la gestione di patti di attivazione per i disoccupati e le procedure amministrative di supporto.

>> scarica il testo dell'accordo



L'inferno in alto mare dei pescatori schiavi
Storie di lavoratori clandestini senza diritti

Dietro un business da 10 miliardi di dollari e 11milioni di tonnellate di pesce l'anno. Lavorano sui pescherecci pirata, che saccheggiano l'ecosistema dei paesi poveri dell'Africa occidentale. Una pesca di rapina che finisce in gran parte sui mercati europei. Il rapporto di Environmental Justice Foundation:

Scarica il rapporto:   

http://www.ejfoundation.org/pdf/ejf_all_at_sea_report.pdf

di Emanuela Stella, La repubblica 


LONDRA, 19 ottobre 2010 - Costretti ai lavori forzati per mesi, anche per anni, in ambienti malsani e senza alcuna misura di sicurezza, schiavi di un business che frutta 10 miliardi di dollari e 11milioni di tonnellate di pesce l'anno. Sono gli uomini che lavorano sui pescherecci pirata, che saccheggiano l'ecosistema dei paesi poveri, soprattutto quelli dell'Africa occidentale, a caccia di gamberi, aragoste e tonni, mantenendo in schiavitù decine di migliaia di uomini. E' importante sapere che il prodotto di questa pesca di rapina, che conta sull'impunità perché condotta in alto mare, finisce in gran parte sui mercati europei.
Nelle stive con 45°. La denuncia (in questo 2010 che è stato proclamato Anno internazionale della gente di mare dall'Imo, International Maritime Organization) viene dagli attivisti della Environmental Justice Foundation 1 (EJF) che, pattugliando il mare su una motovedetta della Sierra Leone, per verificare la consistenza del danno portato al patrimonio ittico del pianeta, si sono imbattuti in un peschereccio sudcoreano, che era un vero e proprio inferno galleggiante. Gli uomini lavoravano nella stiva del pesce senza aria né ventilazione, a temperature di 40-45 gradi. Intorno a loro lamiere bollenti, arrugginite e puzzolenti; come cibo lo scarto del pescato che non è vendibile, da contendere agli scarafaggi, e per lavarsi una pompa che aspira acqua dal mare.
Per salario pesce spazzatura. I pescatori, tutti della Serra Leone, hanno riferito che non venivano pagati in denaro ma con cassette di "pesce spazzatura" che cercavano di vendere sulla costa africana. Se qualcuno osa lamentarsi, riferisce il "Guardian" che alla vicenda ha dedicato un reportage, viene abbandonato sulla spiaggia più vicina. Nel maggio scorso al largo della Sierra Leone è stato individuato un peschereccio pirata con 150 lavoranti senegalesi, impiegati in turni di 18 ore giorno e notte,  costretti a vivere e a mangiare in ambienti alti meno di un metro. La nave, scrive il "Guardian", era munita di una licenza per l'importazione di pesce nell'Unione Europea, in barba agli elevati standard igienico-sanitari che vigono da noi.
Sulle navi anche per anni. Nel 2006 era stata intercettata nelle stesse acque una nave con una ciurma di 200 senegalesi costretti in condizioni disumane, che per dormire si arrangiavano sui cartoni da imballaggio ammucchiati:  quella nave non figurava sul registro della navigazione della Sierra Leone e secondo testimoni aveva appena attraccato a Las Palmas, nelle Canarie, considerato il principale punto di approdo europeo del pesce pirata dell'Africa occidentale. Queste navi restano in mare anche per interi anni. La maggior parte dei pescherecci non attracca mai nei porti: trasferiscono il pescato su altre navi, vengono riforniti di combustibile in mare, gli equipaggi fanno la spola con la terraferma su altre imbarcazioni, e nessuno sa cosa succeda effettivamente a bordo.
La solita logica: minimizzare i costi. La pesca è comunque una delle occupazioni più pericolose del mondo e la vita a bordo dei pescherecci è sempre piena di rischi. Le condizioni meteorologiche estreme, i lunghi periodi in mare, la natura stessa dell'impegno prestato rendono l'esistenza di questi uomini faticosa e aspra: ma chi lavora sui pescherecci pirata sta molto peggio, e verificare le loro condizioni di lavoro è estremamente arduo. La "filosofia" del business è semplice: massimizzare il prodotto minimizzando i costi. Le imbarcazioni sono vecchie carrette in pessime condizioni, e gli uomini vengono prelevati da agenzie di collocamento "specializzate" nelle zone rurali dell'Africa (ma anche di Cina e Indonesia): sono spesso analfabeti, mancano di qualunque formazione specifica - quasi nessuno sa nuotare - e lavorano in assenza delle condizioni minime di sicurezza e di igiene, dentro stive soffocanti, privi di qualunque tutela.
Violenze e maltrattamenti. "E' difficile trovare lavoro, c'è tanta miseria, dobbiamo adattarci perché non c'è lavoro  -  spiega un uomo imbarcato su una nave sudcoreana . - Se ti offrono un salario di 200 dollari lo prendi, perché così dai da mangiare alla tua famiglia". Ma una volta a bordo questi uomini scoprono che la realtà è diversa da quello che gli era stato fatto credere: molti di coloro che vorrebbero andarsene sono costretti a restare a bordo perché gli sono stati sequestrati i documenti. La violenza  e i maltrattamenti su queste navi sono all'ordine del giorno, e sono stati segnalati persino degli omicidi.
Per mesi a guardia di una nave in disarmo. Al largo della costa della Guinea EJF ha individuato decine di pescherecci abbandonati: gli uomini a bordo sono lasciati senza comunicazioni radio per mesi, anche per anni. L'organizzazione ha raggiunto un uomo di origine asiatica che viveva da sette mesi su uno di questi pescherecci in disarmo, per "fargli la guardia": "Mi ha mandato qui la società, mi mandano una barca con il mangiare, pesce o  gamberi. Io non ci volevo venire, nessuno vuole venire qui".
Incalcolabili i danni causati all'ecosistema da questa pesca senza scrupoli: il fondo del mare viene arato con catene che distruggono tutto quello che incontrano, compresi i banchi di corallo, e più della metà del pescato, pesci morti e mutilati, viene ributtata a mare perché inservibile.
Cambiano nome e bandiera. I pescherecci pirata possono cambiare nome e bandiera diverse volte, nella stessa stagione; e le imbarcazioni fanno capo a società di comodo delle quali è quasi impossibile individuare i titolari. La sanzione massima per la pesca illegale si aggira sui centomila dollari, che, come sottolinea la EJF, corrisponde a meno di due settimane di profitto.  E quando una nave viene multata per pesca illegale, in capo a qualche settimana torna in mare con un altro nome e un'altra bandiera. Sfruttando le scappatoie e le lacune delle normative vigenti, proprietari di pescherecci e compagnie senza scrupoli, sottolinea Greenpeace, usano bandiere di comodo per eludere non solo i regolamenti internazionali per la gestione e la conservazione del patrimonio ittico, ma anche le norme sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori. Queste bandiere possono essere comprate e vendute su internet: con 500 dollari, sostiene Greenpeace, è possibile  assicurarsi una bandiera di Malta.


