REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.6526/2007

Reg.Dec.

N. 3968 Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3968/2005, proposto da:

- Nunez Ramona, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Scanavino e Guido Francesco Romanelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in via Cosseria n. 5, Roma, appellato;

c o n t r o

- Ministero dellĠinterno, in persona del Ministro in carica, ed Ufficio territoriale del Governo-Prefettura di Cuneo, in persona del Prefetto in carica, entrambi rappresentati e difesi dallĠAvvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellante;

per annullamento e/o riforma,

della sentenza breve del T.a.r. Piemonte, Torino, sezione I, n. 322/2005, resa inter partes e concernente i provvedimenti recanti diniego della cittadinanza italiana (provvedimento dirigenziale del Ministero dellĠinterno, Dipartimento per le libertˆ civili e lĠimmigrazione, Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, in data 2 novembre 2004, prot. n. K10.C.166292), con relative note di comunicazione.

            Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.

            Vista la memoria di costituzione in giudizio dellĠappellata p.a..

            Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza del 13 novembre 2007, il Consigliere Aldo SCOLA.

Uditi, per le parti, lĠavv. Guido Francesco Romanelli e lĠavvocato dello Stato Paola Palmieri.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

Rilevavano i primi giudici (ai quali la Nunez si era rivolta, impugnando quanto in epigrafe trascritto, per varie forme di violazione di legge e di eccesso di potere) che lĠamministrazione aveva accertato che lĠattuale appellante, sposatasi in data 21 giugno 2001 con Guido Giacchello, non avrebbe di fatto mai convissuto con il coniuge, nŽ avrebbe dedotto alcuna prova in contrario, limitandosi ad eccepire che la normativa vigente in materia di cittadinanza non esigerebbe detto presupposto.

Il T.a.r. ad“to riteneva, dunque, che la p.a. avesse fatto corretta applicazione dellĠart. 5, legge n. 91/1992, atteso che il requisito per poter ottenere la cittadinanza consisterebbe non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un rapporto coniugale di almeno tre anni, tale da dimostrare lĠintegrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale.

Comunque, la sussistenza degli elementi previsti dalla legge per l'acquisto della cittadinanza italiana, nel caso di domanda dell'interessato, non obbligherebbe l'amministrazione ad adottare vincolatamente il richiesto provvedimento, in quanto la concessione della cittadinanza sarebbe sempre subordinata ad una valutazione degli interessi collettivi alla cui salvaguardia sarebbe, appunto, preordinato il potere discrezionale della p.a..

Anche il secondo motivo di ricorso veniva considerato infondato, in quanto il provvedimento impugnato si sarebbe basato su di una motivazione per relationem, riferibile al decreto prefettizio n. 18479 del 6 settembre 2004, che avrebbe inoltrato il rapporto dei Carabinieri di Cuneo, concernente lĠinteressata, atto indicato chiaramente nei suoi estremi, nel rispetto dellĠart. 3, legge n. 241/1990.

La p.a. intimata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, che veniva poi respinto dai primi giudici con sentenza prontamente impugnata dalla Nunez per violazione degli artt. 5, 6 ed 8, legge 5 febbraio 1992 n. 91; eccesso di potere per erronei presupposti in fatto e diritto; travisamento; ingiustizia grave e manifesta; violazione dellĠart. 3, legge 7 agosto 1990 n. 241, per difetto di motivazione, e violazione del principio del giusto procedimento, non essendosi reso disponibile lĠatto richiamato nella motivazione Òper relationemÓ (il rapporto dei Carabinieri di Cuneo, di cui al decreto prefettizio 6 settembre 2004 n. 18479 citato nellĠatto gravato).

La p.a. appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.

AllĠesito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

D I R I T T O

Prima di affrontare il merito del presente ricorso, appare opportuno delineare brevemente i principi cui si  ispirato il legislatore nel disciplinare la concessione della cittadinanza italiana a cittadini stranieri.

Va, innanzitutto, rilevato che la scelta  stata quella di individuare una strada intermedia tra lĠapertura incondizionata e la chiusura totale, sulla scia di quanto  avvenuto nel corso della storia in quasi tutti i Paesi democratici.

La normativa italiana si ispira conseguentemente al principio del cosiddetto rigore temperato, onde garantire i contrapposti interessi in gioco.

Due sono i limiti esterni allĠimpostazione sopra esposta: uno  dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero non potrˆ ottenere la cittadinanza, anche ove si trovi regolarmente in Italia.

LĠaltro limite, questa volta di segno opposto,  dato da particolari esigenze umanitarie; si tratta, infatti, di dare prioritˆ ai principi dei diritti dellĠuomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nellĠordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.

Viene in rilievo, in particolare, la tutela della famiglia e dei minori (donde le deroghe per favorire il ricongiungimento familiare), nonchŽ di coloro che si trovano in particolari situazioni di difficoltˆ.

EĠ evidente quindi che, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 21 novembre 1997 n. 353), le ragioni della solidarietˆ umana non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco: tra questi, vi sono indubbiamente la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati ed il diritto di asilo, ma altres“, di non minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalitˆ, lo stesso principio di legalitˆ, per cui chi rispetta la legge non pu˜ trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude.

Il bilanciamento dei vari interessi in gioco  stato effettuato dal legislatore, che ha graduato le varie situazioni.

Naturalmente, anche nellĠapplicazione della normativa in materia di cittadinanza trovano ingresso i principi generali dellĠordinamento, in specie quelli regolanti lĠattivitˆ della p.a., tra cui basterˆ menzionare quello relativo allĠobbligo della motivazione dellĠatto amministrativo (pi attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, pi stringente qualora la discrezionalitˆ dellĠamministrazione sia pi estesa), quello dellĠeconomicitˆ dellĠazione amministrativa, per cui determinate irregolaritˆ si considerano sanate qualora lĠatto abbia raggiunto il suo scopo, ed infine la potestˆ dellĠamministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.

Nella specie, la concessione della cittadinanza viene disposta con decreto del Presidente della Repubblica (rispetto al quale il Ministero dellĠinterno emana un parere), mentre un eventuale diniego va disposto sulla base dellĠarticolo 5, d.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, dal Ministero dellĠinterno, per cui, nella caso in esame, il competente Sottosegretario di Stato  intervenuto legittimamente, come i primi giudici hanno correttamente riscontrato (C.d.S., sezione IV, dec. 10 agosto 2000 n. 4460).

DĠaltra parte, l'amministrazione, dopo aver accertato l'esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione ampiamente discrezionale delle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la cittadinanza italiana e delle sue possibilitˆ di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunitˆ nazionale (C.d.S., sez. IV, dec. 16 settembre 1999 n. 1474); tuttavia tale valutazione, proprio perchŽ altamente discrezionale, va adeguatamente motivata, ma ci˜ non significa che a tal fine non basti una motivazione per relationem o sinteticamente richiamante conferenti pronunce giurisprudenziali (come nella fattispecie  avvenuto).

Nel presente caso la concessione della cittadinanza italiana  stata negata, anche sulla base del decreto del Prefetto di Cuneo citato nella narrativa in fatto ed  evidentemente non ignoto allĠattuale appellante, che infatti lĠha tempestivamente impugnato, insieme al rapporto dei Carabinieri certificante la mancata convivenza, che la Nunez non ha in alcun modo contestato (tanto meno mediante impugnazione di falso civile, pur trattandosi di atti pubblici a fede privilegiata), limitandosi ad eccepire lĠirrilevanza del fatto ai fini in esame: il che non pu˜ in alcun modo essere condiviso, altrimenti lĠacquisto della cittadinanza italiana diverrebbe di automatica praticabilitˆ, mentre si tratta di un fenomeno da limitarsi ai casi veramente meritevoli.

Hanno affermato, dunque, i primi giudici (con ci˜ attenendosi ad un esame scrupolosamente limitato ai requisiti di legge correttamente intesi in termini anche sostanziali e non solo formali) che il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale (con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltˆ, assistenza, collaborazione e coabitazione: cfr. art. 143, c.c.) perdurante da almeno tre anni e tale da dimostrare lĠintegrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale.

Si tratta, con ogni evidenza, di una motivazione sintetica ma congrua ed esauriente (per tutte le dedotte censure), dato che proprio lĠampia discrezionalitˆ lasciata in materia alla pubblica amministrazione implica un imprescindibile onere motivazionale, che nella specie pu˜ senza dubbio ritenersi soddisfatto alla luce di quanto si  esposto: il che non poteva che implicare il rigetto del gravame introduttivo.

LĠappello va, dunque, respinto, con salvezza dellĠimpugnata sentenza, mentre le spese del secondo grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e della natura della vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

-                respinge  lĠappello;

-                compensa spese ed onorari del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dallĠAutoritˆ amministrativa.

            Cos“ deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 13 novembre 2007, con l'intervento dei signori magistrati:

Gaetano  TROTTA                                                   Presidente

Giuseppe ROMEO                                                   Consigliere

Luciano BARRA CARACCIOLO                           Consigliere

Domenico CAFINI                                                   Consigliere

Aldo SCOLA                                                           Consigliere rel. est.

Presidente

Gaetano Trotta

Consigliere                                                                          Segretario

Aldo Scola                                                                Glauco Simonini

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

il...18/12/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

Maria Rita Oliva

 

 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

Add“...................................copia conforme alla presente  stata trasmessa

 

al Ministero..............................................................................................

 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 

                                                                      Il Direttore della Segreteria