SE
LA DESTRA CON I "ROM" SI AGGROVIGLIA
Secolo,
22-09-2010
Carmelo
Palma
La
scelta di Berlusconi di seguire Sarkozy dimostra la difficolt di affrontare il
problema senza pregiudizio
Mentre
la minoranza xenofoba di Jimmie Akesson, depurata dalle componenti razziste e
xenofobe, entrava trionfalmente nel Parlamento di Stoccolma ad ingombrare il
passo alla maggioranza conservatrice del premier Reinfeldt, l'Europa non aveva
ancora smaltito la sbornia anti-rom, ubriacata da un Sarkozy capace di dare il
meglio nel peggio (alla Bossi, per intendersi) e di trascinare alla rissa le
istituzioni dell'Unione, a partire da una Commissaria sventata, Madame Reding,
a cui, nel fuoco della polemica, era sfuggita la differenza tra un'espulsione
collettiva e ima deportazione di massa.
Ma
se il cattvismo di Sark non parente del tedesco e le migliaia di rom
incentivati a sloggiare dalla "paghetta" (300 euro per gli adulti,
100 per i bambini) corrisposta loro dal governo francese non somigliano al
mezzo milioni di zingari ammazzati nei campi di sterminio nazisti, allora va
tutto bene? Allora ha ragione Monsieur le Prsident, con la sua politica delle
espulsioni per target etnici, che sembrata, anche ai meno malevoli, pi
interessata a rintuzzare la concorrenza lepenista che a risolvere un problema
di ordine pubblico? Insomma, ha ragione chi nello schieramento
liberal-conservatore europeo sostiene che non possibile arginare l'esplosione
della destra xenofoba e razzista senza soddisfare, almeno in parte, i
sentimenti che ne alimentano il successo? Perch questo che Berlusconi ha
scelto di dire, schierandosi, senza alcun interesse per la dimensione
istituzionale dello scontro, dalla parte di Sarkozy, contro quella di Barroso e
della cancelliera Merkel. Ed questo anche il senso dell'"affinit
elettiva" che il premier ostenta per l'alleato leghista.
Eppure
la questione dei rom paradigmatica dei nodi che la politica dovrebbe imparare
a sciogliere, anzich aggrovigliare. E della capacit che le classi di governo
dovrebbero dimostrare nel maneggiare questioni "estreme", senza
scadere
nell'estremismo o nell'opportunismo cinico. Sulla vicenda dei rom, ha quindi
senso provare a ragionare non partendo dal caso francese, di cui molti si
discusso, ma da quello italiano, che per certi versi ancora pi
significativo. Il pregiudizio contro gli zingari non solo diffuso, ma
"giustificato" da una speciale diffidenza per una minoranza, che la
superstizione popolare sospetta da secoli di stregoneria e confidenza col
Maligno, ma che le statistiche giudiziarie non aiutano purtroppo a presentare,
agli occhi dell'opinione pubblica, come una minoranza "qualunque".
Cos l'immagine dei rom non solo accresce la loro marginalit, ma consolida il
pregiudizio contro di loro, fino ad "autorizzarne" una declinazione
razziale, come se fossero, nel loro complesso, un tumore sociale e ciascuno,
individualmente, una cellula attiva, capace di replicare e diffondere il male.
Come ha scritto giustamente Adriano Sofri nell'elenco delle minoranze
designate a fare da capro espiatorio, tengono il primo posto, perch tengono
l'ultimo nella scala della considerazione sociale. Agli "zingari" si
pensa e si provvede all'ingrosso: al diavolo il principio per cui sono
perseguibili gli individui, non le commuta. La riprovazione e il disprezzo nei
confronti degli zingari non sono neppure dissimulati, ma dichiarati apertamente
e "portati" orgogliosamente in societ.
