29 luglio 2011

 

Test d'italiano ed educazione civica ecco il permesso a punti per immigrati 
Carta di soggiorno a chi ne raggiunge 30, espulso chi scende a zero. Al via da oggi per i nuovi ingressi. Maroni: serve a responsabilizzare gli stranieri
la Repubblica, 29-07-2011
FABIO TONACCI 
ROMA - In due anni dovranno imparare come funzionano il Parlamento e il governo, cosa dice la Costituzione, come si usa un congiuntivo, quali sono le regole civiche del nostro Paese. Dopodiché gli stranieri regolari che hanno chiesto il permesso di soggiorno faranno la conta dei crediti acquisiti. Una sorta di "pagella dell'immigrato". Con almeno trenta punti, saranno promossi e otterranno di fatto la carta di soggiorno. Con meno di trenta crediti, ma più di sedici, saranno "rimandati" e avranno un anno di tempo per recuperare. Con zero punti o meno, risultato a cui si arriva ad esempio con una condanna penale, scatta la bocciatura, che significa espulsione immediata.
Questo stabilisce l'"Accordo di integrazione tra lo straniero e lo stato", introdotto col pacchetto sicurezza Maroni nel 2009 e approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. E' rivolto a tutti gli stranieri non clandestini dai 16 anni in su che entrano per la prima volta in Italia, chiedendo un permesso di soggiorno superiore a un anno. Si stipula in automatico al momento della presentazione della domanda, allo sportello unico della prefettura o in questura. In pratica lo Stato chiede agli immigrati di studiare, per acquisire conoscenze di base della lingua italiana parlata, della cultura civica e della vita civile, delle istituzioni pubbliche, con particolare attenzione alla sanità, alla scuola, al lavoro e agli obblighi fiscali. Il governo farà la sua parte organizzando corsi gratuiti di cinque-dieci ore entro tre mesi dalla stipula dell'accordo. Previsti anche test di verifica finali.
Il perno del nuovo sistema è la "pagella". Tutti partono con una dote iniziale di 16 punti. Si aumentano frequentando i corsi gratuiti, ma anche con l'iscrizione al sistema sanitario nazionale (4 punti), dimostrando di avere un'attività commerciale (4 punti) o una casa (fino a 12 punti), di conoscere bene l'italiano (fino a 30 punti) o di essere in possesso di un titolo di studio (da 4 crediti per la licenza media fino a un massimo di 64 per un dottorato di ricerca). I punti però possono essere decurtati "se lo straniero subisce una condanna penale anche non definitiva - ha spiegato il ministro dell'Interno Maroni, ideatore dell'accordo - oppure se commette gravi illeciti amministrativi o tributari". Un mese prima della scadenza del biennio formativo c'è la verifica: con trenta o più crediti, viene concesso il permesso di soggiorno. I più meritevoli otterranno corsi "premio" aggiuntivi. Da 16 a 30 punti l'accordo viene prorogato di un anno per dare la possibilità di raggiungere la "promozione". Per chi ha punti inferiori o pari a zero, invece, non c'è scelta: bocciatura, quindi espulsione. Lo stesso avviene in caso di inadempienza dell'obbligo scolastico da parte dei figli minori.
"Non è uno strumento punitivo - ha voluto precisare Sacconi, ministro del Welfare - accompagna lo straniero verso un percorso d'integrazione". Il permesso di soggiorno a punti, in uso in Canada e altri paesi anglosassoni - è stato contestato dall'opposizione "perché - ha detto Livia Turco, responsabile Immigrazione del partito democratico - bisogna prima garantire tempi certi per i rinnovi dei permessi e corsi di lingua e cultura forniti dalla scuola pubblica".  
 
 
 
