13 dicembre 2011

Un odio ordinario
L'incendio del campo rom a Torino è un modello esemplare di uno sfacelo culturale, altroché
Il Foglio, 13-12-2011
Luigi Manconi
Non so a voi, ma a me questa storia torinese dello stupro finto e dell’incendio vero al campo rom, fa davvero impressione. L’anno prossimo saranno venticinque anni da quando ho iniziato a interessarmi al tema e dunque, di episodi simili, mi è capitato di osservarne parecchi. Eppure questo ha una sua perfetta esemplarità e una rappresentatività così plastica da costituire un vero e proprio paradigma. Un modello, dunque, tanto più efficace e riproducibile quanto più lo si consideri principalmente come una tecnica dell’azione, a prescindere da ogni possibile contesto politico. Va detto: è la tecnica del linciaggio, proprio sotto il profilo del repertorio utilizzato, della strumentazione cui si è fatto ricorso, della tempistica e della logistica. E anche, ma non è l’elemento fondamentale, dello scenario ideologico entro cui quella tecnica è stata applicata. E, quindi, perché non chiamare tutto ciò col suo vero nome? Tentativo di linciaggio, appunto. Credo che la ragione consista in una tendenza alla sottovalutazione da parte del sistema politico (in particolare quello orientato a destra); tendenza che ha, a sua volta, una radice definibile come ideologica. E, infatti, dal momento che il bersaglio dell’azione di pogrom è in genere un campo rom (è già successo numerose volte), denunciare la gravità del fatto e delle sue implicazioni, sembra concedere troppo a una rappresentazione sociale “politicamente corretta” e all’enfasi “buonista” sulla tutela degli ultimi. Questo rende la cultura di destra singolarmente reticente e la induce a concentrarsi più sulle “strumentalizzazioni politiche” che sui fatti nella loro cruda verità. E i fatti dicono una cosa ben precisa: dicono che a prescindere dall’identità del bersaglio – un campo rom o un campo scuola del Pdl – quello che viene messo in atto è comunque un modello di caccia all’uomo e di procedura di linciaggio. Che diavolo è mai accaduto, nell’opinione pubblica nazionale, perché tutto ciò diventasse accettabile? Un sistema di circostanze e situazioni dove l’azione minoritaria di un’avanguardia criminale incontra, quando non consenso, certamente omertà e protezione. Peserà sicuramente, nel favorire quell’atteggiamento che porta a farsi giustizia da sé, l’idea così diffusa che “qui ciascuno fa i suoi porci comodi” e che “in galera, non ci resta mai nessuno”. Ma, ancor prima, c’è una struttura del pensiero e dell’azione che si è ormai radicata in settori estesi di popolazione. Come ha detto il sindaco di Torino, Piero Fassino: perché mai una sedicenne, che vuole nascondere il primo atto sessuale, è portata irresistibilmente a “puntare l’indice contro due rom” precisando che “puzzavano”? C’è da pensare che nel senso comune e nell’immaginario sociale il meccanismo della stigmatizzazione del rom sia giunto alla sua più perfetta implementazione. In altre parole, uno degli atti più efferati e spregevoli sembra diventare, senza incontrare alcuna resistenza, un “reato d’autore”: una fattispecie penale discendente in maniera diretta da una appartenenza etnica (prima i rumeni, poi i rom e, ancor meglio, i rom di origine rumena), che diventa tratto psicologico inequivocabile, pulsione patologica e inclinazione criminale. Ci rendiamo conto di quale sfacelo culturale ciò determini? C’è, poi, la struttura delle reazioni. Qui il modello si fa ancora più rigido, nella sua reiterazione. L’assembramento solidale che si fa istanza di giustizia subito e a tutti i costi, l’individuazione del bersaglio attraverso i contorni di un identikit mai verificato, la spedizione punitiva, la guida assunta da chi ne ha competenza tecnica e volontà politica,  intesa come capacità di gestire una mobilitazione collettiva. E ancora tecnica: bombe carta, bottiglie molotov e fumogeni. La strumentazione è quella tante volte utilizzata nel corso di manifestazioni politiche e di azioni del tifo organizzato. Tutto ciò dimostra come la spontaneità della reazione, che pure c’è stata, trovi oggi canali prontamente attivabili dove confluire, bersagli contro cui indirizzarsi, leadership alle quali affidarsi. È questo che fa la differenza e che costituisce l’insidia più pericolosa. Se un quarto di secolo fa cominciammo a delineare i contorni di un ceto di “imprenditori politici dell’intolleranza”, intenzionati a trasferire sulla sfera pubblica il disagio prodotto dall’ impatto faticoso tra immigrati e residenti, oggi si assiste a un processo di polverizzazione e moltiplicazione di quello stesso ceto. Ogni quartiere delle grandi aree metropolitane ha un suo demagogo e un gruppo di agitatori, immediatamente mobilitabili, e bersagli già individuati. Ecco ciò che rende la situazione davvero preoccupante. Come è stato possibile che tutto ciò venisse bellamente ignorato finora? Forse una parte almeno della risposta è rintracciabile nel fatto che, fino a poche settimane fa, il ministro dell’Interno fosse un uomo come Roberto Maroni, apprezzato anche a sinistra per ragioni davvero imperscrutabili che, appena lasciato il Viminale, ha ripreso gli antichi (e comodissimi) panni del facinoroso. Gli imprenditori politici dell’intolleranza sanno fare bene il loro mestiere sia al governo che all’opposizione.


 

"Per non dimenticare Stefano Cucchi e gli altri"
drammi in scena all'ex Cinema Palazzo

roma.repubblica.it 12.12.2011
Nelle carceri, nelle caserme, nei centri di identificazione ed espulsione per migranti, negli ospedali psichiatrici, i diritti e le garanzie delle persone sotto la custodia dello Stato vengono ripetutamente violati. Molti vi trovano la morte, molti si tolgono la vita. I familiari delle vittime delle illegalità di Stato raccontano la loro esperienza e la loro lotta per la verità e la giustizia.

Domani alle 20.30 all'ex Cinema Palazzo, in piazza dei Sannitia, l'associazione A Buon Diritto di Luigi Manconi promuove "Per non dimenticare Stefano Cucchi e gli altri". Serata con i racconti di Ascanio Celestini e le canzoni di Flavio Giurato, Ennio Rega, della Piccola Banda Ikona di Stefano Saletti, Barbara Eramo e Gabriele Coen e i filmati di Filippo Vendemmiati, "E' stato morto un ragazzo" che narra la storia di Federico Aldrovandi" e "148 Stefano, i mostri dell'inerzia" di Maurizio Cartolano, che nerra della morte di Stefano Cucchi.

Durante la serata ci saranno le testimonianze Patrizia Aldrovandi, Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli, Lucia Uva e la partecipazione di Fabio Anselmo, Silvio Di Francia, Valentina Calderone, Daniela Bendoni e Valentina Brinis.



Laboratorio Torino
il manifesto, 13-12-2011
Marco Revelli
Un pogro. Diciamola la parola, per terribile che possa apparire. Quello di Torino è stato un pogrom in senso proprio, come quelli che avvenivano nella Rússia ottocentesca. O nella Germania degli anni Trenta. Di quei riti crudeli ha tutti gli ele- menti, a cominciaie dall'uso distruttivo de] fuoco, per liberare la comunità dall'intruso considerato infetto (per "purificaria", si dice), E poi l'occasione scatenante, trovata in un presunto - e falso - atto di violenza su una vittima per sua natura innocente (può essere il neonato "rubato", come qualche anno fa a Ponticelli o, appunto, la "vergine" violentata). E lo stato di folia che s'inebria della propria furia vendicatrice, convinta di compiere un "atto di giustizia".
Ora, che il mostro si sia materializzato, in questo dicembre dei 2011, a Torino dovrebbe farci riflettere. Qui, nella ex "capitale operaia". Neila città delle lotte dei lavoro, dove è nata la nostra democrazia industriale. Né serve ripetere la stanca litania che Torino è un esempio di "integrazione e di accoglienza". Che la maggioranza la pensa diversamente dalle poche decine di invasati che a colpi di fiaccola e di accendino ha tentato una strage. Non è cosi.
Se una ragazzina spaventata e (per questo) bugiarda ha evocato i "due zingari" per accreditare una violenza mai avvenuta, è perché ha pensato che quell'immagine rendesse credibile - in famiglia e nel quartiere - un racconto altrimenti improbabile. Se centinaia di persone sono scese in piazza in una fredda serata d'inverno per manifestare, non è purtroppo perché si trattava di una violenza sessuale (quante sono passate ignorate in questi anni!), ma perche i suoi presunti (e falsi) autori erano di un'etnia odiata a priori. Se le decine di incendiari hanno potuto agire sotto lo sguardo compiacente degli altri abitanti dei quartiere, è perché mettevano in scena un comportamento condiviso.
La verità è che la "città dell'accoglienza" è oggi priva di anticorpi contro i nuovi mostri che emergono dalle sue viscere provate dalla crisi. Politica e informazione ne sono responsabili. Da anni ogni discussione in Consiglio comunale sui "campi nomadi" si apre e si chiude sempre e solo su un unico tema, gli sgomberi.    
E il quotidiano Cittadino La Stampa ha dato notizia del fatto, poco prima che la sedicenne confessasse,  sotto l'indecente titolo a quattro colonne: Mette in fuga i due rom che violentano la sorella. Perché i giovani balordi delle Vallette dovrebbero essere migliori dei loro amministratori e giomalisti? