Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 13 aprile 2011)

 

 Permessi di soggiorno per protezione  temporanea concessi dall’Italia a 25 mila tunisini

 

Ventimiglia, centinaia di immigrati respinti al confine

La Commissaria UE Malmstrom: “non valgono per Schengen”

 

Sommario

 

 

o       Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                             pag. 2

o       Emergenza Mediterraneo –   Immigrazione: Angeletti: rifiutare i profughi è contro spirito UE                pag. 2

o       Emergenza Mediterraneo –  UE: decreto italiano non apre area Schengen                                            pag. 2   

o       Emergenza Mediterraneo – Cgil, Cisl, Uil scrivono alla CES                                                                 pag. 4

o       Emergenza Mediterraneo – Ragazzini in fuga senza soldi né famiglia                                                    pag. 5

o       Emergenza Mediterraneo – Permesso temporaneo: istruzioni per l’uso                                                             pag. 6

o       Emergenza Mediterraneo – Cosa prevede Schengen?                                                                           pag. 7

o       Sindacato – Il Coordinamento Nazionale Immigrazione UIL, resoconto                                                             pag. 8

o       Foreign Press – The Economist: Hungary’s plan for the Roma                                                                pag.12

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 309



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 13 aprile 2011, ore 18.00, sala Capitolare Piazza della Minerva, 38

Convegno “Sussidiarietà, istruzione e formazione”

(Angela Scalzo)

Padova, 15 aprile 2011, Hotel al Cason, ore 09.30

Convegno Ital – UIL su lavoro integrazione sociale e professionale: programma “Integrarsi” 

(Giuseppe Casucci)

Roma, 18-19 aprile 2011, ore 9.30 sede Acli,

Seminario di approfondimento sul ruolo del CIR, alla luce dei grandi cambiamenti in materia di immigrazione e rifugiati

(Guglielmo Loy, Angela Scalzo)

Ginevra, 18-19 aprile 2011, ore 10.00 – Sede OIL

Riunione OIL su “decent work for domestic workers”

(Giuseppe Casucci)

Rosarno (RC), 28 aprile 2011, ore 15, sala Consiliare

Incontro/dibattito: Rosarno, lavoro, immigrazione diritti

(Angela Scalzo)


 

Emergenza Mediterraneo


Immigrazione

Angeletti: rifiutare di accogliere i profughi è contro spirito UE


(ANSA) - NAPOLI, 8 APR - ''L'atteggiamento della Francia o di qualsiasi altro Paese europeo di rifiutare di accogliere i profughi e' un atto incompatibile con lo spirito e la logica dell'Unione Europea''. Lo ha detto Luigi Angeletti, segretario nazionale della Uil, oggi a Napoli, in merito alla questione dei profughi. ''Noi siamo la frontiera dell'Europa - ha affermato - ed entrati in Italia, in base al trattato di Schengen, si puo' circolare''. ''Non possiamo affrontare da soli il problema - ha concluso - proprio perche' l'Italia e' il Paese che, nel Mediterraneo, presidia i confini d'Europa''.



Ue: decreto italiano non apre area Schengen

Lettera a Maroni, non ci sono condizioni per direttiva 55 . Scarica il decreto: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2011-04-08&task=dettaglio&numgu=81&redaz=11A04818&tmstp=1302356530059


(ANSA) - Bruxelles, 10 aprile - Il decreto firmato giovedì da Berlusconi non fa scattare 'automaticamente' la libera circolazione nell'area Schengen. Lo ha scritto la Commissaria europea Cecilia Malmstrom, in una lettera preparata venerdì scorso e inviata al ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Nella lettera si sottolinea anche che, 'al momento, non sussistono le condizioni' per attivare la direttiva 55 del 2001 sulla 'protezione temporanea'.      "Questa direttiva e' nata dopo il Kosovo, quindi parliamo di centinaia di migliaia di profughi, non siamo ancora a questo punto", ha spiegato la commissaria facendo riferimento in particolare alla situazione di Malta, dove sono sbarcati tra gli 800 e i 900 migranti in fuga dalla Libia. Le migliaia di tunisini arrivati a Lampedusa rientrano infatti per Bruxelles nella categoria dei migranti economici, che non hanno quindi diritto alla protezione Ue. Ma secondo la Malmstrom i paesi Ue "possono mostrare solidarietà anche senza la direttiva Ue", portando a esempio il "grande gesto" della Germania che "lo scorso venerdi' ha offerto la sua disponibilità di accogliere un centinaio di rifugiati" in provenienza dalla Libia e sbarcati a Malta. Sono circa 800-900 persone. Silvio Berlusconi e Franco Frattini puntavano molto sull'estensione dell'articolo 5 della direttiva 55, sulla possibilità di concedere la protezione temporanea per un anno agli immigrati e dar loro per un anno lo status dei rifugiati. La proposta già non convinceva Roberto Maroni, visto che il ministro del'Interno - rivelano fonti parlamentari - temeva che gli extracomunitari potessero stazionare in ogni caso a lungo nel nostro Paese. Ora che la Commissaria europea Cecilia Malmstrom ha di fatto bocciato tutte le strade studiate dall'esecutivo si apre un vero e proprio contenzioso tra l'Italia e Bruxelles. Tanto che il governo, riferiscono fonti ministeriali, potrebbe chiedere nei prossimi giorni la convocazione di un Consiglio straordinario della Ue, visto che la prossima riunione e' previsto solo a giugno. Domani è previsto il Consiglio dei ministri degli Affari interni e della Giustizia (parteciperanno Maroni e Alfano) e un Cae, un Consiglio Affari Esteri: la posizione di Bruxelles viene considerata all'interno del governo italiano "come incomprensibile". Già il presidente del Consiglio ieri aveva rimarcato come "se l'Europa non e' concreta e' meglio dividersi". L'Italia e' disposta anche alla rottura per ribadire che il problema immigrazione va risolto politicamente in sede Ue. "Sarebbe la fine dell'integrazione che noi vogliamo", dice il responsabile della Farnesina, Franco Frattini. Domani mattina tutta la delegazione del Pdl nel Ppe cercherà di far pressione sulla Commissione e sulla presidenza ungherese. Il capo delegazione, Mario Mauro, incontrerà il responsabile della presidenza ungherese, il ministro Gyori. "Non e' la prima volta che la Ue - spiega Mauro - si trova ad affrontare una situazione simile, in quel caso di fronte alle decine di migliaia di cittadini dell'est in fuga dall'implosione dei regimi comunisti l'Europa scelse la strada della risposta politica e non dei cavilli burocratici. Arrivammo - aggiunge l' esponente del Pdl - ad una integrazione dei Paesi ex comunisti, spero che anche in questo caso arriveremo a porci il problema di una politica europea".


Immigrazione. Barroso: “Ue insista con Tunisi, ma non lasci sola l’Italia


Roma, 13 apr. - (Adnkronos) - "La Commissione europea chiede un approccio solidale al tema dell'immigrazione clandestina. E lo abbiamo detto anche nel Consiglio dei ministri di Lussemburgo. Se arrivano 20 mila migranti su un'isola di seimila abitanti, come e' Lampedusa, è chiaro che si creano delle preoccupazioni. E queste devono essere condivise da tutti i Paesi europei, con un approccio solidale, non possono essere lasciate a un solo Stato membro, in questo caso l'Italia". Lo afferma Jose' Manuel Durao Barroso, presidente della Commissione europea, in un'intervista al quotidiano 'Il Corriere della Sera'. "Spero - ha continuato Barroso - che ora tutti, anche i governi

che finora sono stati contrari, abbiamo compreso quanto sia necessaria una politica comune europea sull'immigrazione illegale. La Commissione lo sostiene da diversi anni. E nel Trattato di Lisbona ci sono le basi per avviare questo processo. Alemanno per quei Paesi della Ue che aderiscono allo spazio Schengen". Barroso, reduce da un incontro con il presidente tunisino ad interim Fouad Mebazaa e il primo ministro del governo provvisorio Beji Caid Essebsi, ha sottolineato che "anche il governo

tunisino vuole costruire un partenariato più ampio con l'Ue. La Commissione proporrà al Consiglio dei Ministri di concedere un accesso più generoso all'importazione di prodotti agricoli di questo Paese, per esempio.  Penso che sci siano margini di manovra per farlo. E cercheremo di favorire gli investimenti diretti europei. Inoltre stiamo ricalibrando gli aiuti destinati al Nord Africa. Per la Tunisia ci saranno 140 milioni per il biennio 2011-13 che si aggiungeranno ai 257 gli stanziati".


Mantovano: "Tra una settimana 10mila permessi temporanei"

Il Governo li rilascerà agli immigrati tunisini


Roma, 13 aprile 2011 - ''Tra una settimana consegneremo diecimila permessi di soggiorno temporaneo. Il Poligrafico dello Stato e' al lavoro''. E' quanto afferma il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano riferendosi, in un'intervista ad 'Avvenire', ai documenti che il governo sta per rilasciare agli immigrati tunisini.  ''Al tesserino magnetico - precisa - abbineremo un documento cartaceo valido per l'espatrio. E stiamo creando un piano di accoglienza per non abbandonare queste persone sul territorio''. I permessi saranno consegnati ''tra una settimana, massimo dieci giorni. Saranno circa 10mila. Ma stiamo anche organizzando -aggiunge Mantovano- una rete di accoglienza per dare una sistemazione a queste persone, nell'attesa che decidano dove andare''.  ''Abbiamo coinvolto, d'intesa con le Regioni, la Protezione civile, le organizzazioni di volontariato, la Caritas. Serve un piano di accoglienza per non abbandonare queste persone sul territorio''. Il permesso, spiega Mantovano, ''avrà l'aspetto di una tessera bancomat, conterrà un chip magnetico con tutti i dati dell'intestatario.
Al permesso abbineremo un documento di viaggio, un tesserino cartaceo valido per espatriare nei Paesi dell'Unione europea''. Avranno diritto al permesso temporaneo gli immigrati ''arrivati in Italia tra il 1 gennaio e il 5 aprile, il periodo indicato dal decreto del presidente del Consiglio del 6 aprile. Ad eccezione -chiarisce Mantovano- di chi e' pericoloso o ha precedenti penali''.


 

 

 

 

 


Cgil, Cisl, Uil: lettera a John Monks, Segr. Gen. CES

La CES chieda alla Commissione Europea di estendere la protezione temporanea all’area Schengen         


Gent.mo Sig. Monks, le scriviamo in relazione alla grave crisi umanitaria creatasi in conseguenza dei grandi rivolgimenti sociali in atto in Nord Africa nella fascia del Maghreb e in particolare in Tunisia e Libia. La giusta esigenza di libertà da parte di quei popoli si è scontrata con la pervicacia di regimi autoritari, pronti a rifiutare ogni legittima aspirazione alla democrazia; il che ha inevitabilmente portato a forti conflitti sociali interni a questi Paesi, con situazioni di aperta guerra civile, rivoluzioni ed una crisi generale di carattere economico e sociale. Mentre osserviamo con interesse e speranza a questa nuova primavera della democrazia nel Nord Africa, non possiamo non essere preoccupati dell’impatto che questo conflitto epocale sta avendo ed possibilmente avrà in termini di esodo massiccio verso l’Europa di migranti e profughi.  Ogni giorno migliaia di persone si mettono nelle mani di trafficanti senza scrupoli ed intraprendono un viaggio della speranza estremamente pericoloso, spesso pagando con la vita in mare il sogno di raggiungere l’Europa ed aspirare ad una vita migliore.   L’arrivo sulla piccola isola di Lampedusa di decine di migliaia di persone, da gennaio ad oggi, ha anche causato notevoli problemi al sistema di accoglienza italiano, soprattutto nell’incertezza sullo status  possibile da attribuire ai migranti in arrivo, una piccola quota dei quali potenziali richiedenti asilo, ma la maggior parte costituita da  migranti economici. Questa incertezza ha finito per impedire loro  di raggiungere eventuali parenti o famiglie residenti in vari Paesi Europei. Il sindacato italiano ha ricordato al proprio Governo che, in situazioni dal carattere eccezionale come l’attuale, si può e si deve utilizzare la direttiva 2001/55/CE sul permesso di soggiorno per protezione temporanea, strumento che concede uno status di carattere umanitario a persone in fuga da situazioni di carattere non ordinario. Il permesso ha la durata di un anno prorogabile a due, dunque il tempo si spera necessario perché la situazione nei Paesi di provenienza di migranti e profughi torni alla normalità, permettendo loro di ritornare senza rischi. Il Governo italiano ha, alla fine, deciso di scegliere questo percorso e sta per emanare un decreto di protezione temporanea, cui potranno accedere quelle persone arrivate in questi giorni dal Nord Africa che non abbiano diritto a fare richiesta di asilo. E’ molto importante però che l’adozione di questo strumento non avvenga solo da parte dell’Italia ma che riguardi tutti i Paesi dell’area Schengen. In questo modo si darebbe la possibilità a quella parte di immigrati in fuga dal Nord Africa che abbiano famiglia o parenti residenti in altri Stati europei, di raggiungerli  senza impedimenti alle frontiere. Sappiamo che lo scorso 4 aprile su richiesta italiana, lo stesso Parlamento europeo si è espresso a favore di questa misura ed ha invitato in questo senso tutti i Paesi Membri. Ci sono dunque le condizioni perché questa misura sia adottata in tutta l’area Schengen. Data l’urgenza della situazione, comunque,  chiediamo che sia la stessa CES ed i suoi sindacati affiliati a farsi carico di una iniziativa urgente presso la Commissione Europea ed i Governi degli Stati Membri, perché attivino subito la procedura di protezione temporanea, dando la possibilità a chi la richieda di risiedere e lavorare in tutti i Paesi dell’area. Siamo certi che concorderà, Sig. Monks,  sull’importanza e l’urgenza di questa iniziativa che non riguarda i diritti dei migranti che arrivano solo nel nostro Paese, ma concerne invece l’idea di un’Europa con ideali e norme comuni a difesa universale dei diritti umani e con una politica comune di collaborazione e sostegno allo sviluppo umano e democratico dei  popoli di Paesi a noi vicini. Fraterni saluti.

CGIL                     CISL                            UIL

Vera Lamonica     Liliana Ocmin    Guglielmo Loy


 

 


Ragazzini in fuga senza soldi né famiglia. "Dite a mia madre che io ce l'ho fatta"

I giovani tunisini sbarcati a Lampedusa raccontano la loro odissea.

Ragazzini in fuga senza soldi né famiglia "Dite a mia madre che io ce l'ho fatta"di VLADIMIRO POLCHI , La Repubblica.it


Roma, 13 aprile 2011 - "Ho visto uccidere mio fratello sulle strade di Tunisi. Sono corso via veloce. Quando sono arrivato a casa i miei genitori mi hanno detto: parti e non tornare mai più". Bechir, 17 anni, è tunisino. Un mese fa è sbarcato a Lampedusa, oggi vive in una comunità d'accoglienza nel Lazio. Bechir è uno dei settecento minori stranieri non accompagnati approdati in Italia dal 10 febbraio scorso. Un'emergenza nell'emergenza: un esercito di ragazzi e bambini, soli, spesso invisibili. I minori stranieri non accompagnati si trovano fuori dal proprio Paese d'origine, senza genitori, né tutori. Per legge, non possono essere espulsi (articolo 19 della Bossi-Fini), né trattenuti nei centri per adulti, ma devono essere ospitati nelle comunità d'accoglienza sul territorio nazionale. Il loro identikit? "Nel corso del 2011 dalla Tunisia sono arrivati per lo più ragazzi soli, tra i 16 e i 17 anni - spiega Viviana Valastro, coordinatrice di Save the Children a Lampedusa - mentre ora dalla Libia stanno sbarcando soprattutto bambini, spesso accompagnati da almeno un genitore". Settecento sono i minori non accompagnati arrivati durante l'emergenza, 34 quelli ancora trattenuti a Lampedusa. Il 90% proviene dalla Tunisia. Dove sono ospitati? Nelle comunità d'accoglienza di Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Emilia Romagna e Liguria. Non solo. Agli adolescenti, sono seguiti i bambini: in appena due giorni, l'8 e 9 aprile, 31 bambini accompagnati dai genitori sono sbarcati a Lampedusa, di cui 10 hanno meno di un anno (eritrei e somali). "Il 9 aprile - racconta Valastro - dalla Libia è arrivata Karima, una bimba di 4 anni, assieme alla cuginetta, alla mamma e a una zia, entrambe diabetiche. Sono state trasferite a Crotone, in un centro d'accoglienza per richiedenti asilo. I genitori, marocchini, lavoravano da 18 anni in Libia. Vogliono rimanere a vivere in Italia e raggiungere Mantova, dove la mamma di Karima ha due sorelle e dove è stato sepolto anche il nonno". Perché i minori lasciano il proprio Paese? C'è chi aspira alla protezione internazionale, chi dichiara di scappare da violenze, chi ammette di aver colto un'opportunità per migliorare le proprie condizioni di vita. Gran parte dei minori tunisini dichiara di voler proseguire il proprio viaggio verso la Francia. "Sono scappato dalla capitale - racconta Mohamed, tunisino, 16 anni - dove vivevo con mio papà. Durante le violenze, ho pensato di fuggire e raggiungere mia mamma che vive in Francia. Ora spero di incontrarla presto". Nel nostro Paese, i minori non accompagnati hanno diritto a ottenere un permesso di soggiorno valido fino al compimento del diciottesimo anno. E poi? Il 3° Rapporto di Save the Children (Ong nata nel 1919 e presente in oltre 120 Paesi) su "L'accoglienza dei minori in arrivo via mare" lancia l'allarme: "Il pacchetto sicurezza (legge 94/2009) determina, di fatto, l'impossibilità di convertire il permesso di soggiorno per i minori non accompagnati, che hanno fatto ingresso in Italia a un'età superiore ai 15 anni: la prospettiva è di ritrovarsi irregolari una volta compiuti i 18 anni". Corrono questo rischio ben 5.847 minori sui 6.587 censiti nel 2009. Il pacchetto sicurezza, infatti, richiede la permanenza di almeno 3 anni in Italia, prima del conseguimento della maggiore età. Un requisito che difficilmente potranno soddisfare i minorenni tunisini arrivati in questi giorni. E' il caso di Karim, 16enne, partito da Karkar assieme al fratello di 26 anni, ma su barche diverse. Karim è arrivato a Lampedusa il 14 marzo. "Mio fratello invece non è mai arrivato: la sua barca è naufragata. Sono morti in 41". Per arrivare in Italia, Karim ha pagato 1.500 dinari. "Me li ero guadagnati vendendo mangimi per animali; lavoravo perché papà ha perso il lavoro dopo un incidente. Pensavo da tempo di venire in Italia, da quando un mio amico, vicino di casa, è partito e i suoi genitori hanno cominciato a ricevere soldi dall'Italia. Ma io sono partito senza che papà lo sapesse, e questo mi rende triste". Karim vuole rimanere in Italia, ha un fratello a Padova. Avrà, invece, probabilmente diritto all'asilo Ahmed, 16 anni, somalo. Forse raggiungerà alcuni parenti in Belgio o forse resterà in Italia. Però una cosa l'ha ben chiara: adesso è libero, finalmente. Dietro alle spalle, Ahmed si lascia 4 mesi passati in un centro di detenzione a Misurata, in Libia. Prigione a cielo aperto in cui finivano anche i minori, in disprezzo delle norme internazionali. "La guerra ha fatto sì che da quei centri adesso si possa scappare - racconta Ahmed - ci sono tantissime persone pronte a partire e imbarcarsi. Duecento euro è costato il mio viaggio. Adesso, a Lampedusa mi serve ancora qualche spicciolo e soprattutto una cabina telefonica per avvisare mamma e i miei 6 fratelli, tutti in Etiopia, che ce l'ho fatta".



Permesso temporaneo: istruzioni per l'uso

Di Claudio Tucci    http://www.ilsole24ore.com


Permesso temporaneo: istruzioni per l'uso (Fotogramma)Permesso temporaneo: istruzioni per l'uso (Fotogramma)

Un permesso di soggiorno "umanitario" di sei mesi che consente comunque tre mesi di libera circolazione nei Paesi dell'area Schengen. Lo possono chiedere gli stranieri giunti in Italia dal 1 gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Il rilascio è gratuito e la consegna avviene presso le questure con procedura d'urgenza. Attenzione: non possono richiederlo, tra l'altro, chi appartiene alle categorie socialmente pericolose e sia destinatario di un provvedimento di espulsione ancora efficace, notificato prima del 1 gennaio 2011.

Ecco un rapido vademecum per sapere tutto sul permesso di soggiorno per motivi umanitari. Cosa è il permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari
Il testo unico sull'immigrazione prevede, all'articolo 20, rubricato «Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali», la possibilità di emanare un Dpcm le misure di protezione temporanea dell'immigrato - da adottarsi anche in deroga a disposizioni del testo unico - per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Il premier Silvio Berlusconi ha firmato il Dpcm, che prevede un permesso di soggiorno, ai fini della protezione umanitaria, di sei mesi, garantendo comunque tre mesi di libera circolazione nei Paesi dell'area Schengen.

Chi può beneficiare del permesso
Il Dpcm firmato dal premier Silvio Berlusconi, prevede che il permesso di soggiorno sia applicabile ai cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti in Italia dal 1 gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011.

Chi non può ottenere il permesso
Il Dpcm prevede poi che il permesso di soggiorno non possa essere rilasciato qualora l'interessato, pur appartenendo a uno dei Paesi del Nord Africa, si trovi in una di queste quattro condizioni: a) sia entrato in Italia prima del 1° gennaio 2011 o successivamente al 5 aprile 2011; b) appartenga a una delle categorie socialmente pericolose; c) sia destinatario di un provvedimento di espulsione ancora efficace, notificato prima del 1° gennaio 2011; e d) risulti denunciato per reati che prevedono l'arresto in flagranza (articoli 380 e 381 Cod. proc. pen.), salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell'interessato, ovvero risulti che sia stata applicata nei suoi confronti una misura di prevenzione, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione, ovvero sia stato condannato per uno dei predetti reati, con esclusione delle denunce e condanne per i reati che comportino l'espulsione dello straniero (T.U. immigrazione, articoli 13, comma 13 e 14, comma 5-ter e 5-quater).

Come si chiede il permesso
Il Dpcm prevede che la richiesta del permesso di soggiorno sia presentata dall'interessato entro 8 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente Dpcm. Il rilascio del permesso di soggiorno è a titolo gratuito e la consegna presso le questure avviene con specifiche procedure d'urgenza, da concordare con il Tesoro. Attenzione: gli stranieri già in possesso di altro permesso di soggiorno (compreso quello per la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale) possono chiedere la conversione degli stessi nel permesso di soggiorno per motivi umanitari. Al richiedente la protezione internazionale, può essere rilasciato il permesso di soggiorno per motivi umanitari solo previa presentazione di rinuncia all'istanza di riconoscimento della protezione internazionale o se la medesima istanza è stata rigettata. In ogni caso, il rilascio del permesso di soggiorno umanitario non preclude la presentazione dell'istanza di riconoscimento della protezione internazionale.

Come succede se non viene rilasciato il permesso di soggiorno umanitario
Il Dpcm prevede che sia disposto il respingimento o l'espulsione. L'espulsione è disposta con l'accompagnamento immediato alla frontiera qualora, dall'esame del singolo caso, emerga il rischio che l'interessato possa sottrarsi all'effettivo rimpatrio.


 

 

 

 

 

 

 


Cosa prevede Schengen?

A cura di Flavia Amabile


Dopo il massiccio arrivo di extracomunitari dalle coste del Nord Africa la Francia sta mettendo in discussione il Trattato di Schengen. Che cosa teme?
Il Trattato ha eliminato i controlli alle frontiere dei Paesi membri per creare un’area dove regna la libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, ma anche degli altri Stati membri della Comunità o di Paesi terzi.
Chiunque può circolare senza dover mostrare documenti di identità?
Soltanto i cittadini di Paesi terzi, cioè esterni alla Ue hanno bisogno di un visto e devono sottostare ai controlli, svolti dalle guardie di frontiera nel rispetto della dignità della persona. Alle frontiere di ogni Paese membro dell’accordo esistono due flussi di traffico: uno per i cittadini Ue, l’altro per i cittadini di «paesi terzi».
Quali Paesi hanno siglato l’accordo?
Tutti i Paesi Ue tranne Gran Bretagna e Irlanda ma anche Paesi che non fanno parte dell’Unione come Svizzera, Norvegia e Islanda.
Decine di migliaia di libici e tunisini potranno circolare liberamente in mezza Europa, insomma. Quali requisiti devono avere per entrare?
L’articolo 5 del Trattato prevede che per un soggiorno non superiore ai tre mesi nell’arco di sei mesi devono essere in possesso di uno o più documenti di viaggio validi, di un visto valido se viene richiesto in base al Paese di provenienza. Devono anche giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto, disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel Paese di origine o per il transito verso un Paese terzo nel quale l’ammissione è garantita. Oppure devono essere in grado di ottenere legalmente questi mezzi. Infine non devono essere segnalati nel Sis, il Sistema di informazioni di sicurezza, né essere considerati una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri dell’accordo.
Chi sono gli immigrati inseriti nel Sis?
I cosiddetti «indesiderabili». Il Sis è una banca dati, la versione più aggiornata del suo sistema informatico si chiama «Sis1+4all», dovrebbe permettere di individuare soggetti pericolosi anche fra i cittadini Ue. Ci sono i nomi di ricercati e gente inseguita da una richiesta di estradizione, terroristi o comunque sospetti tali perché in contatto con terroristi. E ancora: trafficanti di braccia e di droga, pedofili, minorenni scomparsi. Ma spetta in realtà ai singoli Stati definire poi nei dettagli le liste degli «indesiderabili», nella cornice dei principi fissati dall’Unione.
Gli extracomunitari in arrivo dal nord Africa non soddisfano buona parte di questi requisiti. Possono entrare lo stesso nell’area Schengen?
Esistono alcune deroghe. Se gli immigrati si presentano alla frontiera senza il visto possono essere comunque ammessi se ottengono un visto alla frontiera. Oppure possono essere autorizzati da uno Stato membro ad entrare nel suo territorio per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali. Se si ammette una persona segnalata al Sis, lo Stato membro che ne autorizza l’ingresso nel suo territorio ne informa gli altri Stati membri. La decisione italiana di rilasciare dei permessi di soggiorno per motivi umanitari viene giustificata proprio sulla base delle deroghe previste.
Su che base allora Francia e Germania si oppongono alla libera circolazione degli immigrati anche nei loro Paesi?
La Francia ha avvertito che si muoverà all’interno dell’accordo ma chiedendo l’applicazione dell’articolo 5 nella parte in cui si prevede il possesso, da parte degli immigrati, di risorse finanziarie e documenti. La Germania ha parlato di una violazione dello spirito di Schengen. In realtà se questi argomenti non dovessero bastare a Parigi e Berlino resterebbe sempre da giocare la carta dell’approvazione di norme proprie per difendersi dal fenomeno migratorio incontrollato, come ha fatto l’Italia dotandosi del reato amministrativo di clandestinità.
In quali casi gli Stati membri possono chiudere le loro frontiere?
E’ un tipo di eventualità che si crea con le persone degli Stati terzi. L’Unione Europea sta iniziando solo ora a dotarsi di una politica comune per l’immigrazione, sulla base del principio di solidarietà ma può capitare che gli Stati decidano di difendersi. La Francia lo ha già fatto nel luglio 2005, dopo gli attentati a Londra. L’Italia ha sospeso l’applicazione dell’accordo nel 2001 durante il G8 a Genova e nel 2009 durante il G8 de L’Aquila.


Sindacato

 


Coordinamento Nazionale Immigrazione UIL

Il primo incontro del 5 aprile, ha formalizzato i nomi dei funzionari designati alla struttura di confronto, i gruppi di lavoro ed i componenti del gruppo di lavoro ristretto. Nella prima parte, l’emergenza Mediterraneo è stata al centro di un sentito dibattito (ospite Christopher Hein, direttore del CIR). La seconda parte della riunione è stata dedicata agli aspetti interni all’Organizzazione, con la definizione di tematiche di approfondimento, obbiettivi e modus operandi del coordinamento stesso. Entro fine anno l’obbiettivo è di realizzare la prima Assemblea Nazionale UIL sull’Immigrazione.


Roma, 12 aprile 2011. Si è tenuta lo scorso 5 aprile, presso la sede della UIL Nazionale, la prima riunione del Coordinamento Nazionale Immigrazione, struttura permanente di confronto tra territori, categorie e servizi sulla tematica dell’immigrazione, la cui costituzione è stata acquisita nell’ambito del XV Congresso nazionale della UIL.  Preparata per tempo, con l’invio di circolari e documentazione, e con la designazione da parte delle strutture dell’Organizzazione (regionali e categoriali) di un quadro/funzionario partecipante alle riunioni nazionali ed ai gruppi di lavoro, la giornata è iniziata con un dibattito aperto sul tema di grandissima attualità che riguarda l’emergenza flussi migratori provenienti dal Mediterraneo. Nella sua introduzione, il Coordinatore nazionale Giuseppe Casucci, ha rilevato come “i rivolgimenti in corso nella sponda Sud del Mediterraneo e l’impatto che essi stanno già avendo in Italia, assomigliano sempre di più ad un rimescolamento sostanziale degli equilibri in quell’area e ci costringono a guardare ai destini dell’Africa  con un’attenzione maggiore e con un atteggiamento meno distaccato verso la sorte dei popoli in quel continente”. “Intorno a noi – ha continuato l’oratore - è in corso una metamorfosi di cui è difficile almeno per ora decifrare i contorni. Appare chiaro che gli strumenti ordinari non sono sufficienti a far fronte ad una situazione dai caratteri inusuali e difficilmente prevedibili”. Casucci ha poi ricordato come  la UIL  abbia suggerito - da subito – la necessità di non affrontare con strumenti ordinari una situazione che rivelava caratteri fuori dal comune. In effetti, sin dal 2001, proprio per gestire situazioni di esodo massivo, la Commissione europea ha previsto una specifica direttiva (la 2001/55/CE sulla protezione temporanea, poi recepita da noi con il D.lgs. n. 85 del 2003), dispositivo concepito proprio per rispondere ad eventi di afflusso massiccio di immigrati o profughi. Ancora: esiste l’art. 20 del testo unico sull’immigrazione che tratta di protezione temporanea. “Sappiamo – ha detto l’oratore -  che la maggior dei tunisini arrivati sono migranti economici. Sappiamo anche che ne possono arrivare molti altri e che la situazione non può essere risolta attraverso l’uso di espulsioni di massa, tra l’altro proibite dalle normative internazionali”. Per quanto riguarda gli aspetti interni su cui la riunione del 5 aprile era stata convocata, l’oratore ha ricordato che essa doveva:  “da un lato formalizzare la nascita del Coordinamento Nazionale Immigrazione, dall’altro definirne i caratteri, le funzioni e gli strumenti operativi”. “In questo senso – ha detto il coordinatore -  è necessario rispondere a tre domande: a) Cosa esso dovrà essere; B) Quali obiettivi si propone; Quale modus operandi intende darsi”. “Queste  domande, ha concluso l’introduzione,  hanno a che fare con tantissimi quesiti – oggetto del  dibattito - che hanno a che vedere con la composizione della struttura, le aree di lavoro che si intendono approfondire, i traguardi che la UIL intende darsi a breve, media o lunga scadenza; il funzionamento pratico attraverso la creazione di un gruppo di lavoro più ristretto, la scadenza degli incontri e tante altre domande”. Aspetti che sono poi stati oggetto di una specifica comunicazione. L’ospite invitato a intervenire era Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, di cui la UIL è socio fondatore. Una Onlus attivissima sul tema dei richiedenti asilo, profughi e aventi diritto a protezione umanitaria. Nel suo intervento Hein ha spiegato la composizione e le funzioni del CIR attualmente impegnate soprattutto nelle aree del Maghreb e Mashrek, oltre a offrire servizi presso i Cara (centri di assistenza per i rifugiati), nei principali aeroporti e città di confine, compresa Lampedusa. Il direttore del CIR ha ricordato che in Nord Africa ci si trova oggi di fronte a un quadro di rivolgimenti non comuni, forse solo paragonabili alla caduta del muro di Berlino 22 anni fa. “Per la prima volta – ha detto – i  popoli dell’intera fascia del Mediterraneo (dalla Tunisia, al Marocco, alla Libia, alla Siria, Egitto, ecc.) si sono ribellati a regimi dispotici ed hanno chiesto apertamente di avere governi democratici, eletti dal popolo ed un progresso sociale capace di far uscire milioni di persone da una condizione di miseria endemica e negazione di una vita e di un futuro migliori”. “L’impatto che queste <rivoluzioni> hanno sull’Europa (ed in particolare sull’Italia) in termini di esodo, non può – ha detto il direttore del CIR – essere trattato come una normale evoluzione migratoria. Si tratta di eventi eccezionali che vanno affrontati con strumenti adeguati”. In questo senso, Hein condivide le posizioni della UIL per l’utilizzo della direttiva 2001/55/Ce sulla protezione temporanea, dispositivo ratificato dall’Italia nel 2003, che consente di concedere un permesso temporaneo di un anno (rinnovabile a due) per ragioni umanitarie a chi scappa da situazioni di guerra, rivoluzioni o gravi rivolgimenti sociali. Hein ha rilevato, comunque, come l’attivazione della procedura del permesso di soggiorno per protezione temporanea  da parte della sola Italia, non sia sufficiente in quanto - perché i migranti in possesso di questo permesso possano circolare e lavorare nell’intera area Schengen -  bisogna che la procedura sia attivata anche dagli altri Paesi, magari attraverso indicazioni della stessa Commissione Europea.  “E’ importante comunque che il governo italiano abbandoni l’idea di rimpatri coattivi e massivi, ha detto Hein, rendendosi conto che essi sono prima di tutto illegittimi ma anche materialmente impossibili. “In questa situazione, ha concluso il direttore del CIR, è difficile poter distinguere dalla condizione di rifugiato a quella di migrante economico, vista la complessità della situazione nell’area Nordafricana”. Dopo un partecipato dibattito che ha visto interventi da parte di Chabaaani Abderazak (“gli accordi Italia-Tunisia sono stati fatti con un dittatore ed oggi è difficile avere garanzie di controllo da un governo in transizione”), Pier Giorgio Gui (“la legge 94 si è rilevata assolutamente inadatta a gestire eventi eccezionali quali quelli in corso nel Mediterraneo”), Felicitè Ngo Tonye (“durante la crisi in Kosovo abbiamo avuto più profughi ma non si è vista l’assoluta improvvisazione che regna oggi”), Lorenzo Cestari (che ha invitato ad iniziative sindacali unitarie) e Pierluigi Paolini (“abbiamo un Paese che non recepisce le direttive UE e una UE che non ha mai elaborato una vera politica comunitaria sull’immigrazione”), ha concluso questa prima parte della riunione il segretario confederale Guglielmo Loy. Il dirigente Uil ha subito rilevato come “sia necessario trovare una sintesi tra rispetto dei diritti della persona, tolleranza e capacità di accoglienza da parte dell’Italia, mostrando anche attenzione anche alle sensibilità dell’opinione pubblica, spesso troppo condizionabile dagli avvenimenti di cronaca e la loro rappresentazione mediatica”. “Purtroppo- ha continuato Loy - in questi casi vale sempre una doppia morale nei giudizi che diamo, spesso legata al fatto che l’avvenimento ci tocchi direttamente o meno”. Il dirigente UIL  ha confermato il favore della nostra Organizzazione alla direttiva sulla protezione temporanea a carattere umanitario, ricordando però che la maggior parte dei profughi tunisini vogliono raggiungere parenti ed amici in altri Paesi europei e che se la direttiva non verrà attivata in tutta l’area Schengen, il fatto che lo faccia l’Italia si dimostrerà condizione necessaria ma non sufficiente. Il segretario confederale UIL ha lanciato la proposta che sia la Confederazione europea dei sindacati a fare pressione sulla Commissione Europea e sugli Stati membri perché la protezione temporanea abbia valore esteso all’area Schengen. Loy ha concluso rilevando come la direttiva sia un rimedio del tutto temporaneo: “bisogna anche lavorare – ha detto - per aiutare l’economia tunisina a ripartire, dando una chance alla fragile democrazia di quell’area di consolidarsi”; “un compito – ha concluso – che spetta all’Europa in quanto tale”. La seconda parte della riunione ha visto un contributo di Michele Berti, Resp.le immigrazione della UIL Friuli Venezia Giulia che ha delineato le possibili caratteristiche che il costituendo coordinamento dovrebbe avere al fine di rispondere alle esigenze poste alla UIL dalle nuove sfide del fenomeno migratorio. Per Berti In Italia, il fenomeno immigrazione appare da anni mal governato. Da qui la necessità di cambiare approccio per evitare che la presenza degli stranieri nel nostro paese degeneri in tensioni e conflitti. Per l’oratore “bisogna agire contemporaneamente su due piani:

1.     un’ottica di “riduzione del danno” (contenimento del fenomeno dell’immigrazione irregolare e gestione delle situazioni emergenziali, per portarle progressivamente a risoluzione);

2.     un’ottica di “prevenzione” (costruire un sistema di governo reale del fenomeno, che consenta a chi arriva regolarmente e a chi già vive in Italia di potersi integrare pienamente, assumendosi – a prescindere dal possesso della cittadinanza italiana o meno – diritti e doveri propri della comunità delle persone che vivono nel nostro paese).

“In questo quadro la UIL dimostrerà di essere un valore aggiunto, che può portare il dibattito sull’immigrazione su posizioni maggiormente realistiche e in grado di garantire politiche efficaci e di lunga durata”.

“Da questo punto di vista, ha detto l’oratore -  il Coordinamento Nazionale Immigrazione della UIL è per noi lo strumento per valorizzare dentro e fuori l’organizzazione tutta quella sensibilità che già esiste e che non si riconosce in posizioni troppo estremistiche, ma che non sa come esprimersi, perché non trova una sponda sufficientemente visibile”. Ma il Coordinamento Nazionale sull’Immigrazione è anche una struttura a servizio di tutto l’Universo UIL, della confederazione, delle sue categorie e dei suoi servizi, che dovrà agire a 360°, su questi possibili ambiti:

E’ seguito un contributo di Piero Bombardieri dell’Ital nazionale sugli aspetti discriminatori che ancora esistono - in materia di previdenza -  per gli stranieri che decidano di ritornare definitivamente nel proprio Paese prima dei 65 anni. Argomento tornato di attualità in ragione della proposta di legge presentata alla Camera da 60 deputati per richiedere il ripristino dell’Istituto del rimborso dei contributi previdenziali versati in favore dei lavoratori stranieri che lascino a titolo definitivo, il territorio italiano.

Per l’oratore “questo disegno di legge suscita molte perplessità. Non solo per il contesto radicalmente mutato rispetto all’epoca in cui era vigente l’originario istituto del Rimborso dei contributi, ma soprattutto perché prevedere questa facoltà ad una parte di lavoratori, oggi così estesa, mentre per diritto è preclusa ai lavoratori italiani, produrrebbe un fenomeno discriminatorio all’incontrario, e sicuramente un pronunciamento di censura, proprio per la disparità di trattamento, da parte della Corte Costituzionale”.

Per Bombardieri “bisogna eliminare gli elementi di discriminazione tutt’ora presenti nelle prestazioni previdenziali in favore dei lavoratori stranieri, agendo su altre leve”: innanzitutto garantendo una lettura estensiva della norma già vigente della legge Bossi Fini che sancisce al compimento dei 65 anni l’erogazione ai lavoratori stranieri rimpatriati di una prestazione pensionistica, a prescindere dal limite minimo di 5 anni di contribuzione versata.  Prevedendo cioè la possibilità che l’esenzione dal minimo contributivo venga esteso anche ai lavoratori stranieri che hanno iniziato a lavorare in Italia prima del 1996.

“In secondo luogo riprendendo la sottoscrizione di Convenzioni Internazionali con i principali Paesi da cui provengono i lavoratori stranieri. La stipula di queste Convenzioni, certo onerose per l’Italia ma con costi nettamente inferiori a quelli prevedibili con la reintroduzione del rimborso dei contributi, avrebbe l’indubbio pregio di consentire ai lavoratori migranti di poter recuperare e totalizzare tutti periodi di lavoro e contribuzione versata in Italia e nel Paese di origine”. Bisogna rinforzare, nel contempo, i controlli sull’evasione contributiva in danno ai lavoratori stranieri, i quali in presenza di Convenzioni Internazionali sottoscritte, hanno tutto il primario interesse a non rimanere vittime di questo tipo di evasione”. La seconda parte della mattinata ed il primo pomeriggio sono stati dunque dedicati a discutere degli strumenti che la UIL ha ed intende darsi per dare risposte puntuali ed efficaci al tema immigrazione. Dunque anche sulla natura, le funzioni e la composizione che il Coordinamento dovrà avere, nonché le prime scadenze da costruire, tra cui l’Assemblea Nazionale UIL sull’immigrazione. Impossibile qui dare conto di tutti gli interventi che sono stati numerosi: vale la pena di citare Pilar Saravia della UIL Lazio, Hassan El Mazi di Reggio Calabria, Qamil Zejnati di Prato, Luciana del Fico e Celeste Ramos della Campania, Maria Laurenza della Uila, Leopoldo Saracino della Puglia, Paolo Palumbo della Basilicata, Karen Basile e Salvatore Laterra della UIL Sicilia, Artan Mullaymeri della UIL/ SGK di Bolzano, Ilaria Capucci della Uil di Ravenna e Julia Andujar delle Marche e molti altri. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e decisionali possiamo dire che:

a) partecipanti al coordinamento: a questo strumento di confronto partecipa un rappresentante per Unione Regionale, uno per categoria, uno per l’Ital e uno per il Caf. In qualche caso è stato indicato un titolare ed un supplente. Al coordinamento sono stati designati 31 funzionari titolari (19 dai territori, 11 dalle categorie e uno dall’Ital), cui vanno aggiunti 11 supplenti, oltre ai componenti il Dipartimento Nazionale Politiche Migratorie. Quindici componenti sono donne  e 14 sono cittadini non nati in Italia. In linea di massima il Coordinamento si riunirà due volte all’anno, salvo urgenze possibili.

