Sezione regionale per il Friuli-Venezia Giulia

Servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose

 

 

ASGI Sede di  Trieste, via Fabio Severo 31-  Trieste (Italia)

Tel. – Fax 040/368463 – e-mail: walter.citti@asgi.it

 

ASGI sede di Udine, via S. Francesco dAssisi, 39- Udine (Italia)

Tel. – Fax 0432/507115 – e-mail: info@asgi.it

 

ASGI Sede legale, Via Gerdil, 7 – 10152 Torino (Italia)

Tel. fax. 011/4369158 – e-mail: segreteria@asgi.it

 

 

                                                                                  Trieste/Torino, 24 giugno 2010

          

 

 

Spett. UNAR

            Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali

            Presidenza del Consiglio dei Ministri

            Dipartimento Pari Opportunit

            ROMA

 

 

 

 

OGGETTO: Segnalazione profili discriminatori nel Piano territoriale provinciale  per limmigrazione della Provincia di Pordenone (Friuli-Venezia Giulia).

 

 

Il Servizio ASGI di Supporto Giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose  intende con la presente evidenziare alcuni aspetti del Piano Territoriale Provinciale per lImmigrazione Anno 2010-2011[1] redatto dalla Provincia di Pordenone – Assessorato allImmigrazione e Identit Culturale e approvato dalla Giunta provinciale di Pordenone (delibera 2010/6 dd.04.03.2010), che, a nostro avviso, presentano profili di contrasto con il diritto anti-discriminatorio italiano ed europeo e con alcuni dei principi generali di protezione dei dati personali.

 

Premesse e Contesto normativo.

Il programma Immigrazione 2010 della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia – Direzione centrale Istruzione, Formazione e Cultura, delinea le linee di intervento relative allutilizzo  della quota  del  Fondo nazionale  per le politiche migratorie di cui allart. 45 del d.lgs. n. 286/98 assegnata alla Regione (risorse di fonte statale) e alla quale sono aggiunti i finanziamenti appositamente stanziati dalla Regione FVG ai sensi della legge regionale FVG n. 9/2008 (legge di assestamento di bilancio) (risorse di fonte regionale).

Tale programma prevede che parte dei finanziamenti disponibili nel c.d. Fondo in materia di immigrazione vengano assegnati alle Amministrazioni Provinciali, nellambito  di appositi piani territoriali provinciali, volti a   realizzare iniziative informative sul territorio finalizzate alla corretta conoscenza dei doveri e dei diritti, nonch  azioni di integrazione nei settori socio-occupazionale ed economico e di animazione interculturale.

Conseguentemente, la Provincia di Pordenone -  Assessorato allImmigrazione e Identit Culturale, ha redatto il Piano Territoriale provinciale per lImmigrazione Anno 2010-2011, successivamente approvato dalla Giunta Provinciale.

 

Profili discriminatori di alcune previsioni del Piano territoriale provinciale per limmigrazione.

In estrema sintesi,  il Piano territoriale provinciale per lImmigrazione della Provincia di Pordenone prevede la predisposizione di quattro azioni fondamentali:

a)     Costituzione di sportelli dAmbito distrettuale per la realizzazione di progetti individuali di facilitazione allinserimento sociale;

b)    Inserimento di immigrati in condizione di disoccupazione o cassa integrazione in un progetto di impiego sociale di Pubblica Utilit nei comuni della provincia;

c)     Sostegno ad iniziative pubbliche e del privato sociale riferite a situazioni di emergenza e a favore di soggetti vulnerabili;

d)    Sostegno ad iniziative di rientro in patria.

 

La presente segnalazione intende evidenziare i profili discriminatori di alcune previsioni del piano territoriale con riferimento alla azioni previste ai punti a ) e b).

 

Lattivit degli sportelli per i progetti di emancipazione degli immigrati.

Il progetto di cui al punto a) prevede la costituzione in seno agli ambiti distrettuali, di appositi sportelli  formati da psicologi in quanto addetti alla progettazione e facilitatori di integrazione. Tali psicologi e facilitatori vengono reclutati ed   impiegati da unassociazione privata senza fini di lucro denominata Amici dellAfrica, appositamente convenzionata con la Provincia.

