ORDINANZA
RIMESSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE N. 746 DEL 23/03/2009
REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con
lĠintervento dei signori magistrati:
Angelo
De Zotti Presidente
Angelo
Gabbricci Consigliere
Stefano
MiellI Referendario, relatore
ha
pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul
ricorso n. 1315/08 proposto dallĠAssociazione dei Venditori Ambulanti Immigrati
con licenza di commercio itinerante, in persona del suo presidente pro tempore,
e di SECK ELAHADJI MAME MEDOUNE e NIASS ABDOULAYE rappresentati e difesi
dallĠavv.to Angelo Pozzan, con elezione di domicilio presso lo studio dello
stesso in Venezia – Mestre via Torre Belfredo, 55/A;
contro
Il
Comune di Venezia in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Giulio Gidoni, Maddalena M. Morino, Giuseppe Venezian e Maurizio
Ballarin, della Civica Avvocatura di Venezia, con elezione di domicilio nella
sede municipale;
Il
Sindaco del Comune di Venezia quale Ufficiale di Governo, non costituito in
giudizio;
il
Ministero dellĠInterno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per
legge;
la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore,
non costituita in giudizio;
1)
dellĠordinanza a firma del Sindaco del Comune di Venezia 13 giugno 2008 prot.
255264 OR/2008/399 con la quale si dispone quanto segue:
Ò vietato
il trasporto senza giustificato motivo di mercanzia in grandi sacchi di
plastica e borsoni nel centro storico del Comune di VeneziaÓ;
Òil
predetto trasporto, se accompagnato con la sosta prolungata nello stesso luogo
o in aree limitrofe deve essere considerato come atto direttamente ed
immediatamente finalizzato alla vendita su area pubblica in forma itinerante ed
in quanto facenti parte sostanziale dellĠatto di vendita, rientrando nella
fattispecie prevista e sanzionata dalla vigente legislazione regionaleÓ;
e, per
quanto occorra,
2) del
verbale di accertamento di violazione amministrativa e contestuale verbale di
sequestro n. 54/08 del Corpo di polizia municipale con il quale viene accertata
la violazione della predetta ordinanza in data 23.6.2008 da parte del signor
Niass Abdoulaye;
Visto
il ricorso con i relativi allegati;
visto
lĠatto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;
viste
le memorie prodotte dalle parti;
visti
gli atti tutti di causa;
udito
nella pubblica udienza dell'11 dicembre 2008 - relatore il referendario Stefano
Mielli - lĠavv. Pozzan per la parte ricorrente e l'avv. Morino per il Comune di
Venezia;
ritenuto
in fatto e considerato in diritto:
FATTO
E DIRITTO
Il
Sindaco del Comune di Venezia, ritenendo sussistere pericoli per la sicurezza
urbana e lĠincolumit pubblica, con ordinanza contingibile ed urgente adottata
ai sensi dellĠarticolo 54, comma 4, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 del 13
giugno 2008, prot. 255264 OR/2008/399, Òpremesso che lĠarticolo 4, comma 4 bis,
della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10 (cos come modificato dallĠarticolo
16, comma 1, della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7) vieta il commercio
su aree pubbliche in forma itinerante nei centri storici dei comuni superiori
ai 50.000 abitantiÓ, ha disposto che Ò vietato il trasporto senza giustificato
motivo di mercanzia in grandi sacchi di plastica e borsoni nel centro storico
del Comune di VeneziaÓ e che Òil predetto trasporto, se accompagnato con la sosta
prolungata nello stesso luogo o in aree limitrofe deve essere considerato come
atto direttamente ed immediatamente finalizzato alla vendita su area pubblica
in forma itinerante ed in quanto facenti parte sostanziale dellĠatto di
vendita, rientrando nella fattispecie prevista e sanzionata dalla vigente
legislazione regionaleÓ.
Tal
provvedimento impugnato con il ricorso in epigrafe dalla ÒAssociazione dei
venditori ambulanti immigrati con licenza di commercio itineranteÓ, in persona
del legale rappresentante Sig. Seck Elahadji Mame Medoune che agisce anche
personalmente e dal Sig. Niass Abdoulaye.
LĠAssociazione
espone di essere costituita da oltre settanta cittadini di paesi non
appartenenti allĠUnione europea titolari di regolare permesso di soggiorno e di
unĠautorizzazione commerciale per la vendita itinerante rilasciata da Comuni
della provincia di Venezia.
In
effetti, come documentato dallĠarticolo 5 dello Statuto dellĠAssociazione
(cfr. doc. 1 allegato al ricorso), possono essere ammessi a far parte
dellĠAssociazione come soci ordinari coloro che sono in possesso della licenza
di commercio itinerante.
I
Sigg. Seck Elahadji Mame Medoune e Niass Abdoulaye sono in possesso,
rispettivamente, delle autorizzazioni n. 3808 del 6 agosto 2003, e n. 3996 del
1 marzo 2004, rilasciate dal Comune di Venezia per lĠesercizio dellĠattivit di
commercio su area pubblica di tipo B (in forma itinerante), a carattere
permanente per il settore merceologico non alimentare (cfr. docc. 4 e 5
allegati al ricorso).
Il
Sig. Niass Abdoulaye narra inoltre di aver subito, sulla base della predetta
ordinanza, una sanzione amministrativa di euro 5.164,00, con confisca di 12
borse, ai sensi dellĠarticolo 29, comma 1, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114,
prevista per chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la
prescritta autorizzazione o fuori dal territorio contemplato
dallĠautorizzazione stessa, perch nella localit San Marco, Frezzeria
Òtransitava per la suddetta localit con sacchetto di plastica azzurra trasparente
che lasciava intravvedere le cose al suo internoÓ (cfr. copia del verbale di
cui al doc. 2 depositato in giudizio dal Comune).
Dal
suddetto verbale risulta anche che stato accertato il possesso, in capo al
ricorrente, dellĠautorizzazione al commercio ambulante rilasciata dal Comune di
Venezia di cui sono indicati gli estremi, e che il medesimo ha dichiarato di
essersi limitato a transitare per la pubblica via.
LĠordinanza
impugnata per le seguenti censure:
I)
incompetenza, sviamento e difetto di motivazione per la mancata espressa
indicazione che il Sindaco agisce quale ufficiale di governo;
II)
sviamento e incompetenza perch riguarda un ambito, quello del commercio, sul
quale il Sindaco privo di competenze normative;
III)
violazione dellĠarticolo 54 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267 e violazione
dellĠarticolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la mancanza dei
requisiti di eccezionalit ed imprevedibilit e lĠomessa indicazione dei
medesimi;
IV)
violazione degli artt. 1 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del
principio di tassativit nella descrizione della condotta vietata nonch del
principio di non punibilit del tentativo nellĠillecito amministrativo;
V)
travisamento, difetto di istruttoria e illogicit, per lĠinsussistenza di
episodi del tipo di quelli menzionati nella motivazione dellĠordinanza;
VI)
sviamento e illogicit per la mancanza di pericoli gravi derivanti dalle
tensioni e frizioni con i commercianti residenti;
VII)
illegittimit derivata per lĠillegittimit costituzionale dellĠarticolo 4,
comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come modificata dalla
legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, per il contrasto con gli artt. 4 e 41
della Costituzione;
VIII)
violazione dellĠarticolo 4, comma 4 bis, della legge regionale 6 aprile 2001,
n. 10, come modificata dalla legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, in quanto
detta norma presupporrebbe una specifica delimitazione del centro storico ai
fini del commercio itinerante.
Si
sono costituiti in giudizio il Comune di Venezia e il Ministero dellĠInterno
concludendo per la reiezione del ricorso.
Con
ordinanza n. 632 del 31 luglio 2008 stata respinta la domanda cautelare.
Alla
pubblica udienza dellĠ11 dicembre 2008, in prossimit della quale le parti
hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il
Collegio, in via pregiudiziale rispetto ai diversi motivi di merito, ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimit
costituzionale del comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile
2001, n. 10, come introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio
2005, n. 7, per violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 10 primo comma, 41, 117
commi primo e secondo lett. e), nonch 118 della Costituzione (relativamente a
questo ultimo parametro per contrasto con la norma interposta di cui
allĠarticolo 28, comma 16, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114).
2. Va
innanzitutto evidenziata la rilevanza della questione di legittimit
costituzionale ai fini della decisione dellĠodierno ricorso.
2.1
Sul punto va premesso che il ricorso, per la parte che riguarda lĠordinanza del
13 giugno 2008 il cui sindacato demandato alla giurisdizione del giudice
amministrativo, stato proposto in modo rituale da soggetti che appaiono
certamente legittimati, in quanto portatori di una posizione differenziata e
qualificata (cfr. per quanto riguarda lĠAssociazione il verbale del Consiglio
direttivo 25 luglio 2008, depositato in giudizio il 29 luglio 2008) e che
conservano interesse alla sua definizione nel merito nonostante il
provvedimento impugnato limiti la propria efficacia al 31 dicembre 2008.
Infatti,
medio tempore lĠordinanza impugnata ha prodotto effetti e dunque deve trovare
applicazione la regola secondo cui la mera scadenza del termine di efficacia
del provvedimento amministrativo impugnato non fa venire meno l'interesse della
parte sia a vederne caducati gli effetti per il passato, sia a non vedere
adottati successivi provvedimenti similari (cfr., tra le tante, Consiglio di
Stato, Sez. IV, 5 aprile 2003, n. 1786; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio
1998, n. 846; Consiglio di Stato Sez. IV, 19 dicembre 1994, n. 1037).
2.2 In
secondo luogo va evidenziato che la censura prospettata con il settimo motivo
del ricorso ed ulteriormente illustrata nella memoria depositata in prossimit
della pubblica udienza, con cui si deduce lĠillegittimit costituzionale del
comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come
introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7,
assume carattere logicamente prioritario rispetto agli altri motivi.
Infatti
con le ulteriori censure i ricorrenti lamentano sotto molteplici profili vizi
sintomatici (quali il difetto di motivazione, di istruttoria, lĠinsussistenza
dei presupposti, giuridici o di fatto, per lĠadozione in concreto del
provvedimento temporaneo oggetto di impugnazione, ovvero lĠincompetenza o
lĠillogicit del medesimo) che , anche se accolti, non precluderebbero una
riedizione dellĠatto amministravo con contenuto analogo, quantunque
diversamente formulato, parimenti lesivo degli interessi sostanziali di cui
sono portatori i ricorrenti.
La
censura di cui al settimo motivo invece, coinvolge direttamente la premessa
esplicita su cui si regge lĠordinanza impugnata evidenziando in astratto, tra
quelle dedotte, una illegittimit, per cos dire radicale, del provvedimento
impugnato, che appare idonea a soddisfare pi pienamente ed efficacemente
l'interesse sostanziale dedotto in giudizio dai ricorrenti i quali, essendo
stranieri regolari in possesso di apposita autorizzazione rilasciata dal Comune
per lĠesercizio dellĠattivit di commercio in forma itinerante, assumono come
interesse primario quello di poter trarre i propri mezzi di sussistenza dallo
svolgimento di regolare attivit lavorativa.
Pertanto,
la questione di legittimit costituzionale rilevante ai fini della
definizione del giudizio perch attiene ad una censura espressamente enunciata
nel ricorso che, avuto riguardo allĠinteresse sostanziale dei ricorrenti ed al
principio di effettivit della tutela giurisdizionale e di effettivit del
controllo costituzionale sulle leggi, non potrebbe restare assorbita
dallĠeventuale accoglimento degli altri motivi.