 


 

Rosarno un anno dopo: le arance sono mature ma non ci saranno i migranti a raccoglierle   

Un anno dopo gli scontri nel centro calabrese, la polizia è in allerta per combattere il lavoro nero, ma questo non aiuta chi un lavoro non lo trova. Oltre tutto l'agricoltura non va benissimo. Ancora non si riesce a capire se la frutta verrà raccolta o no. Nessun progetto del governo in vista. Le iniziative del volontariato

di GIULIA CERINO


Rosarno, 19 ottobre 2010 - E' passato quasi un anno. E a Rosarno non è cambiato nulla. Anzi. "La situazione è peggiorata- dice Don Pino De Masi, responsabile dell'associazione Libera  -  i ghetti non ci sono più, quindi non ci sarà nemmeno un tetto dove i migranti potranno ripararsi dalla pioggia o prendere l'acqua potabile. La polizia è in allerta perché deve evitare in ogni modo il lavoro nero, il che è bene ma non aiuta di certo chi un lavoro non lo trova e in più l'agricoltura non va benissimo. Per quest'anno - dice ancora il sacerdote - non siamo ancora riusciti a capire se le arance si raccoglieranno o no. Insomma, siamo al punto di partenza".
"L'inverno fa paura". Don Pino conosce bene la Piana di Gioia Tauro e si ricorda dell'anno scorso, quando i lavoratori stranieri impiegati nella raccolta degli agrumi hanno ribaltato la città, bruciando macchine e cassonetti, hanno protestato contro l'indifferenza che aleggiava intorno alla loro posizione di braccianti-schiavi, sfruttati nella raccolta delle arance dai caporali calabresi. Era guerra civile. E per Libera, in vista del prossimo inverno, c'è il rischio che le cose si metteranno anche peggio. Forse non ci saranno uomini feriti e disordini nelle strade. Ma questa volta, come l'altra volta,"l'emergenza è soprattutto umanitaria".
Ne arriveranno solo 500. E aggiunge: "Infatti, l'unica cosa che è cambiata dall'anno scorso è il numero degli immigrati attesi per la raccolta. Saranno 500 circa e non più 2500". L'arrivo della stagione fredda a Rosarno fa paura. E anche dalla politica cominciano ad alzarsi alcune voci, isolate. Ignazio Messina, deputato e commissario calabrese per l'Idv, ha parlato in una riunione presieduta dal prefetto di Reggio Calabria dove erano presenti alcuni sindaci della piana di Gioia Tauro e le forze dell'ordine, per "mettere in evidenza quello che è un rischio concreto che si può verificare anche quest'anno". Alla riunione c'era anche Don Pino. Lui sa che ogni anno nella Piana di Gioia Tauro arrivano circa duemila immigrati, mentre pare che il lavoro disponibile oggi sia soltanto per poche centinaia di lavoratori.
Rosarno, nessun progetto in vista. E c'è di più. A far temere una Rosarno bis, ci si mette anche il fallimento di vecchi progetti sociali iniziati, mai finiti, naufragati o dai risultati irrisori. Come quello inaugurato nel 2007, con il quale, con un solenne protocollo alla Prefettura di Reggio Calabria, si decise di trasformare la "Cartiera", una delle fabbriche in disuso dove vivevano gli immigrati, in un centro d'aggregazione sociale. Non se ne fece nulla e per anni gli africani passarono gli inverni dormendo tra i cartoni. O come l'appalto pubblico vinto da una ditta privata per costruire container che accogliessero gli immigrati senza tetto. Il progetto naufragò dopo meno di due mesi a causa del ricorso dell'impresa arrivata seconda.
I box doccia di Maroni. Poi, fu il momento del ministro Maroni che stanziò 200 mila euro per i box doccia dell'Opera Sila, l'altro lager-accampamento di Rosarno. Per le associazioni di volontariato si trattò di una spesa "irrisoria", per nulla paragonabile a quella investita nell'ultimo progetto sociale inaugurato pochi mesi fa dal ministero dell'Interno nell'ambito del Pon Sicurezza. Il progetto Obiettivo 2.5 1 è l'unica iniziativa sponsorizzata dallo Stato italiano, da quando si è scatenata la protesta, nel dicembre-gennaio dell'anno scorso. Il piano prevede che la Beton Medma di Rosarno, il cementificio confiscato al clan dei Bellocco, venga smantellato per fare posto ad un edificio da 60 posti letto con uno spazio dedicato all'intrattenimento e supporto scolastico dei bambini, uno sportello sociale ed uno per la formazione professionale. Per un costo di 2 milioni di euro stanziati da Stato e Unione europea. Il cantiere è già stato aperto. Peccato però che l'inverno sia già alle porte mentre, per completare i lavori - spiega il Pon - ci vorrà più di un anno.
Il volontariato in allerta. Ecco perché a nella Piana si teme il peggio. Ed ecco perché il mondo del volontariato ha già iniziato a rimboccarsi le maniche. Caritas, Tenda di Abramo, Rete antirazzista romana, DaSud e Action sono solo alcune delle associazioni e onlus che per quest'inverno hanno avuto un'idea: fare rete e monitorare le zone "a rischio" della Piana, seguendo gli immigrati da vicino, verificando le condizioni abitative e lavorative affinché, pur senza un tetto dove ripararsi, non subiscano sfruttamenti. L'associazione DaSud, per esempio, oltre alla sede romana dove ha aperto una sorta di assemblea permanente (con associazioni, partiti, movimenti, centri sociali, artisti) per tenere alta l'attenzione su Rosarno lavora attivamente nella Piana, combatte il lavoro nero e, attraverso il web, si muove per valorizzare le vertenze dei migranti, trovare gli alloggi e lavori dignitosi. Ma DaSud non è sola.
Lontano dai riflettori. Ma conosciutissimo in terra calabrese, l'Osservatorio migranti africalabria 2 è il movimento di volontari che nella Piana ha sempre fatto il lavoro sporco. "Facciamo quello che dovrebbe fare lo Stato  -  spiega Giuseppe Pugliese -  rappresentante dell'associazione a Rosarno. Portiamo la corrente elettrica nelle case-accampamenti degli immigrati, li andiamo a prendere con le macchine, forniamo acqua potabile, andiamo al discount e cerchiamo di fornirgli tutto il necessario. L'abbiamo fatto l'anno scorso e lo rifaremo ma non solo in caso di scontri e guerriglia. Noi lo facciamo sempre". I primi migranti africani in cerca di lavoro sono già arrivati. Ora dormono nelle macchine. A Rosarno invece, quest'anno, tutto è ancora fermo.
Gli africani salveranno Rosarno. "I prefetti se ne andranno perché a novembre il comune, sciolto per mafia dal 10 dicembre 2008 per due volte consecutive, tornarà al voto. Medici senza frontiere  -  conclude Pugliese - ha comunicato che non verrà. Contiamo invece di contattare Emergency". Intanto su Facebook l'Osservatorio ha aperto da ormai quasi un anno un gruppo che sta registrando un boom di iscritti: "Gli africani salveranno Rosarno" si propone soprattutto di combattere il razzismo. Online, infatti, sono tanti i "post" di solidarietà. Ma tra un messaggio e l'altro, compare anche qualche testimonianza diretta. Come questa: "L'anno scorso ero lì. Io c'ero. Se potessi me ne andrei in Francia. Ho il permesso di soggiorno ma non ho i soldi per il biglietto. Per questo, quest'anno forse tornerò a raccogliere mandarini. Ma davvero per mangiare devo essere trattato da animale? Forse allora preferisco morire di fame".


