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Senato della Repubblica - Informativa del Ministro dell'interno sulla questione dei flussi migratori provenienti dal Nord Africa

Bozza non corretta redatta in corso di seduta

Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizio il mio intervento esprimendo il cordoglio, mio personale e dell'intero Governo, per la tragedia avvenuta nella notte tra il 5 e il 6 aprile nel Canale di Sicilia, nel corso della quale è affondato un barcone proveniente probabilmente dalla Libia e diretto verso l'isola di Lampedusa, con circa 200 persone a bordo. Fornisco i primi elementi acquisiti alla conoscenza del Governo, sulla base dei primi accertamenti.

Le Forze armate maltesi hanno ricevuto, verso le ore 2,30 del 6 aprile, una richiesta di soccorso in mare per evento SAR, con cui s'intende la segnalazione di una imbarcazione in difficoltà e quindi la necessità di intervenire per fare search and rescue, ricerca e soccorso. La richiesta di intervento era partita da una persona che segnalava il possibile affondamento di un natante a causa delle avverse condizioni meteo marine.

Le stesse autorità maltesi che avrebbero dovuto intervenire, essendo un'area di competenza maltese, contattavano la centrale operativa della Capitaneria di porto di Roma richiedendo l'intervento delle autorità marittime italiane, dicendo che non avevano assetti navali disponibili. Si è già verificata in passato questa contesa senza senso tra Italia e Malta per l'intervento nelle aree di reciproca competenza. Abbiamo disposto l'invio delle nostre unità navali perché c'erano persone in difficoltà e ci è sembrato giusto, opportuno e utile soccorrerle prima di definire di chi fosse la competenza, perdendo tempo per scaricare su altri le responsabilità. Quindi, la Capitaneria di porto di Lampedusa metteva subito a disposizione due motovedette, un elicottero e un ricognitore aereo, che, verso le 5,30, procedevano alle operazioni di soccorso, a circa 39 miglia a sud dell'isola di Lampedusa, in acque SAR maltesi. Nel corso dell'evento sono state salvate 51 persone originarie del Centro-Africa, tra cui una donna e un neonato, che hanno detto di essere partiti dalle coste della Libia. I superstiti hanno anche riferito che a bordo dell'imbarcazione erano presenti altre 150 persone, delle quali sono tutt'ora in corso le ricerche in mare, con l'ausilio anche di due navi mercantili, ma ovviamente più il tempo passa più le speranze di trovare altre persone in vita si affievoliscono. I superstiti sono stati ospitati presso l'ex base Loran di Lampedusa e alcuni di essi sono stati trasferiti presso le strutture ospedaliere dell'isola a causa delle precarie condizioni di salute. Anche in questo caso, pur non avendo alcun obbligo legale, le nostre forze navali hanno prestato un pronto e immediato intervento, essendo necessario per salvare delle vite umane. Voglio ringraziare tutti coloro che si sono attivati senza avere un obbligo legale, ma l'obbligo morale di salvare delle vite umane viene prima di qualunque altro dispositivo legislativo.

Passiamo ai numeri. Dall'inizio dell'anno a oggi sono sbarcate 25.867 persone, in 390 sbarchi, di cui 23.352 giunti nelle isole Pelagie (21.519 di questi di nazionalità tunisina). Partiti dalla Libia sono invece dieci natanti, per un totale di 2.300 immigrati; è una distinzione importante perché, come ha detto anche la commissaria europea, quelli che vengono dalla Tunisia sono migranti economici, e quindi senza i requisiti per essere considerati rifugiati o richiedenti asilo, mentre quelli dalla Libia sono quasi tutti provenienti dai Paesi del Centro-Africa e quindi di etnia somala o eritrea; si tratta di famiglie, minori e donne che sono stati sistemati nei numerosi centri di accoglienza per rifugiati gestiti dal Ministero dell'interno. Alcuni di questi sono anche andati nel Villaggio degli Aranci a Mineo, una struttura che abbiamo allestito proprio per i richiedenti asilo, per creare un modello di accoglienza per coloro che molto probabilmente, anzi, quasi certamente, avranno diritto poi a rimanere, avendo i requisiti per la richiesta di asilo e lo status di rifugiato. Si intende infatti definire in quella sede un modello di intervento che contempli non solo l'accoglienza e l'assistenza, che vengono garantite sempre a tutti, ma le attività che possano rendere più facile, agevole e rapido l'inserimento poi nella società di coloro che appunto non possono essere rimpatriati in quanto provengono da Paesi nei quali non è possibile un rinvio in considerazione delle condizioni socio-economiche e di guerra esistenti in quel Paese.

Abbiamo voluto investire in questo modello perché riteniamo che l'assistenza per i rifugiati debba andare oltre la semplice accoglienza e lì verranno svolte e sono già in corso attività di formazione, di insegnamento della lingua ed altre attività. Coinvolgendo anche le comunità locali, vogliamo che questo villaggio, che abbiamo nominato villaggio della solidarietà, possa essere un modello da portare in Europa.

Abbiamo altresì investito sulla sicurezza attorno ai territori, firmando un patto per la sicurezza territoriale, a cui hanno aderito tutti i sindaci dell'area. Nonostante qualche tensione iniziale, che è avvenuta in tutti gli insediamenti che sono stati fatti, le preoccupazioni, che si sono manifestate anche negli altri luoghi, sono state superate da un investimento forte in materia di sicurezza, con l'invio delle forze dell'ordine ed, in particolare, a Mineo, con la definizione di un patto territoriale per la sicurezza che coinvolge la Provincia di Catania e tutti i Comuni che sono interessati.

Questi 25.867 sbarchi hanno avuto la caratteristica di essere concentrati in pochissimi giorni; ciò ha causato una tensione straordinaria sulla piccola isola di Lampedusa che ha determinato quelle condizioni di difficoltà di intervento che in altri casi, anche in presenza di dati numerici elevati, non si sono verificate negli anni passati. Qualcuno ha fatto riferimento ai circa 39.000 clandestini arrivati tra il 2008 e il 2009, prima che l'accordo con la Libia ponesse fine agli sbarchi dalla Libia che purtroppo adesso sono ripresi per le condizioni di instabilità e di guerra in quel Paese. Un conto è però avere 39.000 o 49.000 sbarchi nel corso dell'anno, un conto è averne quasi 26.000 nel corso di due settimane, come è avvenuto a Lampedusa. Tutto ciò, anche per la natura di questi soggetti che, come abbiamo appreso dalle interviste che sono state fatte, sono tutti giovani tunisini, di età compresa tra i 16 e i 30 anni, tutti ansiosi di andarsene per ricongiungersi con amici e parenti, quasi tutti in Francia o in altri Paesi europei, ha determinato questa tensione. Questi soggetti sono stati tutti identificati e fotosegnalati, a tutti sono state prese le generalità dichiarate e le impronte digitali. Sono state anche fatte le interviste per capire quale era il motivo e la loro destinazione; la stragrande maggioranza ha detto che è venuta in Italia per andare in altri Paesi, soprattutto in Francia. Questo ha creato - come avrete letto oggi sui giornali - qualche tensione con la Francia e con l'Europa. Per questo motivo ci sarà un incontro bilaterale tra Francia e Italia il 26 aprile, alla presenza del Presidente del Consiglio Berlusconi, del presidente Sarkozy, dei Ministri dell'interno e dei Ministri dell'economia.

Credo che la cosa più sbagliata sia quella di farci la guerra tra di noi; se l'Europa è davvero un luogo che vuole giocare un ruolo politico e di integrazione prima di tutto tra i Paesi, dobbiamo trovare una soluzione che sia una soluzione europea. Lo dirò e lo ribadirò nel corso del mio intervento; è il ruolo che finora è mancato e non per incapacità o cattiva volontà di chi governa la Commissione. Il commissario europeo Cecilia Malmström è anzi sempre stata in contatto con me sin dall'inizio, esprimendo la totale disponibilità a far ciò che è di sua competenza che purtroppo però è molto poco, se non la disponibilità a «risarcire» l'Italia con un fondo di 25 milioni di euro, da suddividere peraltro tra i 27 Paesi europei, o un rafforzamento dell'attività di coordinamento dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex).


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