Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 594 del 02/08/2011


SENATO DELLA REPUBBLICA
------ XVI LEGISLATURA ------

594a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MARTEDÌ 2 AGOSTO 2011

(Antimeridiana)

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Presidenza del vice presidente CHITI,

indi del presidente SCHIFANI

e del vice presidente NANIA

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Coesione Nazionale-Io Sud-Forza del Sud: CN-Io Sud-FS; Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; Per il Terzo Polo (ApI-FLI): Per il Terzo Polo (ApI-FLI); Unione di Centro, SVP e Autonomie (Union Valdôtaine, MAIE, Verso Nord, Movimento Repubblicani Europei, Partito Liberale Italiano): UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI; Misto: Misto; Misto-MPA-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MPA-AS; Misto-Partecipazione Democratica: Misto-ParDem.

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RESOCONTO SOMMARIO

Presidenza del vice presidente CHITI

La seduta inizia alle ore 9,30.

Il Senato approva il processo verbale della seduta del 29 luglio.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B ai Resoconti della seduta.

Avverte che dalle ore 9,33 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Discussione del disegno di legge:

(2825) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. Esprime il cordoglio del Senato per la tragedia verificatasi su una imbarcazione di migranti proveniente dalla Libia, sul quale sono stati scoperti, all'arrivo a Lampedusa, venticinque migranti morti per asfissia. Questo ennesimo episodio conferma la necessità di combattere con ogni mezzo i mercanti di vite umane e l'obbligo morale di aiutare chi fugge dalla guerra o da disastri ambientali.

BOSCETTO, relatore. L'urgenza del provvedimento deriva dalla necessità di dare una risposta alle procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia per mancato recepimento delle direttive sulla circolazione dei cittadini comunitari e sul rimpatrio dei cittadini irregolari di Paesi terzi. Per quanto riguarda le modifiche da apportare alla disciplina della circolazione dei cittadini dell'Unione, il decreto-legge elimina il riferimento all'obbligo del visto d'ingresso per i familiari del cittadino comunitario che non siano cittadini dell'Unione; ai fini del soggiorno fino a tre mesi viene meno l'obbligo dell'iscrizione anagrafica e del rilascio della carta di soggiorno. Dispone, inoltre, che ai fini della verifica dei requisiti per un soggiorno superiore a tre mesi si debba fare riferimento alla situazione personale complessiva dell'interessato anziché ad un importo minimo di risorse economiche. La verifica delle condizioni richieste per il mantenimento del diritto di soggiorno potrà essere disposta solo in presenza di ragionevoli dubbi sulla loro persistenza. Si prevede inoltre che il possesso del documento di iscrizione anagrafica o di soggiorno non costituisca condizione per l'esercizio di diritti. Sono quindi modificati i presupposti che giustificano l'adozione di provvedimenti limitativi del diritto di ingresso e soggiorno, precisando che la minaccia all'ordine pubblico debba essere concreta, effettiva e di sufficiente gravità. Ai fini dell'esecuzione del provvedimento di allontanamento si prevede che l'urgenza sia valutata caso per caso e che l'eventuale ricorso al sistema di assistenza sociale non possa essere considerato automaticamente causa di allontanamento. Per quanto riguarda le modifiche al testo unico sull'immigrazione, necessarie a dare attuazione alla direttiva sui rimpatri, viene introdotto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato dal questore; si incentiva l'esodo volontario dei cittadini stranieri irregolarmente presenti, prevedendo che non commette reato lo straniero identificato in uscita dal territorio nazionale. Si specifica che l'espulsione sia disposta caso per caso. L'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, che nel testo previgente costituiva la regola, viene circoscritta a situazioni individuate; per gli altri casi si prevede la concessione di un termine per la partenza volontaria. Lo straniero potrà essere trattenuto nei centri di identificazione e espulsione qualora sussistano situazioni transitorie che ostacolano il rimpatrio o l'allontanamento. Il decreto-legge introduce misure alternative al trattenimento nei CIE (ad esempio la consegna del passaporto e l'obbligo di dimora) e aumenta a 18 mesi il periodo massimo del trattenimento, anche se sono stati presentati emendamenti che riducono il periodo. Al fine di recepire indicazioni della Corte costituzionale, sono attenuate le sanzioni per inottemperanza dell'ordine di abbandonare il territorio nazionale e si prevede che la violazione dell'obbligo di espulsione non sia punita qualora sussista un giustificato motivo. Si subordina infine il rimpatrio delle persone vulnerabili alla verifica della loro concreta situazione personale. (Applausi dal Gruppo PdL).

Presidenza del presidente SCHIFANI

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Illustra la questione pregiudiziale QP1. Le disposizioni del decreto-legge che aumentano a 18 mesi il limite massimo di trattenimento nei centri di identificazione e espulsione presentano numerosi profili di incostituzionalità: modificando il testo unico sull'immigrazione senza che ciò sia necessario e perfino in contrasto con la direttiva europea, non presentano i requisiti di straordinarietà ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione. Le norme in questione, che ammettono la possibilità di privare lo straniero della libertà personale indipendentemente da condotte illecite ai fini della semplice identificazione e legano lo stato di detenzione ad una situazione di irregolarità amministrativa, violano inoltre i principi di proporzionalità, eguaglianza e adeguatezza nell'applicazione delle misure restrittive della libertà personale, in contrasto con gli articoli 3 e 13 della Costituzione, nonché con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il codice di procedura penale, laddove disciplina l'istituto del fermo per accertamento, prevede un termine limitatissimo per il trattenimento: ai fini dell'identificazione di un indagato per reato grave è ritenuto sufficiente un periodo di ventiquattro ore. E' evidente che il trattenimento degli stranieri nei CIE per un periodo di un anno e mezzo rappresenta di fatto una condanna a pena detentiva senza la commissione e l'accertamento di un reato. Se si pensa che la custodia cautelare per i reati più gravi - dall'associazione mafiosa al terrorismo, dall'omicidio al sequestro di persona, dallo spaccio di stupefacenti alla violenza sessuale - può avere una durata massima di un anno, risultano evidenti l'irragionevolezza e l'inciviltà di una norma di cui la maggioranza, garantista con i forti e ingiusta con i deboli, dovrebbe vergognarsi. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD. Commenti dal Gruppo PdL).

GERMONTANI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo dimostra la sua fragilità ed incapacità di gestire fenomeni ormai fisiologici come quello dell'immigrazione clandestina in modo razionale, ricorrendo invece a misure emergenziali. Dell'aggiramento della prerogativa legislativa del Parlamento, peraltro consentita dalla Costituzione solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, le vittime saranno in questo caso gli immigrati irregolari i cui diritti fondamentali, sanciti dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo e dalla Costituzione italiana, vengono da queste disposizioni gravemente lesi. Il prolungato trattenimento presso i CIE è una interpretazione pretestuosa della facoltà concessa ai Paesi membri di modulare i termini per l'accertamento della posizione individuale del migrante e viene esercitata in chiave demagogica. I 18 mesi previsti nel decreto in esame hanno, anche alla luce delle inaccettabili condizioni di vita all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, un mero carattere punitivo. È evidentemente stata data una interpretazione troppo estesa delle facoltà dei singoli Paesi membri e parrebbe sempre più opportuno prevedere un raccordo permanente con la Comunità europea per prevenire future procedure di infrazione e sentenze contro le politiche sull'immigrazione attuate dall'Italia, che ledono gravemente l'immagine del Paese a livello europeo. Per tali motivi, il Gruppo voterà a favore della questione pregiudiziale QP1. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI).

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Il decreto in esame contravviene patentemente i principi dettati dalla Costituzione, sia nell'individuazione dei requisiti della decretazione d'urgenza, in particolare sotto il profilo della straordinarietà, sia nella violazione dei diritti di uguaglianza, laddove prevede un termine per il trattenimento del soggetto immigrato che supera persino i limiti delle misure cautelari sancite dal codice di procedura penale per i sospettati di reati gravi. A rendere questa previsione ancor più inaccettabile è il fatto che i soggetti trattenuti nei CIE, nelle condizioni di disagio ben note, non hanno commesso reati. I 18 mesi previsti non sono funzionali all'identificazione del soggetto, ma hanno evidentemente carattere di deterrenza rispetto ai flussi migratori verso il nostro Paese. Si tratta quindi di un provvedimento illegittimo, non degno di un Paese civile, frutto di un approccio sbagliato al problema: l'inerzia dello Stato rispetto alle richieste di asilo, se non giustifica i comportamenti violenti registrati nella rivolta di Bari di questi giorni, certamente rende comprensibili i sentimenti di rabbia e frustrazione. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD. Commenti del senatore Asciutti).

ADAMO (PD). L'adeguamento della normativa italiana, in seguito alla procedura di infrazione avviata, alle direttive europee sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e sui rimpatri, che dovrebbe essere lo scopo del decreto, non giustifica in alcun modo la fissazione del termine di 18 mesi per il trattenimento nei CIE dei soggetti non identificati, in quanto il termine massimo di sei mesi previsto dall'ordinamento nazionale non contravviene alla direttiva: questo arbitrario e pretestuoso allungamento potrebbe anzi condurre in futuro ad ulteriori procedure di infrazione. Sarebbe quindi opportuno, al fine di evitare altre censure a livello comunitario, espungere dal testo questa disposizione, la cui portata punitiva è impropria per un provvedimento amministrativo, da comminarsi peraltro a soggetti non colpevoli di reato, ma semplicemente non identificabili. Nell'allungare il termine già previsto il Parlamento italiano non dimostra di volersi adeguare al principio della direttiva, che è quello di una gradazione delle misure per l'esecuzione del rimpatrio con l'espulsione come ultima misura attivabile, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, ma è al contrario animato da uno spirito di rivalsa rispetto all'obbligo di adeguamento alla direttiva comunitaria. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

LI GOTTI (IdV). Il Gruppo IdV voterà a favore della questione pregiudiziale QP1, convenendo sui profili di incostituzionalità del decreto in esame sia per quanto attiene al suo carattere di necessità ed urgenza, sia per la disciplina che introduce. L'allungamento della permanenza nei centri di identificazione e di espulsione previsto dal decreto è del tutto irragionevole e sproporzionata rispetto al suo carattere di misura amministrativa, non motivata da un comportamento illegittimo del soggetto, ma dalla mancata collaborazione nell'identificazione del soggetto stesso da parte degli Stati che vi sarebbero tenuti. È evidente che le lungaggini della burocrazia non possono comportare la privazione della libertà personale di un individuo, tanto meno se di durata così estesa, superiore persino a quella prevista nel sistema processuale italiano per le misure di custodia cautelare per i reati più gravi. Si profila una nuova violazione della direttiva europea, che fissa il termine massimo a 12 mesi e lascia alla discrezionalità degli Stati membri provvedimenti solo in senso più favorevole. (Applausi dai Gruppi IdV, PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

Il Senato respinge la questione pregiudiziale QP1.

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.

Presidenza del vice presidente CHITI

INCOSTANTE (PD). Il metodo seguito dal Governo dal 2008 per il recepimento della direttiva comunitaria in tema di rimpatri è contraddittorio e confusionario e ha condotto ad una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea. Il ritardo nell'adeguamento alla direttiva ha costretto all'ennesimo provvedimento d'urgenza, sintomatico dell'incapacità del Governo di gestire in modo opportuno i rapporti con l'Europa, di utilizzare utilmente le risorse, di affrontare con lungimiranza i temi della sicurezza e dell'immigrazione. Rispetto al tema dei flussi migratori, l'Italia si distacca dalla politica europea perdendo, con i suoi comportamenti poco virtuosi, credibilità nel contesto dell'Unione. Il provvedimento in esame, come già il pacchetto sicurezza, contiene previsioni che sembrano scoraggiare, anziché promuovere, il rimpatrio volontario come indica invece la direttiva. Questo distacco dalle indicazioni comunitarie non lascia ben sperare per il futuro, dal momento che nelle sentenze della Corte di giustizia è stato affermato che i giudici degli Stati membri sono tenuti a disapplicare norme interne che siano in contrasto con la direttiva e ad applicare quest'ultima. Il trattenimento nei CIE, che dovrebbe costituire un'eccezione, rischia, in forza di questo decreto, di divenire la regola, con una sistematica privazione della libertà personale di soggetti incolpevoli, in contraddizione con i principi della Costituzione e del diritto penale. La permanenza nei CIE presenta anche profili preoccupanti dal punto di vista economico, per i costi che ovviamente comporteranno il trattenimento e la gestione dei disordini che prevedibilmente si origineranno in reazione ad una situazione così esplosiva. Come la legge Bossi-Fini, anche questo provvedimento rivela l'incapacità del Governo di gestire una politica migratoria prima ordinaria, ora aggravata dai conflitti internazionali, i flussi migratori e l'integrazione, laddove efficaci politiche di cooperazione internazionale avrebbero sicuramente favorito l'azione di rientro dei migranti nei propri territori. (Applausi dal Gruppo PD).

MARAVENTANO (LNP). Ringrazia il ministro Maroni per il lavoro svolto e per le misure assunte in materia di controllo dell'immigrazione. I drammatici eventi verificatisi nelle ultime ore a Lampedusa e presso il centro di accoglienza di Bari evidenziano l'estrema delicatezza ed urgenza del problema, che richiede di essere affrontato e risolto con soluzioni adeguate alla gravità del fenomeno, anche cercando accordi nelle opportune sedi internazionali. L'ordine del giorno G105 chiede appunto al Governo di non sottovalutare il problema e lo impegna ad esercitare pressioni affinché le forze della NATO presenti nel Mediterraneo siano impiegate anche nella prevenzione dei flussi migratori non controllati e a prevedere un aumento delle pene nei confronti dei trafficanti di esseri umani. Ringrazia le Forze dell'ordine e i Vigili del fuoco di Lampedusa per lo straordinario lavoro svolto nell'affrontare le emergenze migratorie e sottolinea come l'isola di Lampedusa e i suoi abitanti non siano più in grado di sopportare l'enorme pressione cui sono sottoposti a causa dei continui sbarchi di immigrati irregolari. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Santini).

PERDUCA (PD). L'attuale Governo, specializzato nell'infrangere le direttive comunitarie, sembra aver modificato la propria posizione in materia di contrasto dell'immigrazione irregolare, passando dagli eclatanti respingimenti degli anni scorsi, contrari ad ogni norma di diritto internazionale, all'accoglienza dei migranti in appositi centri, per l'organizzazione e il funzionamento dei quali vengono ora stanziate cospicue risorse. In realtà, la permanenza degli immigrati in tali centri si configura come una vera e propria detenzione, prolungabile ora fino a 18 mesi, anch'essa contraria ai trattati internazionali riconosciuti dall'Italia. Sarebbe opportuno che tutti i parlamentari si recassero a visitare tali centri e a verificare di persona le condizioni in cui vivono gli immigrati; si renderebbero conto, in tal modo, che gli scontri verificatisi nelle ultime ore a Bari e a Crotone sono probabilmente destinati a diventare la regola. (Applausi dal Gruppo PD).

CONTINI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Il ricorso alla decretazione d'urgenza e i tempi strettissimi concessi al Senato in sede di conversione impediscono di approfondire adeguatamente il merito dei delicati problemi trattati, per i quali l'Italia è già incappata in procedure di infrazione in sede comunitaria. Il provvedimento denota la totale mancanza di lungimiranza politica e di una visione di largo respiro sui temi dell'immigrazione, che vengono affrontati di volta in volta in una prospettiva limitata e contingente, spesso sotto la spinta di una componente della maggioranza che vuole ridurre questi provvedimenti ad uno strumento di demagogica propaganda, com'è avvenuto recentemente anche in occasione dell'esame del decreto-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali. I punti di maggiore criticità del decreto-legge in esame riguardano l'allungamento fino a 18 mesi del periodo massimo di trattenimento presso i centri di accoglienza, termine che nella direttiva comunitaria è previsto solo in caso di situazioni straordinarie, e il fatto che il meccanismo dei rimpatri volontari continui a costituire l'eccezione, mentre le espulsioni con accompagnamento alla frontiera continuano a costituire la regola. (Applausi dai Gruppi Per il Terzo Polo: ApI-FLI e PD).

MARINARO (PD). La cosiddetta direttiva rimpatri, approvata nel 2008, a distanza di tre anni non è stata ancora recepita nell'ordinamento, rendendo l'Italia oggetto di richiami, di procedure di infrazione e di una sentenza della Corte di giustizia europea. I provvedimenti in materia di immigrazione varati nel corso dell'attuale legislatura appaiono schizofrenici, senza che sia mai stato affrontato l'esame di un progetto organico di regole cui debbano conformarsi sia gli immigrati che lo Stato. Sono peraltro criticabili e sospetti i ritardi con cui il Governo comunica i dati relativi ai trattenimenti nei CIE, che sono fermi al 2009. Sarebbe necessario uno sforzo di lungimiranza e di coerenza che consentisse di affrontare la materia nella sua complessità, anche e soprattutto a livello internazionale, invece di considerarla un problema esclusivamente di ordine pubblico; la politica sull'immigrazione perseguita dal Governo è costosa, inefficace e disumana, come d'altronde è costosa e farraginosa la procedura di recepimento del diritto comunitario. Sarebbero invece auspicabili, e il Partito Democratico è disponibile a collaborare su questi punti, da un lato un meccanismo di recepimento del diritto comunitario trasparente e fondato sulla centralità del Parlamento e, dall'altro, un approccio al fenomeno migratorio che tenga conto di tutti gli aspetti in gioco, non ultimi la cooperazione con i Paesi di origine dei flussi e l'adozione di efficaci politiche di integrazione. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

MURA (LNP). Con il provvedimento in esame la Lega Nord e il Governo, in particolare il ministro Maroni, offrono un chiaro segnale di continuità, di coerenza e di buonsenso, prevedendo che gli immigrati irregolari siano rimpatriati in modo umano e rispettoso della loro dignità, in applicazione delle direttive europee vigenti. Si tratta dunque di norme già presenti nel diritto comunitario e non di misure xenofobe o razziste. I drammatici eventi verificatisi ieri a Lampedusa, a Bari e a Crotone evidenziano la gravità del problema e la necessità di adottare ulteriori interventi urgenti ed incisivi, sollecitati con l'ordine del giorno G105, in particolare coinvolgendo nel contrasto ai fenomeni migratori le unità militari alleate presenti nel Mediterraneo ed inasprendo le sanzioni contro i trafficanti di esseri umani. Non è più tollerabile l'illegalità e non si può continuare ad alimentare l'illusione che in Italia vi siano un lavoro e una casa per tutti; per questo è necessario procedere agli allontanamenti, privilegiando i programmi di rimpatrio volontario ed assistito, garantendo la tutela delle categorie più vulnerabili e ricorrendo in caso di necessità a misure coercitive. È altresì positivo il fatto che venga introdotta la possibilità di concedere permessi di soggiorno per motivi umanitari ai minori non accompagnati e che, dall'altro lato, si preveda l'espulsione anche nei confronti di cittadini comunitari per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Santini. Congratulazioni).

CARLONI (PD). Il crescente numero di migranti che perdono la vita nel Mediterraneo, le rivolte degli immigrati reclusi nei centri di identificazione e di espulsione (CIE) e le proteste dei lavoratori stranieri contro il caporalato scoppiata in Salento testimoniano la delicatezza della situazione e l'esasperazione dei migranti, che rischia di sfociare in nuove rivolte. La politica della tolleranza zero voluta dalla Lega Nord, che affronta l'immigrazione unicamente come problema di ordine pubblico, oltre ad essere inumana si dimostra inefficace a gestire la gravità del problema, acuito dalla mancanza di interlocuzione del Governo e delle istituzioni. Il decreto-legge, frettoloso e propagandistico, contiene norme vessatorie, come la reclusione per 18 mesi nei CIE, istituendo di fatto la carcerazione degli innocenti, rei soltanto di non possedere un documento di riconoscimento. Le condizioni di vita in tali centri, come testimonia la chiusura di quello di Santa Maria Capua Vetere disposta dalla magistratura, sono simili a quelle di un campo di concentramento. Se dunque il ministro Maroni vorrà iniziare ad affrontare in maniera efficiente e umana il problema dell'immigrazione potrà giovarsi della collaborazione del Partito Democratico, altrimenti l'opposizione del PD rimarrà ferma e decisa. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

PRESIDENTE. Saluta, a nome dell'Assemblea, i rappresentanti del Comune di Stazzema, in provincia di Lucca, presenti nelle tribune. (Applausi).

MARCENARO (PD). La spaventosa quantità di migranti annegati nel Mediterraneo costituisce un'emergenza umanitaria forse addirittura superiore a quella che ha portato all'intervento militare in Libia. La mera attività di soccorso in mare non è sufficiente, ma occorre una vera iniziativa politica e una lotta ai trafficanti di esseri umani. Coloro che rischiano la vita attraversando in condizioni di grave pericolo il Mediterraneo non possono essere considerati come migranti mossi soltanto da motivazioni economiche, ma occorre considerare con realismo e senso di umanità le terribili condizioni da cui fuggono. Le violenze scoppiate nei centri di identificazione sono anche il frutto di una politica sbagliata, che ha concentrato migliaia di persone in poche strutture, ha adottato indirizzi restrittivi per la concessione dell'asilo ed ora prolunga a 18 mesi la permanenza nei CIE. Il ministro Maroni dovrebbe verificare di persona le condizioni disumane in cui si vive in tali centri, nei quali sono sistematicamente violati i diritti umani fondamentali. Voterà dunque contro il decreto-legge, inumano e inefficace, che aumenterà il rischio di disordini e che getta ulteriore discredito sull'Italia. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore. Congratulazioni).

Presidenza del vice presidente NANIA

PEDICA (IdV). Gli incidenti recentemente avvenuti nei centri di identificazione e di espulsione - che pure sono criticabili per le loro modalità - sono commisurati alla disperazione dei richiedenti asilo, a cui viene negata la speranza di una futura accoglienza. È paradossale che il decreto-legge preveda la reclusione all'interno dei CIE degli stranieri che si rifugiano in Italia per sfuggire alla guerra, alla persecuzione e alla fame - sebbene la Costituzione sancisca il diritto d'asilo per lo straniero a cui sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche - quando l'ordinamento impone che la custodia cautelare non possa superare il limite di un anno, anche per coloro che si macchiano dei reati più gravi. Lo stesso ministro Maroni ha del resto potuto constatare le condizioni disumane in cui vivono i migranti nei CIE e la carenza delle condizioni igieniche, che potrebbero causare il diffondersi di gravi malattie e il verificarsi di nuove rivolte. È dunque vergognoso che l'Italia, nonostante la sua tradizionale attenzione al rispetto dei diritti umani e sebbene la sua popolazione abbia vissuto il dramma dell'emigrazione, tratti alla stessa stregua di criminali i migranti che hanno l'unica colpa di fuggire da situazioni di vita disperate. Invita dunque i senatori che voteranno a favore della conversione del decreto-legge a trascorrere del tempo nei CIE, per rendersi conto delle condizioni dei migranti. (Applausi dal Gruppo IdV. Proteste del senatore Gramazio).

MAZZATORTA (LNP). Mentre negli altri Paesi occidentali, come gli Stati Uniti e la Spagna, si adotta una linea molto dura contro l'immigrazione clandestina, con il diffuso consenso della popolazione, la sinistra italiana continua a sostenere una politica dell'accoglienza indiscriminata e senza regole. Il decreto-legge si è infatti reso necessario per via dell'opposizione politica e ideologica di una parte della magistratura e della dottrina giuridica, che ha voluto smantellare l'apparato sanzionatorio previsto dal cosiddetto pacchetto sicurezza del 2008 per ottenere l'espulsione degli stranieri irregolari. In altri Paesi come la Francia, invece, è tutt'ora vigente il reato di clandestinità, che prevede la pena detentiva sino ad un anno, senza che l'attuazione della direttiva europea sui rimpatri abbia portato ad una sua modifica. La Corte costituzionale italiana è arrivata invece a sancire l'incostituzionalità della norma che avrebbe impedito ai clandestini di contrarre matrimonio in Italia, ritenendo che nel bilanciamento dei valori costituzionali il diritto di sposarsi sia prevalente rispetto al diritto alla sicurezza. Il Governo e la maggioranza intendono dunque riproporre una politica di repressione rigorosa dell'immigrazione clandestina, pur essendo consapevoli che anche le norme contenute in questo provvedimento subiranno l'opposizione di una parte della magistratura e della dottrina giuridica. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

MONGIELLO (PD). Le rivolte di immigrati a Bari e a Crotone e gli scioperi dei lavoratori agricoli in Puglia dimostrano che le posizioni del centrodestra in tema di immigrazione sono inadeguate, rozze, nocive. Leggi speciali demagogiche e razziste hanno violato diritti fondamentali della persona e hanno alimentato la paura, senza garantire maggiore sicurezza. L'ossessione securitaria ha reso più difficile la convivenza, sebbene in Italia la presenza di immigrati sia meno consistente che in altri Stati europei. Un Governo senza idee e senza progetti vara un provvedimento che prevede l'irrogazione della pena detentiva senza processo in violazione dei trattati internazionali; proibisce l'ingresso dei giornalisti nei Centri di identificazione e di espulsione; si affida unicamente a risposte repressive contro disperati che fuggono dalla guerra e dalla fame; fissa meccanismi di regolazione dei flussi inapplicabili, che impediscono di soddisfare la domanda di lavoro. In conclusione, si augura che venga presto approvato il disegno di legge sul caporalato e perseguito il reato di riduzione in schiavitù. (Applausi dal Gruppo PD).

SANTINI (PdL). Quale relatore al Parlamento europeo sulla direttiva 38 del 2004, che nacque dall'esigenza di prevenire alcuni problemi derivanti dall'allargamento dell'Unione, può affermare con convinzione che il decreto-legge atto a recepire le direttive europee sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e sui rimpatri non è contrario a principi di umanità: basti pensare all'eliminazione del visto di ingresso, alla possibilità dei ricongiungimenti familiari, alla verifica delle condizioni per il soggiorno che può essere disposta solo in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla loro persistenza. Mentre la scelta di legare il soggiorno alla disponibilità di risorse economiche si è dimostrata lungimirante, sono aumentate le garanzie e le cautele per i provvedimenti di espulsione, sostituendo ad esempio il riferimento generico all'ordine pubblico con quello alla sicurezza dello Stato, un principio che ha fatto ingresso nell'ordinamento comunitario grazie alla richiesta degli immigrati italiani in Germania. Quanto alla norma sul periodo di trattenimento nei CIE, il termine di 18 mesi va considerato un caso limite. In materia di immigrazione sarebbe auspicabile un maggiore raccordo con il Consiglio d'Europa, una cui delegazione ha recentemente visitato il centro di Lampedusa, e un dialogo costante con la Commissione europea. L'Italia peraltro non è l'unico Paese a dover fronteggiare un'emergenza migratoria dettata dalla guerra: la Turchia, che pure non riconosce lo status di rifugiato, ha accolto con ammirevole spirito solidarietà diecimila profughi provenienti dalla Siria. Alcuni Stati europei dovrebbero rinunciare alla difesa delle norme nazionali e accogliere una quota maggiore di immigrati che fanno sbarco a Lampedusa ma sono diretti in Francia, in Germania, nel Regno Unito o nei Paesi scandinavi. In conclusione, aggiunge la propria firma all'ordine del giorno G105 e si complimenta con il relatore, senatore Boscetto, per aver saputo affrontare una materia delicata e complessa con saggezza ed equilibrio. (Applausi dal Gruppo PdL e della senatrice Maraventano. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.

BOSCETTO, relatore. Rinuncia alla replica.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Rinuncia alla replica.

DI NARDO, segretario. Dà lettura dei pareri espressi dalle Commissioni 1a e 5a sul decreto-legge e sugli emendamenti ad esso riferiti (v. Resoconto stenografico).

PRESIDENTE. Essendo stata convocata la Conferenza dei Capigruppo, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle ore 12,28, è ripresa alle ore 13,08.

Calendario dei lavori dell'Assemblea, variazioni

PRESIDENTE. Comunica le determinazioni assunte dalla Conferenza dei Capigruppo in ordine alle modifiche al calendario corrente con l'inserimento all'ordine del giorno della seduta pomeridiana del 3 agosto di un'informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione economica.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2825

BOSCETTO, relatore. Sugli ordini del giorno presentati, si rimette al parere del Governo.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Accoglie l'ordine del giorno G105 con una breve riformulazione del dispositivo. Per quanto riguarda gli ordini del giorno G100, G101, G103, G104, esprime parere contrario sulle premesse ed accoglie i dispositivi, a condizione che vengano apportate alcune riformulazioni (v. Resoconto stenografico). Invita quindi al ritiro dell'ordine del giorno G102.

BOSCETTO, relatore. Concorda con la rappresentante del Governo.

ADAMO (PD). Accoglie l'invito a riformulare il dispositivo dell'ordine del giorno G101 (v. testo 2 nell'Allegato A).

MARINARO (PD). Ritira l'ordine del giorno G102 ed accoglie l'invito a riformulare i dispositivi degli ordini del giorno G103 e G104 (v. testi 2 nell'Allegato A).

MARAVENTANO (LNP). Accoglie la riformulazione proposta per l'ordine del giorno G105 (v. testo 2 nell'Allegato A).

PRESIDENTE. Gli ordini del giorno G101 (testo 2), G103 (testo 2), G104 (testo 2) e G105 (testo 2), accolti dal Governo, non vengono posti ai voti.

PERDUCA (PD). Aggiunge la firma propria e della senatrice Poretti all'ordine del giorno G101 (testo 2). Mette quindi in evidenza, con riferimento all'impegno contenuto nell'ordine del giorno G105 (testo 2), la difficoltà di poter esigere in sede internazionale che venga attribuito alle forze navali impegnate nell'operazione Unified Protector il compito di prevenire i flussi migratori.

PEDICA (IdV). Chiede che nell'ordine del giorno G100 sia esplicitata la facoltà per parlamentari e giornalisti di avere accesso ai Centri di identificazione ed espulsione anche nei momenti di emergenza.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Tale possibilità, mai messa in discussione per i parlamentari in ogni momento, sarà estesa ai giornalisti al decadere del vigente stato di emergenza. (Commenti dai Gruppi IdV e PD).

TONINI (PD). È grave che il Governo abbia accolto l'ordine del giorno G105 (testo 2), in quanto le forze navali davanti alla Libia servono ad impedire l'ingresso di armi nel Paese e non possono essere impiegate per bloccare la partenza dei barconi di profughi. (Applausi dal Gruppo PD).

PEDICA (IdV). Propone al sottosegretario Viale un'ulteriore modifica del testo dell'ordine del giorno G100, volto a prevedere comunque la possibilità di un accesso dei giornalisti nei centri di accoglienza, anche se saltuariamente e dietro specifica autorizzazione.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Conferma la proposta iniziale di riformulazione, ricordando che è comunque prevista la possibilità di accesso nei centri di accoglienza per i rappresentanti di diverse organizzazioni internazionali, non governative e di tutte le associazioni che hanno in corso progetti di assistenza nelle strutture di accoglienza.

PEDICA (IdV). Non accetta la proposta di riformulazione avanzata dal sottosegretario Viale e chiede la votazione dell'ordine del giorno G100, ritenendo che la presenza dei giornalisti nei centri di accoglienza sia indispensabile per garantire un pieno e corretto esercizio della libertà di informazione.

Risulta respinto l'ordine del giorno G100.

MARCENARO (PD). Chiede perché non si è proceduto alla votazione dell'ordine del giorno G105 (testo 2).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno G105 (testo 2) non è stato posto ai voti in quanto accolto dal Governo. La Presidenza ha comunque concesso la parola al senatore Tonini per consentirgli di esprimere il dissenso del Gruppo.

Rinvia il seguito della discussione alla seduta pomeridiana.

Dà annunzio degli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo pervenuti alla Presidenza (v. Allegato B) e toglie la seduta.

La seduta termina alle ore 13,29.

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente CHITI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,30).

Si dia lettura del processo verbale.

DI NARDO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 29 luglio.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,33).

Discussione del disegno di legge:

(2825) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (ore 9,34)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2825, già approvato dalla Camera dei deputati.

Prima di dare la parola al senatore Boscetto, vorrei esprimere il nostro cordoglio per il fatto che ieri si è verificata un'altra grave tragedia con riguardo al tema di cui discutiamo: a Lampedusa è stato soccorso e scortato in porto un barcone proveniente dalla Libia, nella cui stiva si trovavano 25 immigrati, tenuti lì, come schiavi, che sono morti per asfissia.

Questo fatto, oltre a portarci ancora una volta ad esprimere il nostro cordoglio, ci dimostra come si tratti di questioni estremamente serie: questi mercanti di persone devono essere colpiti, perché il loro comportamento non trova alcuna giustificazione, e non può esserci indulgenza nei confronti di chi utilizza tali tragedie per mercanteggiare e distruggere vite umane, mentre dobbiamo cercare di aiutare e proteggere le persone che, spinte dalla guerra o da disastri ambientali, cercano di venire nel nostro Paese.

Ilrelatore, senatore Boscetto, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta s'intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

*BOSCETTO, relatore. Presidente stimatissimo, rappresentanti del Governo, colleghi senatori, il disegno di legge n. 2825, già approvato dalla Camera dei deputati il 14 luglio scorso, reca la conversione in legge del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89. Questo decreto, composto di sei articoli, dispone il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE, sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, e il recepimento della direttiva 2008/115/CE, sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.

Il provvedimento mira a rispondere a specifici atti dell'Unione europea; infatti, per la libera circolazione dei cittadini comunitari, la Commissione ha annunciato l'avvio di una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per l'incompleto o non corretto recepimento della direttiva 2004/38/CE. Inoltre, la stessa Commissione ha già avviato la fase prodromica all'apertura dell'infrazione per il mancato recepimento della direttiva 2008/115/CE, il cui termine di trasposizione è scaduto il 24 dicembre 2010. Per tale motivo, la sussistenza degli essenziali presupposti di necessità ed urgenza è stata individuata - anche in Commissione affari costituzionali in sede di pronunzia sui presupposti stessi, nonché ovviamente dalla relazione illustrativa - nella necessità di evitare le conseguenze derivanti dall'inadempimento degli obblighi dell'Unione europea e nell'urgenza di rispettare le scadenze temporali imposte dalla normativa dell'Unione stessa e dalla disciplina delle procedure d'infrazione.

Il decreto-legge, formulato prevalentemente in forma di novella di provvedimenti in vigore, modifica principalmente il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari. Viene modificato anche il decreto legislativo n. 286 del 1998, considerato il provvedimento fondamentale sull'immigrazione, cosiddetto Turco-Napolitano, così come modificato dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta Bossi-Fini.

Tra le principali modifiche apportate alla disciplina della circolazione dei cittadini dell'Unione europea vi è l'eliminazione del riferimento all'obbligo del visto d'ingresso per i familiari del cittadino comunitario che non siano, a loro volta, cittadini dell'Unione europea ai fini del soggiorno fino a tre mesi dell'iscrizione anagrafica, nonché del rilascio della carta di soggiorno di durata superiore a tre mesi. Con ciò si è dato seguito al rilievo mosso dalla Commissione europea, secondo il quale la normativa italiana sovrappone i requisiti per l'ingresso e quelli per il soggiorno, in difformità da quanto previsto da alcuni articoli della citata direttiva, che richiedono soltanto il possesso di un passaporto in corso di validità. A seguito dell'osservazione della Commissione europea, infatti, ci si è resi conto che si riteneva ancora obbligatorio un visto non più previsto dalla normativa comunitaria.

Viene poi disposto che ai fini della verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti al soggiorno oltre i tre mesi deve, in ogni caso, essere valutata la situazione personale complessiva dell'interessato. A tal fine la Camera dei deputati ha stabilito che la verifica si svolga con particolare riguardo alle spese afferenti l'alloggio, sia esso in locazione, in comodato, di proprietà, o detenuto in base ad un altro diritto soggettivo. La Commissione europea ha infatti precisato che la direttiva non prevede la quantificazione di un importo minimo prefissato per legge, contenendo solo un generico richiamo ad escludere il ricorso a prestazioni di assistenza sociale. Il decreto legislativo n. 30 del 2007 contiene una norma che fissa importi minimi commisurati all'importo annuo dell'assegno sociale, moltiplicato in ragione del numero dei familiari. A seguito dell'indicazione della Commissione è conseguita la necessità di riferirsi alla situazione complessiva personale dell'interessato.

Altro punto. La verifica delle condizioni richieste ai fini del mantenimento del diritto di soggiorno potrà essere disposta solo in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla persistenza delle condizioni medesime. Si prevede poi che il possesso del documento di attestazione d'iscrizione anagrafica o del documento di soggiorno non costituisca condizione per l'esercizio di un diritto. Questa disposizione è stata modificata dalla Camera dei deputati, che ha introdotto un emendamento diretto ad inserire la parola «necessaria» con riferimento alla condizione. Quindi, si dice che questo contesto documentale può essere condizione, nei casi previsti dalla legge, per l'esercizio di un diritto, ma generalmente non costituisce condizione per l'esercizio della gran parte dei diritti.

Presidenza del presidente SCHIFANI (ore 9,43)

(Segue BOSCETTO, relatore). Vengono poi apportate modifiche ai presupposti che possono giustificare l'adozione di provvedimenti limitativi del diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell'Unione europea. Si specificano cioè i tradizionali concetti di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza e altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. La minaccia all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza deve essere concreta, effettiva e sufficientemente grave; nel testo previgente la minaccia doveva essere solo concreta e attuale. Quindi, si è specificato in modo migliore il concetto di minaccia e resta fermo il principio, molto importante, di proporzionalità.

Ai fini dell'immediata esecuzione del provvedimento di allontanamento si prevede che l'urgenza sia valutata caso per caso, in relazione all'incompatibilità dell'ulteriore permanenza dell'interessato sul territorio nazionale rispetto al mantenimento della civile e sicura convivenza. L'eventuale ricorso al sistema di assistenza sociale da parte del cittadino dell'Unione europea non potrà essere considerato automaticamente come causa di allontanamento, ma dovrà essere valutato caso per caso. Non si deve poi dimenticare che in caso di inottemperanza al provvedimento di allontanamento, invece della contravvenzione precedentemente prevista, il prefetto, valutato il singolo caso, adotterà un ulteriore provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico immediatamente eseguito dal questore. Viene istituita, ai sensi dell'articolo 27, comma 3, della direttiva n. 38 del 2004, la collaborazione fra Stati membri dell'Unione europea affinché ogni Stato possa, se richiesto, fornire informazioni sui precedenti penali del cittadino o di un suo familiare. La consultazione può avvenire solo per casi specifici ed esigenze concrete. Qui finisce l'esame, molto sommario, della parte che riguarda le modifiche alla direttiva sui cittadini comunitari.

Le principali modifiche apportate al Testo unico sull'immigrazione per dare attuazione alla direttiva sui rimpatri - quindi ciò che riguarda i cittadini extracomunitari - sono le seguenti. Viene introdotto il permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dal questore. Al fine di incentivare l'esodo volontario dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale, si prevede che non commetta il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato lo straniero identificato dalla polizia di frontiera in uscita dal territorio nazionale. Viene specificato che l'espulsione di competenza del prefetto sia disposta caso per caso. L'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, che nel testo previgente costituiva la regola generale, viene circoscritta ad una serie di situazioni espressamente individuate. Per tutti gli altri casi si introduce la disciplina della concessione di un termine per la partenza volontaria - questo è uno dei punti più nuovi e qualificanti del provvedimento - prevedendo che il questore applichi misure per assicurare l'effettività del provvedimento di allontanamento e stabilendo, in caso di mancato rispetto, una multa da 3.000 a 18.000 euro e l'espulsione.

Il meccanismo, più analiticamente, prevede che, salve quelle situazioni espressamente individuate, che continuano a comportare l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione possa chiedere al prefetto la concessione di un periodo per la partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario ed assistito, che vengono previsti dalla nuova normativa (articolo 14-ter). Detto periodo può essere stabilito tra sette e trenta giorni, con possibilità di proroga per ragioni familiari o sociali. Dopo la concessione del termine, il questore chiede allo straniero di dimostrare la disponibilità di risorse economiche lecite e proporzionali al termine concesso e dispone altresì una o più delle seguenti misure: consegna del passaporto, da restituire al momento della partenza; obbligo di dimora in un determinato luogo; obbligo di presentazione in giorni ed orari stabiliti presso un ufficio della forza pubblica. Il provvedimento che impone queste misure è sottoposto a convalida del giudice di pace.

La durata del divieto di reingresso viene diminuita dagli attuali dieci a tre anni e fino a cinque. Lo straniero potrà d'ora in avanti essere trattenuto nei Centri di identificazione ed espulsione qualora sussistano situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento. Tali situazioni ricomprendono ma non esauriscono - questa è la novità - le cause di trattenimento elencate dalla formulazione previgente, cioè necessità di procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero acquisizione di documenti per il viaggio. Salvo i casi più gravi, sono introdotte misure meno coercitive, alternative al trattenimento nei CIE: consegna del passaporto, obbligo di dimora e obbligo di presentarsi presso un ufficio della forza pubblica. È prevista la convalida del giudice di pace.

Il periodo massimo di trattenimento nei CIE è aumentato da sei a diciotto mesi, salvo verifiche della situazione, ad opera del giudice di pace, ogni sessanta giorni e salva la possibilità per il trattenuto di presentare delle istanze per la revoca del provvedimento, senza dover arrivare ai diciotto mesi.

Sono stati presentati emendamenti ed ordini del giorno per limitare il termine di diciotto mesi. Un emendamento propone il monitoraggio della situazione per rendersi conto se tale termine sia effettivamente necessario. Credo che il Governo, per come già si è impegnato in 1a Commissione, darà un parere favorevole, perché in realtà questo contesto è ancora da esaminare.

Il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso il CIE, è aumentato da cinque a sette giorni. Le sanzioni per l'inottemperanza all'ordine del questore a lasciare il territorio nazionale, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso il CIE, sono attenuate: non più reclusione, ma multa. Sul punto è stata applicata in termini normativi una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 28 aprile 2011, in base alla quale una pena di reclusione anche pesante, da uno a quattro anni, non può applicarsi alla situazione di colui che rimane sul territorio violando l'ordine del questore di lasciare il territorio medesimo.

Si prevede poi che la violazione dell'obbligo di espulsione non sia punita qualora sussista un giustificato motivo. Ricorderemo anche in questo caso che vi è stata una sentenza della Corte costituzionale che si era posta questo problema: quando il questore aveva ordinato di allontanarsi dal territorio, il cittadino extracomunitario poteva dimostrare che vi erano una serie di ragioni, la principale quella dei mezzi, che impedivano l'allontanamento e costituivano quindi un giustificato motivo.

Da ultimo si prevede che il Ministro dell'interno attui programmi di rimpatrio volontario ed assistito verso il Paese di origine o di provenienza. Si subordina poi l'espulsione o il respingimento delle persone vulnerabili, disabili, anziani, minori e così via alla verifica della loro concreta situazione personale, debitamente accertata. In definitiva, la normativa in esame, in ossequio alle direttive europee, apre a situazioni più morbide senza tralasciare il rispetto della sicurezza. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Ringrazio il relatore, senatore Boscetto.

Comunico che è stata presentata la questione pregiudiziale QP1.

Ha chiesto di intervenire il senatore D'Alia per illustrarla. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, colleghi senatori, la nostra pregiudiziale riguarda in modo particolare il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge, cioè l'introduzione, o meglio il tentativo di reintroduzione del limite massimo di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione per un periodo di 18 mesi. Questa disposizione modifica, come è noto, il comma 5 dell'articolo 14 del Testo unico delle leggi che riguardano e regolano l'immigrazione e la condizione giuridica dello straniero, e lo si giustifica attraverso la necessità di adeguare l'ordinamento nazionale interno alla direttiva comunitaria che si occupa del rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi che si trovino in condizione di irregolarità.

E questa è la prima ragione per la quale viene giustificata la necessità e l'urgenza di fare ricorso, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, al decreto-legge. In realtà, questa necessità e urgenza non si ravvisa, posto che già la norma in questione prevede un limite massimo di 12 mesi, ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/115/CE ed il decreto non si limita a recepire la direttiva, ma modifica in modo sostanzialmente innovativo e restrittivo l'ordinamento vigente, peraltro in violazione dell'articolo 4 della direttiva medesima che, quanto alla sua attuazione, garantisce l'operatività e l'efficacia di norme eventuali che già gli ordinamenti nazionali posseggono anche nel caso in cui siano più favorevoli, come nel caso di specie. Da questo punto di vista, emerge già un primo profilo di incostituzionalità della norma che si dice debba essere introdotta con estrema velocità perché così, impone l'Europa. Ma non è così, perché l'Europa dice sostanzialmente una cosa diversa: dice cioè che c'é la necessità di disciplinare, anche dal punto di vista temporale, la permanenza degli stranieri all'interno dei Centri di identificazione ed espulsione; e dice che se gli Stati membri dell'Unione hanno già una regolamentazione e questo è coerente con i princìpi della direttiva ed è utile ed efficace, non vi è la necessità di cambiarla.

Il secondo problema che noi poniamo con la questione pregiudiziale QP1 è sempre relativo a questa disposizione e, segnatamente, alla violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione. Sono, infatti, oggettivamente ed evidentemente violati i princìpi di proporzionalità, di eguaglianza e di adeguatezza nella applicazione di misure che hanno ad oggetto la restrizione della libertà personale, con riferimento alla sostanziale introduzione di uno stato di detenzione dipendente da una situazione di irregolarità amministrativa. Ricordiamo che nel caso specifico il trattenimento per 18 mesi nel Centro di identificazione ed espulsione non segue ad un accertamento della irregolarità o, comunque, della illiceità della permanenza dello straniero nel nostro territorio, ma è solo ed esclusivamente funzionale alla identificazione dello straniero, indipendentemente dal fatto che questo abbia o meno commesso un reato, abbia o meno commesso un illecito amministrativo, si trovi o meno in una condizione di irregolarità.

È quindi evidente che questa misura è apertamente in contrasto con gli articoli 10 e 13 della Costituzione e lo è ancora di più con l'articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che legittima alcune ipotesi di privazione temporanea della libertà personale e lo fa anche con riferimento ad ipotesi che riguardano l'immigrazione clandestina, quindi come strumento funzionale al contrasto a tale fenomeno. Ma queste ultime sono ipotesi diverse da quelle che invece vengono disciplinate da questa disposizione. L'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, infatti, ammette lo stato di detenzione se si tratta dell'arresto o della detenzione regolare di una persona al fine di impedirle di entrare illegalmente nel territorio dello Stato, o contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione. Si tratta di due ipotesi estremamente chiare, ma che non ricorrono nel caso che ci riguarda, in quanto sono ipotesi in forza delle quali si ammette la detenzione, anche per un lungo tempo, in un Centro di identificazione di un soggetto che è stato colto nell'atto di entrare irregolarmente e illegalmente nel territorio italiano e che quindi viene privato della sua libertà ai fini della sua espulsione, o - l'altra ipotesi - di un soggetto la cui irregolarità è stata accertata e che quindi deve essere espulso dal territorio dello Stato: in questo caso, il suo stato di detenzione e la restrizione della libertà personale sono funzionali al suo allontanamento dal territorio nazionale e alla sua espulsione.

Nel caso che tentate di introdurre per la seconda volta con questa disposizione, il lunghissimo termine (un anno e mezzo) di permanenza all'interno di queste strutture riguarda soggetti che non sono stati colpiti da provvedimenti di espulsione, né sono stati colti nell'atto di entrare illegalmente nel territorio dello Stato. Si tratta di persone il cui stato di regolarità o irregolarità rispetto alle leggi che disciplinano la condizione giuridica dello straniero nel nostro territorio deve essere accertato; pertanto, la misura della detenzione preventiva di 18 mesi è funzionale in via esclusiva alla identificazione del soggetto, e ciò indipendentemente dal fatto che questa persona possa essersi o meno macchiata di una condotta illecita. È evidente che anche da questo punto di vista la norma è incostituzionale, e lo è ancora di più se la paragoniamo alla norma del codice di procedura penale che si occupa del fermo per identificazione, che consiste, com'è noto, nel potere della polizia giudiziaria di trattenere la persona nei cui confronti vengono svolte indagini per il periodo necessario a identificarla. Tuttavia, nonostante si tratti dell'identificazione di un indagato per un reato penale, quindi di un soggetto a cui carico vi possono essere indizi di reato, cioè che abbia avuto delle condotte gravi, l'articolo 349 del codice di procedura penale prevede termini limitatissimi per il suo trattenimento: addirittura, prevede termini così stretti (dodici o ventiquattro ore) da essere funzionali in via esclusiva alla identificazione del soggetto.

Da ultimo, signor Presidente, credo che questa disposizione violi gli articoli 3, 13, 25 e 27 della Costituzione, perché l'introduzione di un tetto di diciotto mesi per la permanenza in un Centro di identificazione equivale a una condanna ad una pena detentiva senza la commissione di un reato.

Guardiamo alla disciplina della custodia cautelare in carcere, e mi rivolgo ai colleghi che sono garantisti a giorni alterni, lo sono in favore dei soggetti forti e un po' meno nei confronti dei soggetti deboli (Applausi del senatore Perduca), perché questa norma certifica che il sistema penale italiano, secondo voi, debba essere forte con i deboli e debole con i forti. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD). La custodia cautelare in carcere per i reati più gravi, colleghi della Lega, ha la durata massima di un anno, ossia un terzo in meno di ciò che voi chiedete debbano trascorrere nei Centri in questione soggetti che non si sono macchiati di alcun reato, solo ed esclusivamente al fine della loro identificazione. Faccio qualche esempio, così ci comprendiamo e comprendete. Tutti i reati puniti con la reclusione non inferiore a vent'anni (associazione mafiosa, reati aggravati da metodo mafioso, delitti di terrorismo e eversione, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione, delitti in materia di armi, spaccio di sostanze stupefacenti, reati di pedopornografia e violenza sessuale) prevedono un limite massimo della custodia cautelare in carcere di dodici mesi.

Voi per i mafiosi prevedete un massimo di dodici mesi di custodia cautelare; per lo straniero, che non si sa se regolare o irregolare perché deve essere accertato, prevedete diciotto mesi di detenzione in un Centro di identificazione ed espulsione. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD). Se questo è il modo con cui pensate di affrontare un tema complesso e delicato come quello del contrasto all'immigrazione clandestina, c'è obiettivamente da mettersi le mani nei capelli, c'è obiettivamente da indignarsi. Peraltro, in questi anni non avete costruito nuovi Centri di identificazione ed espulsione, sono sempre quelli, anzi, forse qualcuno è stato pure chiuso, per cui, se allungate a diciotto mesi il tempo che quelle persone restano lì dentro, si moltiplicherà il numero delle persone detenute in condizioni personali di assoluto disagio; tutto questo determinerà ciò che in parte si sta già determinando in parecchi Centri di identificazione, cioè i disordini e l'abbandono, cui si risponde, come è stato ad esempio per i fatti di ieri e oggi, istigando la polizia - anche dal giornale della Lega - a sparare su persone che chiedono di sapere qual è la loro condizione rispetto alla legge che disciplina la condizione giuridica dello straniero. (Applausi del senatore Perduca. Commenti del senatore Asciutti).

Questa è una norma da incivili, oltre che incostituzionale, di cui vi dovete vergognare. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD. Commenti dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, nella discussione sulla questione pregiudiziale può prendere la parola non più di un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.

GERMONTANI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GERMONTANI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, credo che si debba innanzitutto premettere che, a dispetto della straordinaria necessità ed urgenza richieste dall'articolo 77 della Costituzione, esiste, in particolare in questa legislatura, un tasso di decretazione d'urgenza che rasenta l'abuso. Quali garanzie, allora, per la legalità costituzionale e per i cittadini? Ma, soprattutto, a quale funzione strutturale nell'azione di Governo risponde oggi il decreto-legge?

Quanto all'emergenza, l'immigrazione clandestina non è un fenomeno nuovo, né imprevisto. L'emergenza risiede invece nel modo in cui le problematiche inerenti l'immigrazione clandestina sono state gestite dal Governo, ma questo certo non rientra nei postulati dell'articolo 77 della Costituzione. La gestione emergenziale tradisce dunque, in primo luogo, una reazione irrazionale da parte del Governo e testimonia la fragilità di un Esecutivo che tenta di governare malgrado il Parlamento. Sfortunatamente, «governare malgrado il Parlamento» non è esattamente l'idea che ci facciamo di una democrazia parlamentare.

C'è dunque una vera necessita? Com'è stato detto anche dal presidente D'Alia nell'illustrazione della questione pregiudiziale, dove sono i requisiti di straordinarietà, necessità ed urgenza che sono richiesti dall'articolo 77 della Costituzione? Senza delegazione delle Camere il Governo non può emanare decreti che abbiano valore di legge. Il rischio maggiore di un Parlamento che non riesce a legiferare è che pone le condizioni oggettive di legittimazione del suo aggiramento o commissariamento, secondo un'interpretazione che la Costituzione concede - ed è inevitabile che sia così - attraverso il principio di necessità. (Brusìo. Commenti del senatore Bruno).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, si può consentire alla senatrice Germontani di svolgere serenamente il suo intervento? (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e della senatrice Contini). Scusate, ma così non va.

GRAMAZIO (PdL). No.

PRESIDENTE. Credo che la senatrice ne abbia invece il sacrosanto diritto. Non sono d'accordo con chi dice no.

GERMONTANI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). La ringrazio, Presidente.

Questo aggiramento comporta la sopraffazione della razionalità universale del diritto. Questo processo non è indolore e miete le sue vittime - in questo caso minoranze d'immigrati, ancorché irregolari - ancora una volta sottratte all'imperio giusto del diritto, e gettate nell'abisso dell'eccezione.

Ma c'è un'altra violazione che viene perpetrata, anch'essa illustrata dal presidente D'Alia poco fa, vale a dire quella contro i diritti umani: il riferimento è agli articoli 10 e 13 della Costituzione e all'articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Un secondo aspetto importante e significativo riguarda il trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione sino ad un massimo di 18 mesi. La previsione di un prolungato trattenimento non è infatti richiesta obbligatoriamente dalla direttiva rimpatri, ma è prevista come facoltà concessa agli Stati membri. Ci sembra quindi che la previsione di questo ulteriore termine sia di natura meramente formale e serva soltanto a rassicurare l'opinione pubblica sulla volontà del Governo di assicurare una gestione rigorosa degli ingressi nel territorio nazionale.

Va ricordato che con il pacchetto sicurezza l'Italia aveva già aumentato questo periodo da due a sei mesi e dalle statistiche dello stesso Viminale sappiamo che in pochissimi casi chi non può essere espulso in due mesi potrà esserlo in sei. Ora, portarlo a 18 mesi è solo una punizione che non ha nulla a che vedere con una vera politica di rimpatri, perché non cambia l'effettività dell'allontanamento della persona dal territorio. È quindi solo un atto punitivo, considerate le condizioni in cui versano questi Centri.

L'estensione dalla durata massima è ancora più preoccupante quando avvenga senza che siano previsti un rafforzamento delle garanzie e dei diritti dei soggetti trattenuti e un adeguamento delle condizioni dei CIE e dei relativi servizi. Dato che il CIE esiste ai fini dell'espulsione, se questa non può realizzarsi, la reclusione perde la sua ragione d'essere: esattamente quanto prevede la direttiva n. 115 del 2008, quando introduce una gradazione di provvedimenti da prendere in contrasto all'immigrazione regolare.

Mi sento, infine, di sottolineare un aspetto di carattere generale: si sta enucleando un diritto della cittadinanza europea applicato ai cittadini dell'Unione e ai cittadini extracomunitari. Le questioni sono complesse e - ci rendiamo conto - anche difficili da risolvere tecnicamente. Mi pare che il Governo si sia mosso entro una cornice molto stretta: pur rispettando formalmente il dato europeo delle direttive, ha tuttavia accolto un'interpretazione eccessivamente estesa delle facoltà concesse agli Stati membri. Credo, piuttosto, che su tali questioni vada aperto un raccordo permanente con la Commissione europea: piuttosto che intervenire con decreti come quello oggi al nostro esame, ciò consentirebbe di prevenire l'insorgere di procedure di infrazione o - peggio - di sentenze come quella sulla clandestinità, che sicuramente non rafforzano l'immagine italiana a livello europeo.

Concludo, quindi, dichiarando il voto favorevole del Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI alla questione pregiudiziale. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI).

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, con questo decreto, ancora una volta, si è messa da parte la Costituzione. Se così non fosse, infatti, non si comprenderebbero le numerose violazioni ai suoi articoli: basti pensare all'articolo 77 e ai caratteri di straordinarietà, urgenza e necessità che - su questo tema la giurisprudenza è costante - devono essere presenti tutti e tre. Mi chiedo dove sia la necessità, dove sia l'urgenza, ma - soprattutto - dove sia la straordinarietà in relazione a un decreto di questo genere.

Penso poi alla disuguaglianza, nonostante gli articoli 3 e 13 della Costituzione parlino di proporzionalità, uguaglianza e adeguatezza nell'applicazione. Si pensi anche al fermo previsto dal codice di procedura penale per colui che è sospettato di aver commesso un reato e che non possa essere identificato: esso è non oltre le 12 ore, e solo con l'intervento della magistratura è possibile ottenere una proroga a 24 ore. Se si pensa a questo e, al contempo, alla detenzione di un anno e mezzo, c'è da rabbrividire, soprattutto perché la Costituzione è stata completamento dimenticata.

Passo al tema dei CIE. Voi vivete lontani dalla realtà. Questo è semplicemente uno scambio di provvedimenti: io do un processo lungo a te e tu dai in cambio a me un decreto di questo genere. Ma come si può pensare di detenere, senza che si sia commesso un reato, un individuo, perché tale è lo straniero? Egli è un individuo! Non possiamo dimenticare che è una persona, un essere umano, che non ha commesso reati: noi lo deteniamo per un anno e mezzo, nelle condizioni che tutti conosciamo.

La verità non è quella secondo cui occorre un anno e mezzo per identificare una persona. Chiunque sa che se la persona non viene identificata in 15 giorni, in un mese, in tre mesi, non è possibile poi identificarla in un anno e mezzo. Allora, al termine dell'anno e mezzo verrà messo un foglio in mano all'immigrato e gli sarà detto che ha dieci giorni per lasciare il nostro Paese. A me sembra che questa non sia civiltà: a me sembra che siamo lontani dall'Europa. Pensiamo di farci apprezzare dall'Europa e poniamo in essere un provvedimento assolutamente illegittimo, assolutamente contrario alla nostra Costituzione.

Com'è possibile non rendersi conto di quello che sta avvenendo nel nostro Paese? Io condanno la violenza di quegli stranieri che ieri hanno occupato l'autostrada, ma come non si può comprendere la rabbia di questa gente, la rabbia di persone che aspettano di essere ammesse all'asilo, e questa attivazione da parte dello Stato non avviene. Allora si occupano le autostrade, si occupano le ferrovie.

Siete lontani dalla realtà. Bisogna tener presente qual è l'obiettivo reale. L'obiettivo reale di questo provvedimento non è di identificare in un anno e mezzo i cittadini stranieri, ma è quello di scoraggiare l'ingresso nel nostro Paese. Questa non è politica: questa non è la politica che il sottoscritto e il nostro Gruppo intendono seguire. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD. Commenti del senatore Asciutti).

ADAMO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADAMO (PD). Signor Presidente, sul provvedimento in esame i colleghi precedentemente hanno esposto alcune ragioni. Io vorrei svolgere anche altre considerazioni, per cui vorrei aggiungere la firma alla questione pregiudiziale ed esporre una considerazione che riguarda il Capo II, cioè la direttiva rimpatri per la parte che attiene ai cittadini extracomunitari, la direttiva 2008/115/CE, ossia il recepimento di cui noi stiamo affrontando l'esame.

Sulla questione dell'anno e mezzo dobbiamo tutti chiarirci, perché c'è un equivoco per chi non ha analizzato attentamente il provvedimento. La direttiva contiene una serie di misure, anche piuttosto analitiche, che hanno imposto la revisione perché saremmo già in procedura di infrazione. Contiene anche il riferimento all'anno e mezzo, ma non è su questo che l'Italia è in violazione: è in violazione sulle altre procedure. L'Italia ha un'altra norma al riguardo, e il Senato, con il suo voto, ha fissato i sei mesi, e non è una norma in contrasto con la direttiva. Quindi, prego tutti di non ripetere che bisogna stabilire l'anno e mezzo perché ce lo chiede la direttiva. Non è così, è una menzogna, e dobbiamo smetterla di trasmettere all'esterno questa menzogna. Il Parlamento italiano ha deciso che il proprio termine per il trattenimento nei CIE è di sei mesi, e in questo non è per nulla in contrasto con la direttiva. Quindi, questa misura non andava toccata attraverso un provvedimento di necessità e urgenza, la cui necessità e urgenza deriva solo dall'esigenza di applicare la direttiva e non essere difformi. Questa parte, se vogliamo procedere speditamente con il provvedimento, senza rischiare un'altra infrazione o di trovarci di nuovo di fronte a provvedimenti impugnati dalla magistratura, fino ad arrivare alla Corte europea, come è successo con la nostra legislazione precedente, andrebbe espunta. È infatti la parte che, come cercherò di spiegare, ci può creare ancora dei problemi.

Il profilo di illegittimità costituzionale risiede nel prolungamento del trattenimento nei CIE fino a diciotto mesi. Questa vera e propria detenzione amministrativa, motivata solo da circostanze estranee alla condotta individuale - quali l'indisponibilità dei documenti di viaggio o l'impossibilità di identificare lo straniero, non già la sua resistenza all'identificazione - rischia di contrastare non solo con il principio di ragionevolezza, ma anche con la stessa direttiva, pur invocata dal Governo a sostegno della normativa.

Dal punto di vista della direttiva comunitaria, il decreto‑legge contrasta con la recente interpretazione della direttiva stessa data dalla Corte di giustizia dell'UE nella sentenza del 28 aprile 2001 (caso El Dridi, che è stato riportato ampiamente nelle cronache), nella quale la Corte ricorda che la successione delle fasi della procedura di rimpatrio dello straniero in condizione di soggiorno irregolare stabilita dalla direttiva corrisponde ad una gradazione delle misure da prendere per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio. In altre parole, l'espulsione è l'ultima delle misure attivabili. Essa, infatti, appare strettamente regolamentata nella direttiva «allo scopo di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini interessati dei Paesi terzi (...): il principio di proporzionalità esige che il trattenimento di una persona sottoposta a procedura di espulsione o di estradizione non si protragga oltre un termine ragionevole, cioè non superi cioè il tempo necessario per raggiungere lo scopo perseguito. Secondo tale principio, il trattenimento ai fini dell'allontanamento deve essere quanto più breve possibile».

Il Parlamento della Repubblica italiana e, segnatamente, questa nostra Aula e noi, colleghi, abbiamo già votato che questo termine è di sei mesi. Non vorrei, allora, ministro Maroni, che noi fossimo di fronte ad una specie di rivalsa - sentimento meschino che io fatico ad attribuirle - per cui, avendo dovuto recepire per forza la direttiva, perché altrimenti tutti i tribunali italiani non avrebbero più ratificato i provvedimenti di pubblica sicurezza, lei approfitti di questo testo per ritornare sull'anno e mezzo che questa Camera le ha bocciato. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore della proposta questione pregiudiziale.

Il profilo chiaramente più evidente è quello del difetto previsto all'articolo 77 della Costituzione, ossia il carattere di urgenza dell'attuale decreto. Si introduce con il decreto una disciplina estremamente particolare, che basterebbe leggere nella sua articolazione per rendersi conto della sua assurdità. La permanenza nei Centri di accoglienza e di espulsione può essere prorogata fino a 30 giorni; trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace la proroga del trattenimento per un periodo ulteriore di 60 giorni. Quando persistono le condizioni di cui al quarto periodo, il questore può chiedere al giudice un'ulteriore proroga di 60 giorni. Qualora non sia stato possibile procedere all'allontanamento, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, il questore può chiedere al giudice di pace la proroga del trattenimento per periodi non superiori ai 60 giorni, fino a un termine massimo di ulteriori 12 mesi.

Insomma, questa gradualità di allungamento della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione è contraria a un criterio di ragionevolezza ed è in violazione anche con il principio della previsione di durata di misure amministrative, quale essa è. Anche se di natura amministrativa, è sempre privazione della libertà personale, e non può prevedersi la durata di una misura amministrativa di privazione della libertà personale non ancorata a un comportamento, ma ad una non collaborazione da parte degli Stati che dovrebbero facilitare l'identificazione del soggetto. Ossia, la permanenza nel Centro di identificazione da 30 giorni può arrivare a 18 mesi non per il comportamento del soggetto, ma perché uno Stato non collabora a fornire i dati per procedere all'identificazione. Mi sembra, francamente, che una previsione di questo genere vada al di là di ogni criterio di ragionevolezza, perché incide sullo status di libertà di una persona, non per fatto attribuibile alla persona stessa, ma per fatto che dipende dall'inerzia amministrativa di nostri uffici o degli uffici richiesti. Non si può affermare che si resta reclusi perché si è tardato nell'inoltrare la pratica amministrativa o perché chi doveva rispondere ancora non ha risposto. In discussione non è una pratica amministrativa. In discussione è la libertà della persona.

È questo il contrasto profondo con i nostri principi costituzionali, e giustamente il collega D'Alia faceva riferimento a come, nel nostro sistema processuale, le misure cautelari siano restrittive della libertà personale, siano progressive ma con un limite massimo, arrivando ad un anno per i reati più gravi, prevedendosi in alcuni casi delle specifiche proroghe ma, comunque, sempre limitate. Qui, invece, stiamo andando a delle proroghe esorbitanti, e non per un fatto attribuibile ad un soggetto, ma per un fatto esterno alla volontà del soggetto.

La libertà personale è un bene assoluto, e noi non possiamo farlo diventare materia di gestione amministrativa. L'assolutezza del principio della libertà personale non è pratica amministrativa, ma appartiene alla categoria dei diritti assoluti. E in questo c'è il profondo contrasto con i principi della nostra Costituzione, della quale noi andiamo orgogliosi: l'impatto duro di questo provvedimento con principi sacri. Soltanto perché abbiamo edulcorato il nome, da reclusione in ospitalità in un Centro di identificazione ed espulsione (ma nella sostanza si tratta della medesima misura), noi non possiamo rinunciare ai nostri principi.

Peraltro, la direttiva europea al riguardo è chiara. L'articolo 15, paragrafo 6, della direttiva 2008/115 della Comunità europea prevede che il termine massimo di detenzione in questi Centri può essere di 12 mesi, salvo deroga più favorevole da parte degli Stati. Noi, invece, abbiamo introdotto la deroga sfavorevole, violando la direttiva europea e aumentandola di un terzo. Questa misura non è un adeguamento della normativa europea ed è contraria ai principi della nostra Carta costituzionale, e non risponde ai requisiti previsti dall'articolo 77, ossia ai requisiti della straordinarietà, necessità ed urgenza.

Per questi motivi, noi voteremo favorevolmente alla questione pregiudiziale QP1 presentata dal senatore D'Alia. (Applausi dai Gruppi IdV, PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale QP1, avanzata dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Non è approvata.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, a fianco al senatore Coronella ci sono tre luci, ma due senatori.

PRESIDENTE. Perfetto, senatrice Incostante, ha colpito. (Commenti dai Gruppi PD e PdL).

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Incostante. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, la conversione di questo decreto-legge sul recepimento della direttiva europea sui rimpatri merita alcune considerazioni generali, relative all'incapacità di questo Governo di guidare ancora il Paese.

Se infatti ci soffermiamo, come esempio paradigmatico, sul metodo utilizzato per portare avanti il recepimento di tale direttiva, vediamo come esso sia caratterizzato da palesi confusioni e contraddizioni. Infatti, nel 2008, si avviò il procedimento di recepimento della direttiva, poi insabbiato dal PdL, che invece il PD cercò con i propri emendamenti di far recepire in sede di approvazione della comunitaria.

Presidenza del vice presidente CHITI (ore 10,37)

(Segue INCOSTANTE). Le nostre proposte sono però state rigettate, e l'Italia, grazie a questo ritardo nei tempi del recepimento, è andata incontro ad una procedura d'infrazione aperta a suo carico dall'Unione europea. Voi stessi avete peraltro affermato in una circolare che quasi poteva non essere necessario quel recepimento, ma questo, come sapete, avviene solo nel caso in cui la normativa nazionale sia in qualche modo più favorevole dell'ordinamento europeo: e non è così, per quanto riguarda il nostro Paese. Ebbene, in questo stato confusionale di ritardi e di incertezze, avete prodotto nell'azione di Governo un grave ritardo rispetto all'Unione europea, fino al punto da dover adottare un decreto-legge per giustificare l'urgenza di un Governo confuso, che complica la vita a se stesso e al Paese.

Veniamo poi al merito del provvedimento, che dimostra il vostro fallimento e la vostra inadeguatezza almeno sotto quattro profili: nel rapporto con l'Europa, per quanto riguarda il quadro delle norme comunitarie; sul piano economico, per quanto riguarda un attento utilizzo delle risorse, ancora deficitarie; sulla sicurezza; sull'immigrazione. Infatti, rispetto al rapporto con l'Europa è ben chiaro che sul tema dell'immigrazione non avete fatto brillare l'Italia per comportamenti virtuosi e avete dimostrato le contraddizioni politiche di una maggioranza che, apparentemente, non ha assolutamente avuto la capacità di recepire adeguatamente la normativa e, al tempo stesso, è in contraddizione per quanto riguarda il partito di maggioranza con l'atteggiamento che il PPE ha avuto nel Parlamento europeo.

In un contesto quindi di rapporti già delicati con l'Unione europea, dovuti alla gravità dei fenomeni sull'immigrazione che impattano sulla stessa Unione, l'Italia per bocca dei suoi Ministri più volte si è distanziata dal percorso condiviso dagli altri partner. Se a ciò aggiungiamo le difficoltà giudiziarie e scandalistiche che hanno attraversato la vita di questo Governo, ci rendiamo conto di quanto sia fragile e poco autorevole la nostra iniziativa in campo europeo.

Inoltre, il provvedimento non è per niente rispettoso del quadro comunitario relativamente soprattutto ai trattenimenti nei CIE e anche in relazione alle disposizioni circa a necessità - ci ricorda la direttiva europea - di adottare misure invece via via più proporzionate e più intense, e cioè di preferire lo strumento del rimpatrio volontario come misura prioritaria. Al contrario, abbiamo la sensazione che in questo provvedimento, per il combinato disposto delle norme stesse e di quelle da noi adottate già in precedenza, da questo Governo proposte sulla sicurezza, ci troviamo di fronte ad una dissuasione dei rimpatri volontari. Pensiamo, per esempio, ai ritardi relativamente alla documentazione che possono essere non di responsabilità dell'immigrato o all'impossibilità di dimostrare l'alloggio per le disposizioni che ricordiamo sulla sicurezza che potrebbero colpire il locatario.

In sostanza, il combinato disposto di queste norme dissuade e voi ottusamente perseguite, in contrasto con la stessa normativa e rischiando ulteriori sanzioni, il ricorso ai CIE. Se esaminiamo anche le sentenze della Corte di giustizia, ci dobbiamo preoccupare per la futura evoluzione, in quanto è stato affermato che i giudici degli Stati membri sono tenuti a disapplicare norme interne che siano in contrasto con la direttiva e ad applicare direttamente quelle della direttiva stessa. Quindi, non siamo sereni circa i futuri esiti di questo stesso recepimento. Per chiudere il contenzioso con l'Unione europea, abbiamo perciò proposto numerosi emendamenti anche alla Camera, che avete respinto, attivando ancora una volta un atteggiamento di chiusura, e non credo a favore del nostro Paese.

Con il decreto-legge in esame violate gli impegni che l'Italia aveva assunto a Bruxelles, perché in fondo la permanenza nei CIE - dobbiamo dirlo - diventa una forma di reclusione nascosta e di privazione della libertà personale che dovrebbe rappresentare una eccezionalità. Le norme congegnate in tal modo, invece, possono far diventare ciò una normalità, venendo in contrasto non solo con le norme dell'ordinamento europeo ma anche con le nostre costituzionali e penali.

Veniamo alle questioni economiche. L'impatto di questo provvedimento, ossia la permanenza nei CIE, potrebbe far lievitare fortemente i costi. È stato stimato che il costo di tale operazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 30.000 euro per 18 mesi per ogni soggetto trattenuto; per non parlare dei costi aggiuntivi in termini di controllo del territorio e dell'ordine pubblico ogni qual volta, proprio per l'esasperazione di questa misura, per il sovraffollamento di tali Centri, si possono creare nei luoghi circostanti situazioni di pericolo, di allerta o peggio di gravi proteste e violenze, come le ultime notizie ci dicono, sicuramente da non condividere, ma che sicuramente portano un dispendio di risorse, di mezzi e di uomini. É una situazione che voi stessi avete contribuito con questo provvedimento ad esasperare, ad aggravare e a rendere meno governabile.

Veniamo infine alle questioni relative all'immigrazione e alla sicurezza, a partire dalla legge Bossi-Fini che da tempo doveva essere rivista per le sue notevoli incongruenze e fallimenti, incapace di gestire una politica migratoria ordinaria, figuriamoci una politica migratoria aggravata dai contesti e dai conflitti internazionali e dalle condizioni che l'altra sponda del Mediterraneo sta vivendo.

Se a questo provvedimento si aggiungono quelli già adottati sulla sicurezza e la vostra ossessione di scaricare sull'immigrazione tutte le paure, le insicurezze e gli eventi criminali, la cifra della capacità di governare i problemi complessi si abbassa di molto perché essa richiederebbe invece ascolto, confronto, ricerca di soluzioni possibili in contesti difficili, arte del governo a cui - pare - non siate molto allenati, mentre quella del comando - come si sa - si può esercitare per poco perché destinata a decadere, come gli ultimi eventi dimostrano.

Il fallimento delle vostre inefficaci politiche sui flussi migratori e sull'integrazione è ulteriormente aggravato dall'azzeramento delle risorse destinate alla cooperazione internazionale. Efficaci politiche di cooperazione internazionale avrebbero sicuramente favorito l'azione di rientro nei propri territori, ma anche su questo punto dimostrate, ancora una volta, la vostra incongruenza politica.

Infine, come è stato già detto, il termine previsto di 18 mesi è davvero pericoloso, direi vergognoso; è contrario alle norme europee e al nostro ordinamento. Sicuramente ingolferà le procedure di identificazione e creerà miscele esplosive.

Anche per questo motivo, noi siamo decisamente contrari all'approvazione del provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Maraventano, la quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno G105. Ne ha facoltà.

MARAVENTANO (LNP). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, la tragedia di Lampedusa, gli scontri con gli extracomunitari del Centro di accoglienza di Bari, la ripresa degli sbarchi e le continue morti non ci fanno stare tranquilli. È un fenomeno con caratteristiche diverse dal passato, rispetto al quale il ministro Maroni ha preso posizione e adottato misure adeguate.

Tutti in questi mesi abbiamo cercato di trovare la giusta ricetta al fenomeno conseguente dalla guerra in Libia: ma ora basta! Siamo veramente stanchi. L'intesa con la Tunisia funziona grazie all'accordo che il ministro Maroni ha sottoscritto: e i flussi dalla Tunisia sono diminuiti rispetto a qualche mese fa. Con la Libia non riusciamo a stipulare accordi a causa della guerra, ma non possiamo più tollerare questi massacri.

Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi di sinistra, che non perdono occasione per strumentalizzare tali vicende. Dobbiamo cercare di trovare un accordo per tentare di gestire questo fenomeno, per non renderci complici di ciò che accade e delle morti che si verificano. Non possiamo discutere tutti i giorni di dove devono sorgere i Centri di accoglienza, se il tempo di permanenza debba essere di 18 mesi, o se si debbano offrire pasti adeguati: il problema reale è che ogni giorno si registrano decessi, cari colleghi; dobbiamo quindi cercare di trovare la giusta soluzione.

Quanto all'ONU, in questo momento cosa sta facendo rispetto al contrasto del fenomeno dell'immigrazione clandestina? Cosa sta facendo la comunità europea? Mi dispiace dirlo, ma le nostre motovedette in questo momento non svolgono funzioni militari, ma di protezione civile. Il barcone di ieri è stato avvistato quando era a 50 miglia di distanza dalla costa: ciò significa che i barconi arrivano indisturbati sulle nostre coste. Quando le imbarcazioni giungono a 35 miglia dalle nostre coste, le nostre motovedette possono intervenire e, dopo aver constatato lo stato del barcone, dichiarare l'evento SAR. Ma non è accettabile che queste imbarcazioni solchino indisturbate i nostri mari.

Nel nostro Paese, dunque, vigono leggi adeguate ai criteri che sostengono i colleghi della sinistra. Non potete sempre accusarci di non voler accogliere queste persone: lo stiamo facendo quotidianamente. Infatti, queste persone entrano indisturbate nei nostri mari, fino a quando le nostre motovedette le accolgono e dichiarano l'evento SAR, come previsto dal nostro ordinamento, secondo cui una volta avvistate le imbarcazioni queste devono essere accolte ed accompagnate a destinazione. Ma poi spesso si scopre che i barconi nascondono delle tragedie, dei morti.

Con questo ordine del giorno si chiede al Governo di non sottovalutare la questione e si avanza una proposta importante. In questi mesi abbiamo affrontato il fenomeno da soli: siamo rimasti da soli. Non possiamo più tollerare una situazione del genere. Cari colleghi, mi dispiace dirlo, ma se non troviamo la giusta soluzione, diventiamo complici dei trafficanti di carne umana, che in questo momento stanno studiando ciò che noi stiamo facendo, ci osservano molto bene, sanno che noi tolleriamo e che qualcuno fa politica all'interno di Centri di accoglienza. Noi non possiamo tollerare questo fenomeno. Lo dobbiamo governare. La storia ci insegna infatti che l'immigrazione clandestina esiste da sempre e che non finirà domani, ma dobbiamo cercare di bloccarla, tutti insieme.

Ho ascoltato gli interventi dei colleghi. Per carità, ognuno ha le proprie idee e le proprie sensibilità, ma siamo sicuri che non complichiamo la situazione, mentre i trafficanti di carne umana continuano ad operare, continuano a speculare su queste persone e cercano di fare ancor di più, visto che questo Governo non riesce a trovare un accordo serio su questo fenomeno, un accordo che tutti dobbiamo studiare per evitare questi massacri?

Vorrei ringraziare soprattutto le forze dell'ordine di Lampedusa e i vigili del fuoco, che ieri hanno fatto un lavoro straordinario (sono riusciti ad estrarre tutti quei cadaveri dalla stiva) e hanno visto cose che è meglio non vedere.

Lampedusa, cari colleghi, non può affrontare un massacro del genere. È un piccolo fazzoletto di isola, è una terra che ha bisogno di stare tranquilla. Abbiamo bisogno tutti di vedere il nostro Paese in modo sereno e diverso, e non è giusto che critichiamo chi vuole fermare questi massacri. In qualche modo li dobbiamo fermare.

Caro Ministro, vorrei farle i complimenti per il lavoro svolto in questi anni, ma abbiamo bisogno di risposte serie, perché né Lampedusa né il nostro Paese possono più tollerare una situazione del genere. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Santini).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Perduca. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, il relatore Boscetto ha molto onestamente ricordato una specialità di questo Governo, cioè l'infrazione alle direttive europee, in particolare sul tema che stiamo discutendo oggi.

In effetti va detto che, a parte il ritardo di quasi otto mesi relativamente al recepimento della direttiva europea sui rimpatri, il Governo ha modificato le proprie politiche. Si è infatti passati dall'eclatante respingimento, contro tutti i diritti umani codificati da cinquant'anni a questa parte, alla creazione di una nuova linea di bilancio per il nostro Stato, cioè il sostegno vitale a chi scappa da zone colpite da carestie, guerre e incertezze. Si è creato un ottimo sistema economico, quello dei Centri di prima accoglienza, dei Centri di accoglienza ai richiedenti asilo, dei Centri di identificazione ed espulsione. Secondo il Ministero dell'interno, saremmo capaci di dare ospitalità - con tutte le virgolette del caso - a circa 7.650 persone, poco più poco meno. Non so se il Ministero oggi sappia quante persone in effetti ci sono all'interno dei Centri (secondo me meno della metà), comunque questa è la capienza massima; lo si preciserà eventualmente in replica.

Per quattro anni, incluso il decreto che ha ancora una volta commissariato questo regime antidemocratico che passa alla storia come Repubblica italiana, erano già stati, in deroga a tutte le normative nazionali e internazionali, stanziati 10 milioni per le prime tendopoli di accoglienza dei flussi dell'emergenza migratoria dal Nord Africa. Con quanto andiamo a votare oggi, verranno stanziati ulteriori 16.824.813 euro per il 2011, ed euro 40.000.000 per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014. Questi soldi verranno utilizzati per trattare da carcerati - come si esplicitava nella pregiudiziale di costituzionalità di poco fa - circa 5.000-6.000 persone per i prossimi quattro anni, contro tutti i trattati internazionali riconosciuti dall'Italia, ma in virtù dei poteri dati al commissario straordinario, uno degli 8.000 che esistono oggi in Italia per la gestione e - ahimè! - non il governo del fenomeno, essendo egli capace di poter prendere decisioni in deroga a qualsiasi normativa. Questi circa 140 milioni a chi verranno dati? Ad un ristrettissimo gruppo di associazioni, che decideranno esse stesse come utilizzare questi danari per fornire l'assistenza a queste persone.

So per certo che nessun rappresentante del Governo e molto pochi - ahimè - della maggioranza hanno trascorso anche poche ore del loro mandato all'interno di questi Centri (magari se si è della maggioranza o del Governo è meglio entrarci sotto mentite spoglie perché l'accoglienza potrebbe non essere delle più favorevoli). Occorre iniziare a girare luogo per luogo per controllare la qualità delle strutture, e soprattutto per trovare il modo migliore per comunicare a chi oggi vi è recluso che dai 6 mesi massimi di trattenimento si passerà ad un anno e mezzo. Infatti, sicuramente ciò che è avvenuto ieri a Bari ed a Crotone sarà la norma, da stanotte, quando cioè questo decreto diventerà legge, perché sicuramente non verrà accolto nel migliore dei modi da chi scappa da violenze, persecuzioni, carestia e morte, proprio come scappavano magari gli italiani 150 anni fa. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Contini. Ne ha facoltà.

CONTINI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, negli ultimi giorni le discussioni sui provvedimenti all'attenzione di quest'Assemblea sono state caratterizzate da due costanti: la prima è la richiesta a quest'Assemblea di convertire un decreto d'urgenza, e di convertirlo in tempi strettissimi, senza quindi la possibilità di entrare, come si dovrebbe, nel merito del provvedimento; un provvedimento per il quale, tra l'altro, il ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo rappresenta ancora una volta un'anomalia da superare.

Il secondo dato, che in parte forse spiega anche il primo, è che ancora una volta, dietro questo provvedimento, si annida la volontà, o la necessità, di una forza politica della maggioranza di ricavarne in questo momento uno strumento di demagogia e di propaganda. E questo mi dispiace. Ciò, a dispetto, e purtroppo a discapito, di un tema delicatissimo, come quello dell'immigrazione, per il quale il nostro Paese è già incappato in una procedura di infrazione europea, come hanno detto altri colleghi.

Voglio ricordare che proprio la settimana scorsa ci trovavamo in quest'Aula chiamati anche in quel caso a convertire un decreto-legge d'urgenza, anche in quel caso su una materia estremamente delicata, quale l'autorizzazione e il finanziamento delle missioni italiane all'estero, sulla quale il reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza era stato più volte, anche in passato, giudicato inappropriato, sia dalle forze dell'opposizione sia da esponenti della maggioranza.

E anche in quel caso qualcuno ne ha approfittato per fare demagogia a spese dell'immagine dell'Italia all'estero: gli stessi che allora hanno parlato di exit strategy, in modo assolutamente inappropriato e completamente fuori luogo rispetto alle priorità e alla linea di politica estera del Paese, oggi colgono l'occasione per mostrare ai propri elettori che fanno passare la linea dura nei confronti dell'immigrazione.

Per questi motivi di ordine generale, sui quali non mi soffermerò oltre, ancora una volta le Commissioni non sono state poste nella condizione di esaminare il provvedimento per tempo e, soprattutto, con sufficiente tempo a disposizione.

E voglio solo ricordare i punti di maggiore criticità, sui quali sarebbe stato più che mai opportuno un approfondimento delle nuove norme in sede parlamentare. Solo un esame più attento dell'intera materia avrebbe assicurato il superamento in toto delle pregiudiziali che hanno fatto incorrere l'Italia nel procedimento di infrazione in sede europea e che in queste condizioni invece io non sarei certa di poter definire completamente superate.

In ordine all'allungamento da 6 a 18 mesi del trattenimento presso i Centri di identificazione ed espulsione, voglio ricordare che la direttiva europea prevedeva questo termine come un fatto da applicare in condizioni assolutamente straordinarie, e non per trasformare i CIE in luoghi dove le persone vengono di fatto private della libertà per 18 mesi. Le persone non sono semplicemente dei numeri: un anno e mezzo di vita è moltissimo tempo, e lo è anche per una persona giovane, non lo dimentichiamo.

In tema di rimpatri, nonostante le modifiche apportate da questo decreto-legge alla normativa preesistente, l'espulsione attraverso l'accompagnamento alla frontiera rimane la regola e il rimpatrio volontario rimane l'eccezione. Mentre lo spirito della direttiva comunitaria era esattamente l'opposto.

Ciò che secondo me deve essere superato è il criterio a cui si ispira questo, come altri precedenti provvedimenti di questo Governo in tema di immigrazione, e cioè che esiste un trade off tra i diritti degli immigrati e le esigenze di sicurezza del nostro Paese e dei nostri concittadini. E invece si propone solo una visione limitata e contingente.

Credo che, in una prospettiva di largo respiro, una politica che voglia veramente guardare al futuro debba superare questa visione e cominciare a cercare le complementarità e le sinergie invece che soltanto i trade off (per chi lo capisce).

Per chiudere, questo è un tema che non può essere trattato con piccoli aggiustamenti e poi rimesso nel cassetto. Il fenomeno dell'immigrazione è in continua espansione e in continua evoluzione e come tale va trattato, con norme che esprimano la lungimiranza della classe politica (non questa) di un Paese, che tra l'altro si muove in un contesto di politica europea dell'immigrazione. Non è cosa da trattare con una leggina, i cui soli risultati sono il tamponamento di alcune falle che si erano aperte sul fronte europeo, e in realtà già da parecchio tempo. Soprattutto non dovrebbe essere materia da utilizzare per fare cassa, con un banale risultato di propaganda demagogica. (Applausi dai Gruppi Per il Terzo Polo:ApI-FLI e PD).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Marinaro, la quale nel corso del suo intervento illustrerà anche gli ordini del giorno G102, G103 e G104. Ne ha facoltà.

MARINARO (PD). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, in particolare ministro Maroni, la cosiddetta direttiva rimpatri, voluta dal ministro Frattini quando era ancora commissario europeo, è stata approvata nel 2008: sono quindi tre anni che il Governo, questo Governo, che ha la delega totale per il recepimento del diritto comunitario, tenta di aggirare ancora oggi l'obbligo del recepimento conforme. Tre anni scanditi da aperture di procedure di infrazione, richiami e richieste di chiarimento da parte della Commissione europea, fino alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea che invita i giudici italiani a non applicare le norme nazionali in quanto non conformi al diritto europeo, diritto che ormai, per alcune materie che si riferiscono alla Carta dei diritti fondamentali, è direttamente e immediatamente applicabile.

Vedete, la strana schizofrenia che ha improntato l'azione di questo Governo ha portato a discutere nel corso di questi tre anni di restrizione alla libera circolazione dei cittadini comunitari, di preclusione del diritto di matrimonio per gli stranieri irregolari, di respingimento alla frontiera o in alto mare, di reato di immigrazione clandestina, di restrizione al ricongiungimento familiare, di rimpatrio di minori che esercitano la prostituzione e naturalmente di controllo sociale, di presidio del territorio da parte delle ronde, di estensione della obbligatorietà della custodia cautelare e di registro dei senza dimora. Nonostante l'imponente pacchetto di misure a tutto campo che l'Unione Europea ha varato in materia di immigrazione, mai abbiamo discusso in quest'Aula un piano organico di regole, diritti e doveri cui conformarsi, tanto da parte degli immigrati quanto da parte dello Stato italiano.

Aggiungo che, trattandosi di materia estremamente complessa, che ha intrecci e ricadute con molte altre politiche europee e nazionali, ci sarebbe bisogno di uno sforzo di coerenza e lungimiranza. Vedete, tagliare i fondi della cooperazione allo sviluppo ha ovviamente una ricaduta sui flussi migratori; tagliare i fondi al volontariato nelle missioni internazionali ha una sua ricaduta; tagliare il welfare e gli investimenti per il lavoro e la crescita nazionale ha anch'esso una sua ricaduta. E così il problema dell'immigrazione si riduce per questo Governo e questa maggioranza ad un problema esclusivamente di ordine pubblico e sicurezza, alimentando così la deriva negativa e non trovando soluzione nemmeno ai problemi del cosiddetto ordine pubblico.

È bene allora ricordare che i dati dei rimpatri effettuati sono fermi al 2009, caro ministro Maroni: non ci fornite mai i dati delle espulsioni e dei rimpatri: perché? Anzi, avete un modo molto singolare di agire: quando dovete accogliere gli immigrati, accompagnate l'accoglienza con l'annuncio di un certo numero di persone respinte, ma i dati sulle persone che trattenete nei CIE e che sono poi davvero respinte sono fermi al 2009, perché sono dati imbarazzanti per voi: confermano che non è vero che più lungo è il trattenimento nei CIE, maggiore il numero delle persone rimpatriate.

Dunque, ciò che conta non è la durata del trattenimento, che la direttiva stessa prevede in diciotto mesi come ultimaratio, e sicuramente non per trattenimenti di massa, ma le altre politiche, a partire da quelle sulla stabilità del Mediterraneo e dalla collaborazione con i Paesi da cui provengono le persone. Se non c'è questa cooperazione e visione globale del fenomeno, potete trattenere le persone anche diciotto mesi, ma dopo non vi resterà altro da fare che dichiarare il fallimento, perché la politica sull'immigrazione che avete scelto di perseguire è costosa, inefficace e disumana, come d'altronde è costosa e farraginosa la procedura di recepimento del diritto comunitario che contraddistingue il nostro Paese.

Vede, ministro Maroni, sembra uno scherzo del destino, ma mentre nelle Commissioni 1a e 14a è all'esame un testo per rafforzare la delega al Governo in materia di recepimento del diritto comunitario, di fatto oggi, con tutti i suoi difetti certamente, ci troviamo ad effettuare un recepimento trasparente e coinvolgente: non una delega totale e al buio al Governo, ma un provvedimento su cui il Parlamento si misura e si esprime. È una procedura conforme al nostro sistema parlamentare, che, da una parte, prevede il recepimento e, dall'altra, contestualmente, le modifiche all'ordinamento nazionale; una procedura che rispetta le prerogative dell'Esecutivo e del Parlamento e, allo stesso tempo, assicura semplificazione, trasparenza ed efficienza, o almeno le dovrebbe assicurare se vi fosse una residua volontà politica da parte di questa maggioranza di cominciare a lavorare per l'Italia e non più esclusivamente per conservare o conquistare un consenso in chiave populista e demagogica (peraltro anche questo è un risultato mancato, perché il vostro populismo evoca angosce e fantasmi che poi non è in grado di governare).

Appare sempre più evidente la necessità che si sviluppi in ambito nazionale una coscienza più forte della centralità dell'Europa e delle politiche comunitarie.

In questo senso, voglio sottolineare che il pacchetto di direttive che regola diritti e doveri degli immigrati negli Stati membri ha visto la partecipazione viva ed attiva del Governo italiano. Mi riferisco, nello specifico, anche alle dichiarazioni del ministro Frattini, che ha sottolineato più volte come per combattere l'immigrazione illegale bisogna dotarsi - e cito - «di un approccio che abbraccia diversi aspetti dell'articolato fenomeno migratorio: politiche di contrasto all'immigrazione illegale; politiche di cooperazione con i Paesi terzi; politiche che permettono agli immigrati di accedere al mercato del lavoro europeo, dove tante professionalità sono già perdute o in via di estinzione; politiche di integrazione naturalmente. Di tutti questi segmenti, quello della migrazione legale, in particolare, ha bisogno di una risposta politica».

Vede, senatrice Maraventano, su questo impianto, che tra l'altro è stato largamente condiviso nella recente risoluzione Pisanu votata qualche mese fa in quest'Aula, noi ci stiamo. E allora, se è questo l'impianto che voi volete, siamo pronti a votarlo, ma ci vuole anche una dimostrazione da parte della maggioranza e, soprattutto, da parte del Governo: accogliete i nostri emendamenti, e su questo allora finalmente potremo aprire una pagina nuova di dignità e di diritto per il nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mura. Ne ha facoltà.

MURA (LNP). Signor Presidente, gentile ministro Maroni, colleghi senatori, oggi diamo un chiaro segnale di continuità e di coerenza, messo in atto dalla Lega Nord e dal Governo, capace di recepire, interpretare e far proprie le finalità della direttiva europea, volta ad istituire «un'efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della loro dignità».

Vorrei subito ricordare, soprattutto ai colleghi dell'opposizione, che questo decreto si è reso necessario per evitare le procedure di infrazione comunitaria per l'incompleto e non corretto recepimento delle direttive europee sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e sul rimpatrio dei clandestini.

La Lega Nord, e in particolare il ministro Maroni, ha quindi seguito il principio del buonsenso, dando applicazione a normative che già esistono. Non si tratta di razzismo, xenofobia o di caccia all'uomo nero, come spesso qualcuno - soprattutto tra i colleghi dell'opposizione - ci accusa. Chi viene nel nostro Paese con un serio progetto di vita è una risorsa, ma oggi non possiamo più assolutamente tollerare l'illegalità.

Nel dibattito odierno si inseriscono prepotentemente due episodi di cronaca di questi giorni. Mi riferisco, innanzitutto, ai 25 clandestini trovati morti per asfissia nella stiva di un barcone: leggevo sui giornali di oggi che uno, che aveva cercato di uscire, sarebbe stato addirittura buttato in mare per punizione, e questo da parte di scafisti senza scrupoli, somali, eritrei e marocchini. L'autorità giudiziaria ha avviato ovviamente un'indagine per far chiarezza su questo genere di episodi.

In questo contesto va ad inserirsi l'ordine del giorno G105, illustrato prima dalla senatrice Maraventano, tendente a impegnare il Governo ad esigere in tutte le competenti sedi internazionali che siano assegnati alle forze aeronavali attualmente impegnate in mare, compiti di protezione, al fine di prevenire i flussi migratori, prevedendo anche l'aumento delle pene, fino all'ergastolo, per chi si occupa dell'organizzazione e del trasporto di clandestini verso il nostro Paese. Sono questioni che vanno assolutamente affrontate in questo modo, con estrema durezza e determinazione.

L'altro episodio di cronaca al quale voglio far riferimento è quello verificatosi ieri a Bari, che è inaccettabile; qualcosa di analogo è successo anche a Crotone.

Vorrei ricordare a tutti che il nostro Governo sta affrontando da solo l'emergenza immigrazione dopo le rivolte in Tunisia che, com'è stato detto, sono state risolte grazie agli accordi, anche se adesso la guerra in Libia sta determinando una situazione assolutamente insostenibile. Al riguardo, ritengo che sia opportuno, come abbiamo già fatto ieri, esprimere la nostra solidarietà alle forze dell'ordine che sono state coinvolte negli scontri con gli immigrati.

Ma torniamo al merito del provvedimento, per fare un esempio dell'ampia condivisione di questo documento, vorrei citare il parere dell'Alta Commissione delle Nazioni Unite per i rifugiati, che si è espressa in modo positivo in merito all'introduzione nell'ordinamento italiano, nel contesto, quindi, del recepimento, della direttiva rimpatri, del cosiddetto rimpatrio volontario assistito, cui possono accedere anche persone e situazioni irregolari e persone colpite da provvedimento di respingimento o di espulsione. La stessa Commissione, poi, ha accolto con favore il fatto che i richiedenti asilo ai quali non è stata riconosciuta nessuna forma di protezione, abbiano l'opportunità di rimpatriare con modalità che siano rispettose della dignità e della sicurezza della persona, beneficiando, appunto, di programmi di rimpatrio volontario e assistito.

Può essere interpretato come meglio si crede, amici dell'opposizione, ma questo decreto-legge pone davvero l'accento sul trattamento delle categorie vulnerabili, che risulta quindi un ulteriore elemento positivo. Potrei commentare questo decreto-legge partendo dal punto fermo, tanto caro al movimento che rappresento in quest'Aula oggi, dello straniero clandestino che deve essere rimpatriato. Lo dice la parola stessa: clandestino, ovvero una persona straniera che si reca in un altro territorio, in violazione delle leggi di immigrazione del Paese di destinazione. Dovremmo quindi accogliere chiunque, dovremmo garantire loro assistenza, lavoro, sostentamento e - magari - anche una casa con tutte le comodità della nostra epoca? Non sarò io a dare la risposta a queste domande, ma lascio rispondere al tempo e ai cittadini, alla gente che è fuori da quest'Aula.

Quello che posso dire è che con questo decreto‑legge, applicando - appunto - la normativa in materia di immigrazione, per chi non ha titolo di soggiorno si seguiranno le più comprensibili scansioni procedurali, che rispondono, quindi, ad un normaleiter cronologico. A differenza di altri, che hanno modo e titolo di restare nel nostro Paese, si analizzeranno tutte le varie possibilità: dalla partenza volontaria alle misure coercitive, tenendo presente anche eventuali cause ostative alla partenza volontaria e così via.

Su richiesta, quindi, dell'interessato, dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione, qualora non ricorrano le condizioni per l'accompagnamento immediato alla frontiera, resta la possibilità di chiedere al prefetto, ai fini dell'espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito. Il prefetto, quindi, valutato il singolo caso con lo stesso provvedimento di espulsione, intima allo straniero di lasciare volontariamente il territorio nazionale entro un termine compreso fra i 7 e i 30 giorni: termine che può essere prorogato, ove necessario, per un periodo congruo, commisurato alle circostanze specifiche del caso individuale (quali la durata del soggiorno sul territorio nazionale, l'esistenza di minori che frequentano la scuola o di altri legami familiari e sociali, nonché l'ammissione a programmi di rimpatrio volontario e assistito).

Con questo decreto è stato introdotto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui possono beneficiare anche i minori stranieri non accompagnati, affidati, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi a un progetto di integrazione sociale e civile. Mi sembra chiaro, quindi, che questo decreto‑legge sia finalizzato, nel suo complesso, a dare attuazione al diritto europeo in materia di libera circolazione dei cittadini comunitari e di rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.

Come è già stato specificato ed emerso nella discussione alla Camera, il provvedimento che stiamo per adottare nasce in relazione alla straordinarietà e all'urgenza dell'intervento normativo, che si configura come atto obbligatorio per gli impegni assunti dall'Italia in sede europea. Per quanto riguarda l'estensione a 18 mesi del periodo di trattenimento nei CIE, ritengo esso sia un provvedimento necessario al fine di riconoscere i clandestini per poi rispedirli a casa, visto che nessuno di noi vuole mantenerli a spese dello Stato, con vitto e alloggio. Fatichiamo a dare un lavoro alla nostra gente, ad aiutare la nostra gente, provata dalla crisi economica che ancora rallenta la nostra economia. Per questo non dobbiamo illudere nessuno.

Il nostro non è il Paese dei balocchi: non si trovano pane, casa, lavoro semplicemente attraccando con un gommone. Purtroppo, già chi è nato e cresciuto nel nostro territorio talvolta non riesce ad arrivare a fine mese, e noi non possiamo più permetterci di star qui a pensare ad aiutare gli ultimi arrivati, dimenticandoci di chi aveva un lavoro, ha pagato i contributi e deve ora persino sobbarcarsi il costo di soggiorno degli ultimi arrivati.

In questo decreto anche l'ordine pubblico riveste la sua importanza: per la prima volta, infatti, è prevista l'espulsione dei cittadini comunitari - ribadisco: comunitari - per motivi di ordine pubblico e sicurezza. Questi, se permangono sul territorio nazionale in violazione delle prescrizioni della direttiva sulla libera circolazione, dovranno lasciare immediatamente il nostro territorio.

Mi sembra poi doveroso ricordare anche che con questo decreto-legge l'espulsione sarà immediata in caso di pericolosità dello straniero, mancata richiesta di concessione del termine per la partenza volontaria, inosservanza - senza giustificato motivo - del termine già concesso allo straniero per la partenza volontaria o inosservanza anche di una sola delle misure coercitive applicate nei confronti del cittadino di Paese terzo.

Concludo, signor Presidente e stimatissimi colleghi, ricordando che alla Lega Nord non interessa solo rispedire a casa chi delinque o chi persiste in una condizione di illegalità: per la Lega Nord la parola d'ordine è sicurezza, che non è solo quella che passa attraverso le forze di polizia, ma anche, e forse soprattutto, quella sicurezza che si può mantenere garantendo un'integrazione responsabile, basata su princìpi e su valori reali. Ecco perché ci troviamo a discutere l'attuazione effettiva e l'integrazione di tanti importanti provvedimenti, come il permesso di soggiorno a punti, la questione dei matrimoni misti e soprattutto la conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero. Conoscere è il primo passo verso l'integrazione e, personalmente, ritengo che la conoscenza e il rispetto delle nostre regole sia il miglior permesso che uno straniero può dimostrare di avere sul nostro territorio. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Santini. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Carloni. Ne ha facoltà.

CARLONI (PD). Signor Presidente, signori del Governo, quella di ieri è stata una giornata terribile sul fronte delle condizioni dei migranti e dei rifugiati nel nostro Paese; una giornata di lutto e di tragedia a Lampedusa. Se ne è parlato, e ringrazio il presidente Chiti di avere formulato parole di cordoglio, poiché c'è veramente il rischio - e dobbiamo costatarlo sempre di più - che notizie come queste trovino il Paese ormai assuefatto a tragedie simili.

È ancora di ieri la notizia che in Puglia, nel Salento, c'è stato un grande sciopero, il primo in quella Regione di lavoratori agricoli immigrati contro i caporali. Caporalato è una parola antica, che ci porta alla mente le immagini in bianco e nero del cinema neorealista dell'Italia contadina e del Mezzogiorno straccione del dopoguerra, ma questa invece è una storia di oggi, di sfruttamento grave, di lavoratori vulnerabili. Ieri lo sciopero era per il rispetto della paga sindacale, che è tra i 6 e i 10 euro all'ora: questi lavoratori sfruttati lavorano giornate intere sotto il sole cocente per meno di 20 euro.

Questa dello sciopero però è anche una buona notizia, perché finalmente questi lavoratori immigrati incontrano la solidarietà e la tutela delle organizzazioni sindacali. Dunque, la loro storia finalmente non sarà più solo di silenzio, di umiliazione, di sfruttamento, di illegalità, e magari forse potremo discutere con il Ministro dell'interno anche di una nuova legge sul caporalato, di permessi di soggiorno per quei lavoratori che denunciano le situazioni di illegalità e i caporali.

Infine, è sempre di ieri la notizia di pesanti scontri e rivolte nel CARA di Bari: incidenti gravissimi, che hanno coinvolto le forze dell'ordine - a cui va tutta la nostra solidarietà - e immigrati africani ammassati in modo indegno nei Centri di accoglienza. Ha ragione il presidente Vendola: questi incidenti sono il frutto avvelenato della disperazione di chi, dopo lunghi viaggi della speranza, si vede invece negata proprio la speranza di un futuro per cui si è messa a rischio la vita stessa.

I Centri di accoglienza, così come i CIE, in tutta Italia stanno scoppiando per l'affollamento, per i tempi interminabili della costrizione, per il limbo d'incertezza assoluta in cui si viene ad essere collocati, e per questo rischiano di determinare ovunque una moltiplicazione delle rivolte. Altro che sicurezza, senatore Mura, se questo è l'obiettivo delle vostre proposte!

Si raggiunge, infatti, in queste condizioni un livello di esasperazione assoluta che deriva dal fatto, tra l'altro, che non si riesce ad ottenere un'interlocuzione minima, affidabile, con le istituzioni del Governo italiano. Il Governo in tutte queste circostanze, a Bari, a Lampedusa, continua a dimostrarsi effettivamente al di sotto delle necessità di gestione della situazione: un'incapacità che paghiamo a duro prezzo sia sul fronte della nostra credibilità nella comunità internazionale, sia anche all'interno, in quest'Italia che sta veramente male, che la Lega continua ad inondare di messaggi fondati sull'egoismo e sull'idea della tolleranza zero, messaggi privi di qualunque umanità, ma anche di qualunque efficacia, come verifichiamo ogni giorno di più.

L'immigrazione non è questione di mero ordine pubblico e di repressione e non deve più essere trattata come tale. Per questo, ci opponiamo decisamente a questo vostro decreto, che è stato confezionato frettolosamente e, evidentemente, sulla base di un manifesto di pura propaganda, senza alcun interesse per i problemi reali.

Non interverrò nel merito del decreto, perché lo hanno fatto gli altri colleghi del Partito Democratico. Il punto più scandaloso e drammatico resta quello del limite massimo di durata della misura di trattenimento da 6 a 18 mesi che, secondo la direttiva, non sarebbe assolutamente obbligatorio. Allora io chiedo: chi è che ha obbligato il Governo ad introdurre un periodo di 18 mesi? Perché 18 mesi per le identificazioni? Le norme di restrizione coatta per l'identificazione dei cittadini istituiscono, di fatto, la legittimazione nel nostro ordinamento di una nuova fattispecie: la galera per gli innocenti.

È un fatto di enorme gravità e di inciviltà giuridica, che non può passare sotto silenzio. Proprio in questo Senato dove, su proposta dei radicali, per iniziativa del presidente Schifani, alla presenza del presidente Napolitano, si è svolto un convegno importantissimo sulla catastrofe umanitaria rappresentata dalle nostre carceri, noi non possiamo commettere questa ulteriore violenza ai principi costituzionali, ai principi di civiltà giuridica, nel Paese del grande e bistrattato Beccaria.

Le persone rinchiuse nei CIE sono detenute senza aver commesso alcun reato. La loro colpa esclusiva è solo quella di non possedere un documento di riconoscimento legale. C'è qualcosa di profondo: come siamo arrivati a tanta aberrazione e perché? C'è qualcosa che non va, e l'indifferenza della pubblica opinione non assolve la classe dirigente di questo Paese: e, quando dico «classe dirigente», parlo certamente di noi, la tanto bistrattata casta di cui si discute. C'è però veramente un problema di sensibilità molto più ampio, che va dalla magistratura alle forze dell'ordine, alla classe dirigente, appunto, in senso lato.

Io sono intervenuta tante volte, signor Presidente, per denunciare le incredibili vicende di violazione e vessazione a danno di giovani tunisini che si sono consumate nel CIE di Santa Maria Capua Vetere. In quel CIE, come in tutti gli altri, ha trionfato e imperversato la disumanità organizzata dello Stato e di un modello che è un lager a tutti gli effetti. Questi CIE si devono chiudere ovunque: bisogna cercare altre soluzioni. Non dobbiamo più chiudere migliaia di persone dietro il filo spinato, nell'impossibilità di utilizzare anche i servizi.

Nonostante il Governo non sia mai venuto in Aula a rispondere alle nostre interrogazioni, nonostante si sia tentato di impedire ai parlamentari di entrare nei CIE attraverso circolari allucinanti, nonostante s'impedisca ai giornalisti di documentare quello che accade nei CIE, a Santa Maria siamo entrati, abbiamo informato, c'è stata la visita ispettiva della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e, seppure al prezzo durissimo di una rivolta, di fatti gravissimi, del ferimento di un grande numero di persone, di una lunga detenzione in condizioni veramente disumane, il campo è stato sottoposto a sequestro dalle autorità giudiziarie, il CIE è stato chiuso e, alla fine di un lungo percorso di assistenza legale, che si è concentrato sull'iter della richiesta di protezione internazionale da parte dei tunisini, tutti hanno ricevuto la sospensiva dal tribunale di Napoli e, successivamente, un titolo di soggiorno temporaneo. Questa vicenda dimostra l'assoluta incongruenza di tutte le iniziative del Governo in questo campo.

Signor Presidente, tanti sono i temi su cui si potrebbe lavorare, e se e quando il ministro Maroni deciderà di farlo, troverà, a differenza di oggi, una opposizione dialogante e propositiva. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

Saluto ad una delegazione del Comune di Stazzema (Lucca)

PRESIDENTE. È presente in tribuna una delegazione del Comune di Stazzema, in provincia di Lucca, guidata dal suo sindaco. Ricordo che a Stazzema, nel corso della Seconda guerra mondiale, fu compiuta dai nazifascisti una delle più feroci stragi di civili. Rivolgiamo a loro il saluto del Senato. (Applausi).

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2825 (ore 11,28)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marcenaro. Ne ha facoltà.

MARCENARO (PD). Signor Presidente, signor Ministro dell'interno, colleghi, da questa discussione non può essere rimossa la drammatica realtà che le cronache di questi giorni propongono. I 25 morti nella stiva del barcone tratto in salvo la notte scorsa dalla Guardia costiera al largo di Lampedusa ci obbligano a ricordare le migliaia e migliaia di vittime delle traversate del Mediterraneo.

Su questa tragica contabilità c'è incertezza, ma tutte le stime parlano di una quantità spaventosa di morti. L'UNHCR ha stimato in oltre 1.500 le persone annegate nel Mediterraneo dalla fine di marzo. Altri stimano che circa sette persone sulle 100 che salgono sui barconi dall'altra parte del Mediterraneo non arrivino vive sulle nostre coste.

Si tratta di un'emergenza umanitaria forse più grave di quella che ha portato la comunità internazionale a decidere l'intervento militare in Libia. Non è possibile rimuovere questo problema e non cercare, insieme all'Europa, una risposta efficace. Non è sufficiente, come i fatti dimostrano, il soccorso in mare che Guardia costiera, Polizia e Guardia di finanza effettuano.

È necessaria un'azione preventiva, che è possibile solo se si rinuncia all'idea, assurda e totalmente irrealistica, di poter bloccare le partenze. È necessario anticipare nei punti di partenza la possibilità di richiesta di asilo e offrire la possibilità di viaggi regolari e sicuri. Solo così si può fermare o almeno limitare la strage in corso. E solo così si possono combattere sul serio, e non solo a parole, i trafficanti di esseri umani. Noi chiediamo, signor Ministro, una iniziativa politica dell'Italia in questa direzione.

Ma questi fatti drammatici impongono anche un'altra considerazione. Essi dicono a chi non sia completamente sordo che non si possono considerare queste persone come «migranti economici». Quando una persona affronta dei rischi così grandi, mette in gioco la propria vita e affronta una probabilità cosi alta di morire, non lo fa solo per ragioni economiche. Vuol dire che è obbligato a fuggire da una situazione che considera ancora peggiore, carica di rischi ancora più gravi. E io mi chiedo se la distinzione tradizionale tra quanti hanno diritto alla protezione umanitaria e migranti economici non debba essere in queste circostanze interpretata con umanità, alla luce di quello che stiamo vedendo.

Se non affronteremo questo problema mettiamo pure in conto la moltiplicazione delle proteste, delle rivolte, e della stessa violenza che spesso le caratterizza, come abbiamo visto ieri a Bari e a Crotone, ma che si era già manifestata, e in forme non meno gravi, pochi giorni fa in un Centro considerato modello come quello di Mineo, in provincia di Catania.

Le scelte che il Governo, e in particolare il Ministro dell'interno, hanno compiuto per gestire il fenomeno degli arrivi dal Nord Africa, si sono dimostrate sbagliate. La concentrazione in pochi Centri di migliaia di persone ha inceppato il funzionamento delle commissioni territoriali, che in passato avevano funzionato discretamente e che non sono state potenziate come era necessario.

Gli indirizzi sempre più restrittivi nella concessione dell'asilo o di altre forme di protezione umanitaria hanno fatto il resto. Noi chiediamo al Governo che, se non intende ascoltare gli argomenti della solidarietà, ascolti almeno quelli del realismo e corregga un indirizzo che è destinato a produrre nuove sofferenze e nuove tensioni.

D'altronde, l'esperienza dovrebbe pur dirvi qualcosa se è vero che oggi in qualche modo, con questo decreto, siete obbligati a ritornare su decisioni che si sono dimostrate fallimentari.

Infine, voglio dire l'ultima cosa, signor Ministro e cari colleghi, sul prolungamento a 18 mesi del trattenimento nei CIE. Vi ripeto una cosa già detta: andate una volta a vedere con i vostri occhi di cosa stiamo parlando. Ministro Maroni, una volta metta piede e vada a vedere con i suoi occhi in quei CIE, dove lei non è mai entrato durante tutti questi anni! (Applausi dal Gruppo PD).

Presidenza del vice presidente NANIA (ore 11,33)

(Segue MARCENARO). Il prolungamento della detenzione è una misura costosa e totalmente inefficace. Tutti i dati disponibili dicono che il numero di effettive espulsioni cala con il crescere del tempo di trattenimento e che esse sono percentualmente diminuite in misura significativa già con il passaggio da 60 a 180 giorni.

Ma non ci sono solo ragioni di efficacia, bensì anche di principio. Uno strumento che poteva servire per favorire l'allontanamento dall'Italia di responsabili di gravi reati lo avete fatto diventare un modo per tenere prigioniere persone che non hanno commesso altro reato che il tentativo di fuggire dalla miseria. Nei CIE avete messo nelle stesse stanze condannati per reati gravi e ragazzini incensurati, appena maggiorenni, e si tratta di una struttura che viola diritti umani fondamentali.

Ho detto, e ripeto, che i CIE sono peggiori del peggiore dei penitenziari. Vedete, anche nel peggiore dei penitenziari, fino a quando la Costituzione italiana resterà in vigore, lo Stato, almeno in linea di principio, non può limitarsi a recludere e custodire una persona; se ne deve occupare, favorendone il recupero e il reinserimento. So bene che dovrei usare il condizionale «dovrebbe», ma ciò non toglie nulla al problema di principio. Almeno in linea di principio, in carcere una persona resta tale, non è solo un numero. Per i reclusi nei CIE, invece, non c'è niente di tutto questo: sono tenuti in gabbia e basta, il loro è un tempo vuoto, una parte della vita semplicemente rubata e il loro essere persone viene negato.

Quando si parla non di poche settimane, ma di 18 mesi, si tratta di una parte importante della vita di una persona: il fatto che pensiate di tenere per 18 mesi migliaia di giovani uomini e giovani donne nelle stesse strutture, con la stessa organizzazione, con gli stessi servizi di quando il limite era di 60 giorni, dice da solo della vostra assoluta indifferenza alla questione dei diritti delle persone. E questo accrescerà, non risolverà i problemi.

Sono queste alcune delle ragioni della contrarietà, non solo a un provvedimento, ma a una politica che è destinata ad accrescere la sofferenza, fomentare il disordine e - anche e non ultimo - gettare discredito sul nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedica, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno G100. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Signor Presidente, signor Ministro, vorrei iniziare il mio intervento leggendo un virgolettato su questi disperati che hanno provocato gli incidenti di ieri (in un modo non condivisibile per quel che ha riguardato l'attacco alle forze dell'ordine, ma sicuramente commisurato al loro grado di disperazione) che «(...) sono il frutto avvelenato della disperazione di chi, dopo lunghi viaggi della speranza in fuga da guerra, persecuzione e fame, si vede negata la possibilità di un futuro di accoglienza. Le insopportabili attese per le pratiche di valutazione delle richieste d'asilo e il numero crescente di dinieghi rappresentano una condizione inaccettabile (...)». Si aggiunge poi che «(...) di fronte a questa situazione non si possono tacere le responsabilità gravissime del Governo nazionale». Perciò si torna a «(...) chiedere che il Governo conceda il permesso di soggiorno per motivi umanitari (...)». Ecco quanto abbiamo letto oggi sui fatti accaduti ieri a Bari.

Su questo punto vorrei iniziare il mio discorso, che comprenderà sia un'illustrazione dell'ordine del giorno che abbiamo presentato sia il mio intervento nell'ambito della discussione generale sul disegno di legge sui rimpatri.

L'articolo 10 della nostra Carta costituzionale sancisce solennemente che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Ora, mi domando se le condizioni stabilite dalla nostra legge permettano di vivere - come abbiamo visto - nei Centri di accoglienza. Io non sono d'accordo con la riflessione formulata dal collega Marcenaro, il quale ha invitato il Ministro a visitare i Centri di accoglienza, ma mi preoccupa ancora di più il gesto fatto dal Ministro al collega Marcenaro che significava che lui è andato a visitarli: perciò è cosciente e consapevole di una situazione che rasenta la violazione dei diritti umani.

Ecco, parliamo di questo argomento: diritti umani. La nostra legge dovrebbe tutelare i diritti umani. La nostra legge li dovrebbe tutelare, i diritti umani. Con i CIE tutto si fa meno che rispettare i diritti umani di una persona che ‑ lo ripeto ‑ viene nel nostro Paese non per delinquere ma per fuggire da una guerra, da una persecuzione e dalla fame. Viene nel nostro territorio e si vede trattato come un delinquente; ma ancora di più: infatti, nella nostra legge - lo abbiamo sostenuto con la pregiudiziale da noi appoggiata del collega D'Alia - per i delinquenti indagati per associazione mafiosa, per estorsione aggravata, per sequestro di persona, per pedopornografia e per violenza sessuale la custodia cautelare è prevista fino ad un anno nel corso delle indagini, mentre noi trattiamo le persone che arrivano nel nostro territorio, che non sappiamo se sono perbene, se sono - come è stato detto - in fuga per fame, per sfuggire ad una persecuzione o ad una guerra, addirittura peggio degli indagati per mafia, per pedopornografia o per violenza sessuale.

L'articolo 10 della nostra Costituzione stabilisce che lo straniero deve essere accolto dal nostro Paese e «ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». In Italia c'è una legge che rispetta i diritti umani; noi non siamo la Libia che non li rispetta, noi non firmiamo i Trattati con la Libia che non rispetta i diritti umani. Noi li rispettiamo e li condividiamo, ma trattiamo quelle persone come animali. Nei CIE, dove anche il Ministro con i suoi occhi ha potuto vedere (parlo di quello di Ponte Galeria, ma lo stesso discorso vale per quello di Bari e per tutti gli altri Centri), vivono in condizioni disumane, per terra, in mezzo agli escrementi perché nessuno pulisce, e mangiano prodotti scaduti. Lo abbiamo visto a Ponte Galeria, checché se ne dica. (Commenti del ministro Maroni).

GRAMAZIO (PdL). Ma che stai dicendo?

PEDICA (IdV). Si tratta di persone alle quali si deve riconoscere il rispetto dei diritti umani, perché ciò è stabilito dalla nostra legge. Il Governo ha firmato un Trattato di amicizia con un Paese che non rispetta i diritti umani e che ci invia le persone dicendo loro di venire nel nostro territorio perché i diritti umani esistono. Il Governo però non li rispetta: infatti, abbiamo visto come vengono trattati gli immigrati nei Centri in questione. È giusto quindi che ci sia una ribellione, ma per mettere in evidenza il problema, signor Ministro.

Ripeto - come ho detto all'inizio - che condanno gli atti di violenza, perché non si deve parlare con la violenza ma si deve parlare con manifestazioni pacifiche che mettano in evidenza il problema. Il problema si risolve chiamando quelle istituzioni che rispondono alle caratteristiche degli immigrati, i quali - ripeto - vengono nel nostro territorio perché fuggono da un Paese dove c'è violenza, fame e altre situazioni che, se fossero capitate a noi, ci avrebbero spinto a fare la stessa cosa.

Allora - come diceva prima il collega Marcenaro - lei, signor Ministro, ha visto con i suoi occhi le situazioni disperate che vivono quelle persone. Lei deve rispondere con la coscienza e con il suo mandato di Ministro. E il suo mandato di Ministro impone di andare a fare una verifica in questi Centri, i quali dovrebbero accogliere le persone le quali non devono aspettare 18 mesi per sapere se sono considerati delinquenti o rifugiati. Ci dicono di essere rifugiati politici, e noi dobbiamo capire se lo sono o meno, se sono venuti per delinquere o per migliorare una situazione e non essere sfruttati dai caporali.

Tutto questo è quanto un Ministro dell'interno attento - come lo è lei - doveva fare: doveva far chiudere quei Centri che fanno mangiare prodotti scaduti, che fanno dormire gli immigrati vicino agli escrementi perché nessuno pulisce, dove non ci sono lenzuola e docce, dove non c'è il riconoscimento dei diritti umani.

Ecco perché si deve concentrare tutto su questo aspetto. Il nostro è un Paese che ha fatto battaglie su questo, tutti e non solo il Partito Radicale, perché abbiamo una coscienza. Non possiamo rinnegare quello che anche noi abbiamo vissuto molti anni fa, quando, per circostanze diverse (non certo per motivi civili, ma piuttosto economici), dopo aver lasciato il nostro Paese, siamo stati accolti in condizioni sicuramente più umane. Su questo dovete concentrare la vostra attenzione: sull'aspetto relativo alla legalità, che nei Centri non esiste, perché essi ne sono la negazione. I Centri di accoglienza sono centri che determinano uno stato di disagio pari a quello di un lager. Le persone che vi sono ospitate, i bambini, le donne vengono trattati come se fossero tanti banditi, persone venute nel nostro Paese per delinquere. Non volete dire all'opinione pubblica la vostra posizione, cioè che non li volete. Ed è una cosa vergognosa, questa. È vergognoso dover dire all'opinione pubblica che abbiamo un Governo che respinge queste persone senza sapere qual è il problema che le spinge nel nostro Paese, che non le tutela.

Non riteniamo sia giusto lasciarle marcire lì, perché questo è ciò che accadrà, dato che dovranno vivere per 18 mesi contraendo malattie in un'area dove non è assicurata l'igiene.

Neanche i 25 morti di ieri sono riusciti a spingervi ad un cambiamento per cercare di dare una svolta su questo problema che di certo non si attenuerà, signor Ministro, se non ci diamo una regolata. Così come aumenteranno le proteste, se continuerà ad esserci disinteresse per il rispetto dei diritti umani.

È su questo che dobbiamo interrogarci, perché, pur essendo un argomento delicato, è stato affrontato - lo ripeto - con poca attenzione e con irresponsabilità da parte del Governo; forse con sottovalutazione, anche se non credo, perché lei, signor Ministro, accennando di aver visto con i propri occhi, ci ha fatto capire che è cosciente, consapevole e responsabile di quello che accade e di quello che non si fa all'interno di quelle strutture.

Un Ministro che non chiude quei Centri, che non sono di accoglienza ma lager per persone disperate, ha una responsabilità oggettiva. Lei si rende responsabile delle malattie contratte, della disperazione, del far dormire delle persone accanto a degli escrementi, di far loro mangiare prodotti scaduti, di non metterle in condizione di potersi lavare e di cacciarli. Queste persone entrano in quei Centri, ma poi devono andarsene: questo è il messaggio che lei dà, essendo cosciente e consapevole (perché ha visto i Centri): queste persone non devono essere trattate nel rispetto dei diritti umani, tutt'altro, e poi devono essere cacciate via. (Commenti del senatore Gramazio). Per voi sono animali, non persone che sono qui per...

GRAMAZIO (PdL). ...per aggredire le forze dell'ordine!

PEDICA (IdV). Non per fare del male ad alcuno.

GRAMAZIO (PdL). Ho visto ieri!

PEDICA (IdV). In questi CIE stateci voi, almeno una settimana, per rendervi conto di come si vive al loro interno.

GRAMAZIO (PdL). Vergognati!

PRESIDENTE. Senatore Gramazio, lasci parlare il senatore Pedica.

PEDICA (IdV). Vorrei invitare le persone che voteranno a favore di questo disegno di legge a restarci una settimana. Voi parlamentari che votate a favore del provvedimento, state una settimana insieme a loro, e vi renderete conto di quello che stanno vivendo. Non per punizione, ma per comprendere ciò che volete votare. (Commenti del senatore Gramazio).

PRESIDENTE. Non cada nella provocazione, senatore Gramazio.

GRAMAZIO (PdL). Lui è un provocatore contro le forze dell'ordine!

PEDICA (IdV). No, signor Presidente. Voglio solo invitare chi voterà a favore del provvedimento a visitare i Centri dove pensano che si stia bene. Li invito a trascorrere una settimana di ferie insieme agli immigrati per capire quali sono gli argomenti che li hanno indotti ad arrivare a questi Centri.

Avrei voluto una riflessione molto più approfondita di questo provvedimento da parte del Governo che parta dall'inizio, da ciò che ho invitato il Ministro a leggere e a rispettare, cioè l'articolo 10 della nostra Carta costituzionale, perché solo così si può capire la disperazione di queste persone. Dobbiamo essere a favore dell'accoglienza, e non della distanza. Noi, quando arrivano queste persone, diamo solo l'idea di non chiederci il perché o il per come. A prescindere da tutto, siamo distanti, li vogliamo lontani immediatamente, li vogliamo solo cacciare via, senza un ordine, senza un cuore.

Non mi meraviglio, un Governo che ha firmato un Trattato di amicizia, lo ripeto, con la Libia, che non rispetta i diritti umani, solo questo poteva fare, ed è questo che contrasteremo sempre. Noi in questo mese andremo nei Centri di accoglienza, chiamiamoli così, per verificare quello che abbiamo visto e quello che anche il Ministro ha confermato di aver visto, cioè un Centro che non è accogliente, un Centro che vuole far capire che questo Paese non intende rispettare i diritti umani, ma cacciare persone che soffrono. Noi questo non glielo permetteremo. (Applausi dal Gruppo IdV).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mazzatorta. Ne ha facoltà.

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, quando ascolto questi dibattiti sul tema dell'immigrazione cerco sempre di pensare a cosa accade negli altri Paesi.

Per alleggerire la discussione, cito un paio di articoli. Comincio con quello contenuto in questi giorni nella rivista «Io Donna», allegata al «Corriere della Sera», dal titolo «Il buio oltre il muro», che riguarda quello che fanno gli Stati Uniti d'America sul tema dell'immigrazione. Sono pubblicate anche alcune fotografie abbastanza eloquenti di una barriera metallica di oltre 900 chilometri che divide l'Arizona dal Messico. È «fatta di sensori e telecamere che captano ogni movimento lungo la frontiera. Popolare presso l'elettorato americano (il 68 per cento l'approva), il muro in meno di 15 anni è stato silenzioso testimone, tra il deserto di Sonora e quello dell'Arizona meridionale, di almeno 5.000 morti tra migranti: il macabro conteggio è bipartisan» (della Commissione nazionale dei diritti umani messicana e dell'Unione delle libertà civili americana).

Nello stesso articolo si parla della barriere che separa l'enclave iberica di ceuta in terra marocchina, con relativa foto di una recinzione di filo spinato particolarmente difficile da superare.

Questo accade negli altri Paesi, mentre noi siamo alle prese con i soliti problemi, con una valutazione della sinistra che si fa promotrice di una politica dell'accoglienza indiscriminata, senza regole. Ci troviamo a dover affrontare ciclicamnte gli stessi problemi.

Aggiungo, sempre per cercare di sollevare i colleghi dall'ascolto pesante di argomenti importanti, anche un altro articolo, questa volta sull'inserto «D» de "la Repubblica", in cui uno degli esponenti della sinistra radical-chic, il giornalista Federico Rampini, riporta di due viaggi recenti in Italia. Dice Rampini: «Una volta su un intercity Genova-Milano all'altezza di Tortona (...) un'altra volta su un regionale tra Milano Lambrate e Verona. (...) i passeggeri senza biglietto in quei due casi erano tutti stranieri, immigrati extracomunitari». Guarda caso, se n'è accorto! «Così numerosi da essere quasi maggioranza. Alcuni strafottenti nella loro illegalità (...) E il paesaggio umano di quei viaggiatori senza biglietto non era proprio la rappresentazione della miseria: (...) nessuno mi è parso davvero indigente». Dice Rampini, radica-chic: «Ho provato a immaginarmi una scena simile nella mia New York. Impossibile. Un solo viaggiatore senza biglietto che rifiuti di pagare la multa al controllore farebbe scattare reazioni poderose. La polizia arriverebbe in forze, armata fino ai denti. L'umiliazione la soffrirebbe l'abusivo. Che non finirebbe il viaggio su quel treno, e sarebbe in manette prima di arrivare a destinazione (...)». Rampini ci dice che la via dell'arresto e delle manette serve anche per gli immigrati che viaggiano senza biglietto sui treni.

Questo è il comportamento, a volte schizofrenico, di questa parte della politica italiana che continua ad assumere questi atteggiamenti: da un lato, chiede l'arresto di un immigrato che va su un treno senza biglietto, sostenendo che un tale comportamento negli Stati Uniti sarebbe poderosamente e rigorosamente sanzionato; dall'altro, parla di diritti umani, della necessità di accoglienza totale degli immigrati. (Commenti del senatore Perduca).

Consentitemi anche di fare un excursus storico, perché in quest'Aula si perde sempre la memoria storica degli eventi. Perché siamo arrivati a questo decreto-legge? Poiché, senza tema di smentita anche in questo caso, un gruppo di giuristi, con un gruppo di autorità giudiziarie, ha valutato negativamente dal punto di vista politico il lavoro che avevamo fatto con grande attenzione nel 2008 e nel 2009: ha ritenuto cioè che quel pacchetto sicurezza 2008-2009 avesse raggiunto i suoi obiettivi di effettività delle procedure di espulsione, stava dando dei risultati importanti in termini di numeri. E allora quella corrente ideologico-politica ha iniziato a ragionare su come smantellare quel lavoro. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Valentino). E stamattina un giornalista ci chiedeva se fosse un complotto. Io ho risposto di no, perché i complotti avvengono all'ombra, senza essere scritti da nessuna parte. Invece, se voi frequentate alcuni siti web (ce n'è uno in particolare che si chiama «www.penalecontemporaneo.it», troverete a partire da ottobre del 2010, quindi ben prima della scadenza del termine di attuazione della direttiva rimpatri, un'analisi di questa corrente politico-ideologica che sostanzialmente dice che deve smantellare l'apparato sanzionatorio repressivo messo in campo per procedere all'espulsione degli stranieri. E dove arrivarci utilizzando tutti i percorsi possibili. E così hanno fatto, passo dopo passo. Sono riusciti dapprima a convincere alcune procure, che hanno iniziato a cogliere l'opportunità della scadenza dei termini di attuazione della direttiva rimpatri per ritenere che quelle fattispecie incriminatrici della inosservanza dell'ordine di allontanamento, che avevano funzionato, dovevano essere disapplicate. Quindi siamo rimasti davvero basiti a vedere che delle procure della Repubblica che sono chiamate ad applicare la legge, addirittura promuovano circolari dirette a farla disapplicare dai propri procuratori (Applausi dai Gruppi LNP e PdL), addirittura invitando, anche in maniera forte, le forze dell'ordine a non convalidare più gli arresti. Questo, nonostante ci fosse una minoritaria dottrina, sempre in quel sito (andate a vedere: c'è un unico magistrato che ha avuto il coraggio di dirlo. Si chiama Tomaso Epidendio; lo dico qua perché rimanga agli atti che un magistrato serio, che ha cercato di dire ai propri colleghi che forse stavano esagerando, c'è) che rilevava come la direttiva rimpatri fosse stata adottata prima del Trattato di Lisbona, e che dunque non poteva in nessun modo incidere sulla potestà sanzionatoria penale dello Stato, e dunque non poteva entrare nella materia penale, può riguardare l'aspetto delle procedure amministrative, ma non quello delle fattispecie incriminatrici.

