Pochi giorni fa e' accaduto qualcosa di inaspettato e inquietante che
nessuno di noi avrebbe mai pensato di vivere, qualcosa di anomalo che ci
riporta alla memoria uno stato di polizia raccontato nei libri di storia. Sono
ormai alcuni giorni che nella piccola isola di Lampedusa, la polizia si
permette di fermare e perquisire attivisti e privati cittadini che
indipendentemente si interessano della difesa dei diritti umani e dei
migranti. Con il pretesto di normali
controlli di polizia, gli uomini delle forze dell'ordine irrompono nella vita
quotidiana di persone, la cui unica colpa e' quella di essere attivi membri
della societ e di volere creare un ponte tra culture attraverso il loro
volontariato.
Venerd 15 Aprile verso le 1.30 pm c'e' stato il primo episodio di quello
che e' diventato per noi, una persecuzione. Nel primo pomeriggio del 15, alcune
vetture di carabinieri e polizia si sono
stranamente fermate di fronte alla piccola associazione culturale Askavusa.
Alcuni membri hanno notato – casualmente uscendo dalla associazione- la
presenza degli uomini in divisa che camminavano attorno al furgone del Forum
Anti-razzista con cui il piccolo gruppo lampedusano collabora. Dopo uno scambio
di informazioni riguardanti l'uso e la presenza del mezzo all'esterno di
Askavusa, la polizia ha chiesto -senza ben motivare- i documenti d'identit'
dei pochi membri con stavano parlando.
Dopo pochi minuti, il discorso si e' spostato dal furgone, al numero e all'identit' dei ragazzi
presenti in quel momento nell'edificio, nonch' alla natura di Askavusa. In
meno di un ora, la polizia aveva gi' raccolto i dati di tutti i presenti e si
accingeva a perquisire l'appartamento a piano terra di Via Verga 1, dove
attualmente risiediamo. E' da sottolineare che le operazioni di identificazione
venivano svolte dagli agenti in maniera plateale e senza spiegare chiaramente
quale fosse la motivazione di base dietro a tale operazione.
Poche ore pi tardi in zona Albero Sole, Alexandre Georges di <Kayak per
il diritto alla Vita>, un movimento cittadino, veniva svegliato da quattro
carabinieri, mentre dormiva all'interno del suo furgone sostato nell'area sopra
citata. Lo scopo di tale visita veniva nuovamente motivato con l'ormai classico
controllo di routine. Alex ha capito in pochi minuti che non si trattava
esattamente di un normale controllo, ma di una vera e propria perquisizione al
suo furgone e agli oggetti in esso contenuti.
La polizia ha cominciato
smontando le plafoniere al neon attaccate al soffitto, spostando le
casse che si trovavano sul suolo del furgone, concludendo con il danneggiamento
dell'arredamento del mezzo. Mentre le operazioni di perquisizione si stavano svolgendo, il numero degli
agenti aumentava esponenzialmente all'esterno del furgone, raggiungendo una ventina
unita' circa di diversi corpi delle forze dell'ordine. Con arroganza, gli
agenti hanno continuato l' interrogatorio, riproponendo al ragazzo le stesse
domande per le due ore successive. Durante l'interrogatorio la polizia ha
chiesto esplicitamente al ragazzo se lui fosse membro di Askavusa. Alexandre ha
fatto notare che, nonostante sia amico di molti membri della piccola
associazione lampedusana, non ne fa parte. Il carabiniere sdegnato lo apostrofa
dicendogli che sono tutti anarchici. Alexandre sottolinea che in
questi mesi la loro relazione si e' sempre e solo limitata a una pura
collaborazione nella difesa dei diritti dei migranti, facendo quello che il
governo italiano non aveva fatto.
Completata la perquisizione gli agenti si allontanano con una busta di
oggetti personali di Alexandre contenente lap top,documenti bancari, documenti
d'identit', l'agenda telefonica e altri documenti personali.
Non contenti, gli agenti hanno condotto Alex alla caserma dei carabinieri
dove lo hanno fatto accomodare in una sala. Dopo una lunga ed estenuante attesa Alex viene
convocato dalla polizia che lo invita a dargli l'accesso al computer per
completare l'indagine, la quale sembrava volta a creare prove di una colpevolezza
che non esisteva. Dal verbale redatto dai carabinieri, si viene a conoscenza
che: la ragione del fermo era dovuta a una ricerca di armi, munizioni,
esplosivi e strumenti effrazione. In oltre viene riportato che Alex era stato
informato del suo diritto di avvalersi dell'aiuto di un avvocato e
che lo stesso Alex lo aveva rifiutato. Alexandre fa comunque notare al
carabiniere che nessuno lo aveva informato di ci e che se cos' fosse stato,
non avrebbe mai rifiutato tale aiuto.
La situazione si e' aggravata ulteriormente ieri con un nuovo episodio di
interesse da parte delle forze dell'ordine nei confronti di membri di Askavusa
e del Forum Anti-razzista.