CONSIGLIO DEI MINISTRI/ Luce verde al regolamento che riscrive le regole per gli stranieri
Un soggiorno a punti a ostacoli
Condanne e sanzioni amministrative frenano il permesso
ItaliaOggi, 29-07-2011 
ANTONIO CICCIA
Il permesso di soggiorno, come la cittadinanza italiana, diventa «a punti». Punti che gli stranieri in Italia possono perdere anche per condanne non definitive o per sanzioni amministrative (queste però definitive). Il regolamento attuativo della legge sulla sicurezza (n. 94/2009), in merito all'accordo di integrazione (si veda ItaliaOggi del 26 luglio 2011), approvato ieri dal consiglio dei ministri, espone l'extracomunitario alla espulsione anche in presenza di sentenze ribaltabili in appello o in cassazione. Peraltro la scelta di maggior rigore (non definitività delle sentenze) non può essere ricondotta alla legge 94/2009, che ha introdotto l'accordo di integrazione, ma che non ha dettagliato i motivi della perdita di punti. Si consideri che il numero di punti persi per condanne non definitive può essere molto alto anche a fronte di sentenze per reati puniti con sanzioni lievi. Ma vediamo di analizzare il provvedimento.
L'articolo 4-bis del Testo unico sull'immigrazione, introdotto dalla legge 94/2009, prevede che lo straniero debba impegnarsi ad integrarsi firmando un accordo: assume, quindi, l'obbligo contrattuale di conseguire 30 crediti da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La perdita integrale dei crediti, dice la norma, determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero.
Dai crediti dipende quindi non solo la possibilità di acquisire la cittadinanza italiana, ma anche la possibilità di restare in Italia.
Diventa determinate allora raggiungere i punti, ma è altrettanto decisivo non perderne.
Sul fronte della decurtazione va approfondito il tema delle condanne, sul quale la legge 94/2009 non ha fornito prescrizioni specifiche.
Il catalogo delle decurtazioni, allegato al regolamento, comprende le condanne non definitive. Per esempio la condanna anche non definitiva alla pena dell'arresto superiore a tre mesi comporta una decurtazione di 5 punti; la condanna anche non definitiva al pagamento di una multa non inferiore a 10 mila euro porta via 6 punti; e così via fino alla decurtazione di 10 punti per la condanna alla reclusione non inferiore a tre mesi, di 15 punti per la reclusione non inferiore a un anno, di 20 punti per le condanne non inferiori a due anni e di 25 punti per le condanne non inferiori a tre anni.
Il meccanismo della decurtazione scatta, dunque, anche in caso di condanna non passata in giudicato: così una espulsione potrebbe derivare anche a condanne ingiuste, magari riformate nei gradi di appello. Tra l'altro si rischia di perdere un gran numero di crediti anche per condanne per reati lievi: la condanna non definitiva per un reato a quattro mesi può far saltare ben sei punti, mentre la decurtazione è di 15 punti per le condanne inferiori a due anni. Questo significa che con una condanna non definitiva a meno di due anni si perdono meta delle chance di poter rimanere in Italia. Non vi sono previsioni sulla possibilità di restituzione di punti in caso di riforma della sentenza di condanna.
Altrettanto rigore si registra per la decurtazione dei punti per illeciti amministrativi e tributari: per fare un esempio un verbale per passaggio con semaforo rosso costa due punti: ma stavolta l'irrogazione deve essere definitiva.
Quindi con zero crediti il permesso di soggiorno è revocato, e se è pendente la pratica per il rinnovo questa è destinata al rigetto: si passa, dunque, all'espulsione.
In materia di crediti va citata una disposizione premiale, anche se di portata molto relativa: allo straniero che alla scadenza dell'accordo risulti aver raggiunto un numero di crediti finali pari o superiore a quaranta sono riconosciute agevolazioni per la fruizione di specifiche attività culturali e formative.
Altro punto qualificante il provvedimento è l'esame di italiano. Un mese prima della scadenza del biennio di durata (prorogabile di uno) dell'accordo di integrazione, comincia l'iter della verifica dei crediti. Lo straniero è invitato a presentare, entro quindici giorni la documentazione necessaria al riconoscimento dei crediti e la certificazione relativa all'adempimento dell'obbligo di istruzione dei figli minori o, in assenza, la prova di essersi adoperato per garantirne l'adempimento. In assenza di documentazione lo straniero ha facoltà di far accertare il proprio livello di conoscenza della lingua italiana, della cultura civica e della vita civile in Italia mediante un apposito test svolto gratuitamente.
Peraltro l'obiettivo dell'accordo di integrazione non è solo quello della acquisizione di un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata, ma anche una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione e dell'organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia. Altri obiettivi sono quelli far conseguire allo straniero una sufficiente conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali e di garantire l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
 
 
 
Stranieri,test d'italiano obbligatorio
Via libera definitivo al regolamento d'attuazione del permesso di soggiorno a punti
La Stampa, 29-07-2011
FLAVIA AMABILE
Via libera definitivo per il permesso a punti per gli stranieri. Il Consiglio dei ministri ha emanato ieri l’ultimo provvedimento necessario, il regolamento d’attuazione dell'accordo di integrazione «tra lo straniero e lo Stato» che prevede un sistema di crediti.
L’accordo dura 2 anni. Destinatari sono gli stranieri che entrano per la prima volta nel territorio italiano e viene stipulato in automatico allo sportello unico o in Questura contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno. Alla fine del percorso dovranno sottoporsi ad un test obbligatorio.
Lo straniero assume alcuni impegni. Dovrà «acquisire la conoscenza di base della lingua italiana parlata e una sufficiente conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e degli obblighi fiscali». Dovrà «assolvere al dovere di istruzione dei figli minori. Conoscere l'organizzazione delle istituzioni pubbliche e rispettare i principi della Carte dei valori della cittadinanza e dell'integrazione».
Sarà lo Stato a pagare i corsi necessari, gli stranieri infatti avranno diritto a partecipare gratis ad una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita civile in Italia, a cura dello sportello unico, di durata tra le 5 e le 10 ore.
Il monte dei crediti è di 16 punti. Di questi, 15 possono essere sottratti in caso di mancata frequenza alla sessione di formazione civica. I crediti possono essere decurtati anche per una condanna penale e gravi illeciti o per la mancata frequenza ai corsi.
Secondo il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, si tratta di «un’iniziativa importante che va nel senso della responsabilizzazione e dell’integrazione dello straniero. È un’innovazione molto rilevante sul tema della gestione dei flussi di cittadini stranieri». Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi respinge le accuse: «Non è affatto uno strumento punitivo, ma consente alla persona immigrata di far valere positivamente ciò che realizza. Non è un percorso ad ostacoli, sollecita i minimi requisiti di volontà di integrazione».
Molto soddisfatta la Lega. Federico Bricolo, presidente dei senatori del Carroccio: «Tenendo fermo il massimo rigore nel contrasto all'immigrazione clandestina, ora cambiano le regole per il permesso di soggiorno. Lo scopo è quello di stabilire dei diritti e doveri che anche gli extracomunitari devono rispettare. Gli stranieri che rispetteranno le nostre leggi, si comporteranno bene e dimostreranno con i fatti di volersi integrare non avranno nulla da temere».
Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati del Pdl lo definisce «un sistema serio di integrazione», frutto di un'attività di governo svolta «con coerenza e lungimiranza».
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Su questo argomento ho realizzato due interviste:
Il governo insiste con il sistema dei punti per concedere il permesso di soggiorno agli stranieri apena arrivati in Italia. Un sistema complicato, costoso e inutile, secondo Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici stranieri italiani e del Co-Mai, la comunità araba in Italia.
Perché queste critiche?
«E’ un meccanismo complicato, prima si otteneva il permesso di soggiorno, poi veniva rinnovato e tutto procedeva in modo lineare. Il nuovo sistema introduce verifiche, procedure di valutazione, sarà complesso e anche costoso. Siamo in tempi di crisi, di tagli alle spese: chi dice che il governo stanzierà i fondi necessari perché la procedura funzioni a dovere?»
Secondo il governo in questo modo si garantirà che gli stranieri abbiano le nozioni necessarie sull’italiano e sulla loro cultura.
«Ed è giusto che si chieda questo a chi decide di voler venire in Italia. Ma è una buona notizia a metà. Il metodo scelto è completamente sbagliato. I crediti finiscono solo per far sentire gli stranieri sempre sotto esame, sempre di passaggio. Non si raggiungerà mai l’integrazione in questo modo. Chiediamo al ministro dell’Interno quanti crediti spettano ai medici, operatori sanitari stranieri e professionisti che a loro è impedito di sostenere concorsi pubblici perchè non sono in posseso di cittadinanza italiana ma lavorano e pagano le tasse regolarmente o che non possono fare il medico di famiglia perchè non è cittadino italiano. E quanti crediti spettano ai giovani stranieri che nonestante sono nati in Italia sono costretti a lottare tutti i giorni per la doppia identità e contro l’impedimento di acquisire la cittadinanza italiana».
E come si raggiungerà l’integrazione allora?
«Lo denunciamo da anni. Non è giusto restare immigrati per sempre, né associare il mondo degli stranieri al concetto di clandestinità. Il governo dovrebbe incentivare l’immigrazione qualificata, programmandola in base alle esigenze del mondo del lavoro: basterebbe definire ogni anno le quote di lavoratori necessari. Ma il governo preferisce continuare a fuggire dalla realtà. E la realtà è che da anni non vengono firmati accordi bilaterali. Ora che non ci sono più Ben Ali e Mubarak chi garantisce che le strette di mano con loro di Berlusconi verranno rispettate? E’ politica dell’immigrazione questa?».
Costanza Khalil di corsi agli immigrati se ne intende. Da anni se ne occupa e quest’inverno è stata una delle docenti che hanno preparato gli stranieri durante i corsi già partiti e finanziati dal governo. 
Come si svolgono le lezioni?
«Il metodo che io uso è induttivo. Non vado alla lavagna a spiegare le regole grammaticali né pretendo che loro le imparinoa memoria e me le recitino il giorno dopo».
Che cosa chiede invece ai suoi alunni?
Più che altro scelgo un argomento e lo affronto in modo generico con conversazioni in aula. Soltanto dopo otto ore di corso, quando la regola è ormai acquisita, la spiego. Privilegio un approccio più immediato, insomma, in modo da far acquisire loro disinvoltura nel parlare la lingua».
E gli stranieri come si trovano?
«All’inizio disorientati, sono abituati come noi al metodo tradizionale. In questo modo invece i protagonisti della lezione sono loro. Io, come insegnante, sono soltanto una sorta di animatrice del gruppo, intervengo per introdurre la conversazione legata all’argomento della lezione, e poi per fare eventuali sottolineature. E’ un metodo più rilassato, che lascia spazio ad un uso più ampio dei vocaboli». 
Quale obiettivo vi ponete durante i corsi?
«Vogliamo che gli stranieri imparino quello che è utile per loro. Organizziamo gite, uscite di gruppo, spesso ci si vede anche quando il corso è finito. Cerchiamo di insegnare tutto quello che è possibile senza uscire dalla realtà. Durante i prossimi corsi andremo anche al supermercato o alla posta per dare loro tutti gli strumenti necessari della vita quotidiana o per il lavoro». 
 
 
 
Ecco l’esame per gli immigrati Resta in Italia chi è promosso
il Giornale, 29-07-2011
Francesca Angeli
Roma -Promosso resti in Italia. Bocciato sei espulso. Il consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo all’accordo di integrazione, il cosiddetto permesso di soggiorno a punti, già contenuto nella legge sulla sicurezza del 2009 ma fino ad ora inattuato. Non appena verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il regolamento entrerà in vigore ma non avrà valore retroattivo e dunque si applicherà soltanto agli stranieri che entreranno nel nostro Paese dopo la pubblicazione in G.U. e chiederanno il permesso di soggiorno per almeno un anno.
Come funziona l’accordo? Lo straniero che arriva in Italia dovrà affrontare un percorso formativo e di integrazione per il quale avrà due anni di tempo. L’accordo verrà stipulato al momento dell’ingresso presso lo sportello unico dell’immigrazione. Lo straniero accumulerà punti «integrandosi» ovvero ad esempio scegliendo il suo medico di base, mandando i figli regolarmente a scuola, ottemperando ai suoi obblighi fiscali. Al termine dei due anni dovrà sostenere una sorta di test sia di lingua italiana sia di cultura generale. Il livello richiesto è elementare per quanto riguarda le conoscenze linguistiche e di vita quotidiana per quanto riguarda la cultura generale. L’immigrato dovrà dimostrare di conoscere le nostre leggi, i principi fondamentali della nostra Costituzione, e più in generale le regole della vita civile. Con trenta punti si è promossi, l’accordo si considera ottemperato e lo straniero ottiene il permesso di soggiorno. Da uno a 29 punti si è rimandati e occorrerà affrontare di nuovo il test. Se invece il punteggio resta a zero la porta si chiude per sempre e si viene espulsi.
I punti possono essere accumulati nel corso dei due anni grazie alla frequentazione dei corsi di lingua o di formazione o semplicemente della scuola visto che l’accordo vale per gli stranieri dai 16 ai 65 anni. Ma si potranno accumulare crediti anche col proprio lavoro, col pagamento delle tasse, con la registrazione del proprio contratto di affitto. Si perderanno punti invece per i comportamenti scorretti o la violazione della legge.
Per tutti gli immigrati in questi due anni sarà obbligatorio frequentare un corso di «formazione civica e informazione sulla vita civile». Il corso sarà gratuito e verrà accompagnato da corsi di lingua le cui spese saranno a carico dello Stato. Proprio su questo punto, ovvero chi pagherà l’organizzazione dei corsi, era scattata la polemica da parte degli enti locali, comuni, province e regioni, che temono di dover essere loro ad allargare i cordoni della borsa. Alcune regioni in particolare avevano dato pare negativo (Basilicata, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria) per «mancanza di un chiaro impegno finanziario da parte dello Stato con conseguente ricaduta dei costi a livello territoriale su Regioni ed Enti Locali». Preoccupazione anche per «l’impatto sugli Sportelli Unici Immigrazione con evidente sovraccarico di compiti e impegni che mettono a rischio la qualità e l’efficienza del servizio ed indeboliscono le funzioni connesse al rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno».
L’accordo è stato presentato dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e da quello del lavoro, Maurizio Sacconi che hanno insistito su un punto: l’accordo, il percorso formativo, rappresenta un vantaggio per l’immigrato e non un ostacolo.
«Si tratta di un’iniziativa molto importante che va nel senso della responsabilizzazione e dell’integrazione dello straniero -dice Maroni- É un modo nuovo di gestire i flussi».
Pure Sacconi insiste nel definire l’accordo uno passo avanti per la piena integrazione degli immigrati.
«Non è uno strumento punitivo ma consente alla persona immigrata di far valer positivamente ciò che realizza -dice Sacconi- Non è un percorso ad ostacoli, sollecita i minimi requisiti di volontà di integrazione».
 
 
 
Tensione al Cara di Salinagrande
marsala.it, 29-07-2011 
C'è tensione al Cara di Salinagrande (Trapani), dopo che 50 dei 256 ospiti hanno saputo che non otterranno il permesso di soggiorno. Gli immigrati minacciano proteste eclatanti.
"Nel 2005 ho dovuto lasciare il mio Paese, la Guinea-Bissau, perché ero perseguitato e mi sono trasferito in Libia dove sono rimasto fino a qualche mese fa - racconta Mbalo Bakari, uno degli ospiti - I governi degli altri paesi europei, a chi viene dalla Libia, rilasciano subito il permesso di soggiorno, in Italia invece riceviamo solo dinieghi".
Ad esasperare gli animi anche le condizioni in cui sono costretti a vivere alcuni degli ospiti del Cara. Lo stesso direttore del Centro, Gaspare Sieli, conferma che il loro nervosismo "è legato ai dinieghi decisi dalla Commissione territoriale che valuta sulla scorta delle loro indicazioni" ma anche, stando ad alcune segnalazioni degli stessi giovani, al fatto che alcuni di loro dormono in una palestra anzichè nelle stanze come gli altri.
"Una ventina di ragazzi - conferma Sieli - dormono sui materassi per terra in uno stanzone. È una sistemazione passeggera dovuta al fatto che alcuni di loro hanno rotto i letti a castello nelle loro stanze, ma la prefettura sta provvedendo a dar loro una degna sistemazione". A complicare la situazione anche il fatto che gli immigrati sono di 14 etnie diverse, con situazioni e problematiche differenti.
 
 
 
A Milano chiude la scuola  più multietnica d'Italia
Troppi gli stranieri: secondo la legge non devono superare il 30%
La Stampa, 29-07-2011
MICHELE BRAMBILLA
MILANO - Hanno deciso di chiudere la scuola elementare più multietnica d’Italia: la statale «Lombardo Radice» di via Pier Alessandro Paravia 83 a Milano. Il motivo: gli stranieri sono troppi. Dall’anno prossimo non ci sarà più la prima elementare, il che vuol dire che fra cinque anni la scuola si estinguerà.
Eppure era ritenuta un modello riuscito di integrazione, più volte premiata dalla Regione. I genitori e i bambini ne erano entusiasti. Le insegnanti avevano preso il loro compito quasi come una missione. Ma sembra che l’Ufficio scolastico territoriale di Milano non voglia sentire ragioni: una lettera, giunta all’istituto la scorsa settimana, ha gelato le speranze di bambini e genitori: «Cercatevi un’altra scuola».
La storia va raccontata dall’inizio. Via Paravia è nel quartiere San Siro. Un quartiere da sempre diviso in due: da una parte una Milano benestante, dall’altra una Milano di immigrati. In un simile contesto, la scuola elementare «Lombardo Radice» è da tempo un luogo di incontro. Negli anni Sessanta e Settanta fra bambini milanesi e bambini napoletani («i figli dei cavalli», li chiamavano, perché i loro padri facevano gli stallieri all’ippodromo di San Siro). Da qualche anno a questa parte, l’incontro è fra bambini italiani e bambini stranieri; e perfino fra stranieri di diverse nazionalità. Nessuna scuola in Italia è infatti più multietnica di questa. Su 93 alunni, 80 sono stranieri, di ben sedici nazionalità diverse. Figli di gente che vive a volte alle soglie della povertà, nelle case popolari dell’Aler di fronte alla scuola.
All’inizio di aprile a scuola arriva un decreto dell’Ufficio territoriale che dice: dall’anno prossimo la prima non si fa più, i bambini vadano o alla Brocchi o alla Cabrini, oppure i genitori si scelgano loro un’altra destinazione. I genitori vengono informati dalla direttrice della scuola alla presenza del consiglio di circolo. La notizia getta tutti nello sconforto. Qualcuno si mette a piangere. La Brocchi è lontana 4,6 chilometri, la Cabrini 2,3. Ma la difficoltà dello spostamento non è la cosa più grave. Quel che preoccupa è la chiusura di una scuola che per i bambini e le famiglie da anni rappresentava l’unica possibilità di un vero inserimento in Italia. Forse l’unica presenza dello Stato nel quartiere.
Alla prima elementare dell’anno scolastico 2011-2012 si erano iscritti diciotto bambini. Per fare una classe ne basterebbero quindici. Ma nel decreto si fa riferimento alla nuova legge che fissa un tetto del 30 per cento di stranieri per ogni classe. Una decisione dunque inevitabile? Domenico Morfino - un genitore, membro del consiglio di circolo - e Diana De Marchi, consigliera provinciale del Pd, assicurano che non è così. Che sono possibili deroghe se i bambini stranieri sono comunque nati in Italia e se hanno frequentato due anni di scuole italiane, anche materne. «Se si adottasse rigidamente la legge, senza dare deroghe, a Milano dovrebbero chiudere 40 scuole elementari, 24 medie e 16 istituti superiori», dice Diana De Marchi. Degli 80 bambini stranieri della scuola «Lombardo Radice», 59 sono nati in Italia.
Ricevuto il decreto di aprile, parte la protesta. Il 7 maggio c’è nel quartiere una manifestazione che è un modello di trasversalità. Partecipano tutti: italiani, stranieri delle più diverse religioni, il parroco don Roberto, le suore della scuola cattolica, il senatore del Pd Ignazio Marino, anche qualche leghista. Tutti vogliono che la scuola non chiuda. In pochi giorni si raccolgono 1081 firme. I bambini scrivono al presidente Napolitano, che risponde con una lettera.
Viene chiesto un incontro con il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale (per capirci: quello che un tempo si chiamava il provveditore) Giuseppe Petralia. «Ci siamo visti ai primi di maggio, è stato molto comprensivo e disponibile», dice Diana De Marchi. «Ha aggiunto che entro un mese ci avrebbe fatto sapere». «Ma da allora - aggiunge Domenico Morfino - non ci ha più risposto, se non con la lettera della scorsa settimana, firmata dal suo ufficio, che sollecita i genitori a indicare quali siano le altre scuole prescelte».
Il provveditore Petralia non ha risposto neppure a noi. Ci ha risposto invece il ministro Gelmini, che così spiega perché non sarebbe possibile una nuova deroga: «Le deroghe si danno se la quota di stranieri è un po’ superiore al trenta per cento. Ma dall’Ufficio territoriale di Milano mi hanno detto che la nuova prima classe sarebbe stata composta al cento per cento da stranieri: e così sarebbe stata una situazione difficilmente gestibile. Non vogliamo discriminare nessuno, ma abbiamo pensato che fosse meglio così per tutti. L’Ufficio di Milano mi ha assicurato che i bambini andranno in scuole vicine».
I genitori andranno ora per avvocati: è già pronto il ricorso al giudice di pace. In via Paravia nessuno vuole rinunciare alla scuola che ha fatto sentire italiani questi bambini.
 
