La migrazione utile possibile
Europa, 14-10-2010
MASSIMO LIVI BACCI
Nell'assemblea di Varese sono state discusse nuove
idee e proposte di politica migratoria per il Pd. Due piani debbono essere
contemperati: la protezione dei diritti dei migranti - persone, prima che
lavoratori - e la scelta, o selezione, tra i candidati all'immigrazione.
Sul tema dei diritti le forze riformiste sono pi o
meno concordi: i migranti regolari debbono accedere ai diritti sociali e
politici - casa, scuola, formazione, sanit, voto locale, cittadinanza. Le
differenze di opinione riguardano aspetti rilevanti, ma di contorno: le risorse
da allocare, le pratiche da adottare, le priorit da seguire. Sul secondo piano
pi difficile arrivare ad un consenso: come si opera la scelta, specie quando
i candidati ad entrare in un paese prospero sono moltissimi? Certo, si pu non
scegliere: si tira a sorte; oppure, c' il criterio "chi primo arriva
primo alloggia" fino a concorrenza di un tetto massimo. Ma la "non
scelta" un criterio tanto semplice quanto stupido: perch una societ dovrebbe
privarsi, a priori, della possibilit di scegliere i pi adatti?
Per motivi umanitari, forse? Ma questi motivi sono
quelli che spingono ad accogliere (senza scegliere) coloro che chiedono
protezione ed asilo, perch in fuga dai rischi che ne minacciano l'incolumit,
o perseguitati o in fuga da guerre, violenze e catastrofi. E poich al mondo ci
sono pi di 10 milioni di rifugiati riconosciuti dalle Nazioni Unite, possiamo
ben dire che lo spirito umanitario ha ampio campo per esprimersi. E allora che
scelta vi sia, alla ricerca di una migrazione "utile" alla societ,
al suo sviluppo (non solo quello del Pil), alla sua coesione. Ma secondo quali
criteri?
Un criterio diffuso quello che si basa - sia pure
rozzamente - su una valutazione della domanda del mercato del lavoro: esercizio
gi arduo nel breve termine, quasi impossibile nel lungo. Di quanti tornitori,
muratori, professori, infermieri, braccianti, badanti... ha bisogno l'economia?
Facciamone entrare il numero corrispondente, magari con i loro familiari, per
facilitare l'integrazione. Questo criterio - con le sue varianti -ha due
fondamentali debolezze. La prima che la previsione della domanda (quella
insoddisfatta dagli autoctoni) diffcile a farsi: il mercato mutevole (si
pensi all'insospettata insorgenza di una crisi) e l'esperienza storica dice che
la gran parte degli immigrati finisce per restare nel paese di accoglienza in
barba ai cicli economici. La seconda debolezza che la capacit di lavoro, da
sola, non garantisce il successo delle migrazioni.
Un altro criterio di scelta, o di selezione, si sforza
di valutare le caratteristiche delle persone, in funzione del loro contributo
allo sviluppo ed alla coesione. Nei paesi anglosassoni (Canada, Australia,
Nuova Zelanda, Gran Bretagna) vige un sistema "a punti" mediante il
quale si attribuisce un punteggio ad ognuna delle caratteristiche rilevanti per
tracciare il profilo del migrante. Et, famiglia, istruzione, formazione,
padronanza della lingua, skill acquisiti, capacit di guadagno, relazioni nel
paese di arrivo (ed eventualmente altri parametri),
sono separatamente valutati con una scala a
punti. Il punteggio totale - se viene superata una
determinata soglia -consente l'ammissibilit, entro quote stabilite. Si pu
pensare -sistema britannico - ad applicare sistemi di punteggi diversi per
ambiti migratori diversi, per esempio per
gli altamente specializzati e gli innovatori (un premio Nobel andrebbe in testa
alla classifica) o per l'ambito delle persone che operano in ambiti meno
sofisticati, ma non meno utili per la societ.
Un sistema di questo tipo selettivo in modo
dichiarato e trasparente, ed basato su criteri oggettivi e non manipolabili.
Ma richiede risorse e capacit notevoli per essere bene amministrato, perch le
difficolt pratiche sono tante - inclusa quella, capitale, dell'accertamento e
della verifica delle caratteristiche dei migranti. Ma ci sono due premesse, di
natura politica, che non possono essere eluse. La prima: il sistema non deve
essere discriminatorio e deve escludere dalla valutazione genere, etnia,
colore, religione, opinioni politiche, provenienza geografica. La seconda di
complessa attuazione: le scale di punteggio attribuibili (vale pi essere
giovani o di mezza et? Essere soli o coniugati? Avere formazione scientifica o
generica?) debbono basarsi su un'idea condivisa circa i profili dei migranti
ritenuti pi utili alla societ. Si potrebbe pensare ad una proposta formulata
da un organismo indipendente - dove siano rappresentate diverse esperienze e competenze
- approvata dal parlamento ed eventualmente rivista a regolari intervalli per
tener conto delle esperienze e dei graduali mutamenti del paese. Come si vede,
il riformismo ha molta materia da discutere, ma il Pd ha aperto il dibattito.