Ieri sera verso le 8pm tre membri delle associazioni sopra citate che si
trovavano al porto, notano un gruppo di tunisini alloggiati nella zona della
stazione marittima. Volendo parlare con loro, i ragazzi chiedono il permesso
agli agenti di poter comunicare con i migranti. Gli agenti acconsentono e
comincia una conversazione tra i due gruppi. La conversazione, condotta in
Arabo, suona strana agli agenti che chiedono di utilizzare il francese. L'arabo
riaffiora come mezzo di comunicazione poich il francese risulta estraneo ai
migranti. La conversazione viene tradotta anche in italiano per una maggiore
trasparenza nei confronti dei poliziotti, ma non convinti del fine del piccolo
gruppo, decidono prendere le loro generalit e di allontanarli. Gli agenti
sottolineano il fatto che, nonostante tutto hanno dato la possibilit ai
ragazzi parlare con i tunisini, rispettando quello che e' un loro diritto. Il
rappresentante di Askavusa, quello di Arci e la rappresentante del Forum
Anti-razzista si allontanano dal porto
col furgone gi ispezionato dalla polizia pochi giorni prima.
Dopo un ora circa, i ragazzi entrano in una pizzeria per mangiare, ma non
fanno nemmeno in tempo a sedersi che una decina di agenti irrompono nel locale
e gli intima di seguirli perch vogliono ispezionare nuovamente il furgone e
-per la prima volta- la casa dove risiedono. Nel frattempo gli agenti
cominciano un operazione di intimidazione dei giornalisti stranieri presenti e
di un membro di Askavusa che si trova con loro: gli agenti hanno imposto di
spegnere la telecamera, ispezionato esternamente il veicolo e sono stati
accusati di essere complici dei tre ragazzi in questione. Ma alla domanda sul
perch' di tale atteggiamento gli agenti sono stati vaghi: e' successa un
fatto gravissimo al porto, c'e' un inchiesta in corso ed e' segreta. Ignari di
cosa fossero accusati visto la
poca chiarezza delle risposte degli agenti, non te lo possiamo dire, i
ragazzi sono stati accompagnati al furgone per perquisirlo.. Sono stati
sconsigliati al ricorrere al aiuto di un legale e solo dopo una pressante
insistenza hanno potuto chiamare un avvocato. Nel frattempo sono stati raggiunti
da altri agenti che hanno bloccato la strada, in tutto erano presenti almeno
tre o quattro camionette e un numero indefinito di agenti. Hanno ritirato i
documenti ai ragazzi in questione e non glieli hanno consegnato fino a tarda
notte. Il ragazzo dell' Arci fermato, di origine tusinisa, e' stato
pesantemente vezzeggiato dagli agenti, in particolare il dott. Guarino si e'
dispiaciuto del fatto che non si potesse ritirare la cittadinanza e che lui qui
in Italia era un ospite: ha insistito perch controllassero attentamente i suoi
documenti. Hanno insistito perch non comunicassero al telefono piu' con
nessuno, minacciando di ritirare i cellulari. Dopo una perquisizione attenta
del furgone, ovviamente di esito negativo, si e' passati all'ispezione
dell'appartamento. Anche l'ispezione dell'appartamento e' risultata negativa,
anche se e' da notare che hanno impedito di assistere alla suddetta. I ragazzi
sono stati successivamente spostati alla caserma dei carabinieri dove
l'interrogatorio e' si concluso dopo quattro ore circa. Durante un estenuante
attesa del verbale, il dott. Guarino ha reiterato le sue accuse, minacciando i
ragazzi di arresto nell'eventualit che se avessero ancora comunicato con i
migranti o se solo si fossero avvicinati ai centri di permanenza. La minaccia,
fatta in presenza dell'avvocato, Paola La Rosa, si e' dimostrata di una
gravita' inaudita, che non dovrebbe mai essere fatta da un pubblico ufficiale.
Il verbale, in cui sono stati riportati gravi errori e volontari travisamenti,
che hanno portato uno dei membri
del gruppo a sottolineare la mancanza di qualsiasi istigazione alla fuga nella
conversazione con i tunisini al porto, e' stato rilasciato alle ore 1.24 am. La
cosa che e' apparsa strana e' come 9 migranti, facenti parte di un gruppetto
che ne contava 15, abbiano potuto fuggire alle forze dell'ordine, le quali sono
numerosissime nell'isola e in particolare nell'area portuale.
Quello che e' avvenuto nello spazio temporale di questi ultimi quattro
giorni lo consideriamo inaccettabile e illegittimo. Il regime di repressione a
cui siamo stati sottoposti e' inspiegabile ai nostri occhi. Appare evidente, la
volont di impedire l'opera di monitoraggio fatta dai cittadini sull'isola,
limitandone la libert di circolazione e svolgimento delle attivit. Abbiamo
assistito a quello che si potrebbe definire un abuso di potere da parte delle
forze dell'ordine, per il semplice fatto che associazioni, come quelle sopra
citate, cercano di creare spazi di scambio e democrazia dove rifugiarsi.