b) tavoli di lavoro: sono stati indicati cinque possibili tavoli di lavoro su temi considerati essenziali per l’Organizzazione. Questi i tavoli di lavoro:

·       Diritti e discriminazioni (gestiti da Pier Giorgio Gui e Maria Laurenza);

·       Il linguaggio dell’Immigrazione (Angela Scalzo ed Eschly Borja);

·       Network legale e tematiche giuridiche (Michele Berti e Karen Basile);

·       Formazione ed associazionismo (Piero Bombardieri e Maura Tabacco);

·       L’immigrazione nella UIL (Felicitè Ngo Tonye e Giuseppe Casucci).

c) Gruppo di lavoro ristretto:  si è proposta la creazione di un gruppo di quadri e funzionari, con il compito di dirigere i tavoli di lavoro, stimolare il confronto e le attività del coordinamento, e gestirne gli impegni e presentazione di proposte, in stretto rapporto con il Dipartimento Politiche Territoriali e Migratorie. Componenti del gruppo di lavoro ristretto sono stati proposti:

1)     Chabaani Abderazak (Uil Sardegna);

2)     Karen Basile (Uil Sicilia);

3)     Michele Berti (Uil Friuli VG);

4)     Piero Bombardieri (Ital nazionale);

5)     Beppe Casucci (Uil Nazionale);

6)     Pier Giorgio Gui (Uilca Piemonte);

7)     Felicitè Ngo Tonye (Uiltucs Lombardia);

8)     Maria Laurenza (Uila Nazionale);

9)     Pilar Saravia (Uil Lazio);

10)  Angela Scalzo (Uil Nazionale);

11)  Qamil Zejnati (Uil Toscana).

Una prima riunione del gruppo ristretto di lavoro verrà convocata entro i primi giorni di maggio al fine di organizzare i tavoli di approfondimento, gli strumenti di lavoro e i primi appuntamenti da programmare, a cominciare dall’Assemblea Nazionale UIL sull’Immigrazione. La riunione è stata conclusa dal Segretario Confederale Guglielmo Loy. Il dirigente UIL ha messo l’accento sull’alta qualità del lavoro svolto dalla UIL e dall’Ital in questi ultimi anni in materia di tutela e valorizzazione del lavoro immigrato e difesa dei diritti fondamentali della persona. “La UIL – ha detto l’oratore – è da tempo ben cosciente delle trasformazioni <davvero epocali> in atto nella società e nel nostro mercato del lavoro”. Loy ha citato i dati Inail, secondo i quali, dal 2000 al 2010,  oltre il 16% dei nuovi rapporti di lavoro avviati, sul totale nazionale, riguardava cittadini stranieri. Quota salita al 19% nel periodo che va da gennaio 2009 al 30 giugno 2010 (pari a 2,7 milioni – 1,5 milioni uomini, 1,2 milioni donne). In un anno molto pesante per l’occupazione – quale il 2009 – ben 1.100.000 nuovi rapporti di lavoro “etnici” sono stati avviati a vario titolo”, ha detto Loy. Oggi in Italia, secondo dati Inail, esistono circa 3,4 milioni di stranieri assicurati, cifra che equivale al 13,6% del totale degli occupati. Vi sono settori produttivi dove la presenza immigrata (dalla UE e dai Paesi Terzi) è aumentata drammaticamente con punte del 40% in agricoltura e edilizia, mentre in settori come l’assistenza alla persona oltre l’80% degli occupati è ormai proveniente da Paesi esteri. Anche il comparto del commercio e dei servizi registra da tempo una crescita esponenziale del lavoro etnico. “In questo senso, la UIL ha compreso per tempo delle grandi trasformazioni in corso e la necessità di adeguare la politica e gli strumenti della nostra Organizzazione al fine di rispondere con tempismo ed efficacia alle grandi nuove sfide che vengono dalla globalizzazione”.