N,
dĠaltra parte, possibile, onde superare lĠelemento della rilevanza, pervenire
ad unĠinterpretazione costituzionalmente orientata della disposizione di cui al
comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10
(adombrata dai ricorrenti nellĠambito dellĠottavo motivo di ricorso), in
quanto, come precisato dal Comune nelle proprie difese, non vi in detta norma
alcun elemento che, sotto il profilo testuale e sistematico, consenta
allĠinterprete di ritenere necessaria, ai fini della sua operativit,
unĠapposita delimitazione del centro storico funzionale al solo commercio
itinerante su aree pubbliche, in sostituzione di quella di carattere
urbanistico adottata nellĠambito del piano regolatore ai sensi della legge
regionale 31 maggio 1980, n. 80.
2.3
Pi nello specifico, vi da osservare che lĠimpugnata ordinanza sindacale
vieta e sanziona il trasporto di mercanzia in grandi sacchi di plastica,
borsoni o analoghi contenitori nel Centro storico del Comune di Venezia che
avvenga Òsenza giustificato motivoÓ.
Nel
caso allĠesame, tuttavia, come premesso in fatto, i Sigg. Seck Elahadji Mame
Medoune e Niass Abdoulaye sono titolari di un permesso di soggiorno e di unĠautorizzazione
per il commercio ambulante, cos come i membri dellĠAssociazione.
Nel
ricorso (cfr. pagg. 5 e 6) si evidenzia, quindi, in maniera pertinente alla
specifica situazione processuale, come nel passato fosser state avviate, tra il
Comune di Venezia e lĠAssociazione ricorrente, iniziative finalizzate
allĠindividuazione di aree poste allĠinterno del centro storico veneziano in
cui esercitare la vendita ambulante (cfr. la cartografia prodotta dalla
commissione mista di cui al doc. 7 allegato al ricorso).
Iniziative
rese vane dal fatto che successivamente, con lĠarticolo 16 della legge
regionale 25 febbraio 2005, n. 7, nellĠambito dellĠarticolo 4 della legge
regionale 6 aprile 2001, n. 10, concernente il rilascio delle autorizzazioni
per il commercio in forma itinerante nellĠambito della disciplina del commercio
sulle aree pubbliche, stato introdotto un comma ulteriore (co. 4 bis), il
quale dispone che Ò vietato il commercio su aree pubbliche in forma itinerante
nei centri storici dei comuni con popolazione superiore ai cinquantamila
abitantiÓ.
Orbene,
i ricorrenti sostengono che tale norma, comportante un divieto generalizzato ed
indiscriminato di esercizio dellĠattivit dove questa presenta una qualche
redditivit, ovvero nei centri storici del Comuni di maggiore affluenza di
popolazione residente e fluttuante, ha, allĠevidenza, dapprima azzerato il
valore commerciale delle autorizzazioni di cui sono titolari e dalle quali
traggono il proprio sostentamento, e successivamente creato la premessa per
lĠapplicabilit anche nei loro confronti, in forme manifestamente illegittime,
dellĠordinanza impugnata, nella parte in cui questa persegue il possesso Ònon
giustificatoÓ dei contenitori di mercanzia.
Senza
il divieto imposto dalla norma regionale, infatti, una prescrizione, riferita
alle modalit di trasporto della merce, come quella contenuta nellĠordinanza
impugnata non potrebbe operare nei confronti dei ricorrenti, giacch gli stessi
svolgerebbero unĠattivit lecita, per la quale dispongono delle necessarie
autorizzazioni, che giustificherebbe il possesso dei contenitori altrimenti
vietati, ferma restando in ogni caso la possibilit di interventi volti a
prevenire e reprimere ogni forma di commercio abusivo (con analoghe ordinanze
adottate da Comuni di altre Regioni nei quali non vige il divieto previsto
dalla legge della Regione Veneto infatti perseguito il solo commercio abusivo
e non quello posto in essere da soggetti titolari di regolari autorizzazioni
comunali per il commercio itinerante).
Peraltro,
dalla documentazione versata in atti (cfr. doc. 5 depositato in giudizio dal
Comune) risulta che con deliberazione n. 124 del 25 luglio 2005, ritenendo
conculcate le proprie prerogative, il Consiglio comunale del Comune di Venezia
aveva approvato (ai sensi dellĠarticolo 38 dello Statuto della Regione Veneto
che riconosce ai Consigli comunali dei comuni capoluogo di Provincia di
presentare progetti di legge regionali), un progetto di legge per sostituire il
comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10,
introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7,
prevedendo, in luogo del divieto generalizzato ed indiscriminato ivi previsto,
una modifica del seguente tenore Ò facolt dei Comuni con popolazione
superiore ai cinquantamila abitanti, individuare nellĠambito dei centri storici
specifiche aree ove lĠattivit di commercio su aree pubbliche in forma
itinerante possa essere esercitata secondo specifiche modalitÓ: proposta di
modifica che non ha avuto, in prosieguo, alcun esito.
2.4
Dalla questione di legittimit costituzionale del comma 4 bis, dellĠarticolo 4,
della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come introdotto dallĠarticolo 16
della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, dipende per le ragioni sin qui
spiegate, lĠaccoglimento o meno del settimo motivo di ricorso.
Di qui
la rilevanza della questione nel presente giudizio.
3. In
ordine alla non manifesta infondatezza il Collegio osserva quanto segue.
Anche
alla luce delle pi recenti sentenze della Corte costituzionale che si sono
pronunciate su questioni analoghe (cfr. le sentenze 24 ottobre 2008, n. 350; 30
gennaio 2009, n. 25), appare innanzitutto violata la competenza statale in
materia di concorrenza stabilita dagli artt. 41 e 117, secondo comma, lett. e),
della Costituzione.
Infatti
non vi dubbio che il commercio itinerante costituisca una delle forme
attraverso cui si esplica la libert di iniziativa economica consistente nel
commercio su aree pubbliche (cfr. articolo 28, comma 1, del Dlgs. 31 marzo
1998, n. 31).
LĠarticolo
28 del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, prevede, infatti:
- che
possa essere svolto su qualsiasi area (cfr. comma 1, lett. b);
- che
la relativa autorizzazione rilasciata, in base alla normativa emanata dalla
regione, dal Comune nel quale il richiedente ha la residenza e che la stessa
abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore (cfr. comma 4);
- che,
ed il profilo di maggiore interesse in questa sede, il Comune con apposita
deliberazione individui Òle aree aventi valore archeologico, storico, artistico
e ambientale nelle quali l'esercizio del commercioÓ su aree pubbliche Ò
vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle
aree predette. Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all'esercizio
anche per motivi di viabilit, di carattere igienico sanitario o per altri
motivi di pubblico interesseÓ (cfr. comma 16).
Il
Collegio ritiene pertanto che la norma statale da ultimo citata costituisca una
sorta di catalogo dei limiti che, ai sensi dellĠarticolo 41 della Costituzione,
possono opporsi alla libera espansione dellĠattivit economica, per lĠutilit
sociale, la sicurezza, la libert o a altri valori costituzionalmente
rilevanti.
Le
Regioni, a loro volta, possono certamente intervenire in questo settore
dettando norme che trovino fondamento in ambiti materiali di propria
competenza, quali il commercio o lĠurbanistica; tuttavia siffatti ambiti non
possono eludere la competenza statale in materia di concorrenza n il rispetto
dei principi di proporzionalit ed adeguatezza, cosicch non possono risolversi
in una forma di compressione totale della libert di iniziativa economica, non giustificata
dalla natura e dalle caratteristiche della specifica attivit inibita, ci che
avviene per esempio influenzando direttamente l'accesso degli operatori
economici ad un determinato mercato e ponendo barriere all'ingresso tali da
alterare la concorrenza tra soggetti imprenditoriali o, ancora, vietando in
modo generalizzato e indiscriminato lĠesercizio dellĠattivit commerciale
laddove questa presenti una qualche redditivit.
Nel
caso di specie la legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, gi prima delle
modifiche apportate dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n.
7, conteneva (e contiene tuttĠora seppure in modo non coordinato con la norma
della cui legittimit costituzionale si dubita) unĠarticolata disciplina che
salvaguarda gli interessi pubblici potenzialmente confliggenti con le modalit
attraverso le quali si svolge questo tipo di commercio e al contempo appare
rispettosa della competenza statale in materia di concorrenza.
AllĠarticolo
2, comma 1, lett. a), essa prevede che i Comuni individuino Òle aree nelle
quali l'esercizio del commercio vietato o sottoposto a condizioni particolari
per motivi di viabilit, di carattere igienico-sanitario o per altri motivi di
pubblico interesse, nonch per motivi di salvaguardia di aree aventi valore
architettonico, storico, artistico e ambientaleÓ, e allĠarticolo 4, commi 2, e
3, dispone, rispettivamente, che la relativa autorizzazione abiliti al
commercio su tutto il territorio nazionale e che lĠesercizio dellĠattivit Òpu
essere svolto su qualsiasi area pubblica, purch non espressamente interdetta
dal comuneÓ.
Senonch,
appare evidente che il divieto assoluto, inderogabile, generalizzato, non
giustificato da concrete e localizzabili esigenze previsto dal comma 4 bis,
dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come introdotto
dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, finisca per
comportare unĠirragionevole e contraddittoria eliminazione di una delle
modalit attraverso le quali, per la normativa statale, pu essere svolta
lĠattivit commerciale.
Di qui
la manifesta violazione della competenza statale in materia di concorrenza cos
come definita dal Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114
(sulla
cui nozione da richiamare la sentenza della. Corte costituzionale, 14
dicembre 2007 , n. 430).
4. La
norma di cui al comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile
2001, n. 10, come introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio
2005, n. 7, viola inoltre, a giudizio del Collegio, sotto altri profili, gli
artt. 3, 5 e 118 della Costituzione .
La
norma Costituzionale da ultimo citata , come noto, espressione del principio
di sussidiariet c.d. verticale, poich dispone che le funzioni amministrative
sono attribuite ai Comuni salvo il conferimento ad enti di maggiori dimensioni,
al fine di assicurarne l'esercizio unitario, e che i Comuni sono titolari di
funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o
regionale.
Orbene,
nel caso in esame, sia la normativa statale (cfr. lĠarticolo 28 del Dlgs. 31
marzo 1998, n. 114) che regionale (cfr. gli artt. 2 e 4 della legge regionale 6
aprile 2001, n. 10) sopra richiamate, demandano ai Comuni lĠadozione di
appositi piani e provvedimenti per porre dei limiti allĠesercizio del commercio
su aree pubbliche in forma itinerante.
La
competenza comunale trova la propria ragion dĠessere nellĠesigenza di non porre
limiti allĠattivit economica che non siano idonei, necessari ed adeguati alla
finalit di tutelare l'interesse pubblico confliggente da salvaguardare, e
allĠesigenza di differenziare i limiti e le regole applicabili in ciascun
comune, secondo le proprie specificit territoriali, archeologiche ed
ambientali, al fine di non comprimere in modo immotivato tale tipologia di commercio.
La
norma di cui al comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile
2001, n. 10, come introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio
2005, n. 7, prescinde, per contro, dalle caratteristiche del tutto disomogenee
degli ambiti territoriali, sociali ed economici in cui vige il divieto (si
tratta, per fare un esempio, dei centri storici dei Comuni di Rovigo, Padova,
San Don di Piave e Venezia, nonch Chioggia, Belluno o Verona) e comprime
irragionevolmente lĠautonomia comunale, in tal modo privata della possibilit
di governare lĠelemento della disomogeneit distinguendo tra commercio svolto
abusivamente da soggetti privi di un valido titolo di soggiorno o dei titoli
amministrativi necessari e soggetti che, come gli odierni ricorrenti, si
trovano a questi equiparati pur essendo muniti di tutti i titoli necessari per
svolgere regolarmente lĠattivit.
5. Vi
infine un ulteriore concorrente profilo, sul quale particolarmente insistono
i ricorrenti, rispetto al quale viene a configurarsi la violazione degli artt.
2, 3, 4, 10 primo comma, 41 e 117 primo comma della Costituzione.
EĠ un
dato di comune esperienza, documentato anche dalle allegazioni al ricorso, che
il commercio su aree pubbliche in forma itinerante riguarda attualmente in modo
prevalente se non esclusivo la piccola imprenditoria degli extracomunitari.
Orbene,
con la norma della cui legittimit costituzionale si dubita, viene assoggettata
a divieto soltanto questa tipologia di commercio, mentre non viene introdotta
alcuna analoga restrizione nei confronti di corrispondenti forme di commercio
su aree pubbliche, quali quelle su posteggi dati in concessione in sede fissa.
Questo
elemento, da un lato incide illegittimamente sulla libert di iniziativa
economica e il diritto al lavoro, che sono diritti inviolabili degli stranieri
regolari per i quali vale il principio di parit di trattamento sancito dalla
Convenzione Oil n. 143/1975 (ratificata con la legge n. 158 del 1981) anche se
si tratta di lavoratori autonomi, con conseguente violazione 10, primo comma,
della Costituzione.
DallĠaltro
la stessa norma rischia di avere oggettivamente, al di l delle intenzioni del
legislatore regionale, lĠeffetto di una discriminazione indiretta, che si
verifica ogniqualvolta Òuna disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un
patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una
determinata origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto
ad altre personeÓ (cfr. articolo 2, comma 1, lett. b, del Dlgs. 9 luglio 2003
n. 215).
Infatti,
come recentemente affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 30 luglio
2008, n. 306, Òal legislatore italiano certamente consentito dettare norme,
non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali,
che regolino l'ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da
ultimo, sentenza n. 148 del 2008). é possibile, inoltre, subordinare, non
irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a
rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza che il titolo di
legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne
dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, per, che
il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non
si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari
limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona,
riconosciuti invece ai cittadiniÓ.
Appare
infatti evidente che, per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia
dell'immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come
gravi i problemi connessi a flussi migratori, non pu risultarne scalfito il
carattere universale dei diritti fondamentali, come il diritto al lavoro e alla
libera iniziativa economica, del cittadino extracomunitario regolare.
Sotto
questo profilo, il comma 4 bis, dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile
2001, n. 10, come introdotto dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio
2005, n. 7, pare porsi in contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 10 primo comma e 41
della Costituzione.
P.Q.M.
Il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III Sezione, dichiara
rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 2, 3, 4, 5,
10, primo comma, 41, 117 commi primo e secondo lett. e), nonch 118 della
Costituzione, la questione di legittimit costituzionale del comma 4 bis,
dellĠarticolo 4, della legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, come introdotto
dallĠarticolo 16 della legge regionale 25 febbraio 2005, n. 7, secondo quanto
precisato in motivazione.
Sospende
il giudizio in corso e dispone, a cura della segreteria della Sezione, che gli
atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione
della prospettata questione, e che la presente ordinanza sia notificata alle
parti ed al Presidente della Giunta regionale, e comunicata al Presidente del
Consiglio regionale del Veneto.
Cos
deciso in Venezia, nella Camera di consiglio add 11 dicembre 2008.
Il
Presidente
lĠEstensore
Il
Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA