Il Dipartimento Politiche Migratorie  della

UIL augura a tutti buon Natale e un 2012 migliore

Tanti auguri di Buon Natale e felice Anno nuovo

 

 

 

 

Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del  19 dicembre 2011)

 

Ministero del Lavoro: “nel 2011 niente decreto flussi”. Meglio politiche attive per i disoccupati stranieri”

 

Sommario

 

o      Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                      pag. 2

o      Lavoro – Quest’anno niente decreto flussi                                                                                  pag. 2

o      Razzismo – Firenze in piazza                                                                                                       pag. 4

o      Razzismo – Intervista ad Ali Baba Faye                                                                                         pag. 4

o      Il razzismo è un reato. Breve guida all’autodifesa                                                                       pag. 5

o      Immigrazione e lavoro – Il cedolino diventa legge                                                                                  pag. 7     

o      Workshop: “immigrazione e diritti di cittadinanza”                                                                    pag. 8

o      Europa – Permesso unico di residenza per i cittadini extra UE                                                    pag. 9

o      Cassazione – No ad espulsione se lo straniero convive con parente minorenne                        pag. 10

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 325


Lavoro


Immigrazione  “Quest’anno niente decreto flussi nel 2011. Servono politiche attive per aiutare gli immigrati disoccupati”

In un incontro al Ministero del Lavoro, lo scorso 16 dicembre, il Direttore per l’Immigrazione Natale Forlani ha illustrato la politica del Welfare in materia di flussi e le misure scelte per combattere disoccupazione etnica e lavoro nero

A cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL


 (redazionale) Roma, 19 dicembre 2011 – In un incontro tra Ministero del Lavoro e parti sociali, tenuto lo scorso 16 dicembre presso la sede di Via Fornovo, il Direttore Natale Forlani ha formalizzato l’intenzione del Governo di non procedere quest’anno al varo di un decreto flussi per nuovi ingressi di lavoratori extra UE. I motivi sono molti, ma riconducibili a due principali ragioni: a)  lo strumento del decreto flussi si è dimostrato inadeguato a conseguire il desiderato matching tra domanda ed offerta di lavoro straniero. Infatti il numero di nuovi contratti di soggiorno firmati, rispetto alle quote ed alle domande presentate è risultato a fine anno addirittura “risibile”; b) nel secondo trimestre del 2011 c’erano ben 278 mila stranieri disoccupati, un numero in rapida crescita che potrebbe superare quota 300 mila alla fine di quest’anno: sarebbe dunque illogico far entrare nuove persone in un mercato del lavoro fortemente in crisi. All’incontro di venerdì scorso erano presenti, oltre al Direttore Forlani, anche il Prefetto Daniela Parisi del Ministero dell’interno. Tra le parti sociali, presenti rappresentanti di tutti i sindacati e delle principali associazioni territoriali. Il  Dipartimento Politiche Migratorie della UIL era rappresentato da Giuseppe Casucci. Per dare un quadro credibile della critica situazione occupazionale che colpisce anche lavoratori stranieri, il dirigente ministeriale ha dato numerosi esempi concreti: “Negli anni della crisi, tra il 2008 ed il 2010 – ha detto – la disoccupazione tra gli immigrati è aumentata tre volte e mezzo rispetto a quella degli italiani (in valore % + 63,1 contro +18,4). In valori assoluti, i disoccupati stranieri sono passati dai 169 mila del secondo trimestre 2008 ai 278 mila del secondo trimestre 2011 (di questi, 140 mila sono percettori di sostegno al reddito); vale a dire una quota doppia rispetto a tre anni fa”. La crisi è visibile anche sul fronte dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Tra il 2009 ed il 2010, infatti, la cassa integrazione è risultata in fortissima crescita anche per gli stranieri. Mentre, sul fronte dei beneficiari di indennità di mobilità e disoccupazione, si registra attualmente tra i lavoratori immigrati una crescita nell’uso di questi strumenti, che già nel 2009 era pari a + 28,9%, a fronte di una crescita complessiva del 9,6% per tutti gli occupati. Per Forlani, l’andamento dell’economia non fa presagire cambiamenti nel breve e medio periodo. E una conferma viene dall’indagine Excelsior di Unioncamere sulle assunzioni programmate dalle imprese italiane: le assunzioni previste per gli immigrati nel 2011 rappresentano la cifra più bassa degli ultimi 4 anni: una media di 70 mila assunzioni, contro le quasi 140 mila del 2008. Secondo il Direttore per l’Immigrazione, dunque, la poca domanda di manodopera può essere soddisfatta ampiamente dall’esercito di disoccupati stranieri che cercano urgentemente lavoro e, per legge, lo devono trovare entro sei mesi. Quadro insufficiente anche per quanto riguarda lo strumento del decreto flussi. Nel 2010, a fronte di 98.080 quote previste, sono pervenute al Viminale 424.858 domande per lavoro a tempo indeterminato. Il bilancio (alla data del 3 novembre 2011) è di 42.910 nulla osta rilasciati e un magro risultato di 12.027 contratti di soggiorno sottoscritti. Peggiore ancora la situazione per il D.P.C.M. stagionali che, a fronte di 60 mila quote previste, ha prodotto al sottoscrizione di sole 7.379 contratti di soggiorno. “La conclusione raggiunta, nell’ambito di una riunione interministeriale – ha concluso Forlani – è stata quella di sconsigliare l’adozione di un decreto flussi per ingressi di lavoro subordinato, anche al fine di evitare un incremento anomalo di persone in cerca di occupazione, con effetti indesiderati sul mercato del lavoro, particolarmente riconducibili alla crescita del lavoro sommerso”. Per quanto riguarda il lavoro stagionale, si è detto, il decreto flussi ci sarà, ma il numero delle quote verrà drasticamente ridotto e si provvederà ad un maggiore monitoraggio delle domande per verificarne la trasparenza e l’esistenza di un posto di lavoro concreto. Forlani ha aggiunto che, per particolari esigenze di risorse umane qualificate non disponibili in Italia, è possibile procedere anche attraverso l’utilizzo dell’art. 23 del Testo Unico ed il numero può essere ampliato, se necessario, anche per via amministrativa. Forlani ha concluso parlando del superamento dello strumento del D.P.C.M. Per Via Fornovo, va “sperimentata una metodologia di rilevazione dei fabbisogni e dei trend di medio periodo a supporto della programmazione dei flussi”. Il Ministero suggerisce tre direttrici:

a. Definizione dei trend demografici, sia per l’Italia che per i Paesi di provenienza dei migranti, con previsione degli andamenti domanda – offerta;

b. Rilevazione dei bisogni professionali in Italia che debbano essere soddisfatti dai flussi di lavoro dall’estero;

c. Rilevazione delle scadenze di lavoro in essere e della “reimpiegabilità” degli stranieri disoccupati in Italia.

Il dirigente ministreriale ha richiamato, infine, la necessità di “fornire agli sportelli unici per l’Immigrazione l’elenco delle scadenze territoriali dei rapporti di lavoro in essere” (fonte:comunicazioni obbligatorie), in modo da costruire un data base quantitativa delle disponibilità di reinserimento dei disoccupati immigrati, all’interno però dei sei mesi previsti per “attesa occupazione”.

Nel suo intervento, il rappresentante della UIL – pur ribadendo la necessaria comprensione per la decisione di non fare il decreto flussi 2011 a causa della crisi – ha ricordato alcune necessità ed urgenze che vanno comunque affrontate:

a)     i 300 mila stranieri disoccupati hanno solo sei mesi di tempo per trovare un nuovo impiego, trascorsi i quali rischiano l’espulsione o la clandestinità. In questo senso la UIL propone che gli ammortizzatori sociali siano considerati reddito valido ai fini del rinnovo. A questo proposito esiste già un disegno di legge del precedente governo rimasto per ora lettera morta. Il problema può essere risolto anche in via amministrativa visto che la legge parla di periodo minimo di sei mesi per cercare un nuovo impiego; vanno inoltre utilizzate tutte le politiche attive ai fini del riassorbimento di manodopera etnica senza lavoro;

b)    L’Ismu valuta in oltre 450 mila gli stranieri irregolari. Il problema può essere risolto in molte maniere: 1) con la ratifica e piena applicazione della direttiva 52 della Commissione Europea (termine scaduto a luglio scorso). La direttiva sanziona duramente gli imprenditori che assumono illegalmente e sfruttano i lavoratori, tutelando nel contempo chi denuncia situazioni di irregolarità;  2) si potrebbero sperimentare forme di emersione individuale (come già fatto da Francia e Spagna), per i lavoratori stranieri che possono dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro di fatto; 3) si può dotare lo strumento di ritorno volontario assistito di maggiori fondi al fine di rendere maggiormente appetibile la prospettiva di un ritorno in patria volontario;

c)     Ci sono ancora 15 mila tunisini e almeno 25 mila immigrati provenienti dalla Libia (in genere sub sahariani) di fatto difficilmente espellibili, ma privi di un permesso umanitario. Molti sono stati spinti a formalizzare domanda di asilo che rischia spesso il diniego per mancanza di requisiti. Anche per questi andrebbero attivati strumenti di inclusione o trovate forme per strapparli dal limbo in cui si trovano. O si estende la protezione umanitaria temporanea a tutti (la quale permette di lavorare ed, eventualmente, la conversione del permesso) o si sperimentano forme convincenti di rimpatrio volontario assistito;

d)    Per quanto riguarda la necessaria riforma del decreti flussi, la UIL ha proposto un meccanismo a “sportello”, secondo il quale la domanda individuale potrebbe essere presentata in qualunque momento dell’anno dal datore di lavoro. Questo permetterebbe di evitare il meccanismo “lotteria” del “click day”, dando alle autorità la possibilità di una verifica sulla trasparenza e consistenza della domanda presentata, ma anche di evitare l’intasamento di centinaia di migliaia di invii contemporanei.