 


Decreto flussi 2010 per gli immigrati lavoratori subordinati

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Il decreto flussi 2010 per i lavoratori subordinati dovrebbe essere emanato a breve. Sembra ormai certa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per novembre 2010. Da quanto si apprende, il decreto autorizzerà l'ingresso in Italia di circa 150.000-170.000 lavoratori extracomunitari. Le domande di regolarizzazione dovranno essere immesse direttamente dal datore di lavoro e con modalità online, così come già accaduto in passato.
Il provvedimento sui flussi dei lavoratori subordinati extracomunitari è ormai atteso da parecchio tempo, risale infatti al 2007 l'ultimo decreto di questo tipo. Nel 2010 infatti è stato emanato il provvedimento solo per i flussi dei lavoratori stagionali.
In realtà però c'è da dire che questa non è altro che una sanatoria "mascherata" con la quale si andranno a regolarizzare, sempre mediante la domanda presentata dal proprio datore di lavoro, le situazioni dei lavoratori extracomunitari già presenti e che già lavorano in Italia.
Siamo quindi in attesa delle comunicazioni ufficiali sui modi e i tempi di attuazione del decreto, i cui dettagli sanno probabilmente pubblicati in Gazzetta Ufficiale il prossimo novembre.


 

 

 

 

 

Internazionale

 


decreto flussi UE: Ban Ki-moon a Strasburgo: non usare la crisi per discriminare i migranti


 (AGI/AFP) - Strasburgo, 19 ott. - La crisi economica "non deve servire da alibi per politiche discriminatorie verso gli immigrati". Lo ha dichiarato davanti al Consiglio Europeo il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che ha poi aggiunto: "In molti Paesi sviluppati l'immigrazione e la recessione economica stanno suscitando una paura crescente usata come alibi per giustificare politiche di discriminazione e esclusione". Per l'ex ministro degli Esteri sudcoreano, "i diritti umani non sono negoziabili, perche' non sono un menu da cui si puo' scegliere". Il discorso del segretario generale delle Nazioni Unite avviene a un mese dalle celebrazioni del 60esimo anniversario della Convenzione europea per i diritti umani, e alla vigilia di un vertice Ue per discutere il caso Rom in Francia dopo che l'Eliseo ha deciso l'espulsione di un'intera comunita' verso Romania e Bulgaria. Ban ha quindi bacchettato i Paesi europei per non avere ancora ratificato la Convenzione Onu sui Diritti dei Lavoratori Migranti: "A 20 anni dalla sua adozione nessuna grande nazione europea l'ha firmata o ratificata", ha sottolineato per poi rammaricarsi: "In alcune delle piu' avanzate democrazie del pianeta, fiere della loro lunga storia di progresso sociale, agli immigrati vengono ancora negati i diritti basilari". (AGI) Red/Gav

 


 

 

 

 

 

 

 


Angela Merkel sente soffiare il populismo e apre un dibattito sul post multiculturalismo

Da Il Sole 24 ore del 18 ottobre 2010


Il cancelliere tedesco Angela Merkel sente che il vento olandese del populista Geert Wilders sta lambendo la sua Germania e soprattutto i suoi elettori sempre più scontenti del politically correct della Cdu-Csu e da politica consumata, erede di Helmut Kohl, dice che il multiculturalismo in Germania è fallito. La mossa, che seppellisce 40 anni di politica sull'immigrazione in Germania e i suoi lavoratori-ospiti, è fatta apposta per uccidere in culla un possibile nuovo rivale, il neopartito anti-islamico tedesco in crescita di consensi proprio sull'onda di quando sta accadendo in Olanda, Svezia e Danimarca. Un nuovo partito a destra vorrebbe dire ridare fiato ai socialdemocratici e perdere le prossime elezioni nel 2011 previsti nei principali laender tedeschi, tra cui il Baden-Wurtenberger. Non solo. Il cancelliere rilancia su un seggio unico e permanente all'Onu per la Unione europea per cercare di recuperare una leadership in Europa appannata da qualche irrisolutezza e calcolo di breve respiro. Senza contare che la Merkel sta subendo l'insidiosa concorrerenza interna nel partito del popolare ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttemberg. Insomma c'è di che preoccuparsi per rilanciare una leadership ammaccata da una gestione della crisi greca non proprio esaltante e con un euro verso 1,40 che sta creando forti malumori interni , dal partner francese e soprattutto dall'area mediterranea. Ma andiamo con ordine e partiamo dal multicultularismo ormai kaputt come avrebbe detto Curzio Malaparte. La cancelliera tedesca ha dichiarato che il modello di una Germania multiculturale, nella quale coabitano armoniosamente culture differenti, è «completamente fallito». Mentre nel paese il dibattito sull'immigrazione esplode e si infiamma, la Merkel a una platea di giovani del suo partito conservatore Cdu e della sua ala bavarese Csu ha detto che la Germania ha bisogno degli immigrati come manopodera ma essi devono integrarsi e adottare la cultura e i valori tedeschi. L'approccio 'Multikultì (multiculturale) del «Viviamo fianco a fianco e ne siamo felici» è fallito - ha dichiarato la Merkel - «È completamente fallito». E, pur ribadendo che la Germania resta un paese aperto al mondo, ha ripetuto: «Non abbiamo bisogno di un'immigrazione che pesi sul nostro sistema sociale». Insomma chi viene deve integrarsi accettando le regole europee, altrimenti torna a casa. La cancelliera aveva poi aggiunto che gli immigrati devono adottare cultura e valori della Germania: «Noi ci sentiamo legati ai valori cristiani. Chi non lo accetta, non è nel suo posto qui». Ha però aggiunto che «l'Islam fa parte della Germania», citando quanto già detto di recente dal presidente della Cdu Christian Wulff. Chiaro il riferimento alla polemica dell'introduzione delle origini cristiane nella Costituzione europea, richiesta sostenuta dal pontefice Benedetto XVI (il Papa anti-relativismo) e fortemente osteggiata dall'ex presidente francese Giscard d'Estaing. Secondo la stampa tedesca Merkel, la cui coalizione di governo liberal-conservatrice è in caduta nei sondaggi in vista di sei importanti elezioni regionali nel 2011, tenta di tenere unito il partito e di mobilitare i propri elettori. «Merkel unisce Seehofer e Wulff», scrive il settimanale Focus, in riferimento alle posizioni più a destra del capo della Csu bavarese Horst Seehofer, che per primo aveva dichiarato finito il 'multikultì. Secondo i commentatori, la presa di posizione del leader Csu, ha forzato la mano alla Merkel costretta a intervenire prima che la formazione politica si spaccasse ulteriormente su immigrazione e integrazione. Recenti sondaggi mostrano che il 50% dei tedeschi non gradisce i musulmani, che con i loro 4 milioni sono il 5% della popolazione. Oltre il 35% pensa che la Germania sia «sommersa» dagli stranieri, e un inquietante 10% sente addittura nostalgia di un «Fuehrer». Il dibattito sull'immigrazione è riesploso a Berlino anche grazie al libro dell'ex alto funzionario della Banca centrale tedesca Thilo Sarrazin, per il quale il paese «si abbrutisce» sotto il peso degli immigrati musulmani. Il volume («La Germania va in pezzi») è un successo tra il pubblico, ma è stato condannato dalla classe politica tedesca anche per certi echi antisemiti. Stephan Kramer, segretario generale del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, ha giudicato il dibattito sull'immigrazione «esagerato, ipocrita ed isterico... dopo sole otto settimane dalla pubblicazione del libro di Sarrazin, più il dibattito prosegue, e più il suo livello si abbassa».
Ma Angela Merkel non si è limitata alla questioen multiculturale ed è passata alla politica internazionale dove ha auspicato una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che preveda un seggio comune e permanente per l'Unione europea: «Oggi nessun paese può risolvere da solo i problemi globali e internazionali. Siamo tutti interdipendenti, dobbiamo cooperare», ha dichiarato il Cancelliere tedesco nel suo messaggio settimanale in video-podcast. La Germania entrerà a far parte il 1° gennaio del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell'ambito della rotazione biennale dei suoi membri. Un'occasione, secondo Merkel, per assumersi maggiori responsabilità internazionali, ma che non deve far dimenticare la necessità di una riforma del consesso che vada di pari passo con i modificati equilibri del pianeta dopo la fine della Guerra Fredda e della caduta del Muro di Berlino. Nel messaggio Merkel, che lunedì sarà in Francia a Dauville con Nicolas Sarkozy e Dmitrij Medvedev per parlare di un grande programma di sicurezza pan-europeo, ha anche fatto riferimento al prossimo vertice della Nato a Lisbona al quale sarà invitata anche la Russia: in quell'occasione «parleremo anche di come sarà possibile far cooperare meglio la Russia con la Nato. Poiché l'era della Guerra fredda è ormai definitivamente chiusa». L'apertura al seggio permanenete europeo potrebbe voler dire mettere in soffitta la richiesta ,sempre osteggiata dall'Italia, di un seggio permanente tedesco al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E questa sarebbe veramente uan grossa novità. Mentre Angela Merkel si dibatte in questioni come l'integrazione, la riforma dell'Onu e il contestato progetto di 'Stuttgart-21', sui media tedeschi si fa più insistente la voce di un aspirante alla successione del cancelliere tedesco, nella figura del popolare ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg (Csu). Ed eventualmente anche alla guida della Csu, il partico conservatore bavarese, gemello della Cdu di Angela Merkel.
Chiamato in causa, Guttenberg ha definito ovviamente queste speculazioni "bizzarre". La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) , il più autorevole quotidiano tedesco, l'aveva tirato in ballo negli ultimi giorni come possibile successore di Angela Merkel. Oggi è il turno del settimanale Spiegel che nell'edizione in edicola domani titola: "I fantastici Guttenbergs. Una coppia verso la Cancelleria". Le speculazioni sull'ascesa di Guttemberg provocano scompiglio in seno all'Unione e lo stesso ministro si dichiara spaventato dalle aspettative dei suoi concittadini che vedono in lui un salvatore di fronte al crollo dei consensi dell'Unione.


 

 

 

Dai territori

 


Il 7% delle imprese lombarde hanno un titolare straniero


Milano, 19 ottobre 2010 - Oltre il 7% delle imprese lombarde fanno riferimento a persone nate in Paesi a forte pressione migratoria, ovvero immigrati. Il dato, riferito al 2009, e' stato comunicato dal segretario generale della Fondazione Ismu Vincenzo Cesareo alla conferenza 'La sfida delle migrazioni nelle citta' europee', organizzata da Eurofond, Clip network e Fondazione Ismu, che si svolge oggi a Milano.
'A fine 2009 erano 107 mila le cariche in imprese di persone nate in Paesi a forte pressione migratoria - ha spiegato ancora Cesareo -. Quasi la meta' e' di tipo individuale ma ci sono anche societa' di capitali e di persone. Si tratta di forme imprenditoriali omogenee che si concentrano in pochi settori della cosiddetta 'old economy', anche se e' incorso un processo di diversificazione'. Se il fenomeno e' ormai strutturale e continua a crescere, alcuni ostacoli ne possono frenare l'avanzata, come 'la scarsa disponibilita' di capitali, la difficolta' di accesso al credito e le procedure burocratiche'. La forma imprenditoriale e' principalmente artigiana, come ha spiegato Marco Accornero della Camera di Commercio di Milano. In citta', infatti, 'il 12% delle imprese artigiane ha titolari stranieri' e 'negli ultimi tre anni hanno registrato una forte crescita, pari al 33%, nella sola area milanese'. Tra gli imprenditori-artigiani immigrati primeggiano egiziani e romeni, ma a colpire 'e' l'aumento della componente femminile - ha concluso Accornero - la cui percentuale e' superiore a quella presente nelle imprese artigiane nazionali'.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foreign Press


EJF releases new report

All at sea – The abuse of human rights aboard illegal fishing vessels

In the year that the International Maritime Organization has designated “The Year of the Seafarer”, a new report published today by the Environmental Justice Foundation (EJF) exposes extensive human rights abuses suffered by crews working on illegal ‘pirate’ fishing vessels.