 
 
Le comunità islamiche si preparano al Ramadan, dal 1 agosto inizia il periodo di preghiera e digiuno.
Oltre un milione gli immigrati di tradizione islamica, la maggior parte nelle regioni del Nord. I centri di preghiera si organizzano per il tempo forte dell’Islam.
ImmigrazioneOggi, 29-07-2011
Ancora poche ore allo scoccare del 1 agosto quando, al tradizionale giorno di inizio ferie, quest’anno si affiancherà anche l’inizio del Ramadan, il periodo di preghiera e digiuno che riguarderà oltre un milione di fedeli islamici presenti in Italia.
Secondo i dati del Dossier statistico immigrazione della Caritas, le regioni italiane con maggior presenza di immigrati musulmani sono la Lombardia (200mila), l’Emilia Romagna (100mila), il Lazio (80mila), il Veneto (70mila) e il Piemonte (50mila).
Proprio nel capoluogo lombardo fervono i preparativi. I grandi centri islamici di Milano si stanno organizzando per garantire ai fedeli un posto dove pregare, il cibo per la rottura del digiuno e qualche svago. “Quest’anno forse avremo meno problemi di spazio, contando che cade durante il mese di vacanza”, ha dichiarato all’agenzia Redattore Sociale, Benaissa Bounegab, il presidente del centro islamico di via Padova. Il centro, in cui passeranno 5 mila fedeli a settimana, è rifermento per i musulmani provenienti da più di 50 Paesi diversi e per questo, prosegue il presidente Bounegab, “metà della nostra preghiera è in arabo e l’altra metà è in italiano. Per noi, è l’unica lingua con cui è possibile comunicare”.
Durante il Ramadan, il centro propone delle gare particolari: ci si sfida a colpi di versetti, tratti dal Corano o da altri poemi arabi a tema religioso. “Per i primi tre mettiamo in palio quello che possiamo, da una serie di libri fino al prezzo di un biglietto aereo per tornare al Paese d’origine”, racconta Bounegab. Uno dei momenti di vita comunitaria più significativo è la rottura collettiva del digiuno, un’ora dopo il tramonto del sole. Un’occasione per dare da mangiare anche ai più bisognosi: “Abbiamo degli accordi con circa quattro-cinque ristoranti della zona che ci forniscono il cibo”.
In viale Jenner, i numeri sono ancora maggiori: “Per il Ramadan diamo da mangiare a circa 200-250 persone al giorno”, spiega il presidente Abdel Shaari. Per il centro, uno dei maggiori d’Italia, un tema sempre scottante è quello dello spazio di preghiera. “Quest’anno – spiega Shaari – saremo al teatro Ciak”. Un problema sconosciuto per i fedeli del centro di via Quaranta: “Siamo fortunati, il posto non ci manca”, confessa Abdel Sharif, imam della moschea. In media sono tra i 450 e i 500 i fedeli che ogni sera si recano al centro per la preghiera, durante il Ramadan.
Più istituzionali le preghiere nella grande moschea di Roma, seguite anch’esse la sera dalla consumazione di un pasto collettivo.
Complessivamente sono oltre 800 i luoghi di culto per i musulmani italiani, poche le moschee e molti i centri culturali con sale di preghiera. In molte città, i fedeli islamici pregheranno in spazi pubblici e giardini.
 
 
 
Immigrati a 600 mila, e cresceranno
IL RAPPORTO. L'assessore regionale presenta le cifre del 2010: i bambini nati da almeno un genitore straniero ora sono addirittura uno su tre 
Stival: «Quelli regolari sono una risorsa. Vanno aiutati nell'istruzione»
Il Giornale di Vicenza, 28-07-2011
Antonella Benanzato
VENEZIA - Aumentano gli stranieri residenti in Veneto: altre 25 mila presenze, misurate alla fine del 2010. Superano quindi il mezzo milione gli immigrati sul territorio regionale, arrivando tra residenti e irregolari a quota 600 mila. Ma i flussi sono destinati a crescere anche nei prossimi anni: pena l'invecchiamento della popolazione e il rallentamento del sistema produttivo.
I TOP: VERONA, VICENZA E TREVISO. E le province di Verona, Vicenza e Treviso, quelle maggiormente industrializzate, sono ancora le aree in cui più si concentra la presenza di migranti. Sono queste, in sintesi, le cifre fotografate dall'8° Rapporto 2011 sull'immigrazione straniera in Veneto curata dall'Osservatorio regionale in collaborazione con Veneto Lavoro e illustrate ieri dall'assessore veneto ai flussi migratori, Daniele Stival, e dal direttore di Veneto Lavoro e responsabile dell'Osservatorio, Bruno Anastasia. Nelle oltre 200 pagine del documento che comprende anche 272 interviste fatte a immigrati rumeni e marocchini per capire come hanno affrontato la crisi, emerge un quadro in lento consolidamento. La distribuzione per nazionalità degli immigrati in Veneto, giunti alla seconda generazione, soprattutto dopo il recente allargamento vede in testa la Romania (97 mila), Marocco (56.700), Albania (42 mila), Moldova (29 mila) e Cina (27 mila).
I BAMBINI: UNO SU CINQUE. Interessante anche il dato demografico: sono infatti oltre 10mila i bimbi e le bimbe nati da entrambi i genitori stranieri: sono il 22% del totale dei nati, e ci si avvicina al 30% se si considerano anche i nati da un genitore straniero. Si registra, inoltre, un saldo netto di nuovi residenti pari a 23 mila unità, più di 8 mila coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana. Il rapporto annuale sull'immigrazione rappresenta non solo una base statistica ma anche uno spaccato utile per consentire all'amministrazione regionale di definire le azioni principali del Piano annuale per l'immigrazione che è stato appena approvato dalla giunta. «I dati emersi e le strategie che ne conseguono - ha sottolineato Stival - dimostrano quanto ho sempre sostenuto: l'immigrato regolare, che ha un serio progetto di vita nella nostra terra, è una risorsa alla quale rivolgere attenzione e appoggio. Diverso è il discorso per chi si trova in clandestinità, che non possiamo in alcun modo tollerare».
FORZA LAVORO: SONO L'11%. Anche sul fronte del mercato del lavoro gli occupati stranieri sono circa 230 mila (l'11% del totale), mentre i disoccupati coinvolti dalla crisi economica sono circa 30 mila, pari a circa il 20% del totale. I giovani stranieri iscritti alle scuole venete sono circa 83 mila (il 10% del totale degli studenti). La Regione Veneto è comunque focalizzata principalmente sulle politiche di integrazione, richieste che giungono soprattutto dai Comuni in cui gli stranieri risiedono e che vedono impegnata l'amministrazione in un ruolo di coordinamento con enti locali e associazioni di categoria. «Le operazioni che dovremo attuare - ha proseguito Stival - sono il sostegno alle famiglie extracomunitarie nell'istruzione, una delle linee che ci sono state richieste dall'Anci, e l'avvio di un ragionamento importante con le categorie, concentrandoci sempre più su azioni di formazione del personale in accordo con gli enti bilaterali: è un aspetto che abbiamo già inserito nel piano annuale».
UNA PRIORITÀ: LA FORMAZIONE DEGLI STRANIERI. Anche la formazione e il sostegno scolastico dei ragazzi stranieri è tra le priorità regionali. «In stretta collaborazione con gli enti locali e le associazioni abbiamo individuato i fronti sui quali è più importante concentrare le nostre azioni, e cioè la disoccupazione e l'integrazione scolastica. Punteremo quindi sulla formazione professionale e su forme di accompagnamento dei ragazzi nel "doposcuola": molte sono infatti le segnalazioni, fatteci anche dall'Anci, sulla necessità di un sostegno per i molti che, dopo le ore scolastiche, tenderebbero a non ricercare altre forme d'integrazione».
 
 
 
Immigrazione clandestina a Prato realtà sempre più critica.
Prossima l'assegnazione di ulteriori unità di tre ispettori del lavoro alla Direzione provinciale, mentre l'Agenzia delle entrate verrà rafforzata con dodici nuove unità
il Sito di Prato, 28-07-2011
Alice Gigliotti
Quest'oggi alla Camera l'On. Mazzoni ha espresso preoccupazione per Prato definendola "una città in cui il fenomeno dell'immigrazione clandestina ha raggiunto altissimi livelli di criticità a causa di una comunità cinese che ha creato un distretto tessile in larga parte illegale e parallelo a quello preesistente"  Prosegue Mazzoni "Secondo una recentissima ricerca dell'Osservatorio socio-economico sulla criminalità del CNEL la malavita cinese ha messo le sue mani sugli affari gestiti a Prato dalla locale comunità, con preoccupanti infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto imprenditoriale e associativo e nella gestione diretta dell'immigrazione clandestina dall'Oriente"  
L'Onorevole continua descrivendo diversi atti criminali svoltosi all'interno della comunità cinese di Prato "due clandestini cinesi erano stati trucidati a colpi di mannaia in pieno centro. Secondo gli inquirenti, le vittime facevano parte di un commando di una banda rivale che aveva tentato di uccidere un boss che poi aveva deciso di vendicarsi." Mazzoni inoltre punta il dito contro la mancata assunzione di nuove unità della polizia di Stato, denunciando la perdità di ben otto unità tra cui " tre ufficiali di polizia giudiziaria, mentre a Firenze l'organico è rimasto invariato e tutte le altre questure toscane risultano in perdita nell'ordine di due o tre unità." Infine, Mazzoni chiede al Governo maggiori rassicurazioni per i cittadini pratesi, "quali siano le iniziative che l'esecutivo intende adottare per consentire alle forze dell'ordine pubblico di continuare nelle migliori condizioni".
In risposta all' On. Mazzoni interviene Alfredo Mantovano, Sottosegretario di Stato per l' interno "Per far fronte a tali forme di illegalità, fin dal 2007, è stato sottoscritto con gli enti territoriali un patto per la sicurezza, che è stato periodicamente rinnovato - da ultimo nel gennaio 2010 alla presenza del Ministro Maroni - e dotato di progettualità operative volte ai settori della polizia urbana ed amministrativa, del controllo del territorio e della prevenzione e repressione dei reati di natura economico-finanziaria".
Il Sottosegretario sottolinea l' importanza dei rapporti di collaborazione con il Tavolo pratese " nel corso di riunioni con tutti i referenti locali di tali uffici, è in corso una delicata operazione di armonizzazione dell'attività di controllo rispetto ai problemi locali. Tutti gli uffici hanno condiviso l'obiettivo di proseguire e di accrescere il numero dei controlli, orientando la futura attività ispettiva sul solco di quanto già realizzato in tema di repressione dell'immigrazione clandestina." 
Mantovano insiste sulla stretta collaborazione da parte di tutti gli uffici affinchè nessuna violazione sfugga al controllo periodico trimestrale.
"Grazie al lavoro sinergico svolto all'interno del Tavolo per Prato è prossima l'assegnazione di ulteriori unità di tre ispettori del lavoro alla Direzione provinciale, mentre l'Agenzia delle entrate verrà rafforzata con dodici nuove unità. Tutto ciò per rendere ancora più proficuo il lavoro svolto nell'ultimo biennio che ha visto sottoposte a controllo e a sanzione centinaia di aziende gestite da cittadini cinesi, in collaborazione anche con la polizia locale di Prato."
Il Sottosegretario conclude assicurando prossime assunzioni a tempo indeterminato di 2.033 unità di polizia e forze militari, a livello di territorio nazionale. Entro il 2011 ulteriori 2900 unità. Mantovano assicura massima attenzione verso Prato e sempre più capillare collaborazione con la Provincia e il Comune pratesi.
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