Per quanto riguarda il lavoro stagionale, il rappresentante della UIL ha convenuto  sulla necessità di maggiori controlli sulle aziende che fanno domanda di quota d’ingresso (specie in agricoltura), questo anche per evitare le numerose truffe perpetrate a danni di immigrati.

La UIL ha concluso dichiarando la disponibilità a partecipare ad una revisione dello strumento del decreto flussi. Nel corso dell’incontro Forlani ha risposto, tra le altre cose, che è stata già data indicazione a questure e prefetture di considerare le indennità di disoccupazione e mobilità, reddito valido ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Razzismo


Firenze in piazza: basta col razzismo

www.ilsole24ore.it, del 18 dicembre 2011


In marcia per dire no al razzismo. L'Italia antirazzista sfila a Milano, Napoli e Firenze. Nella città della tragedia, che ha visto due senegalesi uccisi dal militante di estrema destra Gianluca Casseri, i manifestanti sono in 15mila. Un fiume di persone. La partenza è stata da piazza Dalmazia: la prima tappa della follia del killer-ragioniere. Per dare un messaggio di sdegno contro la xenofobia che ha coinvolto la comunità senegalese nel capoluogo toscano. Si ricordano Modou Samb 54 anni e Mor Diop 45 anni, oltre ai tre connazionali feriti. E il flusso è già vivo dalla mattina, con la comunità senegalese che prega sui tappetini e recita versi del Corano, trasformando il luogo in un pellegrinaggio, che coinvolge tutti insieme, senegalesi italiani egiziani e non. Tutti, proprio come è ormai l'identità di questa Italia multietnica, che qualcuno voleva cancellare. Vengono lasciati messaggi, fiori e disegni di bambini. Ma il dolore è forte, la ferità è profonda. Il portavoce della comunità senegalese Pape Diaw dice: «Da oggi niente sarà più come ieri», su un cartello oltre la foto di Modou ci sono le foto della moglie e della figlia di 13 anni. «Tredici anni senza vedere la sua famiglia – c'è scritto accanto alle immagini – e il suo sogno si è fermato il 13 dicembre». Accanto alla foto dell'altra vittima Mor Diop, la scritta: «Perché ha scelto solo i senegalesi al mercato?». Con la comunità senegalese sono presenti anche molti volti della politica. In testa al corteo ci sono il sindaco Matteo Renzi, il governatore della Toscana Enrico Rossi e il leader di Sel Nichi Vendola, arrivati insieme. E poi il leader del Pd Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi e il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero. A Verona ha sfilato anche il sindaco leghista Flavio Tosi. Segnando un po' un'eccezione nel panorama del Carroccio. Ed è proprio alla Lega che sono rivolte le parole di ieri di Andrea Riccardi, dopo la polemica sulla visita da parte del nuovo ministro della cooperazione e integrazione al campo Rom di Torino che negli stessi giorni della tragedia fiorentina era stato oggetto di un raid punitivo da parte di italiani. Clima di xenofobia: «Le parole in certi casi diventano armi, qualcosa di pesante», ha detto il ministro. «Credo che troppo si è predicato il disprezzo, si è parlato con durezza di gruppi etnici minoritari. Poi si è detto: son cose così, urliamo e le parole non pesano. Pesano, invece, eccome». «Quello che è successo non è un gesto isolato di un folle, sarebbe troppo facile dire così, ma di una cultura e di una tolleranza verso ideologie xenofobe e razziste che abbiamo avuto», dice invece il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che fa appello al presidente della Repubblica perché conceda la cittadinanza ai senegalesi feriti. Insiste sul linguaggio Nichi Vendola, leader di Sel e governatore della Puglia: «Il razzismo è stato sdoganato dalle classi dirigenti per un tempo lunghissimo. Il linguaggio del potere è stato un linguaggio razzista». Per Pierluigi Bersani «bisogna avere una reazione sul piano culturale e civile perché siano bloccati immediatamente i rigurgiti di tipo razzista. Bisogna chiedere alle istituzioni di fare la loro parte reprimendo con severità i fenomeni di terrorismo razzista. In un momento di crisi c'è l'esigenza di essere vigili e ribadire un concetto di fondo, la comune unità degli uomini. La politica deve partire da questo - ha concluso Bersani - se no non è politica».
Da Casapound intanto ribadiscono la loro estraneità rispetto all'omicida, ma niente scuse: «Il nostro stile politico ci ripulirà da una macchia che ci ha sporcati ingiustamente e per cui non abbiamo nessuna colpa nè sentiamo di dover chiedere scusa a nessuno».



Intervista ad Aly Baba Faye:

“Killer armato dal razzismo quotidiano”

Il sociologo di origine senegalese: "La strage di Firenze è la punta di un iceberg, il problema non è solo il gesto di un folle. Gli immigrati in Italia sono diventati capri espiatorio, mostri da colpire. Si rischia una protesta violenta, le istituzioni stiano vicine alla comunità"


Roma  - 13 dicembre 2011 - "Lo sfondo razzista di quello che è successo è evidente. L’assassino si è andato a scegliere le sue vittime al mercato, sapendo di trovarle al lavoro. Ha aperto il fuoco contro un bersaglio semplicissimo, gli ambulanti con la pelle nera". Aly Baba Faye, sociologo e leader storico della comunità senegalese, si dice "sconvolto" per la strage di Firenze, ma analizza con lucidità il contesto in cui è maturata: "Negli ultimi anni in Italia si è seminato molto razzismo, la diversità è diventata un male, l’immigrato la vittima da sacrificare. C’è stato un crescendo che ha legittimato il razzismo, con la politica che insisteva sulla sicurezza e sulle espulsioni, trasformando gli immigrati in una minaccia".

Vede un filo conduttore tra i casi di Torino e Firenze?
"Certo. La sedicenne che sente sempre parlare male degli zingari, quando si deve inventare uno stupro dà la colpa ai rom e altri vanno a bruciare il loro accampamento. Un folle di estrema destra che spara sugli immigrati è la mano armata di un pensiero seminato da anni. Siamo davanti alla punta di un iceberg,  il problema non è solo la punta, ma tutto l’iceberg".

La crisi economica aggrava questa situazione?
"La crisi economica è terribile e si rischia di scivolare in un clima pesantissimo. La gente non ne può più, è preoccupata e trova negli immigrati un comodo capro espiatorio. Diventi colpevole per il solo fatto di essere rom, extracomunitario, nero. È un continuo fiorire di insulti e ci vuole poco per passare dalla violenza verbale a quella fisica. Sempre più spesso si premette la frase “io non sono razzista, ma ” a discorsi davvero  atroci contro gli immigrati".

E gli immigrati denunciano?
"Macchè, ormai sono quasi assuefatti a questo clima diffuso. È una sconfitta per chi lavora da anni nell’antirazzismo. Qualche giorno fa ero su un autobus a Brescia e un gruppo di ragazzini ha snocciolato davanti a me una ricca serie di luoghi comuni contro musulmani e neri. Lo hanno fatto sfoggiando un arsenale di linguaggio che dimostra quanto le nuove generazioni abbiano assorbito il profilo del ‘mostro’ che ci è stato cucito addosso".

Come crede che reagirà la comunità senegalese a quello che è successo oggi?
"Oggi ho sentito molti ragazzi di Firenze e c’era tantissima rabbia. Non si può pensare che  gli immigrati subiscano sempre in silenzio, pensiamo a quello che è successo a Rosarno. Servono messaggi distensivi, perché non si scivoli in una protesta violenta. Le istituzioni dovrebbero stare particolarmente vicine alla comunità in questo momento".

Elvio Pasca, www.stranieriinitalia.it


 

 

 

 

 


Il razzismo è un reato. Breve guida all’autodifesa

Non è un opinione,  è un crimine punito dalla legge. Ecco come riconoscerlo e combatterlo

A cura di Avv. Salvatore Mascia


Roma - 15 dicembre 2011 - Il convincimento che la razza, il colore, la discendenza, la religione, l'origine nazionale o etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione nei confronti di individui o gruppi, è un pregiudizio, una forma irrazionale di intolleranza, ma è anche e soprattutto un crimine punito dalla legge italiana.
La costituzione italiana condanna ogni forma di razzismo, e all’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E per cittadini si intendono anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese. L’uguaglianza tra le persone è alla base di ogni società democratica la quale deve, quindi, provvedere attraverso le proprie istituzioni a prevenire e tutelare l’intera collettività da atti o comportamenti discriminatori. Espressione di questa esigenza sono le innumerevoli leggi a livello nazionale, comunitario e internazionale, che nel corso degli anni hanno gettato le basi per contrastare sempre più il razzismo (L. 654/1975; D. Lgs. 215/2003 e D. Lgs. 216/2003 attuativi di direttive comunitarie; D. Lgs. 198/2006).
Considerata la gravità di tale fenomeno, sono previste delle pene molto dure per i colpevoli.
Secondo la legge n.654 del 1975 chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro. Mentre chiunque  commette o istiga a commettere atti di violenza o di provocazione alla violenza per gli stessi motivi, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Riconoscere le discriminazioni

Ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza, l’origine o la convinzione religiosa è considerato dalla legge italiana discriminatorio (art.43 del d.lgs. 286/98).
Si tratta di un comportamento illegittimo anche se non è intenzionale, perché comunque distrugge o compromette il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Spesso è difficile valutare ciò che è considerata discriminazione e quindi razzismo. Per questa ragione la legge si è preoccupata di definire meglio questo concetto oltre che di fornire una tutela specifica per quelle discriminazioni che si verificano nei luoghi di lavoro e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni o con esercenti commerciali.
Compie un atto di discriminazione:

1) il pubblico ufficiale che nell’esercizio delle sue funzioni compia o ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad un determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;

2) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenenza ad un determinata razza, religione, etnia o nazionalità (prezzi differenziati al bar);

3) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso al lavoro, all’abitazione, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia , soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad un determinata razza, religione, etnia o nazionalità  (locazione di immobili);

4) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza.
Cosa fare quando si subisce una discriminazione
Azione Civile

Chi è stato vittima di un atto discriminatorio da parte di un privato o di un ufficio pubblico può ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione. A tal fine la vittima della discriminazione può presentare, personalmente o avvalendosi di un Avvocato o di un associazione, un ricorso presso la cancelleria del Tribunale Civile della città in cui dimora. A supporto delle prove fondamento del ricorso possono essere forniti anche elementi desunti da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori (es. assunzioni, regimi contributivi, assegnazione delle mansioni e qualifiche, trasferimenti, licenziamenti, ecc. dell’azienda interessata). Spetta poi al convenuto (colui che ha commesso l’atto discriminatorio) provare l’insussistenza della discriminazione. Il giudice, una volta accertato che c’è stato un atto discriminatorio, accoglie il ricorso ordinando che si ponga fine al comportamento discriminatorio e che ne vengano rimossi gli effetti. Potrà inoltre condannare il colpevole a risarcire i danni eventualmente subiti, anche non patrimoniali. Il giudice può, inoltre, ordinare la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta e a spese del convenuto, su un quotidiano di tiratura nazionale. In caso di condanne a carico di datori di lavoro che abbiano avuto dei benefici monetari sia statali che regionali, o che abbiano contratti di appalto per l’esecuzione di opere pubbliche, servizi o forniture, il giudice comunica i provvedimenti alle amministrazioni che hanno disposto la concessione del beneficio o l’appalto. Il beneficio può, quindi, essere revocato e, nei casi più gravi di discriminazione, può essere disposta l’esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni (finanziarie o creditizie) o da qualsiasi appalto.

Azione Penale

Insieme al diritto di chiedere la cessazione del comportamento, è prevista la possibilità di presentare una denuncia/querela al Tribunale Penale del luogo in cui si è verificato l’evento oggetto del reato con cui chiedere l’arresto di chi commette una discriminazione. Anche in questo caso il giudice, dopo aver accertato la responsabilità di chi ha commesso il reato, può disporre il risarcimento dei danni materiali e morali a favore della vittima del reato che si sia costituito parte civile nel processo.

Inoltre il giudice può disporre, ulteriormente alla pena, sanzioni accessorie che prevedono obblighi particolari per il colpevole. Questi potrà essere obbligato a prestare attività non retribuita a favore della collettività per finalità di pubblica utilità; potrà prevedersi la sospensione della patente di guida, del passaporto e di documenti validi per l’espatrio per un periodo non superiore ad un anno; potrà disporsi il divieto di partecipare ad attività di propaganda elettorale per le elezioni politiche o amministrative.


 

 

Immigrazione e lavoro

 


Immigrazione: il cedolino diventa legge

Nell’ambito del decreto “salva Italia”, l'art. 40, comma 3, del Decreto-Legge 6 dicembre 2011, n. 201, trasforma in norma operativa di legge la circolare del 2006 con la quale si era provato a dar valore legale al cedolino, documento rilasciato dalle questure nelle more del rinnovo di permesso di soggiorno.


Roma, 14 dicembre 2011 - Il decreto "salva Italia" appena varato dal governo Monti sancisce definitivamente che chi attende il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno è a tutti gli effetti un immigrato regolare. Può, quindi, essere assunto come tutti gli altri cittadini stranieri che hanno un permesso valido. E’ questo in effetti il contenuto dell'art. 40, comma 3, del Decreto-Legge 6 dicembre 2011, n. 201, parte integrante della manovra e, in quanto decreto legge, dispositivo in vigore già da una settimana, che dovrà essere convertito in legge entro il 6 febbraio 2012. Questa norma va a modificare  l'art. 5 del Testo unico sull'immigrazione, introducendo il comma 9-bis con il quale si consente allo straniero di svolgere attività lavorativa in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, qualora il Questore non glielo abbia ancora rilasciato entro il termine di 20 giorni previsto dal comma 9.  Si è dunque resa legge la circolare del 2006 (Ministro dell’Interno Giuliano Amato), con la quale si era provato a dar valore legale al cedolino, documento rilasciato dalle questure nelle more del rinnovo di permesso di soggiorno. Quel documento, in attesa dell’arrivo del nuovo permesso, doveva permettere all’immigrato di continuare a lavorare e vivere regolarmente. Purtroppo molte questure (e qualche tribunale) aveva contraddetto la circolare in più di una occasione mettendo in difficoltà immigrati e datori di lavoro. Le modifiche legislative introdotte il 6 dicembre 2011, sono dunque apparse necessarie, in quanto le precedenti innovazioni e interpretazioni sono risultate insufficienti,  essendo state poste in essere non già da norme di rango legislativo, ma da circolari ministeriali che sono atti aventi una valenza meramente interna all'amministrazione.

Va infatti ricordato che:

Ø     il contratto di soggiorno non è stato abrogato (è sempre presente all'art. 5-bis T.U. ed è sempre previsto quale presupposto del rilascio e del rinnovo del p.s. per lavoro subordinato dall'art. 5 T.U.);

Ø     le circolari ministeriali non sono fonti del diritto e non potevano perciò togliere l'antigiuridicità del comportamento (previsto e punito come reato da norma legislativa nell'art. 22 T.U.) del datore di lavoro che dia lavoro ad uno straniero privo del p.s. valido;

Ø     il nuovo modello di comunicazione di assunzione dei lavoratori comprende al suo interno i medesimi obblighi previsti dal contratto di soggiorno.

Il testo dell'art. 40, comma 3, del Decreto-Legge 6 dicembre 2011, n. 201 è il seguente:

3. Allo scopo di facilitare l'impiego del lavoratore straniero nelle more di rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno, dopo il comma 9 dell'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 è inserito il seguente comma:

"9-bis. In attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, anche ove non venga rispettato il termine di venti giorni di cui al precedente comma, il lavoratore straniero può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente l'attività lavorativa fino ad eventuale comunicazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, da notificare anche al datore di lavoro, con l'indicazione dell'esistenza dei motivi ostativi al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.
L'attività di lavoro di cui sopra può svolgersi alle seguenti condizioni:
a) che la richiesta del rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro sia stata effettuata dal lavoratore straniero all'atto della stipula del contratto di soggiorno, secondo le modalità previste nel regolamento d'attuazione, ovvero, nel caso di rinnovo, la richiesta sia stata presentata prima della scadenza del permesso, ai sensi del precedente comma 4, e dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1999 n. 394, o entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso;
b) che sia stata rilasciata dal competente ufficio la ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso."


 

 

Riforma della cittadinanza


Dal sito: http://www.cir-onlus.org/

Obiettivo: modifica della legge cittadinanza entro un anno


Roma, 14 dicembre 2011 - Ha avuto luogo ieri presso la Camera dei Deputati il Workshop: immigrazione e diritti di cittadinanza – è tempo di riscrivere il contratto sociale a cui hanno preso parte parlamentari e rappresentanti della società civile. Sono intervenuti Fabio Porta - Parlamentare, Giuseppe Casucci – Responsabile Immigrazione UIL, Christopher Hein, Pino Ciociola – Giornalista di Avvenire, Antonio Golini - Demografo, Fabrizio Molina – Presidente dell’Associazione “Nessun Luogo è Lontano”, Andrea Sarubbi - Parlamentare, Piero Soldini – Responsabile Immigrazione CGIL, Franco Pittau – Responsabile Dossier Caritas Migrantes, Mohamed Talimoun – Portavoce Rete G2, Savino Pezzotta - Parlamentare, Roberto Zaccaria - Parlamentare, Marina Porro – Segretario Confederale UGL, Madison Godoy – Consigliere aggiunto del Comune di Roma, Liliana Ocmin – Segretario Confederale CISL  e Fabio Granata- Parlamentare. L’impostazione del tavolo di lavoro è stata quella di favorire un dialogo positivo tra le parti sociali andando oltre le ideologie che hanno ispirato le varie proposte di legge al fine di individuare un compromesso realistico, una linea comune su cui far “massa critica”e creare consensi nell’opinione pubblica. Obiettivo dell’incontro è stato quello di rilanciare il dibattito sulla cittadinanza e di promuovere la ripresa dei lavori parlamentari per arrivare alla modifica della legge sulla cittadinanza e quella sul diritto di voto. E’ dal dicembre 2009, infatti, che il tema non viene discusso in Parlamento e la legge vigente - del ‘91-‘92 - è completamente inadeguata a rispondere alle esigenze di un contesto completamente mutato, e non solo in termini di peso numerico. Nel workshop è stata presentata una fotografia della nuova società italiana che vede un incremento di 10 volte del numero degli immigrati presenti rispetto al 1992. Attualmente sono 5 milioni gli stranieri residenti in Italia, di cui 700.000 sono minori. Sotto il profilo demografico, strettamente connesso a quello relativo alla crescita economica del paese e alla sua competitività, il ruolo dell’immigrazione è di assoluto rilievo. Secondo le proiezioni demografiche ONU del 2010 in Italia nel 2050 ci saranno 58.000 persone 12 milioni in più rispetto alle proiezioni fatte dalle stesse Nazioni Unite nel 2000. Unica variabile del decennio, che ha invertito un pericoloso calo demografico per il nostro Paese, è stato l’incremento della popolazione immigrata. Base della discussione è stata l’analisi dell’inadeguatezza della legislazione italiana. La legge in vigore in Italia è infatti tra le più restrittive a livello europeo. Questa rigidità crea  una situazione paradossale: la percentuale di migrati sul territorio rimane alta perché non riescono a naturalizzarsi. In Italia gli stranieri rimangono tali alimentando allarmismi e paure. La percezione sociale è che l’Italia abbia numeri di migranti più alti di altri paesi, nella realtà è che non sono previste vie d’uscita dalle migrazioni e di inclusione nel tessuto sociale. Questo è chiaro se si confrontano le cifre: in UK 200.000 immigrati naturalizzati nel 2009, 180.000 in Germania, 135.oo in Francia,  e solo 64.000 in Italia ( pari al 7% della popolazione Europea)  In Francia il 23% dei cittadini è di origine straniera. Nel tavolo di lavoro si è concordato su un punto fondamentale, che nella profusione di proposte si individuino punti di contatto che permettano di arrivare all’obiettivo comune. E’ evidente che non si possa più aspettare: 700mila ragazzi - come giustamente è stato sottolineato un numero equivalente alla popolazione di una regione italiana come il Molise e superiore a quello della Basilicata - sono, de factu, apolidi. Non appartengono più alla terra dei loro genitori, ma non sono ancora italiani. E per molti di loro sarà difficile diventarlo. Per questo si è concordato sull’importanza di trovare proposte condivise basate sul principio di uno ius solis temperato, di cui restano da definire i termini e tempi specifici. Altrettanto importante, come è stato sottolineato da molti, sarà rivedere l’applicazione pratica, i regolamenti attuativi e l’iter amministrativo che porta al riconoscimento della cittadinanza attualmente caratterizzato da lungaggini  e veri e propri labirinti che portano spesso a risposte negative. In molti hanno sottolineato che sul tema della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori regolarmente residenti o per i minori arrivati in tenera età il consenso politico è più ampio e,  partendo da proposte di legge che già ci sono, la strada per la trasformazione in norma meno lunga e difficile. Potrebbe essere arrivato il momento per riuscire a modificare una norma iniqua. E’ stato registrato, secondo gli oratori, meno consenso sull’obiettivo del diritto di voto agli stranieri quale strumento di piena partecipazione alla vita del paese, tema che a più riprese è emerso nel dibattito. Una questione che però difficilmente può essere elusa:  dobbiamo infatti ricordare che una fetta consistente della popolazione residente non è rappresentata. La presenza degli immigrati raggiunge in alcuni municipi di Roma, così come in diversi comuni italiani, il 20-25% della popolazione. Una condizione che mette a rischio il principio stesso della rappresentanza universale, base della democrazia. Ma su questo argomento, le opinioni di molti sembravano concordare, sarà più difficile trovare un accordo per l’approvazione a breve termine di una norma. Tra gli spunti propositivi lanciati nella tavola rotonda centrale è la costituzione di un gruppo trasversale di parlamentari interessato alla materia e capace di portare con forza all’attenzione di un parlamento i cui equilibri sono mutati il tema della riforma della legge sulla cittadinanza. In un momento in cui lo stesso Presidente della Repubblica ha intravisto uno spiraglio per riaprire il dibattito e portare a termine questa riforma. Nel commentare il mutato contesto politico, da diversi partecipanti, ad esempio, è stato sottolineata l’importanza politica della creazione di un ministero ad hoc per l’integrazione e la cooperazione. La prima volta nella storia Repubblica, un gesto istituzionale di grande significato. E’ in questa direzione si iscrive l’iniziativa di oggi, che si è conclusa concordando che da gennaio le azioni di lobby e sensibilizzazione devo essere rilanciate. Nei prossimi giorni metteremo a disposizione sul sito tutti gli interventi al workshop.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Europa


Permesso unico di residenza e lavoro e nuovi diritti per i lavoratori extracomunitari

I lavoratori extracomunitari che lavorano legalmente nell'UE avranno diritti simili a quelli degli europei per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la pensione, la sicurezza sociale e l'accesso ai servizi pubblici, secondo la nuova legislazione sul "permesso unico", approvata martedì dal Parlamento.

http://www.europarl.europa.eu/portal/it


Bruxelles, 13 dicembre 2011 - La direttiva permetterà ai lavoratori extracomunitari di ottenere il permesso di lavoro e quello di residenza attraverso un'unica procedura. Gli Stati membri avranno due anni per trasporre le nuove misure nelle legislazioni nazionali. La direttiva sul permesso unico si aggiunge a altre misure sull'immigrazione legale, come la carta blu ( blue card ) che mira a regolare i flussi d'immigrazione secondo i bisogni del mercato del lavoro europeo.

Durante un dibattito lunedì, la relatrice Véronique Mathieu (PPE, FR) ha detto: "La direttiva sul permesso unico è una risposta alla crisi di mano d'opera che si profila all'orizzonte europeo, rendendo possibile anche il controllo della mano d'opera. È meglio verificare tutte le forme d'immigrazione e eliminare le tentazioni di frode e immigrazione illegale. Oltre a semplificare le procedure per il permesso di residenza e di lavoro, il permesso unico permette di attribuire una serie di diritti comuni ai lavoratori di paesi terzi e a quelli europei. L'uguaglianza di trattamento è il centro di questa direttiva". Le nuove regole non modificheranno la possibilità di ciascun governo nazionale di regolare il flusso di lavoratori extracomunitari, ma obbligheranno le autorità nazionali a rispondere a una richiesta per un permesso unico entro 4 mesi, riducendo le incertezze, l' iter amministrativo e i tempi d'attesa. La candidatura per il permesso potrà essere presentata sia dal lavoratore sia dall'impresa che assume.

A chi si applicano le nuove regole

La legislazione sul permesso unico riguarda cittadini extracomunitari che vogliono vivere e lavorare in uno Stato membro o che già vi risiedono e/o lavorano.   La direttiva non si applica agli immigrati extracomunitari che hanno ottenuto un permesso di residenza a lungo termine, ai rifugiati, ai lavoratori stagionali, a quelli distaccati (che sono coperti da altre regole UE) e ai lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali.

Parità di diritti

La direttiva prevede che siano garantiti, a livello comunitario, una serie di diritti, fra i quali quelli relativi al lavoro (come l'accesso alla sicurezza sociale - inclusi gli alloggi sociali - alla formazione professionale, a condizioni di lavoro decenti e al diritto alla rappresentanza sindacale) agli immigrati che risiedono legalmente e che hanno un'occupazione. Tuttavia, gli Sati membri avranno la possibilità di applicare restrizioni al godimento di tali diritti.

Pensione e diritti sociali

Come regola generale, i lavoratori extracomunitari avranno garantito lo stesso accesso alla sicurezza sociale dei lavoratori europei. Tuttavia, secondo il testo approvato, i governi nazionali avranno la possibilità di restringere l'accesso ai sostegni familiari e di disoccupazione ai lavoratori in possesso di un permesso valido per meno di sei mesi. Si potrà rifiutare la concessione del sussidio di disoccupazione alle persone che sono state ammesse nel paese per motivi di studio. I governi nazionali avranno inoltre la possibilità di restringere il diritto all'alloggio sociale per i cittadini extracomunitari che hanno un contratto di lavoro in corso. Su richiesta degli eurodeputati, i lavoratori extracomunitari avranno il diritto di ricevere la pensione una volta rientrati nel proprio paese alle stesse condizioni e tassi dei cittadini dello Stato membro di residenza.

Formazione professionale e istruzione

Sempre su insistenza del Parlamento, la legislazione prevede l'accesso alla formazione professionale e all'istruzione per i cittadini extracomunitari che hanno un lavoro o sono registrati come disoccupati. Durante i negoziati, i deputati hanno respinto la richiesta dei governi nazionali di limitare tale diritto ai soli lavoratori stranieri con un contratto di lavoro. Tuttavia, gli Stati membri potranno imporre condizioni all'accesso alla formazione universitaria e professionale non direttamente collegata all'occupazione, come la conoscenza della lingua nazionale.

Prossime tappe

Il voto di martedì segna la fine dell' iter legislativo, poiché il Consiglio dei Ministri ha già approvato il testo in precedenza. Una volta che la direttiva sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale UE, gli Stati membri avranno due anni per trasporla nelle legislazioni nazionali. 

 Scarica il testo:

http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/com/com_com%282007%290638_/com_com%282007%290638_it.pdf



Cassazione: no all'espulsione dello straniero che convive con un parente minorenne

Tratto da: Cassazione: no all'espulsione dello straniero che convive con un parente minorenne  (Fonte: StudioCataldi.it)


Join our campaign for rights and protection for domestic workersRoma, 14/12/11 - In tema di immigrazione, con sentenza n. 25963, depositata il 5 dicembre 2011, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che la convivenza dello straniero presente "illegalmente" sul territorio nazionale con un parente italiano entro il quarto grado minore di età, integra la condizione di inespellibilità di cui all'articolo 19 del d.lgs. 286/1998. Secondo la ricostruzione della vicenda, la Prefettura di Milano, ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto con il quale il Giudice di pace di Milano ha accolto l'opposizione al decreto di espulsione proposta dallo straniero. Secondo il giudice del merito, poiché il ricorrente conviveva con la nipotina (figlia minore della propria sorella, coniugata con un cittadino italiano) avente cittadinanza italiana (all'epoca di sette mesi), era applicabile il divieto di espulsione di cui all'art. 19, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 286/1998. La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso della Prefettura ha sancito che lo straniero che è presente illegalmente in Italia non può essere espulso se convive con la nipotina che ha la cittadinanza italiana e, dopo avere dato atto che nella fattispecie decisa la volontà di mantenere il rapporto di convivenza era stata manifestata sia dal minore che dai genitori dello stesso, ha ritenuto operante il divieto di espulsione del clandestino.
Consulta testo della sentenza n. 25963/2011
Tratto da: Cassazione: no all'espulsione dello straniero che convive con un parente minorenne