N. 07209/2010 REG.SEN.

N. 06527/2010 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 6527 del 2010, proposto dalla sig.ra Nadia Machrouhi, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Teresa Pagano, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via Antonio Bosio 34,

contro

il Ministero dell'interno, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, U.T.G. - Prefettura di Perugia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi 12,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00280/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO EMERSIONE DAL LAVORO IRREGOLARE - MCP..

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dellĠU.T.G. - Prefettura di Perugia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 31 agosto 2010, il consigliere Paolo Buonvino;

Udito, per le Amministrazioni appellate, lĠavv. dello Stato Stigliano Messuti;

ritenuti ricorrere i presupposti per la definizione del giudizio nel merito;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1) - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso proposto dallĠodierna appellante (cittadina marocchina, presente in Italia senza permesso di soggiorno, svolgente attivitˆ lavorativa non dichiarata) per lĠannullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di emersione dal lavoro irregolare emesso dallo Sportello Unico per l'immigrazione presso la Prefettura di Perugia, presumibilmente emesso in data 13.01.2010 e notificato al solo datore di lavoro in data successiva al 13 gennaio 2010.

Hanno rilevato, i primi giudici, che il datore di lavoro dellĠodierna appellante aveva presentato una domanda di regolarizzazione (ÒemersioneÓ), intendendo avvalersi della possibilitˆ offerta dallĠart. 1-ter del decreto legge n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009; detto procedimento di sanatoria non  andato a buon fine in quanto lĠautoritˆ di pubblica sicurezza ha verificato che la lavoratrice straniera risultava aver riportato una condanna penale ostativa alla regolarizzazione, con il conseguente rigetto della domanda di sanatoria.

Il TAR, anzitutto, ha rigettato i primi due motivi di ricorso; il primo, attinente a supposti vizi formali del provvedimento, o pi precisamente della sua comunicazione; il secondo attinente, invece, ad un supposto vizio del procedimento, verificatosi per il fatto che il preavviso di rigetto, di cui allĠart. 10-bis della legge n. 241/1990, era stato comunicato solo al datore di lavoro e non anche allĠinteressata.

A parte tali considerazioni, il TAR ha, comunque, ritenuto risolutivo il disposto dellĠart. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

Passando agli ulteriori motivi, i primi giudici, richiamato il contenuto del comma 13, lettera c), dellĠart. 1 ter del d.l. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009, e rilevato, in punto di fatto, che non era controverso che la ricorrente era stata condannata il 16 maggio 2009 dal Tribunale di Parma, sezione staccata di Fidenza, alla pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione, per il reato di cui allĠart. 14, comma 5 ter del testo unico sullĠimmigrazione, per essersi trattenuta illegalmente in Italia in violazione di un precedente provvedimento di espulsione, hanno osservato che il reato in parola, in quanto punibile con pena edittale fino a quattro anni di reclusione, era da ritenere rientrante nella previsione dellĠart. 381 c.p.p. e, di conseguenza, in quella dellĠart. 1-ter, comma 13, lettera c), del decreto legge n. 78/2009; sicchŽ appariva evidente che quella sentenza penale costituiva, di per sŽ, un fatto tassativamente ostativo alla concessione della sanatoria.

La ricorrente – ha osservato, ancora, il TAR - non aveva esposto alcun argomento, nŽ in fatto nŽ in diritto, rivolto a contestare quanto ora detto riguardo allĠesistenza di un fatto preclusivo ed alla natura tassativa e vincolante della norma che stabilisce la preclusione; tutte le sue argomentazioni, invece, erano basate sulla premessa, sottintesa e non dimostrata, che lĠAmministrazione avesse ampi margini di discrezionalitˆ nel valutare se quel precedente penale giustificasse o meno il diniego della sanatoria; in effetti, solo se vi fossero stati tali margini di discrezionalitˆ sarebbero state pertinenti le censure variamente formulate riguardo alla insufficienza della motivazione, etc.; sennonchŽ, il testo del comma 13 era da ritenere cogente e tassativo: Ònon possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari ÉÉÉ.. che risultino condannati ÉÉ....... per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice [c.p.p.]Ó.

2) – Per lĠappellante la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata per i motivi di cui si dirˆ.

Resistono le Amministrazioni appellate insistendo, in memoria, per il rigetto dellĠappello.

Alla camera di consiglio  stata data comunicazione che si sarebbe dato corso, ricorrendone i requisiti, ad una decisione in forma semplificata.

LĠappello non merita accoglimento.

3) – Secondo lĠappellante non avrebbero considerato, i primi giudici, il fatto che la medesima non sarebbe stata colpita da decreto di espulsione emesso ai sensi dellĠart. 13, comma 1, o comma 2, lett. c), del t.u. n. 286/1998, o dellĠart. 3 del d.l. n. 144/2005, e che lĠespulsione oggetto di condanna non ricadrebbe tra le ipotesi che lĠart. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009 fa rientrare tra i casi che ostano allĠemanazione del provvedimento di emersione; tale ultima norma, infatti, precluderebbe lĠemersione per coloro che siano stati condannati per reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p.; ma la condanna per la violazione di cui allĠart. 14, comma 5 ter, del t.u. n. 286/1998 non rientrerebbe nellĠambito di applicazione del citato articolo 381 c.p.p. e, quindi,tra le circostanze ostative allĠemersione; la fattispecie di arresto obbligatorio di cui allĠart. 14, comma 5 ter, del t.u. n. 286/1998, in quanto caratterizzata da autonoma copertura legislativa, sarebbe assolutamente peculiare e non assimilabile alle fattispecie di cui ai citati artt. 380 e 381 c.p.p.; il reato di permanenza illegale nel territorio dello Stato, in violazione dellĠordine impartito dal Questore di lasciare il territorio stesso di cui allĠart. 14, comma 5 ter, del t.u. n. 286/1998 non ricadrebbe, invero, nelle ipotesi di cui alle norme processual-penalistiche anzidette.

LĠappellante ribadisce, poi, la censura di primo grado con la quale aveva lamentato il fatto che lĠAmministrazione non avrebbe adeguatamente motivato in merito alla pericolositˆ sociale e che, inoltre, quella di non ammettere a sanatoria sarebbe solo una facoltˆ e non un obbligo, con la conseguente esigenza di motivazione al riguardo, non trattandosi di semplice automatismo.

4) – Tali censure non sono condivisibili.

In disparte ogni considerazione in merito allĠammissibilitˆ delle censure incentrate sullĠinapplicabilitˆ, nel caso in esame , del disposto di cui allĠart. 1 ter, comma 13, cit. (dal momento che, in primo grado, non  stato contestato, come rilevato dal TAR, il carattere tassativo e vincolante della norma che stabilisce la preclusione allĠemersione e, quindi, della condanna subita dallĠinteressata), pu˜ rilevarsi che, con sentenza ex art. 444 c.p.p. in data 16 maggio 2009, n. 121, del Tribunale di Parma, Sezione staccata di Fidenza, lĠodierna ricorrente, imputata del reato di cui allĠart. 14 comma 5 ter del d.lgs. n. 286/1998 perchŽ, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dellĠordine impartito il 4 aprile 2009 dal Questore di Milano ai sensi del comma 5 bis dello stesso art. 14,  stata condannata a mesi 5 e giorni 10 di reclusione.

Per lĠeffetto,  stato emanato il provvedimento di rigetto della domanda di emersione di cui alla legge n. 102/2009, in quanto la persona beneficiaria risultava essere stata condannata per reati ostativi al rilascio del relativo permesso di soggiorno.

Prevede, in particolare, lĠart. 1 ter, comma 13, del d.l. 1 luglio 2009, n.78, convertito, con modifiche, in legge n. 102 del 3 agosto 2009, che: Ònon possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari:ÉÉÉÉ.c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dellĠarticolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codiceÓ.

LĠart. 381 c.p.p.- arresto facoltativo in flagranza – prevede, a sua volta, che: Ò1. gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltˆ di arrestare chiunque  colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anniÉ Ó.

Nel caso in esame, lĠinteressata  stata condannata per un reato rientrante nella fattispecie ipotizzata dalla norma ora detta; per il delitto di cui al citato art. 14, comma 5 ter, del d.l. n. 78/2009, infatti: Òlo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dellĠordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis,  punito con la reclusione da uno a quattro anni se lĠespulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dellĠarticolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullatoÓ.

Ebbene, il citato art. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009 (convertito in legge n. 102/2009) esprime un principio di carattere generale in virt del quale non possono beneficiare della procedura di emersione coloro che abbiano subito condanne riconducibili, tra le altre, a quelle di cui al ripetuto art. 381 c.p.p. e, quindi, in assenza di specifiche indicazioni di segno opposto, condanne per reati per i quali il legislatore, ancorchŽ in forza di norme incriminatrici speciali, abbia previsto una misura edittale superiore, nel massimo, a tre anni.

E poichŽ, come detto, per il reato di cui allĠart. 14, comma 5 ter, del d.l. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009, la pena massima  fissata in anni quattro, non pu˜ dubitarsi del fatto che, ai sensi dellĠart. 1 ter, comma 13, dello stesso d.l. n. 78/2009, lĠinteressata non poteva fruire dei benefici contemplati per le c.dd. ÒbadantiÓ dal medesimo testo normativo.

NŽ pu˜ essere seguita, lĠappellante, laddove (come cennato, solo in sede dĠappello), assume che, a seguito delle modifiche normative introdotte dal d.l. n. 241 del 14 settembre 2004, convertito in legge n. 12 novembre 2004, n. 271 (modifiche in virt delle quali, ai sensi del novellato art. 14, comma 5 quinquies, del t.u. n. 286/1998), lĠarresto , ora, obbligatorio con riguardo al reato di cui allo stesso art. 14, comma 5 ter, primo periodo, per il quale la deducente  stata condannata; ci˜ che porterebbe ad escludere che il reato in questione sia riconducibile alle ipotesi di cui allĠart. 381 c.p.p., atteso che questo attiene ad ipotesi di arresto facoltativo in flagranza di reato, mentre, nel caso in esame, lĠarresto , ormai, obbligatorio.

Al riguardo, non pu˜ che ribadirsi che ci˜ che rileva, nel richiamo operato dal legislatore - con lĠart. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009 - allĠart. 381 c.p.p., non  la circostanza afferente allĠarresto (facoltativo o obbligatorio che esso sia) ad incidere sullĠesclusione o meno dalle procedure di emersione, quanto, essenzialmente e centralmente, il fatto che si tratti di Òreati previstiÓ, tra lĠaltro, dallĠart. 381 cit., per i quali – come nel caso in esame – la pena edittale sia stabilita in misura superiore, nel massimo, a tre anni.

NŽ pu˜ condividersi, poi, lĠassunto dellĠappellante secondo cui la disciplina normativa in questione conferirebbe allĠautoritˆ amministrativa chiamata a pronunciarsi una mera facoltˆ di denegare il permesso di soggiorno in ipotesi quale quella in esame e non, viceversa, un obbligo di procedere in tal senso, con il conseguente onere di motivare le proprie scelte al riguardo sulla base anche di valutazioni circa la pericolositˆ sociale, affatto assenti nel provvedimento impugnato.

La deducente poggia il proprio convincimento sullĠespressione, contenuta nel citato art. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009, secondo cui: Ònon possono essere ammessi alla procedura di emersioneÉÉ.i lavoratori extracomunitariÉÉ.Ó, assegnando al verbo ÒpossonoÓ il predetto carattere non vincolante lĠazione amministrativa.

Al contrario, ad avviso del Collegio, cos“ come formulata la norma impone allĠAmministrazione di adottare – nelle ipotesi dalla stessa norma contemplate - provvedimenti denegatori della richiesta emersione; ci˜ in quanto, se non  possibile ammettere alla procedura di emersione chi versi nella situazione dalla norma stessa ipotizzata, lĠAmministrazione, logicamente, altro non pu˜ se non denegare il beneficio di legge, atteso il carattere insuperabilmente ostativo che comporta lĠintervenuta condanna per reati quale quello di cui qui si tratta .

5) – Per tali motivi lĠappello in epigrafe va respinto.

Per la novitˆ della questione possono essere integralmente compensate tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, definitivamente pronunciando sullĠappello in epigrafe, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autoritˆ amministrativa.

Cos“ deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 agosto 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Barbagallo, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere, Estensore

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/09/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione