LA TRAGEDIA DEL CANALE DI SICILIA

IL NOSTRO LUTTO, IL NOSTRO IMPEGNO

                                                                                                                                                                            

La tragedia avvenuta ieri nel canale di Sicilia ci interroga su quanto il nostro paese e lEuropa tutta stiano smarrendo il senso di umanit che presupposto di ogni democrazia. Quelle morti non sono frutto del caso. CՏ una responsabilit collettiva delle nostre societ ed una, pi pesante, di chi ricopre ruoli istituzionali e ha il potere di produrre, con le proprie scelte, conseguenze concrete sulla vita delle persone.

 

Oggi la Camera dei Deputati ha giustamente osservato un minuto di silenzio per quelle vittime innocenti. Ma non possiamo dimenticare che il 6 febbraio del 2009 lo stesso Parlamento ratificava il trattato di amicizia italo libico prevedendo limpiego di mezzi e risorse per controllare le frontiere e impedire le partenze verso lItalia.

 

Il 6 maggio 2009, dopo che per anni le navi italiane avevano soccorso i migranti anche fuori dalle acque territoriali, per la prima volta il nostro Paese respinse 3 barche con 227 persone a bordo, cancellando dun colpo il principio di non respingimento previsto dellart.33 della Convenzione di Ginevra sul diritto dasilo. Quei 227 provenivano dal corno dafrica, la stessa regione da cui provengono i morti di oggi. Profughi secondo la rappresentazione di oggi, ma clandestini da rimandare nelle mani dei loro aguzzini secondo quanto affermato dal nostro Governo. Nulla succede per caso. In realt queste vite umane sono sacrificate sullaltare della ragion di stato e della propaganda elettorale permanente a cui siamo sottoposti.

 

Noi pensiamo che si possa e si debba reagire. Sarebbe stato giusto proclamare domani una giornata di lutto nazionale, perch anche quei bambini, quelle donne e quegli uomini fanno parte della nostra comunit umana. Noi dellARCI lo faremo. Chiederemo alle nostre strutture di esporre un segno di lutto nelle sedi, di listare a lutto giornali e siti web, di osservare un minuto di silenzio nelle iniziative in programma nei circoli Arci, di fare ogni altro gesto che possa servire a ricordare il sacrificio di quegli esseri umani e le nostre responsabilit.

 

E faremo anche un piccolo gesto individuale. Porteremo un fiore, una rosa rossa, davanti ai nostri municipi. Perch quelle sedi rappresentano la comunit locale. La comunit che mancava a quelle vittime della frontiera fuggite dalle guerre in cerca di sicurezza e protezione per se e per i loro figli. A Roma davanti al Campidoglio deporremo 250 rose, una per ciascuna di quelle persone che non incontreremo mai e che sarebbero potuti diventare romani, bolognesi o milanesi come noi. A loro vogliamo dare simbolicamente, almeno per un giorno, cittadinanza in questo Paese che li ha respinti e li ha costretti ad un viaggio mortale.

 

E al tempo stesso continueremo ad impegnarci concretamente, coi nostri circoli nei territori, per garantire accoglienza e protezione a chi sta arrivando. Continueremo a chiedere che siano aperti adesso canali umanitari per gli altri profughi che sono ancora in Libia e Tunisia, che venga fermata la macchina dei respingimenti, che il nostro paese faccia il suo dovere per sostenere concretamente i diritti umani e i processi di democratizzazione nel nord Africa.

 

 

UFFICIO STAMPA

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Andreina Albano

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