Tali sportelli, costituiti presso le anagrafi dei Comuni di riferimento, hanno lo scopo di formulare progetti personalizzati di emancipazione legale e responsabile degli immigrati.

Il progetto ripercorre lesperienza gi realizzata nellannualit 2009-2010 e prevede che gli immigrati, provenienti dagli impieghi di pubblica utilit di cui al progetto del punto b) o convocati con apposite lettera inviate dalla Provincia previa comunicazione da parte delle Anagrafi dei Comuni dei dati anagrafici  degli stranieri residenti, siano sottoposti ad un colloquio-intervista volta a definire il profilo psico-sociale della persona mediante la compilazione di una scheda dati ; profilo, che viene sovrapposto alle risorse ed esigenze del Sistema sociale territoriale, con la successiva definizione di un progetto di emancipazione personalizzato da realizzarsi entro i successivi sei mesi. Tale progetto di emancipazione viene collegato ad obiettivi  ed ambiti   quali ad es. lapprendimento della lingua italiana, il rapporto con il medico di famiglia e i Servizi Sanitari e altri che non vengono precisati, ma che potrebbero vertere su questioni di vita privata e quotidiana quali il  rapporto con i figli e il coniuge,  il rispetto delle norme igieniche, la vita condominiale,

Tale progetto di emancipazione verrebbe sottoposto a verifica periodica, da realizzarsi mediante  riscontri anche oggettivi che sembrerebbe prefigurare  la raccolta di dati ed informazioni personali anche presso figure terze quali il medico di famiglia (pag. 42).

Sembra profilarsi, tuttavia, che la finalit del progetto non sia soltanto quella di avviare questi percorsi personalizzati di emancipazione, ma ulteriormente la raccolta e lelaborazione di dati statistici al fine di una valutazione finale complessiva dai contorni ed obiettivi che vengono scarsamente precisati.

Il Progetto, cos sinteticamente strutturato, presenta diversi aspetti che suscitano preoccupazione per i possibili profili di  contrasto e violazione delle norme del diritto anti-discriminatorio e sulla protezione dei dati personali.

Questo anche in relazione alle modalit con le quali il progetto ha avuto attuazione durante lannualit 2009-2010.

Innanzitutto si esprimono serie preoccupazioni riguardo alle modalit con le quali gli stranieri immigrati  sono stati contattati per essere coinvolti nel progetto. La lettera di convocazione per il primo colloquio volto a definire il profilo della persona , firmata dal Vice Presidente e Assessore competente, sig. Eligio Grizzo,[2] ed  inviata a tutti gli stranieri residenti nei Comuni coinvolti sulla base dei dati forniti dalle anagrafi, stata formulata utilizzando un linguaggio intimidatorio ed ostile, facendo intendere allo straniero una supposta obbligatoriet nel  coinvolgimento nel progetto (deve presentarsi), specificandosi che in caso di mancata presentazione allappuntamento, si sarebbe proceduto ad una segnalazione di merito alla Questura di Pordenone (per ogni mancato appuntamento senza avviso, verr fatta una segnalazione di merito alla Questura di Pordenone).  Il comportamento della Provincia di Pordenone indiscutibilmente arbitrario ed illegittimo in quanto non certo ammissibile che una persona venga obbligata, contro la sua volont, a partecipare ad un intervento  avente  finalit in ambito sociale, oppure possa essere indotta, con un atteggiamento autoritario, intimidatorio e minaccioso, a parteciparvi. Si ritiene pacifico  che personale della  Provincia  o da essa incaricato non possa disporre  di alcun potere di segnalazione agli organi di pubblica sicurezza in relazione ad attivit istituzionali in ambito sociale, in quanto un obbligo di segnalazione per il pubblico ufficiale o per lincaricato di pubblico servizio sussiste solo quando questi nellesercizio  o  a causa delle sue funzioni o del suo servizio venga a conoscenza di una notizia di reato perseguibile dufficio (art. 331 c.p.p.). E scontato, dunque,  che lassenza di volont della persona alla partecipazione ad un progetto in ambito sociale non pu implicare alcuna segnalazione da parte dellautorit amministrativa e se invece tale segnalazione viene effettuata o anche solo minacciata si mette in atto un comportamento  che esorbita dalle competenze ed attribuzioni istituzionali e che costituisce pertanto un abuso di potere o abuso dufficio (art. 323 c.p.).