Leggetevi questi articoli di Tomaso Epidendio, che cerca di dire ai propri colleghi: ragazzi, cerchiamo di darci una controllata, perché stiamo davvero esagerando; stiamo andando al di là del compito che ci dà la Costituzione: che è di perseguire i reati, e non di capovolgere la volontà popolare democraticamente espressa da un Parlamento.

Ma poi Epidendio è stato messo, ovviamente, in minoranza, e la corrente maggioritaria è esplosa completamente, per arrivare poi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, dove, da un collegio con un giudice italiano (Antonio Tizzano, professore di diritto comunitario) che non ha mai amato le politiche che iniziavamo ad applicare in questo Stato, è stata colta l'occasione per fare una sentenza dove ovviamente il tema della direttiva anteriore al Trattato di Lisbona non è stato nemmeno affrontato. Addirittura, i giuristi che commentano questa sentenza dicono: la Corte di giustizia sorvola su questo aspetto, forse avrebbe dovuto dedicarvi qualche riga in più invece che una riga sola. ma il diritto comunitario prevale sul diritto interno, e quindi la direttiva rimpatri porta alla disapplicazione, anzi all'abrogazione delle fattispecie incriminatrici.

Ho qui una trentina di sentenze che scientificamente hanno riguardato tutti gli aspetti che stavano funzionando, da ultimo quello, citato, del matrimonio del clandestino. Abbiamo detto che lo status di clandestinità è un reato, così come accade in tutti Paesi europei e l'abbiamo già dimostrato. La Francia, che ha attuato la direttiva rimpatri, non ha modificato di una virgola il reato di clandestinità, per il quale si prevede addirittura l'arresto fino a un anno, oltre che l'ammenda. Ebbene, noi in sostanza abbiamo stabilito che un clandestino, proprio perché sta commettendo un reato, non può presentarsi davanti a un ufficiale di stato civile e chiedere la pubblicazione degli atti di matrimonio. Appare davvero qualcosa che sfiora il ridicolo! La Corte costituzionale ha invece risposto che, nel bilanciamento fra i valori costituzionali, il diritto alla libertà di sposarsi deve prevalere sul diritto alla sicurezza. (Commenti del senatore Perduca).

A forza di bilanciamenti uno non sa più come deve legiferare. Se il bilanciamento, infatti, diventa il criterio cardine seguito dalla Corte, sia la Corte a dirci preventivamente come dobbiamo agire in modo tale da evitare queste situazioni.

Questo è solo un caso (ma - ripeto - potremmo andare avanti citandone altri) di sentenze che scientificamente e con motivazioni di stampo prettamente politico hanno cercato, e in parte ci sono riuscite, di smantellare questo pacchetto sicurezza.

Con il decreto-legge in esame cerchiamo di riproporre queste posizioni, ma io sono convinto che ci sarà una seconda ondata di attacco (e se leggete i giornali specializzati verificherete che questa ha avuto inizio già oggi), perché vedrete circolare posizioni di procure che diranno che il decreto si applica ma non ai fatti in precedenza commessi, e anche in questo caso comincerà una fase di delegittimazione nei confronti di questo provvedimento.

Noi comunque non molliamo e continuiamo nella nostra politica di repressione dell'immigrazione irregolare. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mongiello. Ne ha facoltà.

MONGIELLO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo nella discussione sulla conversione in legge di questo decreto con animo turbato per quanto avviene nella mia Regione, la Puglia. Non mi riferisco solo agli scontri di Bari, dove una situazione insostenibile ed inconcepibile ha dato i risultati che sappiamo in termini di ordine pubblico e di danni alle cose e alle persone, ma anche a quello che succede a Nardò, dove i lavoratori agricoli extracomunitari sono in sciopero per il rispetto dei loro diritti. Si tratta di vicende diverse e controverse, che nella loro complessità spiegano quanto sia inadeguata e nociva la rozza semplificazione del Governo, di cui questo decreto è esemplare articolazione. (Il senatore Serra si avvicina al banco del senatore Gramazio rivolgendogli alcune battute. Il senatore Gramazio risponde ad alta voce. Richiami del Presidente).

Da anni la destra ha in materia di migrazione e di migranti una posizione demagogica e miope, tesa a sfruttare le ansie di un'opinione pubblica impaurita. Ma più di un decennio di ossessione securitaria, di proclami criptorazzisti, di decreti e di leggi speciali... (Il senatore Gramazio continua a parlare ad alta voce).

GRAMAZIO (PdL). Presidente, il prefetto Serra è un noto disturbatore!

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Perché disturbi sempre?

GRAMAZIO (PdL). Tu non disturbi mai! Non hai disturbato nemmeno la Croce rossa! (Commenti dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore Gramazio!

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Il Governo mi ha cacciata!

PEDICA (IdV). Rispetta la norma, Gramazio!

GRAMAZIO (PdL). E tu, Pedica, rispetta le forze dell'ordine!

PRESIDENTE. Senatore Gramazio, la richiamo all'ordine. (Il senatore Gramazio continua ad apostrofare il senatore Pedica). Senatore Gramazio, la richiamo all'ordine per la seconda volta.

Prego, senatrice Mongiello.

MONGIELLO (PD). Più di un decennio di ossessione securitaria, di proclami criptorazzisti, di decreti e leggi speciali fortemente discutibili, sia dal punto di vista del diritto internazionale e costituzionale, sia da quello del diritto naturale, non ha in alcun modo migliorato la situazione, e i fatti di Bari e di Crotone di ieri lo dimostrano.

Fra i grandi Paesi europei, l'Italia è quello che ha il numero relativamente più basso di immigrati, ma anche quello dove si verificano le maggiori difficoltà di convivenza.

Anche in questo decreto si fa fatica ad individuare non dico una strategia, ma un abbozzo di politica, un nocciolo di idee. Come tutti gli scolari che non hanno studiato, il Governo prende tempo, mena il can per l'aia, si arrampica sugli specchi. Ha forse un altro senso l'allungamento a 18 mesi del termine per esaminare le richieste di asilo? Può essere definita in altro modo l'irrogazione di una pena detentiva senza processo e senza delitto? Con questa alzata di ingegno il nostro Governo ritiene di potersi esimere dagli obblighi contenuti nelle dichiarazioni, nelle Convenzioni e nei Trattati internazionali cui abbiamo aderito. In questo, come dicevo, c'è un'esemplare coerenza rispetto all'azione complessiva di questo Dicastero presieduto dall'onorevole Berlusconi, ammesso che lo presieda ancora e non abbia già passato il testimone all'onorevole Maroni o ad altri.

Questo Governo, onorevoli colleghi, ha l'abitudine dell'annuncio e quella parallela della rimozione: promette ciò che non farà e nasconde ciò che effettivamente fa. Per il Governo, per il Ministro dell'interno, basta che non si sappia in giro: diversamente, perché proibire l'ingresso nei CIE e nei CARA dei giornalisti, con un rigore che non viene applicato nemmeno nelle carceri? Perché è ferma convinzione dei nostri governanti che un problema esiste solo se compare in televisione; quindi, via le telecamere, via la questione. Magari fosse così, magari bastasse questo, onorevoli colleghi.

Abbiamo bisogno di altro, di nuove e meno sgangherate idee per fare i conti con temi epocali. La risposta repressiva, che è certo necessaria in alcune situazioni, finisce, se lasciata da sola, per moltiplicare ed aggravare i problemi. Non è facendo il «gioco delle tre carte» con i disperati che fuggono dalla guerra e dalla fame che renderemo più sicure le nostre città e i nostri territori; non è nascondendo la polvere sotto il tappeto che renderemo la nostra casa più pulita; lo faremo ampliando l'area della visibilità e della protezione sociale, mettendo le istituzioni al fianco dei lavoratori agricoli stranieri in lotta nel Salento; lo faremo, caro ministro Maroni, modificando il decreto flussi, che è quasi inapplicabile.

Voglio ricordare ai colleghi che questo è il mese della raccolta del pomodoro: ci sono migliaia di migranti sulle nostre terre e certamente non sono arrivati per il decreto flussi. Tutte le aziende agricole che hanno fatto richiesta quattro mesi fa stanno ancora aspettando questi lavoratori. Mi chiedo quale sia il meccanismo più agile, facile e agevole per far incontrare la domanda e l'offerta e lo chiedo al ministro Maroni, che insiste sempre con lo stesso numero di lavoranti e soprattutto con la stessa tipologia, che rende inefficace questo meccanismo.

In conclusione, signor Presidente, renderemo più sicure le nostre città e i nostri territori approvando celermente - spero - il disegno di legge sul caporalato e introducendo un reato per coloro che assumono gli schiavi. Ci abbiamo provato nella precedente legislatura: il disegno di legge fu approvato dal Senato ma la caduta del Governo rese impossibile portare a casa questo provvedimento, che abbiamo pertanto ripresentato qui al Senato (e voglio ringraziare tutti coloro che lo hanno sottoscritto, senatori che appartengono a più forze politiche).

Concludo in due parole, signor Presidente: voteremo con convinzione contro la conversione di questo decreto. Penso che anche tale provvedimento dimostri che un Centro di identificazione ed espulsione, politicamente parlando, dovrebbe occuparsi al più presto di questo Esecutivo, senza documenti e, ahimè, senza idee. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Santini. Ne ha facoltà.

SANTINI (PdL). Signor Presidente, signor Ministro, caro relatore, ho chiesto di intervenire su questo tema anche se non faccio parte della Commissione di merito, in quanto mi si offre la suggestiva opportunità o occasione di assistere alla trasposizone in legge nazionale di una direttiva, la n. 38, di cui fui relatore davanti al Parlamento europeo. Considero quindi questo momento una sorta di esame, tardivo, dopo sette anni, ma quantomeno opportuno, della validità, dello spirito, delle idee e soprattutto del voto di quelle giornate davvero tumultuose. Il dibattito durò infatti un anno e riuscimmo ad approvare questa direttiva solo un mese e mezzo prima della scadenza della legislatura; già questo dice quanto nel consesso di allora, di 15 Paesi e circa 650 parlamentari, fosse difficile immaginare di ottenere un consenso unanime. Eppure, dopo sette anni, scopro con piacere che le idee di allora sono ancora valide e proiettabili per il futuro, soprattutto per la lungimiranza che allora avemmo nel proporle.

Va detto che lo scenario è profondamente cambiato rispetto alla primavera del 2004, quando fu approvata questa direttiva sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, ma con una prima coraggiosa apertura ai familiari dei Paesi terzi. L'Europa a quel tempo era costituita da 15 Paesi, ma alle porte, il 1° luglio dello stesso anno, c'era l'ingresso di ben 10 dei 12 Paesi PECO allora considerati Paesi terzi - mi riferisco al momento della stesura di questa direttiva - ma che in due mesi e mezzo diventarono Paesi membri, con un'apertura fragorosa delle frontiere, signor Ministro, temutissima da tutta Europa, tant'è che la Commissione europea inventò un modo per controllare nei primi tre mesi di apertura il via vai di questi immigrati.

Si temeva un esodo biblico dei cittadini dai 12 Paesi PECO, che però non ci fu: merito evidentemente della validità della campagna di preparazione dell'adesione, ma anche dell'intelligenza di questi cittadini, i quali capirono che non era più tempo di emigrare, visto che, anziché andare loro in Europa, era l'Europa che entrava a casa loro, con una somma di incentivi e di aiuti che a quel punto avrebbero consentito loro di rimanere profittevolmente in Patria con grandi prospettive. Questa direttiva fu aiutata da queste considerazioni, altrimenti l'apertura che proponeva avrebbe rappresentato davvero un momento di grande problematicità.

Il secondo banco di prova lo stiamo vivendo, ed è stato ben rappresentato negli interventi di tutti i colleghi, seppur con sfumature e posizioni diverse: mi riferisco all'emergenza immigrazione, diciamolo pure, ormai quasi esclusivamente italiana, posto che Grecia, Spagna e Portogallo hanno sicuramente meno problemi di noi. Questo banco di prova quotidiano, non solo per il Ministro dell'interno, ma per tutti noi, ci pone indubbiamente in una posizione di avamposto per quanto riguarda la verifica delle idee e delle normative allora varate. Il tema prevalente era allora quello della libera circolazione: la direttiva 2004/38 era il fiore all'occhiello di quella legislatura. Ancora non si immaginava che l'urgenza di rimpatri e di espulsioni potesse prevalere addirittura sul principio della libertà di movimento. Per questo, è opportuno che in questa sede si parli anche della direttiva 2008/115, che regola le ipotesi di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in situazioni irregolari.

Molte idee sono state perfezionate dal nostro relatore, grazie anche alla sua lucidità politica e la sua capacità di interpretare il diritto e di coniugarlo anche con situazioni umane. Non sono d'accordo con chi sostiene che questa direttiva andrebbe contro i principi di un'umana partecipazione al dramma delle persone che ne sono interessate.

Cominciamo dal permesso di soggiorno. La direttiva - questo è un aspetto forse poco considerato - ha eliminato per la prima volta l'obbligo del permesso di soggiorno per i cittadini comunitari, pur con il consiglio di iscriversi entro tre mesi in un qualche registro di un Comune: si tratta di una libertà importante.

C'è poi un altro concetto che fu introdotto, non senza scossoni, nel dibattito, vale a dire la necessità di garantire risorse economiche sufficienti per ottenere il permesso di soggiorno. Tale previsione fu interpretata da alcuni come una limitazione della libertà condivisa da tutti, e quindi come una selezione, una discriminazione. Con il passare del tempo si ebbe però l'occasione di verificare appieno l'opportunità di questa misura, proprio per garantire la serietà del provvedimento e la certezza del diritto. Non dimentichiamo che quando parliamo di permesso di soggiorno ci riferiamo al primo passo nel libro dei sogni di ogni immigrato; il secondo è rappresentato dall'iscrizione all'anagrafe di un qualsiasi Paese ed infine il terzo - il vero sogno - è l'ottenimento della cittadinanza di un altro Paese.

Anche in questo campo, signor relatore, la direttiva n. 38 ebbe un coraggio che in altri tempi non sarebbe stato nemmeno immaginabile: dimezzò i tempi per la cittadinanza da 10 a 5 anni, estendendo la libertà di circolazione non solo al cittadino comunitario che si sposta in un altro Paese membro, ma anche al coniuge, seppur con una certificazione, che da un Paese terzo raggiunge il cittadino comunitario. Questa è stata un'apertura davvero importante e ho visto la precisazione che viene fatta nel provvedimento in esame, che rispecchia il principio e lo spirito della direttiva: lo precisa meglio quando parla di relazione stabile ufficialmente attestata, per quanto riguarda la documentazione e la dimostrazione del rapporto familiare che è derivante da una situazione di convivenza o dipendenza per vari motivi, a volte anche per motivi di salute ed economici e motivi di studio (che rappresentava un capitolo a parte nella direttiva n. 38).

Quindi, la prima fase del soggiorno è ben delineata anche da questo provvedimento nazionale. Va detto che viene molto, ma molto mitigato l'aspetto della sorveglianza: qui si parla di verifica delle condizioni di soggiorno solo per l'insorgenza di ragionevoli dubbi o di eventi che possono disturbare l'ordine pubblico. Va detto che la quarta fase di questi quattro momenti - ingresso, soggiorno, ricongiungimento familiare ed espulsione - è indubbiamente la più viva e lancinante in questo dibattito e, anche in questo campo, l'espulsione fu trattata a livello europeo con molta cautela. Nella direttiva n. 38 furono introdotti condizionamenti ben più garantisti rispetto a quelli precedenti, proprio per quanto riguarda il criterio dell'espulsione di qualche immigrato resosi colpevole dei fatti previsti dalla normativa, e anche ripresi dal provvedimento nazionale: reati gravi e appartenenza ad associazioni mafiose, a organizzazioni terroristiche, a partiti messi all'indice, oppure a qualcosa che crei pericolo per la sicurezza dello Stato. Ho apprezzato, signor relatore, che abbia cancellato la menzione del pericolo per l'ordine pubblico, contenuta nella direttiva di cui fui relatore, perché in effetti il pericolo vero - scusi il bisticcio di parole - era quello di una facile interpretazione.

Pochi ricordano che questo passaggio, nella direttiva n. 38, ha una radice italiana. I primi a fare il tifo per un maggior garantismo nei casi di espulsione furono gli immigrati italiani nel Nord-Europa, che si fecero vivi durante il dibattito. Si erano verificati alcuni casi di facili espulsioni di immigrati - guarda caso - italiani, in particolare nelle Regioni Nord-occidentali della Germania, dove, per un banale furto, venivano espulsi figli e nipoti di immigrati nati e residenti da sempre in Germania. In quel caso c'era evidentemente un accanimento, che veniva interpretato come tale da organizzazioni di emigrati. Introducemmo pertanto questo principio di cautela, sia nell'identificazione delle cause di eventuale espulsione, concedendo a chi viene colpito da provvedimento di espulsione dalle autorità di un Paese membro la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia di Lussemburgo che ha l'ultima parola, soprattutto su casi che possano interessare la sicurezza dello Stato. Solo in questi casi la Corte potrebbe o potrà approvare un provvedimento di espulsione: credo che ciò sia un passo avanti notevole per chi vuole la certezza del diritto fino in fondo.

Di qui, poi, il passaggio all'attualità e alle condizioni indubbiamente emergenziali. Signor Ministro, signor relatore, è un peccato che non ci sia un raccordo più stretto tra Governi nazionali e, per esempio, il Consiglio d'Europa. Qui ci sono molti colleghi, anche dell'opposizione, con cui dividiamo l'esperienza al Consiglio d'Europa, dove ad ogni assemblea e sessione si parla di queste problematiche con sempre maggiore insistenza e con sempre minore informazione corretta. Questa è la ragione per cui ho proposto - il Ministro lo sa perché mi ha aiutato in questo, assieme alla collega Maraventano - una delegazione del Consiglio d'Europa, con cui siamo andati a Lampedusa e abbiamo visitato i Centri di accoglienza: abbiamo vissuto per due giorni e mezzo l'attività di coloro che sono preposti all'accoglienza. È per questo che io sono un po' scettico di fronte alla sigla CIE: Centro di identificazione ed espulsione.

Prima di tutto è un Centro di accoglienza, di identificazione e di eventuale espulsione. Ricordiamo che anche a Lampedusa vengono accolti gli emigrati provenienti da zone sub-sahariane, quelli colpiti dal pericolo reale di guerra civile o comunque di incolumità personale. Vengono rimandati a casa solo i cosiddetti emigrati economici, protagonisti di un tentativo di emigrazione che serve a migliorare le condizioni della vita, ma che non fuggono da un pericolo per la loro vita stessa. Quindi, già a Lampedusa c'è questo primo coraggioso screening, ma è chiaro che tutto questo richiede anche un certo tempo. C'è un controllo concreto, fisico, con strumentazioni all'avanguardia, elettroniche, ma comunque è sempre un'operazione molto delicata. Ecco perché la polemica sui 18 mesi non mi coinvolge più di tanto: considero i 18 mesi un tempo limite, ma vorrei segnalare ai colleghi che la legge che stiamo per approvare - come mi auguro - prevede una scansione di tempi, da 30 giorni che nel caso diventano 60 o 120 quando vi sono complicazioni; ma i 18 mesi potranno scattare veramente in casi estremi, in casi limite. Quindi, guardiamo un po' anche il bicchiere mezzo pieno, in un momento di grande difficoltà.

Per quanto riguarda la direttiva 2008/115/CE, è questo il banco di prova ormai consolidato, e vedo che questa legge ne è la prova. L'applicazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione - che dobbiamo cercare di gestire bene - è un passo avanti importante per tutta la problematica che riguarda le espulsioni. Vorrei anche ricordare, a proposito di espulsioni facili, di condizioni inumane e così via, che noi siamo quel Paese, siamo quel Governo che ormai da molti mesi è arrivato addirittura a dare titoli di viaggio e soldi in contanti a centinaia, forse migliaia di emigrati (non so se il Ministro abbia dei dati in tal senso) che consideravamo titolari di un diritto di libera circolazione; abbiamo dato i soldi per il viaggio, i soldi per un'autonomia quotidiana. Peccato che siano stati fermati alle frontiere, in particolare quelli che volevano andare in Francia, vale a dire oltre il 50 per cento degli emigrati.

Per questo motivo bisogna davvero approfondire il dialogo con l'Europa, non solo attraverso il Consiglio d'Europa, ma attraverso la Commissione europea. Aggiungo che, con il Consiglio d'Europa, la settimana scorsa siamo stati nei campi profughi della Turchia, dove stanno confluendo a migliaia i profughi della Siria. Quindi il dramma di oggi, il sangue che scorre nelle strade siriane si riverserà ancora di più sulla Turchia. Dunque è un problema anche di altri Paesi. Va detto che la Turchia non riconosce lo status di rifugiato, in quanto non ha firmato certi capitoli del Trattato di Ginevra del 1951; però la Turchia oggi è ammirevole per impegno concreto, per spiegamento di forze e per spirito di solidarietà nell'accoglienza. Oggi i profughi sono 10.000, in sette campi diversi, tutte tendopoli della Mezzaluna Rossa e della Croce Rossa. Quindi non consideriamoci solo noi un avamposto in preda a momenti di emergenza: ce ne sono anche altri.

Volevo aggiungere, a proposito di Stati europei, che ormai vi è una lagnanza diffusa sul fatto che c'è una notevole indifferenza da parte di certi Stati. Signor relatore, quale sorpresa? Già al momento del varo di queste direttive, Danimarca, Olanda e Svezia posero l'opting out, vale a dire l'opzione del tipo: va bene ma noi non ci stiamo, su questa materia applichiamo le nostre leggi nazionali; abbiamo regole nostre, e quelle che decidete come Comunità non ci appartengono, o le prendiamo dove possiamo. Questi Paesi oggi devono essere coinvolti, non solo sul piano del diritto o della richiesta di aiuti finanziari ed economici per i profughi, ma della politica pura. È una decisione politica che devono prendere, e devono prendersi parimenti le quote di immigrati che spettano loro: soprattutto Paesi come Francia, Germania e Regno Unito, dove vuole andare la stragrande maggioranza di coloro che approdano a Lampedusa.

Voglio concludere, senza permettermi di interferire o commentare l'aspetto giuridico (che il nostro relatore ha interpretato in maniera corretta, esemplare e coerente, con bellissime indicazioni politiche), richiamando lo spirito di queste direttive, che si rispecchia, con i correttivi che ho cercato di ricordare, con quello che oggi stiamo vivendo anche in questa Assemblea. Lo spirito che dobbiamo trasmettere agli altri Paesi europei è quello della solidarietà, dell'accoglienza, dell'integrazione, dello spirito di umanità fino al massimo livello, ma con tutte le attenzioni e le prudenze del caso. Occorre evitare che l'emergenza di questi poveri Paesi in guerra o in preda a crisi tragiche per siccità, fame e miseria metta in ginocchio i pochi Paesi d'Europa, l'Italia in primo piano, che sono chiamati a farvi fronte.

Se non riuscissimo a costruire un'accoglienza con i mezzi necessari, non faremmo che far trasferire questi poveretti da un'emergenza ad un'altra, poco conta se condivisa con noi. L'Europa si sta impegnando solo sul piano finanziario; debbono essere aperte le frontiere, debbono essere accettate quelle quote di rifugiati, interpretando, come stiamo facendo noi, le due direttive di base, la 2004/38/CE e la 2008/115/CE. Voglio esprimere solidarietà a Lampedusa: ho avuto la fortuna di vivere queste giornate; sono eroici i suoi abitanti, e lo sono tutti coloro che si stanno occupando dell'accoglienza e dell'emergenza. Per questo, desidero chiedere al Presidente di aggiungere la mia firma all'ordine del giorno G105 della collega Maraventano e degli altri firmatari.

Vorrei altresì complimentarmi con il relatore: è un tema difficile, ma la coerenza è l'arma con cui si vincono queste battaglie. (Applausi dal Gruppo PdL e della senatrice Maraventano. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

BOSCETTO, relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, anch'io rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.

DI NARDO, segretario. «La 1a Commissione permanente, esaminati gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo».

« La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo sul testo, prendendo atto dei chiarimenti forniti dalla Ragioneria generale circa la correttezza contabile della copertura di cui all'articolo 5, comma 2, lettera b), in quanto predisposta su risorse in conto residui di stanziamento, peraltro rinvenienti da una preesistente autorizzazione di spesa e riversate su apposita contabilità speciale nel corso del 2011, già scontati sugli effetti stimati sui tendenziali a legislazione vigente. Osserva tuttavia che tale copertura si prefigura come non perfettamente conforme alle modalità previste dall'articolo 17 della legge n. 196 del 2009.

In relazione agli emendamenti esprime parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 1.4, 3.2 (limitatamente al comma 7), 3.4, 3.18, 3.51, 3.100, 3.48, 3.101 (testo 2) e 3.103.

Esprime altresì parere di semplice contrarietà sulle proposte 3.2-a. 3.6, 3.17, 3.0.1 e 3.102.

Il parere è di nulla osta sui restanti emendamenti».

PRESIDENTE. Colleghi, è stata convocata la Conferenza dei Capigruppo. Sospendo pertanto la seduta fino al suo termine.

(La seduta, sospesa alle ore 12,28, è ripresa alle ore 13,08).

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo, riunitasi questa mattina, ha apportato modifiche al calendario corrente con l'inserimento all'ordine del giorno, per domani, alle ore 17,30, di un'informativa del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione economica. Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio, i Gruppi potranno intervenire per dieci minuti ciascuno. È stato chiesto alla RAI di provvedere alla trasmissione di un riassunto dei lavori.

Riprenderà adesso la discussione sul disegno di legge n. 2825, anche con possibili votazioni, che si concluderà nel pomeriggio.

Proseguirà poi, sino alla sua conclusione, la discussione generale sul bilancio interno.

Domani mattina si passerà all'esame degli ordini del giorno e alle votazioni finali del rendiconto e del bilancio interno. Seguirà, sempre in mattinata, l'esame degli altri argomenti già previsti dal calendario, ratifiche di accordi internazionali e disegno di legge di modifica allo statuto del Fondo monetario internazionale.

È stata infine richiesta al Governo la disponibilità a rendere un'informativa sulla situazione in Siria.

Calendario dei lavori dell'Assemblea, variazioni

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi questa mattina, con la presenza dei Vice presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche al calendario corrente:


Martedì

2

agosto

ant.

h. 9,30-13,30

- Disegno di legge n. 2825 - Decreto-legge n. 89, recante attuazione direttive per libera circolazione cittadini comunitari e rimpatrio cittadini di Paesi terzi irregolari (Approvato dalla Camera dei deputati) (Scade il 22 agosto)

- Seguito Doc. VIII, nn. 7 e 8 - Bilancio interno e rendiconto del Senato

- Disegno di legge n. 2739 - Modifica Statuto Fondo Monetario Internazionale

- Ratifiche di accordi internazionali

- Informativa del Governo sulla situazione in Siria (mercoledì, ore 15.30)

- Informativa del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla situazione economica (mercoledì, ore 17.30)


"

"

"

pom.

h. 16-20,30

Mercoledì

3

"

ant.

h. 9,30

Giovedì

4

"

ant.

h. 9,30
(se necessaria)

Dopo la sospensione per la pausa estiva le Commissioni potranno convocarsi a partire da lunedì 5 settembre. L'Assemblea tornerà a riunirsi martedì 13 settembre.

Martedì

13

settembre

pom.

h. 16,30-20

- Disegni di legge nn. 2803 e 2804 - Rendiconto e Assestamento del bilancio dello Stato (Votazioni finali con la presenza del numero legale)

Mercoledì

14

"

ant.

h. 9,30-13

"

"

"

pom.

h. 16,30-20

Giovedì

15

"

ant.

h. 9,30-14

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 2803 e 2804 (Rendiconto e Assestamento del bilancio dello Stato) dovranno essere presentati entro le ore 12 di lunedì 12 settembre.

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2825
(Decreto-legge libera circolazione cittadini comunitari
e rimpatrio cittadini di Paesi terzi irregolari)
(6 ore, escluse dichiarazioni di voto)

Tempi assegnati

Tempi residui

Relatore

30'

10'

Governo

30'

30'

Votazioni

30'

27'

Gruppi 4 ore e 30 minuti, di cui (*):

PdL

1 h.

11'

15'

PD

1 h.

01'

37'

LNP

28'

10'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

23'

10'

Per il Terzo Polo (ApI-FLI)

22'

10'

IdV

22'

10'

CN-Io Sud-FS

22'

12'

Misto

21'

1'

Dissenzienti

5'

5'

(*) La ripartizione dei tempi residui tiene conto di cessioni concordate tra i Gruppi.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2825 (ore 13,08)

PRESIDENTE. Passiamo ora all'esame degli ordini del giorno, già illustrati nel corso della discussione generale e su cui invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BOSCETTO, relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda gli ordini del giorno il relatore si rimette al Governo, avendo anche avuto notizia di varie proposte di riformulazione.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, inviterei a considerare gli ordini del giorno tenendo conto che, per ciò che concerne le premesse, il parere del Governo è in generale contrario, mentre, per quanto riguarda i dispositivi, vi sono alcune proposte di riformulazione.

Iniziando dall'ordine del giorno G100, il parere del Governo è contrario sulle premesse, mentre per il dispositivo vi è una proposta di riformulazione, nel senso di eliminare il primo capoverso e di riscrivere il secondo capoverso nella seguente maniera: «ad attivarsi celermente per migliorare sempre più le condizioni dei migranti presenti nei Centri di identificazione ed espulsione, nei Centri di accoglienza nonché nei Centri accoglienza dei richiedenti asilo, consentendo, finita l'emergenza, l'accesso anche ai giornalisti (...)». Quanto all'ultimo capoverso, se ne propone la seguente riformulazione: «a rendere accessibili, ai sensi della legge n. 241 del 1990, gli atti relativi alla gestione dei Centri al fine di consentire una migliore informazione sull'amministrazione e la gestione delle strutture in questione».

Per quanto riguarda l'ordine del giorno G101, il parere è contrario sulle premesse, mentre si propone la riformulazione del dispositivo nella seguente maniera, ovviamente sempre considerando finita l'emergenza: «si impegna il Governo a: predisporre ed adottare tutte le misure necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori dell'informazione l'accesso ai centri per immigrati e richiedenti asilo, modificando le regole d'accesso».

Si invita poi al ritiro dell'ordine del giorno G102; diversamente, il parere sarà contrario, avendo chiesto la riformulazione dell'ordine del giorno precedente.

Per quanto riguarda l'ordine del giorno G103, il parere è contrario sulle premesse, mentre per quanto attiene al dispositivo, se ne accolgono tutti i capoversi, ad eccezione dell'ultimo.

Per quanto riguarda invece l'ordine del giorno G104, il parere è contrario sulle premesse, mentre è favorevole sul dispositivo, senza modifiche.

Infine, con riferimento all'ordine del giorno G105, il parere è favorevole, con una richiesta di riformulazione del dispositivo nel senso di inserire, dopo le parole: «per prevedere l'aumento delle pene», le seguenti: «nei casi più gravi».

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se è d'accordo con le proposte di riformulazione elaborate dalla rappresentante del Governo.

BOSCETTO, relatore. Sì, Signor Presidente.

PRESIDENTE. Senatore Pedica, accetta la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G100 avanzata dal Governo?

PEDICA (IdV). Vorrei un attimo di tempo per confrontare l'ordine del giorno così come proposto dal Governo con quello che abbiamo presentato noi.

PRESIDENTE. Senatrice Adamo, accoglie la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G101 avanzata dal Governo?

ADAMO (PD). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G101 (testo 2) non verrà posto ai voti.

Senatrice Marinaro, accoglie la proposta del Governo di ritirare l'ordine del giorno G102?

MARINARO (PD). Sì, ritiro l'ordine del giorno G102.

PRESIDENTE. Senatrice Marinaro, accoglie la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G103?

MARINARO (PD). È un po' paradossale che mi si chieda di togliere proprio la parte che prevede la presentazione (e quindi il coinvolgimento del Parlamento) di una relazione semestrale al Parlamento su tali tematiche. Comunque, accetto la proposta del Governo.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G103 (testo 2) non verrà posto in votazione.

PRESIDENTE. Senatrice Marinaro, accoglie la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G104?

MARINARO (PD). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G104 (testo 2) non verrà posto ai voti.

Senatrice Maraventano, accoglie la proposta di riformulazione dell'ordine del giorno G105?

MARAVENTANO (LNP). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G105 (testo 2) non verrà posto ai voti.

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERDUCA (PD). Io e la senatrice Poretti vorremmo aggiungere la firma all'ordine del giorno G101 (testo 2), precedentemente esaminato.

Vorrei inoltre ricordare al Governo, che ha chiesto solo una minima riformulazione, che cosa chiede l'ordine del giorno G105: esso impegna il Governo «ad esigere in tutte le competenti sedi internazionali, a partire dal Consiglio dell'Atlantico del Nord, che alle forze aeronavali attualmente impegnate nell'operazione Unified Protector (...)». Sottolineo le parole «ad esigere». Voi, cioè, vi impegnate ad esigere. Se dovessimo non riuscire nell'impresa, che succede? Ci ritiriamo dal gruppo di cui facciamo parte? O non facciamo quello che viene detto in questo ordine del giorno? O lo facciamo da soli? Capisco che sia una questione interna di partito, ancora prima che di maggioranza, però occorre mantenere un minimo di decenza. Vi siete impegnati «ad esigere». Voglio proprio vedere come farete ad esigere.

PRESIDENTE. Senatore Pedica, ha preso visione del testo dell'ordine del giorno G100, così come riformulato dal Governo?

PEDICA (IdV). Vorrei chiedere alla rappresentante del Governo una precisazione per quanto riguarda la parte eliminata: «permettendo in ogni caso la verifica e il monitoraggio delle situazioni esistenti non solo ai parlamentari della Repubblica, ma», sostituita con le seguenti parole: «consentendo l'accesso anche ai giornalisti». Chiedo di inserire anche: «e ai parlamentari». Perché solo ai giornalisti? In questo modo la figura del parlamentare è assente. Ripeto: vorrei che l'accesso sia consentito anche ai parlamentari e ai giornalisti, ma quando? In situazioni di emergenza? Finita l'emergenza e non durante?

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Vorrei ricordare che il Ministro, con nota dell'8 aprile 2011, ha comunque ribadito l'accesso ai Centri per immigrati presenti su tutto il territorio nazionale ai parlamentari europei, ai deputati e ai senatori della Repubblica.

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Questo accadrà sempre «finita l'emergenza»? In questo periodo, ad esempio, noi non possiamo entrare? Quindi, durante l'emergenza o finita l'emergenza? Anche durante l'emergenza è consentita la possibilità di accesso ai parlamentari e ai giornalisti? (Commenti dai Gruppi PdL e PD).

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, la possibilità di accesso dei parlamentari della Repubblica attualmente non è minimamente in discussione, perché il Ministro, con circolare dell'8 aprile 2011, lo ha già ribadito. Cosa diversa è per quanto riguarda i giornalisti, per cui l'impegno del Governo, finita l'emergenza, è di consentire l'ingresso anche ai giornalisti. Ma per i parlamentari è fuori discussione che anche attualmente possano entrare. (Commenti dai Gruppi IdV e PdL).

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Vorrei chiedere un'ultima precisazione (può essere banale, ma per noi non è tale): la frase «finita l'emergenza» cosa vuol dire per voi? Quand'è finita l'emergenza? (Commenti dal Gruppo PdL).

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. A rigore e normativamente, c'è uno stato di emergenza dichiarata con un provvedimento ad hoc, a cui ci si può richiamare, finita l'emergenza, così come dichiarata. (Commenti dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Colleghi, il Parlamento esiste per questa forma di confronto. È un dibattito. (Commenti del senatore Asciutti).

TONINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TONINI (PD). Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno G105, esprimendo l'auspicio e l'augurio che il Governo non voglia accoglierlo, essendo di assoluta gravità.

PRESIDENTE. È già stato accolto, senatore Tonini.

TONINI (PD). Questo è un fatto gravissimo, e noi siamo totalmente contrari al contenuto dell'ordine del giorno in oggetto.

Ci meravigliamo che il Governo possa aver espresso parere favorevole in presenza di molte dichiarazioni, anche in sedi formali come le Commissioni e l'Aula della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, da parte dei Ministri della difesa e degli affari esteri che, di fronte a richieste di questo tipo, hanno sempre espresso l'assoluta contrarietà del Governo, anche per le ragioni evidenti di rapporto con i nostri alleati.

Un'alleanza come la NATO non ha alcuna competenza e non può, in alcun modo, essere impiegata in chiave di prevenzione dell'immigrazione. Le forze navali schierate davanti alla Libia... (Commenti del ministro Maroni). Signor Ministro, consulti i suoi colleghi; evidentemente non siete in grado di parlarvi in seno al Governo. Le forze navali schierate davanti alla Libia devono servire a prevenire l'ingresso illegale di armi in Libia, in violazione delle norme sull'embargo di fornitura di armi al regime di Gheddafi. Non hanno evidentemente alcuna possibilità pratica, oltre che giuridica, di fermare i barconi dei disperati.

È evidente che questo è un ordine del giorno di cattiva propaganda, signor Ministro, e ci auguriamo che l'Aula del Senato lo respinga con fermezza. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore Pedica, ha risolto il problema? (Commenti dal Gruppo PdL).

PEDICA (IdV). Signor Presidente, sulla questione dei giornalisti (altrimenti non si viene a capo di questo argomento, anche per una questione legata all'informazione), volevamo sapere se è possibile inserire la seguente frase: «ferma restando la possibilità di concedere specifici permessi, anche in condizioni di emergenza, ai giornalisti», dove «specifici permessi» vuol dire non quotidianamente, ma occasionalmente in una fase di emergenza. Altrimenti non viene data all'opinione pubblica la possibilità di vedere quali sono le condizioni che si vivono in una fase di emergenza. Non è pensabile togliere tout court la possibilità di informare su cosa avviene all'interno, se non attraverso un parlamentare: credo che l'informazione debba essere un atto dovuto, e non celato.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIALE, sottosegretario di Stato per l'interno. Confermo la proposta di riformulazione. Vorrei ricordare che comunque possono fare accesso nei luoghi di cui stiamo parlando rappresentanti dell'UNHCR, dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, della Croce rossa italiana, di Amnesty International, di Medici senza frontiere, di Save the children, della CARITAS, nonché tutte le associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza finanziati con i fondi nazionali ed europei.

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEDICA (IdV). Noi riteniamo che la presenza dei giornalisti sia un fatto importante di comunicazione e di libertà. (Commenti dai Gruppi PdL e LNP). Se il Governo vuole escludere, anche una tantum, la possibilità di intervenire come informazione, la cosa ci fa preoccupare molto, perché, oltre a tutte le organizzazioni, c'è anche la possibilità di avere la libertà di far vedere qualcosa. Ciò ci crea il dubbio di non volere informare l'esterno, se non attraverso organi che non hanno uno strumento che può rendere visibile ciò che alcuni occhi vedono. È un invito ad una riflessione. Avete fatto un elenco di associazioni...

PRESIDENTE. Senatore Pedica, ferme restando tutte le sue riserve, che rimangono agli atti, deve dire se accetta la riformulazione.

PEDICA (IdV). Stiamo ragionando e stiamo riflettendo. Se poi, dall'altra parte...

PRESIDENTE. Senatore Pedica, deve chiarire se accetta o meno la riformulazione dell'ordine del giorno G100.

PEDICA (IdV). Non vogliamo fermare l'informazione. (Commenti dai Gruppi PdL e LNP). Noi crediamo nell'informazione e nel giornalismo, che rappresenta uno strumento essenziale di libertà. Vedo che non si vuole la libertà di pensiero, e allora non accettiamo la proposta del Governo. (Commenti dai Gruppi PdL e LNP).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'ordine del giorno G100, presentato dal senatore Belisario e da altri senatori.

Non è approvato.

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

MARCENARO (PD). Signor Presidente, e l'ordine del giorno G105?

PRESIDENTE. Senatore Marcenaro, in via del tutto eccezionale - ricordo che purtroppo non dipende da me - ho dato la parola al senatore Tonini sull'ordine del giorno G105 (testo 2) per far rimanere agli atti il dissenso del Partito Democratico, perché l'ordine del giorno era stato già accolto precedentemente dal Governo.

Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Le mozioni, interpellanze e interrogazioni pervenute alla Presidenza saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica oggi, alle ore 16, con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta (ore 13,29).

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari (2825)

PROPOSTA DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

QP1

D'ALIA, SERRA, GALIOTO, GUSTAVINO, ADAMO (*)

Respinta

Il Senato,

        premesso che:

            gli interventi previsti dal decreto legge riguardano materie diverse ed eterogenee tra loro ovvero la circolazione dei cittadini dell'Unione europea e il loro allontanamento dal territorio nazionale e il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari;

            il decreto-legge presenta diversi profili di incostituzionalità tra cui:

                violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Le singole disposizioni del decreto in parola non presentano i caratteri di straordinarietà, necessità ed urgenza che legittimano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, l'adozione di decreti-legge. In particolare il n.3 della lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge, concernente il limite massimo di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.), modifica l'articolo 14 comma 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) senza che ciò sia necessario ai fini dell'attuazione della direttiva. La norma in questione prevede già un limite massimo di dodici mesi conforme all'articolo 15 paragrafo 6 della direttiva 2008/115/CE stessa. Il decreto pertanto non si limita a recepire la direttiva ma modifica in modo ingiustificatamente restrittivo l'ordinamento vigente quando l'articolo 4 della direttiva per quanto riguarda la sua attuazione espressamente lascia impregiudicate eventuali norme degli ordinamenti nazionali più favorevoli come nel caso di specie. La mancanza di esigenze di adattamento dell'ordinamento nazionale per quanto riguarda la disposizione specifica fa venir meno i presupposti di necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione;

                violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione. In particolare la norma in questione viola i principi di proporzionalità, eguaglianza e adeguatezza nell'applicazione di misure restrittive della libertà personale con riferimento alla applicazione di un sostanziale stato di detenzione dipendente da una situazione di irregolarità amministrativa. Tali restrizioni inoltre sono introdotte senza che siano previsti un rafforzamento delle garanzie e dei diritti dei soggetti trattenuti, né un adeguamento delle condizioni dei C.I.E. e dei relativi servizi;

                violazione degli articoli 10 e 13 della Costituzione, in relazione all'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. I limiti alla libertà personale fissati in via generale dall'articolo 13 della Costituzione (che permette che la libertà personale possa essere limitata con atto motivato dell'autorità giudizi aria e nei soli casi e modi previsti dalla legge) devono essere specificati in virtù del disposto della Convenzione E.D.U., che integra la normativa super-primaria interna a mente dell'articolo 10 della Costituzione. Ebbene, l'articolo 5 della Convenzione prevede, tra le ipotesi che legittimano la privazione (temporanea) della libertà, ipotesi connesse al contrasto all'immigrazione, ma certamente differenti da quelle previste dalle norme in oggetto; infatti, la detenzione è possibile «se si tratta dell'arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d'espulsione o d'estradizione». Le ipotesi contemplate sono, pertanto: a) quella del soggetto che viene bloccato per impedirgli di entrare; b) quella del soggetto che, entrato, è sottoposto a procedimento di espulsione. Nella specie, invece, il lunghissimo termine introdotto (fino a 1 anno e mezzo) è limitato alla semplice identificazione dello straniero già entrato e non ancora colpito da provvedimento di esplusione, atteso che il procedimento di identificazione potrebbe poi in ipotesi verificare la provenienza dello straniero da territori la cui situazione geo-politica impone l'accoglimento per diritto d'asilo. È evidente, pertanto, come la regola di detenzione con termine elevatissimo si ponga in netto contrasto con il combinato disposto della norma interna ed europea;

                violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione sotto il profilo dell'irragionevole disparità di trattamento. Come è noto, il codice di procedura penale prevede l'istituto del c.d. fermo per identificazione, che consiste in un potere della polizia giudiziaria di trattenere la persona nei cui confronti vengono svolte indagini per il periodo necessario ad identificarlo. Tuttavia, e nonostante che si tratti dell'identificazione di un indagato per un reato penale, l'articolo 349 del codice di procedura penale prevede termini limitatissimi per il trattenimento; in particolare, la norma stabilisce al 4º comma che: «Se tal una delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore. nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente». Come appare in maniera evidente dalla lettura della norma, la regola può certamente riguardare anche stranieri (si veda il riferimento all'autorità consolare o all'interprete) non identificati, ma l'Ordinamento ritiene impossibile protrarre il fermo per più di un giorno e fatto salvo il potere del pubblico ministero (articolo 349, comma 5, del codice di procedura penale) di disporre l'anticipato rilascio del fermato. Se, nelle condizioni particolarmente gravi di un fermo per identificazione di un indagato per un reato penale, il sistema ritiene sufficiente un termine di 24 ore per l'identificazione, appare assolutamente irragionevole prevedere un diverso termine che arrivi fino ad un anno e mezzo per l'identificazione degli immigrati, anche tenendo conto delle difficoltà amministrative e di relazioni diplomatiche con alcuni Paesi stranieri e la maggiore complicazione derivante dal numero di soggetti da identificare: tutti questi elementi non sono in grado di giustificare e rendere ragionevole sotto il profilo costituzionale l'enorme differenza nel termine di privazione della libertà tra i due casi, peraltro assai omogenei;

                violazione degli articoli 3, 13, 25 e 27 della Costituzione. La previsione del potere di trattenimento nei C.I.E. per un periodo che può andare fino ad un anno e mezzo rappresenta, di fatto, una condanna ad una pena detentiva senza la commissione (rectius: senza l'accertamento giudiziale della commissione) di un reato. Di fatto, con provvedimenti adottati da un giudice di pace - ossia da un magistrato onorario che ordinariamente, nel nostro sistema penale, non è adibito a compiti di valutazione della sussistenza di esigenze cautelari detentive - si dispone la detenzione di uno straniero in un centro assimilabile ad una struttura carceraria, senza però che sia previsto un sistema di ricorsi a tutela della libertà come avviene per l'applicazione di misure cautelari custodiali nel processo penale (tribunale della libertà, Corte di cassazione), senza che vi sia la valutazione della sussistenza di un quadro indiziario e cautelare sufficiente e, soprattutto, con termini di durata della misura che superano di gran lunga quelli fissati dal codice di procedura penale ed appaiono oggettivamente sproporzionati rispetto al risultato che intendono raggiungere. L'articolo 303 del codice di procedura penale fissa i termini massimi di durata della custodia cautelare. Il comma 1, lettera a), numero 3) della norma stabilisce che, dal momento della sua applicazione e per tutto il corso delle indagini, la custodia cautelare per i reati più gravi possa avere una durata massima di un anno, ossia un terzo in meno del periodo massimo di trattenimento nei C.I.E. per l'identificazione dello straniero. Esemplificativamente, si ricordano alcuni dei reati che legittimano la custodia cautelare fino ad un anno nel corso delle indagini: tutti i reati punti con la reclusione non inferiore a 20 anni, associazione mafiosa e reati aggravati dal metodo mafioso, delitti di terrorismo ed eversione, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione, delitti in materia di armi, spaccio di sostanze stupefacenti, reati di pedopornografia e violenza sessuale. Anche solo questo elenco appare sufficiente a ritenere del tutto irragionevole la disparità di trattamento - e quindi sussistente la violazione dell'articolo 3 della Costituzione - tra l'indagato per tali gravi reati sottoposto a misura cautelare custodiale (dopo accertamento giudiziale da parte di un giudice togato della sussistenza di gravi indizi di reato e di esigenze cautelari) e lo straniero trattenuto per semplice identificazione.

        Per questi motivi,

        delibera

            di non procedere nell'esame dell'atto Senato n. 2825.

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

ORDINI DEL GIORNO

G100

BELISARIO, GIAMBRONE, PARDI, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Il Senato,

        in sede di esame dell'A.S. 2825 (decreto-legge n. 89, recante attuazione direttive per libera circolazione cittadini comunitari e rimpatrio cittadini di paesi terzi irregolari);

        premesso che:

            i Centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.) così denominati dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, recante Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, costituiscono le strutture destinate al trattenimento degli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile. Scopo dichiarato dei Centri è quindi quello di evitare la dispersione degli immigrati irregolari al fine di consentire la materiale esecuzione dei provvedimenti di espulsione. La disciplina sull'immigrazione prevista dal testo unico sancisce, oltre al rispetto dei diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, che lo straniero sia trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità. Si specifica inoltre che allo straniero sia assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza, anche telefonica, con l'esterno;

            la 3ª Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione) del Senato, già nel 2009 ha esaminato l'atto comunitario n. 17 relativo al rafforzamento dell'approccio globale in materia di migrazione, ed ha approvato all'unanimità la risoluzione Doc. XVIII, n. 16 che impegnava il Governo: «a cooperare con gli altri paesi dell'Unione europea per un governo europeo dei fenomeni migra tori, affiancato da un nuovo modello di governance, che coinvolga tanto i Paesi di origine, quanto quelli di destinazione dei flussi migratori, promuovendo intese e forme comuni di disciplina; a utilizzare a pieno gli strumenti della cooperazione allo sviluppo con i Paesi di origine e di transito, nella prospettiva di una più efficace partnership che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo»;

            il Programma di Stoccolma, approvato nel 2009 dal Consiglio europeo, ha riaffermato il principio che il necessario rafforzamento dei controlli alle frontiere non dovrà in alcun modo ostacolare l'accesso ai sistemi di protezione delle persone che ne hanno diritto, con particolare riguardo ai bisogni dei minori non accompagnati e ad altri gruppi di persone in situazione di vulnerabilità mentre l'articolo 4 del Protocollo aggiuntivo alla CEDU, firmato a Strasburgo il 16 settembre 1963, e ribadito dalla Carta di Nizza nel 2000, vieta esplicitamente i respingimenti collettivi di stranieri;

            la Corte di giustizia europea ha recentemente sancito, con la sentenza C-61/11/PPU del 28 aprile 2011, che il reato di clandestinità può compromettere la realizzazione dell'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali, rilevando fra l'altro come la direttiva rimpatri (2008/115/CE) non sia stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano entro il termine previsto, ma solo in data 23 giugno 2011. Nella sentenza si leggono chiaramente le perplessità della Corte riguardo la legittimità del reato di clandestinità, introdotto nell'ordinamento italiano con la legge 15 luglio 2009, n. 94. Secondo la Corte infatti «gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all'insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all'allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio». Il giudice nazionale, nell'applicare le disposizioni europee, dovrebbe quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva.

            si osserva come le disposizioni contenute nell'art. 1, commi 16 e 17, della legge 15 luglio 2009, n. 94 inerenti il reato di clandestinità non colpiscano una condotta o una presunta pericolosità dell'immigrato, quanto piuttosto una condizione di fatto. Nonostante la Corte costituzionale, con sentenza del 5 luglio 2010 n. 249, abbia dichiarato illegittima l'aggravante della clandestinità (che aumentava le pene fino ad un terzo per qualsiasi reato se commesso da un clandestino) permane comunque la discriminazione a priori secondo la quale la condizione di migrante irregolare rappresenta di per sé motivo di pericolosità sociale;

            l'art. 10 della Costituzione repubblicana sancisce solennemente che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalle legge»;

        preso atto che:

            nella seduta n. 574 del 28 giugno 2011 il Gruppo Parlamentare «Italia dei Valori» ha presentato una mozione (n. 1/00443) nella quale si chiedeva un impegno da parte del Governo a riconsiderare la pratica del cosiddetto respingimento e a promuovere la modifica della disciplina vigente in materia di immigrazione nel senso di renderla coerente con i trattati internazionali ad oggi vigenti ed alla luce di quanto recentemente sancito dalla Corte europea di giustizia. Mozione che, nella successiva seduta del 29 giugno, dopo il parere contrario da parte del Governo, è stata respinta con motivazioni che tuttavia non sembrano convincenti;

        considerato che:

            la recente emergenza relativa all'afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa e i frequenti episodi verificatisi all'interno dei C.I.E. testimoniano lo stato di disorganizzazione di questi istituti che, oltre a rendere ancor più penosa la permanenza degli immigrati, non rende giustizia al delicato lavoro svolto dalle forze dell'ordine. Queste strutture hanno ormai ampiamente dimostrato di non poter essere la risposta appropriata alla gestione dell'emergenza migratoria in quanto non garantiscono né l'accoglienza né la sicurezza e che, via via, hanno assunto sempre maggiori analogie con le istituzioni carcerarie;

            in data 1º aprile 2011 il Ministro dell'interno ha adottato una circolare (prot. n. 1305 del 1º aprile 2011) con la quale venivano poste limitazioni di accesso alle strutture di accoglienza e a quelle di detenzione. Emblematico il caso del Centro di Palazzo San Gervasio (Potenza) nel quale, per ben due volte, uno tra i firmatari del presente atto di indirizzo, Senatore della Repubblica, si è visto in un primo momento negare l'accesso alla struttura, a fronte di notizie di stampa che denunciavano tentativi di fuga, gravi problemi organizzativi della struttura e quindi tali da legittimare l'esercizio delle funzioni ispettive e di controllo tipiche dell'organo parlamentare. Soltanto dopo la presentazione di numerosi atti di sindacati ispettivo è stato reso possibile a deputati e senatori della Repubblica di avere accesso ai Centri di identificazione ed espulsione. Oltre alla stringente attinenza politica della vicenda, appare opportuna rilevare una grave violazione del nostro ordinamento giuridico di rango costituzionale, altre che puramente normativa;

            episodi analoghi si sana verificati in altri centri sul territorio nazionale. Sulla base della medesima circolare si è, inoltre, impedita l'ingresso anche agli operatori dell'informazione. Appare quindi evidente che la già controversa gestione di questa tipa di strutture debba essere reindirizzata versa la più ampia trasparenza passibile, al fine di consentire il doveroso accertamento delle condizioni degli stranieri detenuti nei C.I.E.;

        impegna il governo:

            ad intraprendere iniziative di carattere normativa volte alla modifica delle disposizioni interne in contrasto con la normativa comunitaria esposta in premessa, con particolare riferimento all'art. 1, commi 16 e 17, della legge 15 luglio 2009, n. 94, laddove si introduce il reato di ingresso e soggiorna illegale nel territorio dello Stato in quanta essa punisce non il solo ingresso, ma anche la permanenza nel territorio dello Stato;

            ad attivarsi celermente per migliorare sensibilmente le condizioni dei migranti presenti nei Centri di identificazione ed espulsione, nei Centri di accoglienza nonché nei Centri accoglienza dei richiedenti asilo, permettendo in ogni caso la verifica ed il monitoraggio delle situazioni esistenti non solo ai parlamentari della Repubblica, ma anche ai giornalisti ed alle organizzazioni e agli enti riconosciuti a carattere assistenziale ed umanitario;

            a rendere pubblici tutti gli atti relativi alla gestione dei Centri al fine di consentire una corretta informazione sull'amministrazione e la gestione delle strutture in questione.

G101

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, BASTICO, CECCANTI, DE SENA, MARINO MAURO MARIA, SANNA, VITALI (*)

V. testo 2

Il Senato,

        premesso che:

            l'articolo 21 della Costituzione così come ampiamente interpretato dalla Giurisprudenza costituzionale tutela il diritto di cronaca e la libertà di informare quale profilo attivo della libertà di manifestazione del pensiero (ex multis sentt. Corte Cost. 25/1965, 16/1981 e 18/1981);

            parimenti la giurisprudenza costituzionale ha specificato come esista anche un profilo passivo della libertà di espressione, identificabile nella libertà degli individui di essere informati e di accedere alle informazioni;

        considerato che:

            il Ministro dell'interno in data 1º aprile 2011 ha promulgato una circolare, la n. 1305, nella quale si affermava che: «in considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l'accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), Croce Rossa Italiana (CRI), Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas, nonché a tutte le Associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei»;

            si è così introdotto, proditoriamente, un meccanismo ad excludendum, che non consente l'accesso alla stampa nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), mettendo in atto una gravissima riduzione dei diritti d'informazione e una violazione del principio costituzionale del diritto di cronaca e della libertà di stampa, di cui all'articolo 21 della Costituzione;

            la conseguenza immediata della circolare è stata infatti quella di impedire alla stampa, anche in presenza di parlamentari, l'accesso nei centri di identificazione e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo politico. Questa misura presenta dei profili di problematicità rispetto alle tutele assicurate dall'articolo 21 della Costituzione, con particolare riferimento al secondo comma di quell'articolo, ove si prevede che la stampa non possa essere soggetta ad autorizzazioni o censure;

        considerato altresì che:

            sebbene si possa ritenere superata la fase più acuta dell'emergenza che ha interessato Lampedusa e altre località italiane a seguito degli eventi rivoluzionari in Nord Africa e della guerra in Libia, da aprile ad oggi l'afflusso di persone sulle coste italiane non si è interrotto e non si può escludere che il sopraggiungere della stagione estiva e l'aumento delle temperature abbia avuto delle conseguenze in termini di vivibilità e di condizioni igieniche all'interno dei CIE e dei CARA;

            gli operatori dell'informazione hanno il diritto di poter verificare ed informare l'opinione pubblica in merito alle condizioni di vivibilità dei centri per immigrati;

        si impegna il Governo a:

            predisporre ed adottare con urgenza tutte le misure necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori dell'informazione l'accesso ai centri per immigrati e richiedenti asilo, modificando le regole d'accesso e neutralizzando così gli effetti della circolare del Ministro dell'interno n. 1305 del 1º aprile 2011.

________________

(*) I senatori Barbolini e Mongiello aggiungono la firma in corso di seduta

G101 (testo 2)

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, BASTICO, CECCANTI, DE SENA, MARINO MAURO MARIA, SANNA, VITALI, BARBOLINI, MONGIELLO (*)

Non posto in votazione (**)

Il Senato,

        impegna il Governo a:

            predisporre ed adottare tutte le misure necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori dell'informazione l'accesso ai centri per immigrati e richiedenti asilo, modificando le regole d'accesso.

________________

(*) I senatori Perduca, Poretti e Vita aggiungono la firma in corso di seduta

(**) Accolto dal Governo

G102

MARINARO, ADAMO, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, FONTANA, LUSI, MARINO MAURO MARIA, SIRCANA, SOLIANI, TOMASELLI, PERDUCA (*)

Ritirato

Il Senato,

        premesso che:

            il primo aprile 2011 il Ministro dell'interno ha emanato la circolare n. 1305, nella quale si affermava che «in considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l'accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), Croce Rossa Italiana (CRI), Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas, nonché a tutte le Associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei»;

            si è introdotto, proditoriamente, un meccanismo ad excludendum, che non consente l'accesso alla stampa nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo politico (CARA), mettendo in atto, tra l'altro, una gravissima riduzione dei diritti d'informazione e una violazione del principio costituzionale della libertà di stampa, di cui all'articolo 21 della Costituzione;

            la conseguenza immediata della circolare è stata infatti quella di impedire alla stampa, anche in presenza di parlamentari, l'accesso nei centri di identificazione e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo politico;

            questa misura viola apertamente l'articolo 21 della Costituzione,laddove impedisce alla stampa di informare i cittadini e l'opinione pubblica internazionale sulle reali condizione di vita e di detenzione all'interno dei CIE;

        impegna il Governo

            a rispettare l'articolo 21 della Costituzione ed il diritto di cronaca adottando urgentemente le necessarie misure atte a neutralizzare gli effetti palesemente incostituzionali della circolare del Ministro dell'interno n. 1305 del 1º aprile 2011 sull'accesso ai centri per immigrati.

________________

(*) I senatori Barbolini, Mongiello e Vita aggiungono la firma in corso di seduta

G103

MARINARO, ADAMO, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, FONTANA, LUSI, MARINO MAURO MARIA, SIRCANA, SOLIANI, TOMASELLI, PERDUCA (*)

V. testo 2

Il Senato,

        premesso che:

            nel quadro dell'attuale emergenza immigrazione, i finanziamenti complessivi disponibili per i tre Fondi europei - stabiliti con il programma pluriennale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», 2007-2013 - che possono essere usati dall'Unione europea per fornire assistenza all'Italia ammontano a 3 miliardi e 196 milioni di euro;

            il Fondo per le frontiere esterne dell'Ue, le cui risorse integrano le attività dell'agenzia Frontex per la sorveglianza delle stesse frontiere esterne, può contare su uno stanziamento di 1 miliardo e 820 milioni di euro;

            il Fondo europeo per i rifugiati ha a disposizione circa 700 milioni di euro fino al 2013, con l'obiettivo di sostenere gli Stati membri che ricevono i rifugiati e gli sfollati in modo che possano applicare procedure di asilo coerenti, eque ed efficaci;

            il Fondo europeo per i rimpatri, operativo dallo gennaio 2008, ha una dotazione di 676 milioni di euro fino al 2013 per sostenere il rimpatrio volontario e garantire finanziamenti agli Stati membri affinché offrano consulenza ai richiedenti la residenza legale la cui domanda sia stata respinta, e che sono ammissibili al Fondo misure come i voli congiunti con altri Stati membri;

            già da tre anni, nell'ambito del Fondo europeo per i rimpatri, la Commissione ha adottato il programma pluriennale 2008-2013 specifico per l'Italia, per un importo stimato di 71 milioni di euro;

            il programma «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» comprende anche un quarto Fondo, quello finalizzato a favorire l'integrazione degli immigrati 'legali', che ha una dotazione di 825 milioni di euro;

            l'ammontare complessivo di fondi destinati all'Italia è quindi di 4 miliardi e 21 milioni di euro;

        impegna il Governo:

            a rendere tempestiva informazione al Parlamento sull'utilizzo fin qui fatto delle risorse destinate all'Italia dall'Unione Europea per la gestione dei flussi migratori;

            a comunicare l'ammontare delle risorse residue e la loro eventuale destinazione;

            a garantire che l'utilizzo di tali fondi sia coerente con le politiche europee sull'immigrazione;

            a redigere e presentare al Parlamento un relazione semestrale su tali tematiche.

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(*) I senatori Barbolini e Mongiello aggiungono la firma in corso di seduta

G103 (testo 2)

MARINARO, ADAMO, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, FONTANA, LUSI, MARINO MAURO MARIA, SIRCANA, SOLIANI, TOMASELLI, PERDUCA, BARBOLINI, MONGIELLO

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

        impegna il Governo:

            a rendere tempestiva informazione al Parlamento sull'utilizzo fin qui fatto delle risorse destinate all'Italia dall'Unione Europea per la gestione dei flussi migratori;

            a comunicare l'ammontare delle risorse residue e la loro eventuale destinazione;

            a garantire che l'utilizzo di tali fondi sia coerente con le politiche europee sull'immigrazione.

________________

(*) Accolto dal Governo

G104

MARINARO, ADAMO, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, FONTANA, LUSI, MARINO MAURO MARIA, SIRCANA, SOLIANI, TOMASELLI, PERDUCA (*)

V. testo 2

Il Senato,

        premesso che:

            la normativa vigente, a partire dal Testo Unico sull'Immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, così come modificato dalla cosiddetta Legge Bossi - Fini (legge n. 189 del 2002), dispone all'art. 19 che i minori stranieri non accompagnati presenti irregolarmente in Italia non possano essere espulsi, così come previsto dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, secondo cui deve essere tenuto prioritariamente in conto il «superiore interesse del minore»;

            ai sensi della predetta normativa è obbligatorio collocare questi minori in strutture e situazioni adeguate che garantiscano loro il diritto allo studio, all'infanzia ed in generale tutti i diritti previsti nelle Convenzioni internazionali ed europee relative alla protezione e tutela dei minori, di cui l'Italia è firmataria;

            da più parti, al contrario, vengono denunciate le condizioni di degrado umano in cui i minori migranti sono costretti a vivere, in centri non adeguati neppure dal punto di vista igienico e per tempi lunghissimi;

            tale situazione sta assumendo proporzioni sempre più vergognose;

            i minori migranti sono sospesi in un limbo giuridico, in totale violazione di quelle che dovrebbero essere le procedure di accoglienza e protezione previste dal nostro Paese;

            considerata altresì la circolare del 17 maggio 20 Il con cui la Protezione civile si è impegnata ad identificare strutture adeguate e strutture-ponte;

        impegna il Governo:

            a dare piena attuazione alla normativa vigente, in base alla quale si prevede per minori la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno fino al compimento della maggiore età.

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(*) I senatori Barbolini e Mongiello aggiungono la firma in corso di seduta

G104 (testo 2)

MARINARO, ADAMO, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, FONTANA, LUSI, MARINO MAURO MARIA, SIRCANA, SOLIANI, TOMASELLI, PERDUCA, BARBOLINI, MONGIELLO

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

        impegna il Governo:

            a dare piena attuazione alla normativa vigente, in base alla quale si prevede per minori la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno fino al compimento della maggiore età.

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(*) Accolto dal Governo

G105

MARAVENTANO, BRICOLO, BODEGA, MAZZATORTA, SANTINI (*)

V. testo 2

Il Senato,

        in sede di esame del disegno di legge n. 2825, di conversione del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari;

        esprimendo preoccupazione

            per il protrarsi dell'instabilità politico-economica nel Maghreb e per la mancata composizione della crisi che ha determinato lo scoppio di una guerra civile in Libia;

        deplorando

            la circostanza che da tale instabilità e dal conflitto in atto in Libia stia derivando un significativo flusso di migranti diretto verso le coste del nostro Paese;

        sottolineando

            la gravità dell'emergenza umanitaria creata dalla ripresa del predetto flusso dei migranti, sfociata il 1º agosto nel rinvenimento di ben venticinque cadaveri su un barcone di disperati approdato a Lampedusa;

        ritenendo

            che il forte dispositivo militare multinazionale schierato dai Paesi membri della NATO nel Mediterraneo centrale, a ridosso delle coste libiche, sia in possesso di equipaggiamenti e dotazioni utili non solo alla conduzione di una campagna di bombardamenti ed all'imposizione di un embargo sulle forniture di armamenti al regime di Tripoli, ma altresì al controllo dei flussi migratori ed alla prestazione dei soccorsi in alto mare ai natanti in difficoltà;

        impegna il Governo

            ad esigere in tutte le competenti sedi internazionali, a partire dal Consiglio dell'Atlantico del Nord, che alle forze aeronavali attualmente impegnate nell'operazione Unified Protector, avviata in nome dell'esigenza di proteggere delle popolazioni civili dalla violenza, siano assegnati compiti anche nel campo della prevenzione dei flussi migratori non controllati diretti dal Maghreb verso l'Europa, che potrebbero nascondere infiltrazioni di organizzazioni criminali e traffici di esseri umani, ed in quello della prestazione dei necessari soccorsi ai natanti che risultassero in difficoltà; nonché ad intervenire, anche con apposito provvedimento normativo, per prevedere l'aumento delle pene, fino all'ergastolo, per chi si occupa dell'organizzazione e del trasporto di clandestini verso il nostro Paese.

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(*) Firma aggiunta in corso di seduta

G105 (testo 2)

MARAVENTANO, BRICOLO, BODEGA, MAZZATORTA, SANTINI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

        in sede di esame del disegno di legge n. 2825, di conversione del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari;

        esprimendo preoccupazione

            per il protrarsi dell'instabilità politico-economica nel Maghreb e per la mancata composizione della crisi che ha determinato lo scoppio di una guerra civile in Libia;

        deplorando

            la circostanza che da tale instabilità e dal conflitto in atto in Libia stia derivando un significativo flusso di migranti diretto verso le coste del nostro Paese;

        sottolineando

            la gravità dell'emergenza umanitaria creata dalla ripresa del predetto flusso dei migranti, sfociata il 1º agosto nel rinvenimento di ben venticinque cadaveri su un barcone di disperati approdato a Lampedusa;

        ritenendo

            che il forte dispositivo militare multinazionale schierato dai Paesi membri della NATO nel Mediterraneo centrale, a ridosso delle coste libiche, sia in possesso di equipaggiamenti e dotazioni utili non solo alla conduzione di una campagna di bombardamenti ed all'imposizione di un embargo sulle forniture di armamenti al regime di Tripoli, ma altresì al controllo dei flussi migratori ed alla prestazione dei soccorsi in alto mare ai natanti in difficoltà;

        impegna il Governo

            ad esigere in tutte le competenti sedi internazionali, a partire dal Consiglio dell'Atlantico del Nord, che alle forze aeronavali attualmente impegnate nell'operazione Unified Protector, avviata in nome dell'esigenza di proteggere delle popolazioni civili dalla violenza, siano assegnati compiti anche nel campo della prevenzione dei flussi migratori non controllati diretti dal Maghreb verso l'Europa, che potrebbero nascondere infiltrazioni di organizzazioni criminali e traffici di esseri umani, ed in quello della prestazione dei necessari soccorsi ai natanti che risultassero in difficoltà; nonché ad intervenire, anche con apposito provvedimento normativo, per prevedere l'aumento delle pene, nei casi più gravi fino all'ergastolo, per chi si occupa dell'organizzazione e del trasporto di clandestini verso il nostro Paese.

________________

(*) Accolto dal Govern

o

Allegato B

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Alberti Casellati, Augello, Butti, Caliendo, Castelli, Chiti, Ciampi, Ciarrapico, Compagna, Davico, Dell'Utri, Gentile, Giovanardi, Mantica, Mantovani, Pera, Saia, Sarro, Viceconte e Villari.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Di Giovan Paolo e Fleres, per attività della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

Corte costituzionale, ordinanze relative a conflitto di attribuzione

Con ordinanza 6 luglio 2011, n. 241, depositata in Cancelleria il successivo 22 luglio, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano in quanto, rispettivamente:

non spettava al primo esperire indagini nei confronti del deputato Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, nonché procedere alla richiesta di giudizio immediato presentata dal medesimo Procuratore in relazione al contestato delitto di concussione, omettendo di trasmettere gli atti al Collegio per i reati ministeriali, ai sensi dell'articolo 6 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, in tal modo precludendo alla Camera dei deputati l'esercizio delle proprie attribuzioni costituzionali in materia di cui all'articolo 96 della Costituzione, e comunque senza dare la dovuta comunicazione alla Camera di appartenenza;

non spettava al secondo procedere in via ordinaria ed emettere il decreto di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, nè affermare la natura non ministeriale del delitto contestato, omettendo di trasmettere gli atti al Collegio per i reati ministeriali.

L'ordinanza della Corte costituzionale, unitamente al ricorso introduttivo, ai sensi dell'articolo 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, sono stati notificati in data 1° agosto 2010 anche al Senato della Repubblica.

Ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del Regolamento, è stata pertanto deferita alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, affinché la esamini e riferisca all'Assemblea, la questione se il Senato debba intervenire in giudizio dinanzi la Corte costituzionale nel predetto conflitto di attribuzione.

Mozioni

FILIPPI Marco, D'ALIA, DE TONI, FISTAROL, PIGNEDOLI, DONAGGIO, MAGISTRELLI, MORRI, PAPANIA, SIRCANA, RANUCCI, VIMERCATI, MERCATALI - Il Senato,

premesso che,

la rete stradale nazionale, fatta eccezione in taluni casi per la rete autostradale, presenta uno stato di manutenzione ordinaria e straordinaria del tutto deficitaria, che rischia di peggiorare nel futuro prossimo in ragione della consistente riduzione delle risorse complessivamente destinate a tale finalità dai diversi livelli istituzionali responsabili;

in tale ambito, desta particolare preoccupazione lo stato della rete stradale urbana ed extraurbana di competenza comunale e provinciale, che in alcune aree territoriali ha raggiunto livelli insostenibili con grave rischio per la sicurezza dei cittadini, il cui stato di degrado è spesso generato dalla scarsa disponibilità di risorse e dagli stringenti vincoli di finanza pubblica dettati dal Patto di stabilità interno che impediscono a numerosi enti locali di avviare le necessarie opere di manutenzione;

ancora più preoccupante è la situazione della rete stradale a diretta gestione dell'Anas SpA, pari a circa 25.000 chilometri di strade. Fatta eccezione per le autostrade, numerose strade statali e superstrade gestite da Anas, ed in particolare quelle in uso da oltre 20 anni, presentano condizioni di forte deterioramento strutturale (manto e fondo stradale, gallerie, segnaletica orizzontale e verticale) in ragione dell'ormai raggiunto limite di vita utile, che diventa motivo di allarme in occasione di situazioni di maltempo per il minaccioso occultamento di buche e per il rischio di frane e smottamenti;

considerato che:

in occasione dell'audizione svolta presso l'8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato, in data 28 luglio 2010, il Presidente di Anas SpA ha comunicato che da uno studio, esteso a tutta la rete dipendente da Anas, condotto dalla Direzione esercizio e coordinamento del territorio, si evince che il fabbisogno per manutenzione ordinaria e ciclica, principalmente per le pavimentazioni, dovrebbe essere fissato, annualmente, almeno intorno ai 1.000-1.100 milioni di euro a cui dovrebbero essere aggiunti, come quota annua per almeno un decennio, 200-300 milioni di euro per il recupero del debito manutentorio accumulato e per il rispetto degli standard della rete stradale;

dai dati resi disponibili da Anas SpA si apprende che l'importo speso nel corso dell'anno 2008 per la manutenzione ordinaria è stato di 471 milioni di euro, comprendente sia i servizi acquistati all'esterno che le attività svolte direttamente da Anas con proprio personale e proprie attrezzature. Per l'anno 2009 l'importo speso è stato pari a 524 milioni di euro, mentre per il 2010 l'importo previsto per la manutenzione è stato pari a circa 595 milioni di euro;

preso pertanto a riferimento il periodo 2008-2010, l'ammanco di risorse destinate alla manutenzione ordinaria della rete stradale gestita da Anas SpA, rispetto alle reali necessità stimate dalla propria Direzione esercizio e coordinamento del territorio, sono complessivamente superiori ad 1,5 miliardi di euro;

analoghe considerazioni possono essere formulate in relazione alla voce manutenzione straordinaria delle strade a diretta gestione Anas, le cui risorse sono costantemente diminuite nel corso degli ultimi anni;

riguardo alla manutenzione straordinaria, che è quella essenziale per garantire la migliore sicurezza per l'utente, negli anni 2008-2009 gli importi stanziati ammontano a circa 903 milioni di euro e prevedono l'esecuzione di 730 lavori, in particolare: nel corso dell'anno 2008 lo stanziamento, come previsto dal Contratto di programma, è stato di 413,8 milioni di euro, nel corso dell'anno 2009 lo stanziamento è stato di 490,1 milioni di euro. Nel corso dell'anno 2010 lo stanziamento è di 268 milioni di euro, in attuazione della delibera assunta dal Cipe nella seduta del 22 luglio 2011, a valere sul Fondo infrastrutture;

complessivamente le risorse stanziate per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade appare, pertanto, del tutto deficitaria e tale da prefigurare uno stato di degrado crescente nel corso dei prossimi anni a discapito della piena fruibilità della rete stradale nazionale e della mobilità in sicurezza dei cittadini;

rilevato che:

a partire dal 2008, il Governo ha ridotto sensibilmente le risorse da trasferire ad Anas SpA per lo svolgimento delle funzioni assegnatele. Per sopperire parzialmente a tali tagli, l'Esecutivo ha dapprima previsto l'introduzione di pedaggiamenti sui raccordi autostradali gestiti da Anas SpA e successivamente, nel recente decreto-legge n. 98 del 2011, ha rivisto compiti e funzioni attribuiti ad Anas SpA, da cui deriverà inevitabilmente una consistente riduzione di risorse da trasferire alla società a carico del bilancio dello Stato;

in particolare, le disposizioni contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 15 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, prevedono l'introduzione di un pedaggio sulle autostrade e i raccordi autostradali gestiti direttamente da Anas. Gli introiti che potranno derivare dall'applicazione della maggiorazione sono quantificabili, indicativamente, in circa 315 milioni di euro a decorrere dal 2011 e tali risorse andranno, comunque, a riduzione dei contributi annui dovuti dallo Stato per investimenti relativi a opere e interventi di manutenzione straordinaria anche in corso di esecuzione;

l'articolo 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 110 del 2011, ha istituito l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali e trasformato l'Anas SpA in società in house del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche al fine di far cessare la commistione, in Anas, delle funzioni di concedente e concessionario di autostrade;

alla creazione dell'Agenzia si provvede mediante trasferimento delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture, nonché delle risorse rivenienti dai canoni autostradali, come disciplinati dall'articolo 1, comma 1020, della legge finanziaria per il 2007 (n. 296 del 2006) che saranno versati ancora all'Anas, la quale provvederà a trasferire all'Agenzia la quota finalizzata all'attività di vigilanza sulle concessionarie;

il comma 3 dell'articolo 36 stabilisce i nuovi compiti di Anas SpA, ai quali dovrà provvedere a decorrere dal 1° gennaio 2012, nel limite delle risorse disponibili e nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Per effetto di tali innovazioni, Anas SpA si occuperà esclusivamente di: 1) costruire e gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali, incassandone tutte le entrate relative al loro utilizzo, nonché alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria; 2) realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica; 3) curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali; 4) espletare, mediante il proprio personale, i compiti di cui al comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (articolo concernente organizzazione e procedure per lo svolgimento di corsi di preparazione e qualificazione per sostenere gli esami di idoneità per l'espletamento dei servizi di polizia stradale);

a decorrere dal 1° gennaio 2012, pertanto, tutte le altre funzioni finora svolte da Anas SpA saranno trasferite all'Agenzia, la quale subentra rispetto ad Anas SpA nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data e la sostituisce in tutti gli atti convenzionali con le società regionali, nonché con i concessionari;

a fronte di tali profonde innovazioni, non appaiono del tutto chiare le ricadute sul bilancio di Anas SpA e sulle risorse a disposizione della società per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite, ed in particolare: 1) quale sia l'ammontare delle risorse che Anas dovrà trasferire all'Agenzia per effetto del subentro di questa in funzioni precedentemente svolte da Anas; 2) quale sia l'ammontare delle risorse che lo Stato è tenuto a trasferire ad Anas SpA, in ragione dei compiti esclusivi ad essa attribuiti ai sensi del comma 3 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011; 3) se i proventi dei pedaggiamenti di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, in ragione della trasformazione societaria, possano essere utilizzati, oltre che per la manutenzione straordinaria delle strade gestite da Anas SpA, anche per la realizzazione di nuove opere; 4) se Anas SpA, a seguito della sua trasformazione in società in house del Ministero dell'economia e del Ministero delle infrastrutture, possa reperire risorse per l'espletamento delle proprie funzioni mediante ricorso al mercato; 5) se ad Anas SpA spetti, in via definitiva, il 50 per cento dei proventi delle multe comminate sulle strade da questa gestite invia diretta;

in assenza dei suddetti fondamentali chiarimenti, talune fondamentali attività svolte da Anas SpA rischiano di non poter essere assolte e fra queste preoccupa in modo particolare la vicenda relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade a sua diretta gestione,

impegna il Governo:

a provvedere, con urgenza e comunque nell'ambito della prossima manovra finanziaria, alla definizione dello stanziamento su base pluriennale della quota delle risorse finanziarie di competenza statale necessarie per la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete delle strade statali e delle superstrade a diretta gestione di Anas SpA, tenendo conto delle stime, in ragione di anno, dalla Direzione esercizio e coordinamento del territorio di Anas, anche attraverso il recupero di risorse finanziarie già impegnate per opere infrastrutturali approvate dal Cipe e relative alla legge obiettivo, la cui realizzazione appare del tutto priva di fondamento;

a definire, altresì, su base pluriennale, la quota delle risorse a carico del bilancio dello Stato da trasferire ad Anas SpA in relazione alle funzioni esclusive ad essa attribuite ai sensi del comma 3 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011, al netto di quelle relative alla manutenzione ordinaria e straordinaria;

a definire l'ammontare delle risorse che Anas dovrà trasferire all'Agenzia per effetto del subentro di questa in funzioni precedentemente svolte da Anas;

a prevedere che i proventi dei pedaggiamenti, ivi compresi quelli di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, in ragione della trasformazione societaria, siano utilizzati esclusivamente per la realizzazione e il completamento di nuove opere;

a prevedere che Anas, a seguito della sua trasformazione in società in house del Ministero dell'economia e del Ministero delle infrastrutture, possa reperire risorse per l'espletamento delle proprie funzioni mediante ricorso al mercato;

ad attribuire ad Anas SpA, in via definitiva, il 50 per cento dei proventi delle multe comminate sulle strade da questa gestite in via diretta.

(1-00460)

Interrogazioni

BARBOLINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

con propria precedente interrogazione depositata in data 15 settembre 2010 (atto 3-01548), rimasta a tutt'oggi inevasa, nonostante ripetute sollecitazioni, e reiterata con un'ulteriore istanza depositata in data 17 maggio 2011 (atto 3-02168), si chiedeva di rendere noti il numero delle imprese, delle società e dei soggetti che si sono avvalsi delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2-bis, lettera b), del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010, ossia dell'estinzione del contenzioso tramite oblazione pari al 5 per cento dell'importo in contestazione, per i soggetti che, avendo vinto con l'Erario nei primi due gradi di giudizio, abbiano cause pendenti in Cassazione;

nei medesimi atti di sindacato ispettivo si chiedeva di rendere noti quali e quanti soggetti abbiano curato le domande e le procedure di estinzione del contenzioso, l'ammontare complessivo delle somme oggetto di sanatoria e quelle effettivamente versate all'erario;

preso atto che:

perdura un atteggiamento omissivo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze a rendere accessibili i dati oggetto delle interrogazioni sopra richiamate;

da una risposta fornita ad analoga interrogazione presentata alla Camera dei deputati (atto 5-03565) si evince, sulla base dei dati forniti dall'Agenzia delle entrate, che risultano effettuati 177 versamenti sul codice tributo 8109 ("Definizione delle liti fiscali pendenti ai sensi dell'articolo 3, comma 2-bis, lettera b), del decreto-legge del 25 marzo 2010 n. 40"), mentre le istanze di definizione, trasmesse alla data del 13 ottobre 2010 all'Agenzia dalla Corte di cassazione ammontano a 105;

non risulta, ad oggi, che sia stato ancora reso noto l'ammontare complessivo dei 177 versamenti effettuati, compresi anche quelli che eventualmente si sono rivelati irricevibili, perché relativi a controversie non condonabili,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda rendere noto, entro brevi termini, a quanto ammonti l'importo complessivo dei 177 versamenti effettuati sull'apposito codice tributo 8109 relativo alla definizione delle liti fiscali pendenti.

(3-02357)

VITA, FRANCO Vittoria, GARAVAGLIA Mariapia, MARCUCCI, SOLIANI - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:

la legge n. 508 del 1999 "è finalizzata alla riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati" (articolo 1);

ai sensi dell'articolo 33, sesto comma , della Costituzione: "Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato";

il Governo e il Ministero avrebbero dovuto adottare una serie di regolamenti attuativi entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 508 del 1999;

i regolamenti emanati dal 2001 ad oggi hanno tradito lo spirito e la sostanza della legge n. 508 del 1999;

il fallimento della legge n. 508 del 1999 è stato, dunque, determinato dalla mancata emanazione dei regolamenti attuativi, dal conseguente e ingiustificato rinvio a inopportune minute pratiche regolamentari (ordinanze, note, circolari, decreti ministeriali), che nell'arco di un decennio ne hanno del tutto svuotato il senso e il destino originario, facendo precipitare le Accademie di belle arti e i Conservatori di musica (soprattutto quelli dotati di grande tradizione storica), i loro professori e gli studenti in una condizione di caos e decadenza;

la legge n. 508 del 1999 poneva i Conservatori, le Accademie e gli Istituti di alta istruzione ad essi equiparati sotto la supervisione dell'allora Ministero dell'università e non di quello dell'istruzione, fugando così ogni ombra di dubbio circa lo status universitario dei docenti ivi operanti;

in mancanza di provvedimento specifico, i professori delle Accademie e dei Conservatori di musica sono abilitati ed hanno l'obbligo di conferire lauree agli studenti non essendo stata a tutt'oggi ancora riconosciuta equipollenza e pari dignità formale del proprio titolo; in tal modo, gli allievi stanno ottenendo titoli formalmente superiori a quello degli insegnanti;

il Consiglio di Stato con proprio parere aveva delineato la linea da seguire, intervenendo per richiamare all'ordine i seguenti organi: il Ministro in indirizzo, il Governo, la Direzione generale Alta formazione artistica e musicale (AFAM);

considerato che ad oltre dodici anni dal varo della riforma, i titoli di studio rilasciati dalle accademie e dai conservatori di musica sono ancora oggi, in parte, privi di qualsiasi valore legale, in netto contrasto con la classifica internazionale stilata dall'ISCED (International Standard Classification of Education); il sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli, creato dall'UNESCO per facilitare un'analisi comparata dei vari livelli di istruzione all'interno dei sistemi di istruzione mondiali, inserisce i conservatori e le accademie italiane nel livello 5-B ossia nel livello corrispondente alla laurea e alla laurea magistrale, nell'ambito dei "Programmi specifici pratico-tecnico-occupazionali",

si chiede di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per dare attuazione al sesto comma dell'articolo 33 della Costituzione al fine di evitare una fuorviante interpretazione della legge n. 508 del 1999 e restituire, in tal modo, alle Accademie di belle arti italiane e ai Conservatori di musica il prestigio e l'onore che la Carta costituzionale rende loro e a loro competono in virtù dell'imponente e grandiosa tradizione storica universalmente riconosciuta, che ne costituisce il fondamento, valorizzando un presente importante che si sta sgretolando nell'inerzia attuale.

(3-02358)

RUSCONI, MAZZUCONI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

tra il 7 ed il 13 luglio 2011 precipitazioni di eccezionale intensità hanno colpito pesantemente il territorio della provincia di Lecco, provocando ingenti danni all'ambiente, alle infrastrutture, in particolare all'intera rete viaria provinciale, alle strutture pubbliche e private, con conseguenti profondi disagi alla popolazione locale che solo per coincidenze favorevoli non ha subito perdite di vite umane;

tale evento calamitoso ha interessato diversi comuni della provincia (Lecco città, Merate, Monticello Brianza, Molteno, Brivio, Valmadrera) e particolarmente il Comune di Mandello del Lario, dove la violenta tromba d'aria che si è abbattuta nella giornata del 13 luglio ha divelto piante, scoperchiato tetti, danneggiato l'asfalto, che in più punti si è sollevato e provocato l'interruzione e sia della linea ferroviaria per l'intero pomeriggio, a causa di un albero che ha centrato il locomotore del treno, sia della strada provinciale 72, che è stata interrotta da due enormi alberi che da una proprietà privata si sono abbattuti sulla carreggiata;

a causa della violenza delle precipitazioni la linea ferroviaria Lecco-Sondrio è stata di fatto interrotta e gravi ritardi si sono registrati sulla Lecco-Milano; inoltre, la presenza di tronchi di albero divelti sui binari della linea Lecco-Mandello ha reso molto critico e rischioso l'intero tratto ferroviario;

a fronte di tali eventi il sindaco di Mandello del Lario ha tempestivamente inviato, in data 15 luglio 2011, con nota n. 13482 VI-9, alla Regione Lombardia, la scheda R.A.S.D.A. relativa al primo accertamento dei danni sul territorio che vede una quantificazione dei danni per un ammontare di 150.000 euro;

successivamente, con nota n. 13375 VI-9 in data 18 luglio 2011, è stata trasmessa alla Provincia di Lecco la richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale, allegando sia la scheda R.A.S.D.A. precedentemente inviata alla Regione Lombardia, sia tutte le fotografie comprovanti i danni arrecati sia al territorio che ai privati, nonché una relazione dettagliata sull'accaduto;

con nota n. 13484 VI-9 in data 19 luglio 2011 è stata trasmessa alla Regione Lombardia e alla sede di Lecco dell'ERSAF la relazione di valutazione dei danni al patrimonio boschivo - quantificabile in 240.200 euro;

con nota n. 13584 VI-9 nella stessa data è stata trasmessa alla Provincia di Lecco la medesima relazione;

infine, con nota n. 13942 VI-9 in data 26 luglio 2011, sono state trasmesse alla Prefettura di Lecco tutte le denunce pervenute al Comune di Mandello del Lario, fino a quella data, da parte dei privati;

allo stato attuale, rispondendo in via informale ad una precisa richiesta del dirigente del Settore lavori pubblici, territorio e ambiente del Comune di Mandello, risulta che Regione Lombardia non abbia al momento disponibilità di fondi e che il successivo riscontro formale confermerà questo dato la mancata richiesta da parte della Regione Lombardia al Governo del riconoscimento dello stato di emergenza solleva di fatto da ogni competenza il Dipartimento della protezione civile in ordine all'assunzione di provvedimenti conseguenti a favore del Comune di Mandello del Lario e dei soggetti privati che hanno subito danni dagli eventi alluvionali;

con la delibera della Giunta regionale del 1° dicembre 2010 n. IX/924 la Giunta regionale lombarda ha stabilito nuove modalità di intervento nei casi di frane o altre calamità naturali che necessitino di interventi di "somma urgenza" effettuati dai Comuni per la messa in sicurezza di strade, infrastrutture e strutture pubbliche, prevedendo che per gli interventi di somma urgenza con costi al di sotto di 75.000 euro, la Regione intervenga coprendo l'80 per cento dei costi e lasciando il restante 20 per cento a carico dei Comuni coinvolti;

a seguito di un ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale in relazione all'assestamento del bilancio per l'esercizio 2011, la Regione Lombardia si è impegnata comunque a garantire la copertura totale degli importi relativi agli interventi urgenti effettuati nei Comuni sotto i 1.000 abitanti, in conseguenza di eventi calamitosi;

purtroppo nessuna rassicurazione è stata data riguardo al risarcimento dei danni subiti da immobili civili e produttivi privati, in quanto in base alla delibera della Giunta regionale del 22 dicembre 2008 n. VIII/8755, la Regione Lombardia eroga contributi ai privati che abbiano subito la perdita o il grave danno della propria residenza principale in seguito a una calamità naturale unicamente in seguito ad eventi dichiarati di livello b), di competenza regionale, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della legge n. 225 del 1992; il mancato riconoscimento dello stato di calamità esclude, allo stato attuale, il riconoscimento di risarcimenti regionali ai privati che hanno subito danni anche ingenti,

si chiede di sapere:

quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare affinché sia dichiarato in tempi rapidi lo stato di calamità naturale nel Comune di Mandello del Lario e negli altri comuni colpiti dall'alluvione, consentendo in tal modo l'individuazione di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza;

in quali tempi e secondo quali modalità si provvederà all'inserimento del Comune di Mandello del Lario nell'accordo di programma sulla difesa del suolo siglato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Regione Lombardia ai sensi della legge 23 dicembre 2009, n. 191;

in quale misura e con quale tempistica le risorse attivabili in base al suddetto accordo di programma potranno essere destinate al risarcimento dei danni subiti, anche da soggetti privati, a seguito degli eventi alluvionali del 7 e del 13 luglio 2011.

(3-02359)

FIRRARELLO - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che:

la Regione siciliana è tra quelle con il più alto tasso di precariato fra i docenti scolastici e il personale amministrativo, tecnico, ausiliario (ATA);

la Regione Siciliana ha, altresì, una popolazione scolastica sensibilmente superiore rispetto a quella di altre Regioni italiane;

considerato che:

negli ultimi anni la Sicilia ha subito tagli di gran lunga superiori a quelli avuti da altre Regioni d'Italia;

la Sicilia ha da sempre un rapporto alunni-docenti più elevato rispetto alla media nazionale;

all'interrogante risulta che le province di Catania e Siracusa siano state maggiormente penalizzate,

l'interrogante chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda intervenire al fine di rinnovare le procedure di reclutamento di docenti e personale ATA per l'immissione in ruolo dell'ultimo triennio tenendo in conto i vuoti d'organico, l'alto tasso di precariato e l'elevato numero di studenti presenti nel Meridione d'Italia, particolarmente in Sicilia, nelle province di Catania e Siracusa.

(3-02360)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

SARO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

la categoria dei marittimi, in passato, ha lavorato per lunghi anni a contatto con l'amianto, con tutti i rischi e le malattie che ne sono conseguiti;

tale categoria di lavoratori, ad oggi, non può ancora far riferimento ad alcuna normativa recante le modalità in base alle quali poter accedere ad un giusto riconoscimento previdenziale;

la direttiva emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il 14 luglio 2009 non ha, infatti, sortito l'effetto di semplificare le modalità di accertamento dell'esposizione all'amianto per tutti i lavoratori interessati;

in particolare, detta direttiva dispone che si ritiene di poter applicare alla fattispecie la disposizione di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 ottobre 2004 che, in speciali circostanze, consente alla Direzione provinciale del lavoro di rilasciare, previe apposite indagini, il curriculm lavorativo sostituendosi al datore di lavoro;

spesso per la ricostruzione del curriculum dei lavoratori di mare è necessario far riferimento ad un alto numero di datori di lavoro - talora aziende cessate o fallite, qualora il datore di lavoro risulti irreperibile - o, peggio, ad un altrettanto elevato numero di navi battenti bandiere estere;

tale procedura, pertanto, non è purtroppo applicabile ad un gran numero di lavoratori che si trovano nell'impossibilità di produrre il curriculm lavorativo e certificare, quindi, la durata di esposizione all'amianto e, in conseguenza, non possono accedere ai relativi benefici previdenziali,

l'interrogante chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di competenza, ritengano opportuno valutare la possibilità di voler predisporre una modifica all'articolo 3, comma 3, del citato decreto ministeriale n. 16179 del 2004 che preveda la sostituzione del curriculum lavorativo dei lavoratori marittimi con l'estratto matricolare rilasciato dalle capitanerie di porto e dalle competenti Direzioni del lavoro provinciali valido ai fini previdenziali.

(4-05753)

DE TONI, BELISARIO - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

anche quest'anno, in prossimità delle vacanze estive, si registra un consistente incremento delle richieste di immatricolazione di auto, moto, ciclomotori, così come negli ultimi anni - in particolare negli ultimi due - viene segnalato un esaurimento delle scorte delle targhe presso numerosi uffici della Motorizzazione civile;

un'articolata denuncia del Segretario dell'UNASCA (Unione nazionale autoscuole studi consulenza automobilistica), Ottorino Pignoloni, segnala che presso numerose città come Torino, Brescia, Piacenza, Modena, Bologna, Pistoia, Napoli, Asti, Chieti, Pisa, Cagliari, sono praticamente esaurite le scorte delle targhe auto e moto, mentre a Palermo mancano le targhe per rimorchi. A Lodi e a Verbano-Cusio-Ossola risultano invece esaurite quelle per i ciclomotori;

l'UNASCA indica, quale responsabile di tale grave disservizio, l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - deputato per monopolio alla produzione - che non risulta in grado di soddisfare esaustivamente le richieste del mercato, provocando danni all'amministrazione dello Stato come anche fastidi e costi ai cittadini utenti, che si vedono impedito l'uso del bene appena acquistato. Va inoltre imputato a tale incresciosa circostanza il blocco del sistema informatico delle immatricolazioni presso lo Sportello informatico dell'automobilista;

risulta all'interrogante che negli ultimi due anni il personale addetto alle produzioni in regime di monopolio (incluse le targhe) sia stato ridotto di circa 400 unità, con conseguenti gravi criticità nei processi produttivi in termini di qualità di prodotto e di rispetto dei tempi. Per chiamata diretta sarebbero stati assunti, a tempo indeterminato, circa 70 tra dirigenti, quadri e impiegati, senza alcun filtro selettivo, mentre sarebbero state attivate svariate decine di contratti a progetto, almeno 50 unità, senza alcuna evidenza pubblica: questi ultimi tra la società capogruppo e la partecipata Bimospa;

l'inefficienza gestionale e produttiva dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato risulta tanto più grave se si considerano le recenti e costose attività di riorganizzazione interna a cui l'Istituto è stato sottoposto dall'amministratore delegato Ferruccio Ferranti, con un incremento dell'organico di quadri e dirigenti deputati proprio alla gestione del marketing e del servizio clienti, con retribuzioni annue lorde pari a circa euro 230.000 per i livelli apicali;

la Corte dei conti, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e l'Antitrust hanno recentemente sollevato molteplici rilievi contro l'Istituto Poligrafico, stigmatizzando in molteplici circostanze una gestione opaca, poco trasparente ed autoreferenziale da parte dell'attuale management,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dell'insostenibile disservizio sopra descritto, provocato ad avviso dell'interrogante dalla pessima gestione della richiamata azienda pubblica, e come intenda attivarsi per porvi rimedio;

se sia stata valutata l'opportunità di un severo intervento nei confronti dell'attuale amministratore delegato dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, anche per prevenire una possibile class action da parte dei cittadini consumatori.

(4-05754)

PEDICA, BELISARIO - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

in data 2 luglio 2011 il Segretario nazionale della Confederazione sindacale autonoma di polizia (CONSAP) inviava una missiva al Capo della polizia Direttore generale della pubblica sicurezza Prefetto Manganelli, e per conoscenza al Dipartimento della pubblica sicurezza-Ufficio per le relazioni sindacali presso il Ministero dell'interno, in relazione al forte allarme per l'insicurezza nella città di Ascoli Piceno e in tutta la provincia, a causa dell'escalation di reati consumati e tentati ai danni di indifesi cittadini che, nella Polizia di stato, trovavano il loro punto di riferimento;

da quanto si evince dalla missiva i cittadini sono esasperati, non si sentono più sicuri di circolare liberamente e dalle statistiche emerge con chiarezza che i reati in genere sono aumentati a dismisura;

in particolare i furti in appartamento avvengono in tutte le ore del giorno e della notte, consumandosi addirittura con la presenza in casa degli stessi proprietari;

durante la notte sono numerose le bande criminali che, causando violenti risse fuori dai locali, impediscono ai cittadini e alle loro famiglie di vivere la città in sicurezza e serenità;

sempre dalla missiva emerge l'insoddisfazione di numerosi operatori di polizia e dei cittadini rispetto all'attuale gestione della situazione da parte del Questore di Ascoli Piceno, e non solo a causa delle scarse risorse di mezzi e di uomini;

considerato che:

anche il quotidiano "Il Messaggero", edizione delle Marche, in data 4 luglio 2011, in un articolo intitolato "Crescono i reati, allarme sicurezza del Consap - Chiesto l'intervento del capo della polizia. Preoccupano furti in appartamento e prostituzione", si occupa della situazione sottolineando che secondo il sindacato Polizia di Stato Consap la sicurezza nella provincia di Ascoli è al collasso,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

se e quali misure il Ministro in indirizzo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare in relazione alla situazione descritta, soprattutto a garanzia della sicurezza dei cittadini delle città coinvolte.

(4-05755)

GIAMBRONE, BELISARIO, BUGNANO, DE TONI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico - Premesso che:

nel 2008 l'operazione per il passaggio dalla vecchia alla nuova Alitalia è stata effettuata attraverso il trasferimento di azienda secondo i criteri forniti dal decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166 (cosiddetto lodo "Letta"): in tal modo sono stati trattenuti 8.000 lavoratori, debiti e altre passività nella vecchia Alitalia, posta in amministrazione controllata (cosiddetta "bad company"), mentre 12.500 lavoratori e un consistente patrimonio sono passati nella società CAI-Alitalia;

gli 8.000 lavoratori non trasferiti sono stati posti in cassa integrazione per quattro anni, a partire da ottobre/dicembre del 2008, cui seguiranno altri tre anni di mobilità: allo scadere dei sette anni (data in cui è peraltro prevista la formale cessazione dell'attività della vecchia Alitalia) una parte dei lavoratori avrà raggiunto i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, mentre circa la metà si ritroverà ad affrontare il problema della ricollocazione nel mondo del lavoro;

la compagnia CAI, nonostante abbia ricevuto giganteschi incentivi per la prosecuzione dell'attività, ha ceduto rami di attività con centinaia di lavoratori: i servizi coinvolti nel trasferimento di ramo d'azienda attuato nel 2009 riguardano diversi scali aeroportuali tra cui Palermo, dove sono stati ceduti 102 lavoratori alla società di handling GH Palermo, controllata da Gesap;

nel verbale di riunione con le organizzazioni sindacali era stato concordato che nell'ipotesi in cui GH Palermo avesse avuto bisogno di ulteriori prestazioni di lavoro avrebbe dovuto assorbire prioritariamente il personale impiegato a tempo determinato in Alitalia-CAI, nonché i lavoratori posti in cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) nella vecchia Alitalia, tenendo conto della compatibilità fra le mansioni richieste e le competenze dei lavoratori da coinvolgere. Tuttavia, a fine 2010 GH Palermo ha promosso alcune unità a capoturno e, contestualmente alla cessione di ramo d'azienda, ha assunto lavoratori stagionali;

CAI ha inoltre ceduto, sempre per il tramite del trasferimento di parte di attività, una parte dell'amministrazione alla società byte e successivamente, senza nemmeno dichiarare lo stato di crisi, ha messo in mobilità volontaria 1.000 dipendenti usufruendo dei privilegi contenuti nel citato decreto-legge n. 134 del 2008;

la Corte dei conti, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, ha denunciato che le esternalizzazioni e le privatizzazioni si sono rivelate un mezzo di gestione clientelare del potere politico-amministrativo;

considerato che:

l'operazione Alitalia si è svolta a tutto vantaggio degli imprenditori che hanno rilevato la parte buona della società (la cosiddetta good company), addossando ai contribuenti e ai lavoratori il peso della gestione fallimentare della compagnia aerea con un ingiustificato arricchimento dei privati che grava sulle spalle dello Stato e dei lavoratori, e operazioni successive alla grande operazione di scorporo che hanno ulteriormente creato un danno alla collettività;

complessivamente sarebbero state realizzate almeno tre forme di aggravio dei conti pubblici in favore degli imprenditori che rappresentano CAI: l'avere imputato allo Stato i debiti della vecchia Alitalia al di fuori di qualsiasi logica di mercato; le uscite derivanti dall'utilizzo di ammortizzatori sociali per 8000 dipendenti per un totale di sette anni; la canalizzazione dei soldi concessi dallo Stato ad aziende che lavorano in appalto per CAI generando, in tal senso, una forma di speculazione/intermediazione in favore di CAI stessa. A tal proposito si consideri che le società appaltatrici hanno guadagnato in termini di gestione politica di posti di lavoro dato che, una volta tolto il lavoro ai dipendenti che avevano un contratto stabile con Alitalia, hanno potuto fare assunzioni a proprio piacimento. A ciò si aggiunga che imprenditori CAI hanno utilizzato la strategia dell'outsourcing per canalizzare il patrimonio verso altre società controllate, piuttosto che condurre direttamente l'attività per cui hanno avuto enormi vantaggi. Il patrimonio Alitalia diventa così fonte di speculazione e di arricchimento personale a spese dello Stato, e a questo punto l'ulteriore esternalizzazione dei dipendenti si rivela un passaggio obbligato per garantire la massima flessibilità alla strategia speculativa. Di fatto CAI può liberamente agire come un intermediario/speculatore che concede in subappalto attività per le quali ha ottenuto incentivi,

si chiede di sapere:

quali siano stati ad oggi per lo Stato i costi complessivi dell'operazione di vendita di Alitalia;

quali strumenti di controllo il Governo intenda attivare al fine di evitare che siano poste in essere operazioni di speculazione finanziaria ai danni dello Stato;

quali strumenti di controllo intenda porre in essere al fine di bloccare ulteriori esternalizzazioni da CAI verso altre società controllate.

(4-05756)

BUGNANO, DI NARDO, BELISARIO - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute - Premesso che:

i primi segni della crisi cui è andato incontro il settore apistico mondiale risalgono alla metà degli anni '80, ma solo negli ultimi tempi i Governi dei Paesi europei e nord-americani, dove il problema è più grave, hanno adottato alcuni provvedimenti. Secondo la rivista "Science", dal 1980 le api della Gran Bretagna sono diminuite del 52 per cento, quelle dei Paesi Bassi addirittura del 67 per cento. Negli Stati Uniti, solo questo inverno, sono morti 500.000 alveari su un totale di 2,5 milioni, determinando ad esempio un calo del 30 per cento nella produzione delle mandorle di cui gli USA sono il primo produttore mondiale. La crisi si sta espandendo anche in Brasile, Taiwan e Canada;

la situazione è ancora più grave per quanto concerne gli apoidei selvatici, come i bombi e la maggior parte delle specie di api, in quanto i loro alveari non vengono curati e ripristinati come quelli delle "api domestiche". Dati sconfortanti che confermano una catastrofe annunciata. Negli ultimi anni, infatti, gli apicoltori hanno dovuto fronteggiare i danni prodotti da interi sciami di api morte, mentre in altri casi centinaia di migliaia di esemplari non hanno fatto più ritorno all'alveare, letteralmente scomparsi, probabilmente a causa della perdita dell'orientamento;

sebbene il fenomeno della morte e scomparsa delle api sia attribuito ad una rosa di fattori concomitanti, sembra che il principale responsabile sia rappresentato dai pesticidi sistemici ad azione neurotossica. I principali responsabili sono i pesticidi di nuova generazione, i cosiddetti neonicotinoidi a base di nicotina, i cui principi attivi sono l'imidacloprid, il clothianidin, il thiamethoxan ed il fipronil. Questi principi attivi hanno effetti devastanti sulle api, perché bloccano sia il GABA (acido gamma-ammino-butirrico) che l'acetilcolina, due neurotrasmettitori di importanza fondamentale il cui arresto determina, tra l'altro, la perdita di orientamento a cui si è già fatto cenno;

i neonicotinoidi sono insetticidi sistemici utilizzati prevalentemente nella concia delle sementi del mais, del cotone, della colza, della bietola e del girasole, nei trattamenti fogliari di molte piante fruttifere e ornamentali e nei trattamenti granulari al terreno. I neonicotinoidi possiedono una buona attività insetticida nei confronti di insetti predatori, fitofagi e zoofagi e risultano efficaci anche sugli insetti resistenti ad altri gruppi chimici. Per questo motivo hanno un vasto impiego nella protezione delle colture, ma anche nel controllo delle infestazioni parassitarie degli animali domestici da compagnia. Inoltre, sono dotati di buona attività sistemica all'interno delle piante, perché possono essere assorbiti dalle radici, dal fusto e dalle foglie ed essere trasferiti in tutti gli organi vegetali di nuova formazione;

in qualsiasi periodo vengano utilizzati, sotto qualsiasi forma, questi insetticidi sistemici restano nella linfa della pianta e le api hanno infinite possibilità di entrarvi in contatto: attraverso nettare, polline e l'essudazione della pianta, per melata, guttazione o rugiada. L'elevata tossicità di queste sostanze, documentata da consolidate indagini scientifiche, è alla base dell'ormai nota moria di api riscontrata in particolare nella primavera 2008, che ha provocato gravi danni alle attività degli apicoltori, e ancor più al nostro ecosistema, mentre rimangono da chiarire gli effetti sull'uomo;

l'utilizzo improprio della denominazione "fitofarmaci" per identificare più genericamente pesticidi ed antiparassitari determina ambiguità ed incertezza nella collettività riguardo alla reale composizione e pericolosità delle sostanze;

considerato che:

la direttiva 2009/128/CE del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi, dispone che, nell'ambito dell'avvio del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, si proceda alla definizione di un quadro normativo comune per un utilizzo sostenibile dei pesticidi, tenendo conto del principio di precauzione;

la Commissione europea, nella comunicazione del 2 febbraio 2000, specifica che il principio di precauzione trova applicazione in tutti i casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indichi che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere incompatibili con l'elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità. In particolare, si precisa che il ricorso al principio di precauzione intervenga nell'ipotesi di rischio potenziale, anche se questo rischio non può essere interamente dimostrato, o la sua portata quantificata, o i suoi effetti determinati per l'insufficienza o il carattere non concludente dei dati scientifici. Inoltre, si prevede che ogni Stato membro possa decidere di adottare misure senza aspettare di disporre di tutte le conoscenze scientifiche necessarie;

la direttiva 2010/21/UE del 12 marzo 2010 dispone che per evitare incidenti in futuro, è necessario definire ulteriori disposizioni riguardanti clothianidin, tiametoxam, fipronil e imidacloprid, comprese misure adeguate di attenuazione dei rischi. In particolare, all'art. 3 si prevede che "Se necessario gli Stati membri, conformemente alla direttiva 91/414/CEE, modificano o ritirano entro il 31 ottobre 2010 le autorizzazioni esistenti per i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive clothianidin, tiametoxam, fipronil e imidacloprid";

il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, al paragrafo 24, premette che le disposizioni che disciplinano l'autorizzazione devono assicurare un livello elevato di protezione. In particolare, nel rilasciare le autorizzazioni di prodotti fitosanitari, è opportuno dare priorità all'obiettivo di proteggere la salute umana e animale e l'ambiente rispetto all'obiettivo di migliorare la produzione vegetale. Pertanto, prima di immettere sul mercato i prodotti fitosanitari, è opportuno dimostrare che essi siano chiaramente utili per la produzione vegetale, non abbiano alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali, inclusi i gruppi vulnerabili, o alcun effetto inaccettabile sull'ambiente;

in Francia l'uso di alcuni neonicotinoidi è stato bandito già dal 2002, mentre in Italia una richiesta in tal senso è stata inviata nel 2004 al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed al Ministero della Salute senza ottenere, però, alcuna risposta almeno fino al 2008, anno in cui, a seguito del grave spopolamento degli alveari che, in concomitanza con la semina del mais, ha colpito in particolare la pianura padana, è stata disposta, con decreto 17 settembre 2008, la sospensione dell'utilizzo di neonicotinoidi in agricoltura;

il Ministero della salute, con il decreto del 28 giugno 2011, ha disposto per la quarta volta consecutiva la proroga della sospensione cautelativa dell'autorizzazione di impiego per la concia di sementi dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil, di cui al decreto dirigenziale del 16 settembre 2010. La proroga scadrà il 31 ottobre 2011;

il 25 luglio 2011 sono state rese note le conclusioni dell'inchiesta sulle cause della strage delle api, condotta dal pubblico ministero Raffaele Guariniello nei confronti degli amministratori delegati di Bayer CropScience e di Syngeta Crop Protection Italia per diffusione di malattie degli animali, o delle piante, pericolose per il patrimonio zootecnico e per l'economia nazionale. Il prodotto oggetto dell'inchiesta, prodotto dalla Bayer e commercializzato dalla Syngeta, agisce sugli insetti interferendo sulla trasmissione degli impulsi nervosi ed è stato definito, nel rapporto curato dall'Unione nazionale delle associazioni apicoltori italiani (Una.Api), sistemico, persistente nell'ambiente, neurotossico e letale per molte forme vitali;

le api, come altri insetti pronubi, svolgono un ruolo biologico fondamentale nell'ecosistema, garantendo la sopravvivenza di una grande varietà di specie vegetali, contribuendo alla conservazione della biodiversità e ostacolando, anche attraverso l'impollinazione della flora spontanea, la scomparsa di specie botaniche in via d'estinzione. Una funzione così vitale per la sopravvivenza della biodiversità del nostro Paese che dovrebbe indurre le istituzioni a salvaguardare con ogni mezzo l'attività degli apicoltori;

considerato inoltre che:

l'ultimo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sul "Monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque. Dati 2007 - 2008" segnala la crescente presenza di alcune sostanze in passato non rinvenute con tale frequenza, e tra queste, in particolare, gli insetticidi metomil e imidacloprid. L'imidacloprid è un insetticida sistemico che agisce per ingestione, indicato per il controllo di afidi e aleurodidi, impiegato in frutticoltura, orticoltura, produzioni di tabacco e floricole. La sostanza è stata autorizzata dal 2009 essendo stata iscritta nell'allegato I della direttiva 91/414/CEE. Monitorata nelle acque sotterranee di Lombardia, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia, è stata riscontrata nel 9,9 per cento dei pozzi, e nel 7,7 per cento dei casi supera i limiti;

l'unica ricerca sulle tracce di neonicotinoidi nella frutta e nella verdura è stata condotta dall'Istituto di chimica veterinaria di Stoccarda su 2.500 campioni, nel lontano 2004, quindi agli albori dell'introduzione dei neonicotinoidi in agricoltura, e rivela un dato allarmante: su 540 campioni di vegetali da frutto (come pomodori, peperoni, meloni, angurie, eccetera) ben 252 contengono residui di neonicotinoidi, e di questi la metà supera il limite consentito dalle normative,

si chiede di sapere:

quali iniziative si intendano mettere in atto per assicurare la piena applicazione del principio comunitario di precauzione e per individuare, anche in sede europea, una soluzione tempestiva in relazione all'abuso dei neonicotinoidi nei pesticidi;

se non si ritenga doveroso ed urgente abbandonare la prassi delle sospensioni e relative proroghe, come fatto sinora per la concia del mais, e promuovere la revoca definitiva delle autorizzazioni all'impiego di tutti i prodotti fitofarmaci della classe dei neonicotinoidi, impiegati in agricoltura su tutte le colture - siano essi in forma liquida, spray, in polvere - ed in particolare per la concia delle sementi.

(4-05757)

ZANOLETTI - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

gli ospedali psichiatrici giudiziari (meglio conosciuti come OPG), sorti in Italia a metà degli anni '70 in conseguenza dell'abolizione dei manicomi, si ponevano come servizi di diagnosi e cura per ex degenti manicomiali o per nuovi utenti dei servizi psichiatrici costretti in carcere;

tali strutture svolgono il duplice e a volte ambiguo ruolo di ospedale e di carcere con problemi organizzativi molto complessi e tutt'ora irrisolti;

il Presidente delle Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento al convegno sulle carceri, riportato in un annuncio dell'Ansa del 28 luglio 2011, non ha esitato a dichiarare: "L'estremo orrore degli ospedali psichiatrici giudiziali è inconcepibile in qualsiasi Paese appena appena civile". Si tratta di "strutture pseudo-ospedaliere che solo recenti e coraggiose iniziative bipartisan di una commissione parlamentare stanno finalmente mettendo in mora";

con numerose sentenze, emesse in gran parte dopo la legge n. 180 del 1978, la Consulta ha cancellato alcuni degli automatismi più aberranti degli OPG creando le condizioni per ridurre i nuovi ingressi e portare a poche centinaia il numero degli internati;

ritenuto che si debbano effettivamente chiudere tali strutture utilizzando gli strumenti giuridici e le risorse da tempo disponibili per ricollocare all'esterno le persone internate, seguendole nel percorso di recupero con mezzi adeguati e figure di specifico profilo professionale,

si chiede di conoscere:

se il Ministro in indirizzo, per quanto di competenza, non ritenga urgente intervenire con apposito decreto per chiudere gli OPG, operando sui canali che li alimentano e utilizzando gli strumenti giuridici e le risorse a disposizione;

se intenda intraprendere tale battaglia di civiltà, programmando progetti individualizzati di riabilitazione che prevedano la libertà vigilata accompagnata dalla prescrizione di un rapporto stabile e continuativo con il servizio psichiatrico territoriale.

(4-05758)

BELISARIO, DE TONI - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

nella giornata di domenica 31 luglio 2011, poco prima delle ore 16, un guasto alla linea elettrica aerea, causato dal deragliamento del treno pendolino "Frecciargento" 9515 a Gianturco, nei pressi della stazione di Napoli centrale, ha bloccato la circolazione per diverse ore, con oltre 1.000 persone in attesa sulle banchine;

i vigili del fuoco si sono prontamente adoperati per rimuovere dai binari il treno deragliato. L'incidente non ha avuto conseguenze per le persone, perché il treno, in uscita dalla sala di manutenzione, viaggiava a velocità molto ridotta e non trasportava viaggiatori. Avendo danneggiato il sistema di alimentazione della trazione elettrica, togliendo quindi energia a numerosi binari, segnatamente dal 9 al 25, l'incidente ha causato disagi e ritardi, nonché la cancellazione di due treni ad alta velocità che collegano Napoli a Roma;

forti ripercussioni si sono avute sulla circolazione ferroviaria tra il nord e il sud del Paese. Sono stati soppressi due treni ad alta velocità ed alcuni convogli regionali. Ritardi fino a quasi due ore per i "Frecciarossa": il treno diretto a Milano delle ore 16,50 è partito alle 18.25; il treno delle ore 18.50, diretto a Bologna, via Roma, è partito alle 19.25 ed è stato letteralmente preso d'assalto, con circa 600 passeggeri a bordo. Quasi quattro ore di ritardo hanno accumulato i treni a lunga percorrenza, come gli Intercity partiti da Palermo e Taranto;

i disagi non hanno riguardato solo i viaggiatori dell'alta velocità. Nella stazione di Formia (Latina) almeno 2.000 passeggeri hanno subìto un ritardo del treno per Roma di circa 80 minuti. Stessa situazione nelle altre stazioni della linea regionale;

è evidente la necessità di garantire un più adeguato livello di sicurezza ed affidabilità al fine di tutelare viaggiatori e addetti ai lavori; al contrario, nel nostro Paese non si riesce ad assicurare un servizio di trasporto quantomeno accettabile, tanto da far temere che le decisioni del gruppo Ferrovie dello Stato, ed in particolare del suo amministratore delegato, che a quanto risulta agli interroganti tra l'altro rifugge da ogni forma di controllo e di sollecitazione a bene operare, finiscano per distruggere il sistema ferroviario italiano. Anche per i problemi da ultimo evidenziati, il Gruppo dell'Italia dei Valori del Senato ha presentato, il 21 dicembre 2010, una proposta di legge volta ad istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di trasporto ferroviario nazionale (doc. XXII, n. 18) di cui, alla ripresa dei lavori, chiederà la calendarizzazione,

si chiede di sapere quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo in merito ai fatti riportati in premessa e quali misure di competenza intenda porre in essere nei confronti di Trenitalia ed RFI per migliorare l'infrastruttura e lo standard dei servizi offerti alla clientela, nonché per garantire la sicurezza dei passeggeri, esposti alle carenze che periodicamente emergono nelle strutture e negli apparati della rete ferroviaria.

(4-05759)

AMATI, MAGISTRELLI, MORRI, TONINI, SBARBATI, CASOLI, SALTAMARTINI, PISCITELLI, BALDASSARRI - Ai Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze - Premesso che:

risulterebbe che sia stata emessa una nota ufficiale del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri nella quale si attesta che, a causa dei tagli di bilancio, dal 1° ottobre il 5° Nucleo elicotteri di Falconara (Ancona) verrà chiuso;

dal 1972 il Nucleo è operativo presso l'aeroporto "Raffaello Sanzio" di Falconara e dal 1992 il territorio di riferimento del Nucleo elicotteri ha avuto prima l'esclusiva competenza territoriale marchigiana, successivamente ampliata alle province nord dell'Abruzzo;

il 5° Nucleo elicotteristi di Falconara rappresenta l'unico reparto volo dello Stato nel territorio delle Marche, le cui attività operative non si limitano al controllo del territorio e all'ordine pubblico, ma riguardano anche la tutela dell'ambiente, nonché l'essenziale supporto all'Azienda sanitaria regionale per il trasporto notturno di organi per i trapianti, oltre che per ogni attività per la quale siano previsti interventi sanitari urgenti notturni;

rilevato che la soppressione del 5° Nucleo, capace di coprire l'intero territorio marchigiano in meno di 30 minuti di volo, potrebbe compromettere i risultati di sicurezza finora raggiunti a livello sia preventivo che repressivo;

considerato altresì che il Nucleo elicotteristico ha svolto costantemente una collaborazione rilevante con la Soprintendenza per i beni culturali delle Marche per l'individuazione dei siti archeologici e con il Dipartimento regionale della protezione civile per tutte le competenze a questo demandate;

valutato inoltre che in un quadro di alta professionalità e di impegno complessivo che l'Arma tutta dei Carabinieri svolge nella regione, la chiusura del 5° Nucleo Carabinieri di Falconara, oltre a penalizzare la comunità marchigiana, colpirebbe anche militari altamente qualificati, mettendo in difficoltà gli stessi e le loro famiglie,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo non ritengano più opportuno non privare le Marche di questo essenziale servizio, razionalizzando diversamente i gruppi elicotteristici, prevedendo in altre regioni, come ad esempio in Abruzzo, un diverso coordinamento con i reparti di Polizia, Guardia di finanza e Guardia forestale, dotati ciascuno in quello stesso territorio di Nuclei elicotteristici;

se non ritengano comunque di rinviare la data del 1° ottobre individuata per la chiusura del 5° Nucleo elicotteri di Falconara, in modo da poter meglio definire una riorganizzazione complessiva dei servizi, riorganizzazione che tenga conto delle inderogabili esigenze dei cittadini delle Marche sul fronte della sicurezza, della protezione civile e della tutela della salute, allo stesso modo di quelle dei cittadini delle altre regioni italiane.

(4-05760)

LANNUTTI - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

dal 1994, data della liberalizzazione tariffaria ad oggi, secondo le analisi ed il monitoraggio di Federconsumatori e Adusbef, le polizze obbligatorie di responsabilità civile degli autoveicoli (Rc auto) hanno subito un aumento percentuale del 194 per cento, senza che si sia registrato alcun miglioramento della qualità dei servizi;

anche l'Isvap (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo), a giudizio dell'interrogante distratto, ha ammesso nell'ultima relazione annuale un incremento dei prezzi pari al 6 per cento nel 2011, aumento che a parere delle associazioni dei consumatori ammonterebbe al doppio, arrivando a toccare addirittura il 12 per cento con rincari superiori per le categorie dei cinquantenni e dei neopatentati (arriverebbero addirittura a toccare picchi del 25 per cento);

come spiegano le associazioni Adusbef e Federconsumatori, dopo i rincari registrati nel 2010, in media del 18 per cento, quest'anno le tariffe per assicurare la propria auto continuano a salire, anche per effetto del cosiddetto "federalismo fiscale", che invece di alleviare le tasche dei cittadini li colpisce in maniera pesante ed indiscriminata;

alla luce dei nuovi aumenti registrati quest'anno, cresce ancora l'impressionante bilancio dei rincari registrati dal 1994 ad oggi, che si attesta ad oltre 194 per cento, un aumento intollerabile ed inspiegabile, a maggior ragione se confrontato con i dati relativi all'incidentalità, che dal 2001 ad oggi è diminuita del 22 per cento;

a fronte di questo stillicidio continuo di rincari e a fronte di un nuovo campanello di allarme dovuto allo strano fenomeno, in costante aumento, delle disdette di contratti assicurativi senza motivazione alcuna e l'abbandono di intere zone da parte delle compagnie, soprattutto al Sud, si registrano ulteriori fenomeni nel settore dei risarcimenti dei danni e della relativa liquidazione, con una decurtazione sensibile delle somme stabilite dalle perizie;

a quanto risulta all'interrogante da una lettera di un importante sindacato, indirizzata all'Isvap e trasmessa per conoscenza anche ad Adusbef e Codacons, parecchi assicurati di Zurich, di Ugf e di altre compagnie si sono rivolti ai sindacati per denunciare che ricevono degli importi di pagamento danni subiti, sia Rc auto che casa, inferiori a quanto abbiano effettivamente provato con le relative fatture;

i sindacati chiedono di costringere le compagnie a scrivere il dettaglio del rimborso e, se ci sono franchigie dettagliarne la percentuale applicata, compresa quella applicata per le abitazioni e per il degrado e la vetustà del veicolo assicurato;

nel caso vi siano due compagnie a dover pagare il danno in concorso di colpa, occorre dettagliare l'importo iniziale e le eventuali somme detratte in modo chiaro e trasparente,

considerato che secondo un comunicato dello Sna, sindacato degli agenti, in molte province italiane dal 1° agosto del 2011 le tariffe Rc auto sarà più cara per effetto del federalismo fiscale che ha permesso alle Amministrazioni provinciali di ritoccare verso l'alto l'aliquota. Di conseguenza, per gli automobilisti cui l'assicurazione Rc auto scade proprio nel prossimo mese di agosto, è consigliabile saldare la polizza, chiedendo l'emissione del contratto, entro e non oltre il 31 luglio 2011. A riportarlo è il sito Internet dello SNA, in accordo con quanto pubblicato sul blog Assicuri.com. In pratica, con questa sorta di stratagemma si evita almeno per un anno di entrare nel vortice dei rincari di Stato, anzi provinciali, dell'Rc auto. La lista delle Province che hanno alzato l'aliquota si sta sempre più ingrossando: si va dalla Provincia di Alessandria a quella di Rovigo, passando per Bologna, Milano, Perugia, Lecce, Verona, Venezia, Pesaro Urbino, L'Aquila, Cremona, Chieti e Catanzaro,

si chiede di sapere:

se risponda al vero che il cosiddetto federalismo fiscale sta colpendo molti automobilisti con rincari già applicati da alcune Province, costrette ad aumentare l'aliquota dal 1° agosto 2011, quali Alessandria, Rovigo, Bologna, Milano, Perugia, Lecce, Verona, Venezia, Pesaro Urbino, L'Aquila, Cremona, Chieti e Catanzaro;

quali iniziative reali di competenza il Governo intenda attivare per bloccare un vortice inarrestabile di aumenti delle tariffe Rc auto, che, a prescindere dai comportamenti virtuosi degli automobilisti, continuano a colpire le famiglie costrette a versare alle "idrovore assicurative" anche il 5 per cento del reddito annuo;

quali misure intenda adottare per impedire che l'obbligo a contrarre la Rc auto non induca comportamenti opportunistici con aumenti abnormi, anche del 30 per cento, ad assicurati che non hanno mai denunciato incidenti, a quanto risulta all'interrogante nella più totale inerzia ed assenza di interventi dell'Isvap;

come il Governo intenda contrastare gli ulteriori fenomeni, presenti nel settore dei risarcimenti dei danni e della relativa liquidazione, della decurtazione sensibile delle somme stabilite dalle perizie e se tali tagli sostanziosi non possano integrare un fenomeno di elusione fiscale.

(4-05761)

LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

è pervenuta all'interrogante la segnalazione di un risparmiatore che lamenta un profitto della Banca popolare di Milano, senza impiegare danaro o correre rischio, a proprio danno;

il risparmiatore riferisce di aver sottoscritto un prestito personale con la banca ad un tasso fisso pari al 5,267 per cento, garantito prima da fondi monetari per uguale importo. In seguito l'istituto di credito gli ha fatto sottoscrivere, in sostituzione del fondo, obbligazioni subordinate della stessa banca per lo stesso importo del prestito;

il risparmiatore fa notare che la banca non utilizza liquidità, perché egli stesso ha fornito la liquidità sottoscrivendo le obbligazioni, beneficiando della liquidità anche per una scadenza più lunga rispetto a quella del prestito. Inoltre, continua il risparmiatore, grazie alla suddetta garanzia, la banca non corre rischi, visto che gli ripresta i suoi stessi soldi. Pertanto la banca senza correre rischi o impiegare soldi propri lucra uno spread;

le obbligazioni che la banca gli ha fatto sottoscrivere, secondo il risparmiatore, non sono normali obbligazioni bancarie ma addirittura subordinate, particolarmente rischiose ed adatte a portafogli di altro profilo. La convenienza di un'operazione del genere è quindi unilaterale, quasi leonina, in quanto il risparmiatore non ottiene realmente risorse finanziarie e sostiene anche un costo. La banca, invece, addirittura ne ha un beneficio in termini di patrimonio di vigilanza;

in particolare la suddetta obbligazione è stata collocata al risparmiatore il 18 settembre 2008, tre giorni dopo il fallimento della Lehman Brothers, all'apice della crisi finanziaria, magari anche perché in quelle condizioni di mercato la banca non riusciva a collocarla a clientela sofisticata, in grado di comprendere la natura rischiosa dello strumento che è stato fatto sottoscrivere al cliente (e forse il prezzo non coerente con le condizioni di mercato al momento del collocamento). Il risparmiatore ha acquistato in quanto cliente da 30 anni della Banca popolare di Milano in cui riponeva una grande fiducia;

nel marzo 2011, quando le condizioni di mercato erano sostanzialmente migliorate, il risparmiatore chiedeva alla banca di liquidare l'obbligazione. In risposta la banca gli proponeva un prezzo di riacquisto pari al 80 per cento del valore nominale;

il cliente ribadiva alla banca che, non ottenendo risorse finanziarie e sostenendo un costo per l'operazione strutturata dall'istituto stesso, non capiva perché, a fronte di questo, doveva perdere il 20 per cento se voleva cedere l'obbligazione. Pertanto chiedeva alla banca il riacquisto dell'obbligazione a prezzi coerenti con quelli a cui aveva sottoscritto la stessa (al nominale, visto che le condizioni di mercato erano migliorate);

a quel punto la banca si rendeva disponibile a venirgli incontro vendendo a 80 i titoli e promettendo che i restanti 20 glieli avrebbe accreditati non si sa bene quando e come. A tutt'oggi i titoli sono stati venduti a 80 ma il risparmiatore non ha ancora avuto alcun accredito relativo ai 20,

si chiede di sapere:

se al Governo risulti che il modus operandi della Banca popolare di Milano rispecchi una prassi diffusa presso gli istituti di credito;

quali iniziative di competenza intenda assumere affinché i cittadini non siano vittima di pratiche vessatorie e mancanza di trasparenza da parte degli istituti bancari, a giudizio dell'interrogante spesso avallati in tutto ciò dalla Banca d'Italia, ABI e Consob;

se il Ministro in indirizzo non ritenga che sia arrivato il momento di porre un freno alla prepotenza delle banche, che sfocia spesso nell'illegalità, orientandosi alla tutela del sistema produttivo e dei consumatori, su cui e di cui le stesse banche vivono;

se il Governo sia a conoscenza dei motivi per cui la Banca d'Italia non provveda a sanzionare duramente fino alla revoca della licenza dell'attività bancaria quelle banche che continuano impunemente nelle loro operazioni spregiudicate a danno dei cittadini, delle imprese e degli interessi economici più generali.

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Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

6ª Commissione permanente(Finanze e tesoro):

3-02357, del senatore Barbolini, sulla sanatoria delle controversie tributarie ex decreto-legge n. 40 del 2010;

7ª Commissione permanente(Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

3-02360, del senatore Firrarello, sulla carenza di personale scolastico nella Regione siciliana;

13ª Commissione permanente(Territorio, ambiente, beni ambientali):

3-02359, del senatore Rusconi e della senatrice Mazzuconi, sui danni causati dal maltempo nella provincia di Lecco all'inizio del mese di luglio 2011.