In effetti, ha ricordato Loy, nell’ultimo decennio il Dipartimento politiche migratorie della Uil ha investito in strumenti nuovi, politiche ed attività, capaci di dare risposte sul piano della comprensione e della “governance” del fenomeno migratorio ed ha promosso (da sola o con altri sindacati ed associazioni) campagne di lotta contro il lavoro nero, in particolare etnico e campagne di sensibilizzazione della pubblica opinione sulla necessità di combattere il razzismo e valorizzare il lavoro degli stranieri. D’altro canto, sul piano interno si sono accelerate le condizioni per una maggiore integrazione dei quadri immigrati nella UIL, a livello aziendale, territoriale e categoriale. Loy ha citato le buone pratiche in corso in categorie di punta quali la Uila, la Feneal, la Uiltucs, volte ad aprire l’organizzazione alla presenza di questi nuovi cittadini e lavoratori, ma anche indirizzate a  combattere episodi di dumping sociale spesso prodotto dall’economia sommersa e dall’uso ampio di lavoro nero etnico. Non è mancato poi un caloroso riferimento al grandissimo impegno mostrato dal nostro patronato l’Ital che – con le attività di assistenza alle pratiche relative ai decreti flussi, ai rinnovi del permesso di soggiorno ed ai ricongiungimenti familiari - hanno dato sostegno ogni anno alle richieste di oltre 100 mila immigrati. Loy ha ricordato, comunque, che la crisi economica ha messo sotto stress in qualche caso le condizioni di vivibilità stessa di molti immigrati. Nel 2010 abbiamo registrato un aumento di 104 mila disoccupati tra gli stranieri cui vanno aggiunti 213 mila lavoratori stranieri inattivi. Forte anche l’aumento della cassa integrazione (che colpisce molto gli immigrati) e l’indennità di disoccupazione e mobilità. Proprio per evitare un aumento del lavoro nero etnico, già molto presente nella nostra economia, Loy ha spiegato l’iniziativa sindacale di chiedere al Governo di considerare le indennità di mobilità e disoccupazione, reddito valido ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno. “L’obiettivo – ha detto il segretario confederale UIL – è allungare la durata del permesso di soggiorno  per ricerca di nuova occupazione”. Tra le battaglie avviate dalla Uil, in questi anni, Loy ha anche ricordato la collaborazione continua con l’Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali, al fine di combattere le disuguaglianze di trattamento, le incoerenze ancora esistenti nelle normative e naturalmente ogni episodio di razzismo e xenofobia. Il dirigente UIL ha ricordato che “le condizioni di debolezza strutturale dei lavoratori stranieri, alla luce della normativa in vigore, finisce in qualche modo per pesare sulla qualità ed il livello di remunerazione  dell’occupazione stessa. Ed in effetti, secondo molti studi,  nel 2009 gli stipendi dei lavoratori stranieri sono risultati in media del 23% inferiori a quelli dei lavoratori italiani, a parità di mansione”. La durezza delle norme, secondo la UIL, è spesso solo servita a deteriorare le condizioni di lavoro e di vita di migliaia di stranieri, lasciando spazio a forme di sfruttamento anche gravi, come ben testimoniano situazioni estreme nell’agricoltura, ma anche il numero eccessivo di incidenti sul lavoro che hanno coinvolto stranieri in settori come le costruzioni (nel 2009 il 16,4% degli infortuni sul lavoro ha riguardato gli immigrati), nonché l’imponderabile mondo dei servizi alla persona, dove non sono infrequenti gravi episodi di mobbing, sequestro dei documenti personali o peggio. Ancora: “largamente sottoutilizzate  risultano le professionalità degli stranieri conseguite all’estero”. Per l’Istat nel 2009, solo il 4,6% del totale dei lavoratori stranieri che avevano  conseguito nel loro Paese un titolo di studio, risultava averne chiesto il riconoscimento. A dimostrazione non solo dei lavori poco qualificati in cui sono in maggioranza impegnati gli immigrati, ma anche della rassegnazione al brain waste praticato dall’Italia verso professionalità che potrebbero essere preziose per il nostro Paese. Esistono poi condizioni oggettivamente discriminatorie che influiscono sia sulla possibilità di accesso al lavoro, sulla qualità e quantità remunerata, sia sui percorsi di carriera che per gli stranieri appaiono più difficili rispetto ai loro colleghi italiani. Per Loy “lo svantaggio maggiore viene anche dagli effetti della normativa (e dalla sua farraginosità) sulle condizioni di lavoro e di vita. Il fatto che il permesso sia strettamente legato al lavoro, rende debole l’immigrato nella contrattazione con il suo datore. E spesso egli rinuncia a richieste salariali o di miglioramento di carriera, in cambio della certezza di rinnovo del permesso di soggiorno”. Il segretario ha infine concluso riassumendo le iniziative della UIL con Cgil e Cisl e le associazioni imprenditoriali per l’applicazione delle direttive UE sui rimpatri e contro il lavoro irregolare. Per quanto riguarda le funzioni del Coordinamento Immigrazione UIL, Loy si è detto sicuro che questo strumento darà un forte impulso alla presenza di quadri stranieri nella nostra Organizzazione (a tutti i livelli) ed alla coscienza della stessa UIL sulla sfida che viene dal mercato del lavoro futuro, sempre più multi etnico e multi culturale. E’ auspicabile – ha chiuso Loy – che anche a livello regionale si possano sviluppare adeguate forme di coordinamento tra i vari territori e categorie  in modo da sostenere e valorizzare le attività promosse.


 

Prensa Extranjera


Europe's Roma

Hungary's plan for the Roma

Apr 8th 2011, 15:39 by A.L.B. | BUDAPEST


TODAY is  International Roma Day. Roma and NGO activists, Hungarian politicians, European Union and government officials are gathered at Budapest's Ethnographic Museum to launch a new EU Roma strategy. After an unpromising beginning to its six-month presidency of the EU in January, when it found itself embroiled in a row with Brussels over a controversial media law, Hungary is making a priority of the Roma issue, and has ambitious plans. The government has pledged to create 100,000 jobs for Roma through a massive public-works programme. There is certainly much to be done. As Zoltán Balogh, minister for social inclusion, says: “Twenty years after the change of system [in Hungary], the majority of Roma are in a worse condition.” Roma suffer higher levels of poverty, unemployment and social exclusion than non-Roma. Prejudice and hatred is rising, especially as the economic slump bites. Roma activists gave today's plan a mixed welcome. NGOs complain that it does not adequately deal with anti-Roma prejudice, that monitoring mechanisms are inadequate, and that some targets, such as school attendance, are already statutory obligations. Some groups say they were not properly consulted. The experience of Roma in western Europe hit the headlines last year when France began a high-profile expulsion of illegal Roma immigrants. Italian authorities have declared a state of emergency to deal with the problem. Across the continent Roma children are systematically segregated in schools. On average life expectancy for Roma is ten to 12 years less than for non-Roma. It is a staggering waste of human potential. Violence against Roma is a major problem. A recent report from the European Roma Rights Centre found that very few attacks against Roma in the Czech Republic, Hungary and Slovakia result in convictions. In Budapest four men are on trial on charges relating to the murders of six Roma in 2008 and 2009, including a five-year-old child and his father, who were shot dead as they fled their house after an arson attack. This week Ferenc Gyurcsány, a former Socialist prime minister, turned up at court to express his support for the victims’ families. Predictably, his appearance sparked outrage among politicians from the ruling Fidesz party. It also drew attention to the Socialists’ responsibility for the situation. Socialists have been in office in Hungary for most of the time since the overthrow of communism. None made any sustained efforts to deal with the Roma problem. During the last Socialist government, between 2002 and 2010, poverty, corruption and social problems soared as a self-selected cadre of communists-turned-capitalists enriched themselves at the expense of the wider population. The poorest sections of society, such as the Roma, were hit worst. Large sections of the country, especially in the deprived east and north, were virtually abandoned by central government. In some settlements Roma families lacked (and continue to lack) electricity, running water or sewage systems. Some scavenged in neighbours’ gardens for vegetables and livestock to feed their families. The lacklustre response of the police to such petty crimes creates a fertile recruiting ground for Jobbik, a far-right party, which campaigns against what it calls "gypsy crime". The party won 16.7% of the vote in last year’s general election, and now has 47 MPs in the 386-seat National Assembly. Many people who voted for Jobbik are former Socialist supporters.

Jobbik has skilfully exploited rising social tensions. Its support rose in 2006 after the horrific murder of Lajos Szögi. Mr Szögi, a teacher, was driving through Olaszliszka, in northern Hungary, with his two young daughters. His vehicle brushed against a 12-year-old Roma girl. She was not badly hurt, but Mr Szögi was dragged from his car by an angry Roma mob, including many of the girl’s relatives, and beaten to death. But Roma society needs to change as well. Some Roma families discourage their children from attending school, partly so they can escape bullying, and press them to marry early and have children, thus fuelling the cycle of deprivation and welfare dependence. Roma (and non-Roma) women cradling babies or young children and begging are a common sight on Budapest’s boulevards. Last month Jobbik activists, many wearing the black uniforms of self-proclaimed civil-guard associations, "patrolled" Gyöngyöspata, a small town, intimidating Roma families, for two weeks, tolerated by the local police (see picture). Last Saturday several hundred  marched [video] through Hejoszalonta, a village in eastern Hungary, accusing a Romany of murdering a 50-year-old woman. This time riot police secured the area and kept the marchers and a counter-demonstration apart. Stung by criticism that it is permitting para-state organisations, the government has set up a crisis-response mechanism to improve co-ordination between municipalities, the police and central government. “Lessons have been learned,” pledges Mr Balogh. “Coercive measures are a monopoly of the state.  I will not let anyone, any paramilitary or civil organisation, replace the police.”