Non ci risulta  che  nellattivit istituzionale della Provincia di Pordenone sia mai avvenuto che cittadini italiani siano stati costretti o indotti con atteggiamenti autoritari,  intimidatori o minacciosi, a partecipare a progetti ed iniziative in ambito sociale o con finalit statistiche o di ricerca. Di conseguenza, il trattamento riservato dalla provincia di Pordenone ai cittadini immigrati residenti nel territorio dei comuni facenti parte del territorio provinciale  certamente  discriminatorio risultando in un trattamento meno favorevole nella fruizione di prestazioni e benefici sociali. Nel comportamento della Provincia di Pordenone pu riscontrarsi pure la fattispecie delle molestia razziale intesa secondo la definizione contenuta nella direttiva europea n. 2000/43 quale ogni comportamento indesiderato, posto in essere per motivi di razza o di origine etnica, avente lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo (art. 2).

Da quanto emerso dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dallo stesso Assessore provinciale Grizzo, la Provincia di Pordenone non si sarebbe limitata a segnalare alla questura di Pordenone i nominativi degli stranieri  che non si sarebbero presentati al colloquio volto a tracciare il profilo psico-sociale per la stesura del progetto personalizzato di emancipazione, ma avrebbe provveduto pure a segnalare i nominativi di quei cittadini stranieri la cui lettera di convocazione sarebbe stata restituita al mittente per supposta irreperibilit dei medesimi agli indirizzi segnalati dalle anagrafi. Secondo le dichiarazioni alla stampa dellAssessore Grizzo la segnalazione in questura avrebbe risposto ad un preciso dovere dellamministrazione. [3] Come abbiamo sopra indicato,  lobbligo di segnalazione sussiste per il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sono in presenza di una conoscenza di una notizia di reato perseguibile dufficio e non sorge automaticamente, ma solo nel caso in cui il Pubblico ufficiale  o lincaricato di pubblico servizio abbiano  elementi di certezza che un determinato reato sia avvenuto (Cassazione, sez. penale, 19.02.1988 – 10.05.1988, n. 5793, anche Cass. 26081/2006). La competenza in materia di iscrizioni, cancellazioni e variazioni anagrafiche degli stranieri  non spetta certo alle Provincie, ma ai Sindaci, in funzione di ufficiali di Governo e dunque nellambito di un rapporto gerarchicamente subordinato al Prefetto, cos come dunque sono i Sindaci ad avere – sempre come ufficiali di Governo - la titolarit  del potere di accertamento delleffettiva irreperibilit della persona sul territorio comunale  al fine delleventuale cancellazione anagrafica, che nel caso dello straniero, va comunicata dufficio alla questura competente per territorio entro  il termine di quindici giorni (art. 15 c. 2 D.P.R. n. 394/99).  Ugualmente, la legge sulla protezione dei dati personali fa salva la comunicazione o diffusione di dati richiesti, in conformit alla legge, da forze di polizia, dallautorit giudiziaria, da organismi di informazione e sicurezza o da altri soggetti pubblici ai sensi dellart. 58 comma 2 per finalit di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati (art. 25 c. 2 codice in materia di protezione dei dati personali d.lgs. n. 196/2003). Tuttavia, Questura e Prefettura di Pordenone hanno smentito pubblicamente di avere mai richiesto alcuna informazione e segnalazione di sorta alla Provincia di Pordenone in relazione al piano territoriale per limmigrazione da questa gestito.

Infine, ai sensi del Regolamento di cui al D.P.R. 27 luglio 2004, n. 242 attuativo dellart. 15 c. 3 del D.P.R. n. 394/99, alle Provincie non viene attribuito alcun compito o funzione nellambito della razionalizzazione e interconnessione delle comunicazioni tra le Amministrazioni pubbliche in materia di immigrazione.  Di conseguenza, latto di segnalazione compiuto dalla Provincia di Pordenone esorbita certamente dai poteri e funzioni attribuite alla Provincia quale ente istituzionale e potrebbe costituire  a nostro avviso, un abuso di potere o dufficio, anche ai sensi del codice penale. [4]

 

Avendo in considerazione come sia stato ampiamente comprovato che la Provincia di Pordenone nella gestione ed implementazione di tale piano territoriale sullimmigrazione abbia effettuato segnalazioni allautorit di pubblica sicurezza secondo modalit che esorbitano e travalicano i propri poteri e le proprie legittime funzioni, il presente servizio dellASGI esprime serie preoccupazioni che detto ente e le associazioni ad essa convenzionate, gestiscano un progetto che ha come espressa finalit anche la raccolta di dati personali e sensibili atti a definire un profilo psico-sociale delle persone immigrate, incluse informazioni riguardanti la loro salute,  i rapporti intra-familiari, i rapporti con il medico di famiglia e con le strutture sanitarie.

Di conseguenza, lASGI, sez. reg. FVG, in quanto associazione iscritta nel registro degli enti che si occupano dellintegrazione degli immigrati in Italia di cui allart. 52 del d.P.R. n. 394/99 e nel registro delle associazioni che si occupano della lotta alle discriminazioni e alla promozione della parit di trattamento di cui allart. 6 del d.lgs. n. 215/2003, e dunque rappresentativa degli interessi degli immigrati residenti nel Friuli-Venezia Giulia, ha inviato, ai sensi dellart. 141  comma 1 lett. b) del d.lgs  n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), una segnalazione al Garante per la protezione dei dati personali, richiedendo un Suo intervento volto a controllare lapplicazione della disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali.

In particolar modo, lASGI chiede al Garante per la protezione dei dati personali di verificare se nella gestione ed implementazione effettiva del Piano territoriale provinciale per lImmigrazione della Provincia di Pordenone per lannualit 2009-2010 gi trascorsa, siano stati effettivamente rispettati i principi generali di protezione dei dati personali ovverosia il principio di liceit (trattamento dei dati in modo lecito e secondo correttezza); il principio di determinatezza o di finalit (raccolta e registrazione dei dati per scopi determinati , espliciti e legittimi ed utilizzazione e trattamento  di tali dati in termini compatibili con tali scopi; il principio di pertinenza e non eccedenza (i dati non devono essere eccedenti rispetto alle finalit per le quali sono raccolti e trattati; finalit  che debbono essere compatibili con le funzioni istituzionali assegnate alle Province, tra cui rientra certamente lattivit di erogazione di benefici a titolo di sostegno sociale a singoli e famiglie e la formazione professionale, ma non certamente la lotta o prevenzione della criminalit ); il principio di indispensabilit (ovvero la conservazione dei dati in una forma che consenta lidentificazione dellinteressato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati).  Conseguentemente, lASGI ha richiesto al Garante per il trattamento dei dati personali, qualora si rilevassero anomalie o non conformit rispetto ai suddetti principi, di prescrivere alla Provincia di Pordenone le misure opportune o necessarie 

per rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti, al fine di prevenire ulteriori violazioni della normativa nellambito dellimplementazione del  piano territoriale immigrazione per lanno 2010-2011, ovvero di prendere  i provvedimenti che riterr opportuni secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 144 del d.lgs. n. 196/2003.

 

Risulta che in tale progetto sono stati coinvolti anche cittadini di altri Paesi membri dellUnione Europea, residenti nel territorio della Provincia di Pordenone. Pertanto, si ritiene che una banca dati cos come quella prefigurata dal piano territoriale immigrazione della Provincia di Pordenone non appaia strettamente finalizzata a favorire lintegrazione sociale degli stranieri, anche comunitari, quanto a rafforzare il controllo su tale popolazione. Ne deriva quindi che i dati personali raccolti appaiono eccedenti  rispetto a quelli strettamente necessari allapplicazione della normativa europea in materia di libera circolazione, con ci  configurando una violazione  della normativa europea in materia di trattamento dei dati personali (direttiva n. 95/46) nonch una violazione del principio di parit di trattamento e di non discriminazione di cui allart. 18 del Trattato sul funzionamento dellUnione europea (In proposito, CGE, sentenza 16.12.2008, Heinz Huber c. Germania, causa C- 524/06) .

Per tale ragione, lASGI ha inviato un apposito reclamo alla Commissione europea, in quanto organo di vigilanza sulla corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri.

 

 

Impiego di immigrati in lavori socialmente utili.

 

Il progetto di cui al punto b) (Impieghi sociali di pubblica utilit a favore di immigrati disoccupati o in cassa integrazione) in sintesi prevede che  le persone immigrate in temporanea difficolt economica conseguente ad uno stato di disoccupazione o cassa integrazione ovvero segnalate dagli sportelli dambito distrettuale nellambito dellapposito progetto di cui al punto a)  vengano inserite in apposite liste, dalle quali potranno  essere selezionate a cura di un  apposito Ufficio Organizzazione Chiamate gestito dalla Provincia per partecipare  a dei lavori di manutenzione delle strade provinciali o comunali, ricevendo in cambio dei voucher per lavoro occasionale per un importo massimo di 3,000 /5,000 euro.

 

I profili discriminatori contrari al diritto anti-discriminatorio italiano ed europeo relativi a tale progetto sono i seguenti:

 Sebbene il progetto sia destinato ad essere finanziato esclusivamente con i fondi di provenienza statale e regionale finalizzati allintegrazione sociale degli immigrati, esso prevede che ad usufruire degli impieghi sociali di pubblica utilit potranno essere anche cittadini italiani disoccupati o in cassa integrazione, in una proporzione di un lavoratore  italiano ogni cinque lavoratori immigrati, e questo in modo da sostenere anche la popolazione autoctona e favorire lintegrazione.

La selezione dei lavoratori da inserire in questi progetti di impiego sociale di pubblica utilit consistente nelleffettuazione di lavori di manutenzione delle strade mediante la costituzione di  squadre di intervento miste composte da sei lavoratori (un italiano e cinque stranieri), prevista mediante la formazione di due liste o serbatoi di collocamento separati : uno per i cittadini italiani, laltro per gli immigrati stranieri.

La separazione su base etnico-nazionale delle liste o serbatoi di collocamento finalizzata e funzionale ad unorganizzazione del lavoro allinterno dei  team o squadre di intervento a sua volta rigidamente fondata su una stratificazione gerarchica su base etnico-nazionale, per cui si prevede che ogni team abbia un caposquadra necessariamente di nazionalit italiana, mentre i subalterni saranno sempre di nazionalit straniera (vedi schemi a pag. 24  e pag. 29 e relazione di piano a pp. 25, 26 e 30).

Si ritiene che tale organizzazione del lavoro prefigurata dal progetto della Provincia di Pordenone sia indiscutibilmente illegittima in quanto in contrasto con una pluralit di norme di diritto internazionale, europeo, ed interno, tra le quali specificatamente:

 

1) Norme di diritto internazionale:

Art. 1 Convenzione OIL n. 111/1958 concernente la discriminazione in materia di impiego e di professionale,  ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 405/1963 (violazione delleguaglianza di trattamento in materia  di possibilit o trattamento nellimpiego);

Art. 8 Convenzione OIL n. 143/1975 relativa alla parit di trattamento tra lavoratori migranti e nazionali, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 158/1982;

Art. 5 Convenzione ONU sulleliminazione di ogni forma di discriminazione razziale con riferimento al diritto al lavoro e allaccesso ai servizi sociali, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 654/1975;

2) Norme di diritto europeo:

Art. 2, 3 e 4 direttiva europea n. 2000/43/CE  sullattuazione della parit di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dallorigine etnica e che vieta ogni discriminazione, diretta o indiretta, anche nel campo  delle condizioni di accesso al lavoro, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo dattivit e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonch relativamente alla promozione.

Ugualmente, lart. 4 della  direttiva europea prevede una sola situazione in cui una discriminazione fondata sullorigine etnica o sulla razza possa essere consentita, ovverosia quando, per la natura di unattivit lavorativa o per il contesto in cui viene espletata, tale caratteristica etnico-razziale costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dellattivit lavorativa, purch lobiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato.
La direttiva europea stata recepita nellordinamento nazionale con il d.lgs. n. 215/2003 e successive modifiche ed integrazioni.

3) Norme di diritto interno:

Art. 15  Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970) relativo al divieto di discriminazioni per motivi, tra laltro,  di lingua o razziali, nellambito del rapporto di lavoro, inclusa lassegnazione di qualifiche o mansioni;

Art. 2 c. 3 del D.lgs. n. 286/98 (T.U. immigrazione) relativo alla parit di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti;

Art. 43 d.lgs. n. 286/98 che vieta, tra laltro, ogni comportamento che comporti una distinzione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, lorigine nazionale o etnica e che ha lo scopo o leffetto di distruggere o compromettere il godimento o lesercizio, in condizioni di parit, dei diritti umani e delle libert fondamentali in campo economico e sociale e in ogni altro settore della vita pubblica.

Larticolo, al secondo comma,  prevede  che compie in ogni caso una discriminazione:

 

a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessit che nellesercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalit, lo discriminino ingiustamente;

 

b) chiunque imponga condizioni pi svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalit;

 

c) chiunque illegittimamente imponga condizioni pi svantaggiose o si rifiuti di fornire laccesso alloccupazione, allalloggio, allistruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalit;

 

()

e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dellarticolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza.

Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente alladozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dellattivit lavorativa.

 

Nel Piano territoriale  Immigrazione della Provincia di Pordenone si legge che tale  gerarchia su base etnico-razziale allinterno delle squadre di lavoro, con un caposquadra italiano e altri cinque immigrati stranieri, sarebbe giustificata da due obiettivi:

a)     Effettuare un sostegno rivolto  pure alla popolazione autoctona (leggasi di nazionalit italiana);

b)    Facilitare lintegrazione degli immigrati coinvolti nel progetto in quanto il caposquadra italiano fungerebbe da collante con il territorio e farebbe s che la lingua italiana venga usata per comunicare e gestire le varie attivit.

 

Le motivazioni addotte a giustificare unevidente discriminazione etnico-razziale  non sembrano rispondere ai requisiti richiesti di essenzialit, ragionevolezza  e proporzionalit.

Innanzitutto appare improprio  e discutibile sostenere che anche la popolazione autoctona, leggasi italiana, debba essere necessariamente inserita di un programma rivolto specificatamente allintegrazione sociale degli immigrati e previsto da finanziamenti statali ad hoc, nel quadro delle azioni positive volte a contrastare gli svantaggi connessi alla loro specifica situazione.   

In secondo luogo, appare irragionevole  ed intrinsecamente discriminatorio il requisito di nazionalit italiana ai fini dello svolgimento della funzione di caposquadra, in relazione a finalit e funzioni lavorative che, per espressa indicazione contenuta nel Piano, riguardano lavori manuali per i quali non richiesta alcuna specializzazione e ove al caposquadra vengono richieste in aggiunta mansioni molto elementari di coordinamento e di raccordo con altre figure professionali del progetto; mansioni per le quali non si vede alcun nesso razionale con il requisito di cittadinanza.

In sostanza, ai fini della strutturazione dei rapporti gerarchici allinterno delle unit di lavoro chiamate a svolgere tali lavori di pubblica utilit, il progetto prevede   unicamente di tenere conto in primis  di un requisito   etnico-nazionale,  a prescindere invece da ogni altro requisito soggettivo imparziale ed obiettivo indipendente dalla nazionalit ed invece  collegato funzionalmente alle mansioni previste, quali potrebbero essere ad es. la passata esperienza lavorativa nel settore, le precedenti esperienze di lavoro in team e le provate  capacit organizzative nel lavoro in squadra, etc..

Appare inoltre irragionevole e sproporzionato sostenere che litalianit del caposquadra fungerebbe da garanzia di collante con il territorio.

Innanzitutto, non si vede proprio  quale sia leffettiva necessit di una figura di collante con il territorio in un progetto che dovrebbe avere come scopo precipuo e dichiarato   quello di garantire mezzi di sostentamento provvisorio a persone in condizioni di difficolt economica attraverso lavori manuali a basso tasso di specializzazione e dove, per espressa ammissione dei redigenti,  dunque limpatto  su funzioni di c.d. integrazione socio-culturale appare necessariamente limitato. Inoltre, non si comprende  perch la condizione di cittadinanza straniera  debba necessariamente costituire automaticamente un indicatore di  mancanza di collegamento adeguato con il territorio, a prescindere dalla valutazione di ogni situazione individuale (durata della permanenza dello straniero in Italia, ad es..). In altri termini, il piano della Provincia di Pordenone veicola unimmagine stereotipata e pregiudizievole nei confronti degli immigrati stranieri residenti, i quali necessariamente e a priori, vengono ritenuti incapaci di assumere funzioni anche minimali di organizzazione tecnica del lavoro e di raccordo con altre figure professionali ed istituzionali del territorio e necessariamente vengono relegati a mere mansioni di manovalanza e a posizioni  di subalternit agli autoctoni.  Sotto questo profilo, la proposta  gerarchizzazione su base etnica dei rapporti di lavoro allinterno del progetto,  con una posizione di coatta subalternit riservata degli immigrati stranieri, viene a ledere il principio della pari dignit  sociale delle persone e appare dunque inconciliabile con il principio costituzionale di uguaglianza. Di conseguenza, il piano territoriale configura a nostro avviso  non solo una discriminazione diretta fondata sullappartenenza etnico – razziale vietata dalla normativa richiamata, ma altres una forma di molestia razziale, secondo la definizione contenuta nella direttiva europea n. 2000/43 : Sono altres, considerate come discriminazioni, anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o origine etnica, aventi lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

N appare ragionevole sostenere che il caposquadra debba essere necessariamente di nazionalit italiana quale fattore di integrazione a partire dalluso della lingua italiana per comunicare e gestire le varie attivit. Come si detto, scopo precipuo e dichiarato  del progetto assicurare mezzi di sostentamento provvisori ad immigrati in condizioni di precariet economica, mentre lobiettivo dellintegrazione linguistica potrebbe essere conseguito con altri mezzi pi appropriati e che abbiano un minor impatto sui valori costituzionali di uguaglianza, di non- discriminazione e di pari dignit sociale delle persone, a prescindere dalla loro nazionalit ed appartenenza etnico-razziale. Inoltre lobiettivo di favorire lutilizzo della lingua italiana quale lingua franca durante lo svolgimento dellattivit lavorativa non necessariamente richiede la presenza di un caposquadra italiano, ma potrebbe essere ugualmente perseguito con mezzi meno lesivi del fondamentale principio di non-discriminazione, quale ad esempio la composizione della squadra per gruppi non omogenei in quanto a  provenienza nazionale e linguistica.

Il progetto inoltre sembra prefigurare un obbligo di conoscenza adeguata della lingua italiana come condizione per accedere o proseguire nellattivit lavorativa prevista. Infatti, si prevede che limmigrato cui venga rilevato un deficit di conoscenza della lingua italiana,  venga indirizzato ai corsi di lingua italiana organizzati dalla provincia, pena il mancato proseguimento dellattivit lavorativa (pag. 40).  Tenuto conto  delle caratteristiche di bassa specializzazione ed elevata manualit dei lavori socialmente utili identificati nellambito del progetto, e della  funzione apparentemente dichiarata del progetto di alleviare le condizioni di temporaneo disagio economico delle persone immigrate, tale requisito linguistico   appare irragionevole ed arbitrario.

 

Pi in generale, appare disdicevole che il Piano territoriale dellImmigrazione della Provincia di Pordenone consideri la problematica dellintegrazione della popolazione immigrata solo sotto un profilo emergenziale, ed individui quale unico settore di intervento per lo svolgimento di attivit lavorative socialmente utili per gli immigrati in condizioni di disoccupazione o in CIG quello della manutenzione delle strade, caratterizzato –come espressamente riconosciuto- da un bassissimo livello di specializzazione. Appare inoltre evidente, ed espressamente dichiarato dai promotori, che  la finalit del progetto non tanto quella di offrire agli immigrati una occasione di riqualificazione e formazione  professionale per un migliore reinserimento nel mercato del lavoro, quanto  quella  di sgravare almeno parzialmente i Servizi sociali dei vari Comuni dal sostentamento di queste persone, con la possibilit di dedicare queste risorse ad altre iniziative (pag. 22). Appare dunque palese che il progetto, anche nelle sue finalit ultime e nei suoi obiettivi generali,  fonda una discriminazione su base nazionale ed  etnico-razziale nellaccesso ai servizi sociali e alle prestazioni sociali, per cui si tenderebbe a riservare incondizionatamente tali prestazioni ai soli cittadini italiani, dirottando invece i cittadini stranieri ai lavori socialmente utili, cio a forme di prestazioni sociali vincolate o condizionate ad una sorta di  obbligo lavorativo. In questo senso,  si rileva come il progetto preveda che in caso di mancata accettazione dellimpiego lavorativo socialmente utile da parte della persona e qualora le motivazioni di tale diniego o abbandono non vengano ritenute accettabili o comprensibili, tale rifiuto venga segnalato ai servizi sociali affinch essi prendano in considerazione la possibilit di sospendere ogni eventuale forma di aiuto o sostegno economico o assistenziale.

 

 

Dalle informazioni in nostro possesso, risulta che in detto progetto siano stati coinvolti anche cittadini di altri Paesi membri dellUnione europea residenti nella Provincia di Pordenone e che hanno dunque esercitato il diritto alla libera circolazione.

 

Le summenzionate caratteristiche discriminatorie del progetto integrano dunque nei loro confronti specifici profili di violazione del diritto dellUnione europea:  il principio di non discriminazione di cui allart. 18 c. 1 del Trattato sul funzionamento dellUnione Europea (ex art. 12 del Trattato sulla Comunit Europea), il quale sancisce che nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli  stessi  previste, vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit. Tale principio rappresenta la pi chiara ed esplicita manifestazione del contenuto di quella cittadinanza dellUnione, riconosciuta a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro ed istituita dallart.  20 c. 2 TFUE (ex art. 17 TCE), per cui tutti i cittadini dellUnione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati.

Con lentrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1 dicembre 2009, entrata parimenti in vigore la Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea che, allart. 21, prevede il diritto alla non-discriminazione, ribadendo il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza nellambito di applicazione del trattato sullUnione Europea e di quello sul funzionamento dellUnione europea. Il principio di non discriminazione ha, dunque, valore e rango di diritto fondamentale.

Lart. 45 del TFUE (gi art. 39 TCE) assicura la libera circolazione dei lavoratori allinterno dellUnione europea ed afferma lesigenza che a tal fine sia assicurata labolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalit, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

Per tale ragione, lASGI ha inviato un apposito reclamo alla Commissione europea, in quanto organo di vigilanza sulla corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri.

 

Conclusioni

Avendo in considerazione le prerogative assegnate allUNAR  dallart. 7 del D. lgs. n. 215/03, in particolare dal comma 2) lett. b) (svolgere inchieste al fine di verificare lesistenza di fenomeni discriminatori) e lett. e) (fornire raccomandazioni e pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza e origine etnica), con la presente chiediamo allUNAR di svolgere uninchiesta sulla compatibilit del piano territoriale immigrazione della Provincia di Pordenone con il diritto anti-discriminatorio, esprimendo eventualmente un proprio parere e proprie raccomandazioni al riguardo e sollecitando eventualmente il Ministero del Lavoro e la Regione FVG affinch condizionino leffettiva erogazione e utilizzo dei fondi stanziati nellambito del fondo immigrazione a disposizione della Regione FVG alleliminazione di ogni aspetto del piano territoriale immigrazione della provincia di Pordenone  che risulti contrario ai principi costituzionali di uguaglianza e di rispetto della pari dignit sociale di ogni persona , anche con riferimento alla  normativa sulla protezione dei dati personali e sensibili.

 

 

 

Dott. Walter Citti

ASGI

Servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose

Progetto ASGI con il finanziamento della Fondazione italiana Charlemagne a finalit umanitarie - ONLUS



[1] ALLEGATO N. 1

[2] ALLEGATO N. 2

[3] Rassegna stampa ALLEGATO n. 3

[4] Lalta percentuale di lettere restituite al mittente  denunciata dallAssessore provinciale non si spiegherebbe con la presunta irreperibilit dei cittadini stranieri quanto con una scarsa affidabilit del servizio di recapito in relazione alle specifiche problematiche anagrafiche degli stranieri. In sintesi,  nei campanelli dei condomini (dove abitano prevalentemente i cittadini stranieri) viene generalmente indicato (perch non ci sono altri spazi disponibili) un solo nome. Se la lettera inviata ad un componente della famiglia con cognome diverso (cosa frequentissima), il postino non si perita di fare verifiche e restituisce la missiva con la scritta "sconosciuto".

Il problema ben presente ai funzionari dell'anagrafe che per non incappare nella stessa situazione (che comunque si verifica) oltre alle generalit specificano solitamente anche piano ed interno (informazione non nota agli uffici della provincia).