Gli
zingari appaiono inoltre una presenza tanto invadente, quanto inafferrabile. Ne
sono stimati dall'Opera Nomadi circa 160mila, lo 0,3% della popolazione
residente, la met dei quali di nazionalit italiana. Per il censimento sui
campi nomadi, disposto dal Ministero dell'Interno alla fine del 2008, ha
individuato 167 accampamenti, di cui 124 abusivi e 43 regolari, registrando la
presenza di 12.346 persone, tra le quali 5.436 minori. Non esistendo la
possibilit di censire su base etnica la popolazione residente, probabile che
molti rom e sinti, in particolare italiani, nascondano la propria identit per
evitare discriminazioni e che molti altri vivano in una condizione border line,
fuori dai campi, ma non totalmente dentro la societ legale. Complessivamente,
in Italia, gli zingari sono molti meno che in altri grandi paesi europei.
Inoltre, a differenza di quanto si pensa, per la grandissima parte non sono pi
nomadi, n esercitano, come un tempo, mestieri girovaghi.
Dal
punto di vista socio-demografico, le comunit rom e sinti appaiono un pezzo di
terzo mondo alloggiato nelle pieghe invisibili del primo: hanno un'et media
che non supera i 50 anni, sono per oltre la met minorenni, con tassi
impressionanti di analfabetismo ed evasione scolastica; hanno un'organizzazione
sociale chiusa, familiare secondo una logica estesa e clanica, impermeabile al
sistema di incentivi e sanzioni della moderna societ civile.
Il
pregiudizio diffuso contro gli zingari poggia, purtroppo, sulle fondamenta di
una "diversit", i cui codici sono oggi inconciliabili con quelli
culturali e giuridici delle societ contemporanee. Infatti, peggio del
pregiudizio negativo verso le persone rom, c' solo il pregiudizio positivo
verso la societ rom, presentata come una riserva antropologica sopravvissuta a
secoli di discriminazione e da salvaguardare nella sua "originalit",
neppure si trattasse di una specificit etologica. Una classe politica
responsabile, invece, dovrebbe realisticamente ammettere di avere a che fare
con un problema tendenzialmente irrisolvibile - i rom sono la minoranza pi
numerosa dell'Ue -, che diventa per ingovernabile quando viene usato per
alimentare gli esibizionismi identitari, siano essi buonisti o cattivisti,
monoculturalisti o multiculturalisti. Che la minoranza rom pi
"visibile" viva in una condizione di confine tra l'emer-
genza
sociale e la catastrofe umanitaria lo dimostra il fatto che a rappresentarla,
pi delle statistiche economiche, siano quelle epidemiologiche. Se si vuole
davvero perseguire un obiettivo di parziale integrazione, a partire dai minori
che vanno "strappati" ad una sorte in molti casi segnata, si deve
per allentare e raffreddare la tensione, che alimenta insieme il pregiudizio e
il risentimento. Le strategie di integrazione sono costose sul piano politico
ed economico e lo diventano assai di pi quando devono pagare la sovrattassa
dei processi di piazza, istruiti abitualmente dalla Lega e dalle destre dure e
pure, prima gridando, ad esempio, contro i campi nomadi irregolari, e poi urlando,
ancora pi forte, quando se ne costruiscono di legali con "i nostri
soldi". La verit che gli zingari sono sempre una rogna per i politici
"di governo" e un affare per quelli "di lotta", in uno
scontro dove la sinistra e la destra peggiori se le danno di santa ragione. E
Berlusconi, oggi, dove sta, anzi dove va? Dove lo portano i sondaggi, as usual.
E quindi con Sarkozy. Dove lo trascina la corrente di una destra, non solo
italiana, che non ideologicamente "sua" e con cui non si mischia,
ma da cui, alla fine, non si dissocia. Torniamo quindi alla domanda iniziale.
prudente non avere su questi temi nemici a destra? possibile, come forse
Berlusconi spera di fare, coltivare la paura e praticare la misura, usare
parole forti, ma tenere la mano leggera? Temiamo sinceramente di no. Le idee,
con le loro potenti narrazioni, fanno davvero la politica, come dimostra, nel
bene e nel male, la terribile storia novecentesca dell'Europa. E non le si
ferma con la tela di ragno delle blandizie.