 


Fishing is already one of the most dangerous occupations in the world yet EJF’s report documents crews on illegal boats working under slave like-conditions, facing daily exploitation and abuse. The new report calls for urgent international action to address illegal fishing and labour conditions, including a global ban on the use of Flags of Convenience by fishing vessels.

Illegal, Unreported and Unregulated (IUU) or ‘pirate’ fishing is devastating marine environments, stealing from developing nations and unsustainable. It is driven by the enormous global demand for seafood and is symptomatic of the wider crises in world fisheries.

Findings published today by the Environmental Justice Foundation expose how in their drive to maximise catch and minimise cost, illegal ‘pirate’ fishing operators ruthlessly exploit the crews working aboard their boats. EJF’s new report ‘All at Sea – the abuse of human rights aboard illegal fishing vessels’ documents how individuals working on pirate fishing vessels can be subject to excessive working hours, incarceration, and physical abuse up to and including murder. Often forced to work at sea for months and even years, in many cases the working conditions suffered by these crews meet International Labour Organisation (ILO) definitions of forced labour.

The report provides case studies from West Africa, Southeast Asia, the Indian and Pacific Oceans, all regions with high incidences of illegal fishing. Human rights abuses directly documented by EJF and other organisations, including the International Transport Workers Federation (ITF), include physical and emotional abuse, incarceration, forced labour without pay, abandonment, and reports of murder.

The majority of workers on IUU fishing vessels are hired through recruitment agencies that target vulnerable, powerless individuals who are very often not experienced fishers and are hired from rural areas in developing countries where alternative work is in desperately short supply.

Unfortunately for these crews, the international legal instruments needed to address the human rights abuses aboard illegal fishing vessels do not exist, are voluntary, or have not been ratified by the international community.

In particular EJF’s report highlights the need for a closure in the loophole in international law which allows illegal fishing vessels to fly ‘Flags of Convenience’. Hiding behind Flags of Convenience allows pirate fishing operators to hide their identities and avoid fisheries and labour laws, directly contributing to the devastation of fish stocks and the abuse of crews.

EJF Executive Director, Steve Trent: “Pirate fishing, driven by a growing unsustainable global demand for seafood, is now threatening the future of world fisheries. There are profound social, economic, and environmental impacts, not least the appalling exploitation and abuse crews aboard these vessels can face. It is simply not acceptable that illegal fishing vessels are able to operate outside the law. But it is in our power to stop these pirates and central to the steps we can take is a ban on Flags of Convenience.”

EJF’s Senior Campaigner, Duncan Copeland: “EJF investigations have revealed not only the environmental devastation caused by illegal fishing, but also that the owners of these unscrupulous operations will go to any lengths to cut costs and maximise their profits. If it’s not bad enough that consumers risk eating fish that’s been stolen from some of the world’s poorest countries, there’s a real chance it’s been caught by crews working in horrific conditions that amount to little more than slavery. The international community has to date simply failed to adequately address pirate fishing operations, and measures must be achieved to ensure that these pirate vessels can no longer steal fish and abuse their crews.’

Jon Whitlow, International Transport Workers Federation (ITF) Seafarers' Section Secretary: 'We would like to welcome the new EJF report exposing human rights abuses suffered by crews working on illegal "pirate" fishing vessels. The ITF have always maintained that there is an inextricable link between IUU fisheries and flags of convenience registers allowing the beneficial owners to be hidden, making it easy for unscrupulous operators to evade regulation and abuse fishers. We believe that states should take their responsibilities seriously and through ratification and proper implementation of the ILO Work in Fisheries Convention No 187, 2007and by implementing effective flag and Port state control on working and living conditions for fishers make eradication of the IUU fishing possible'

Download the report:

http://www.ejfoundation.org/pdf/ejf_all_at_sea_report.pdf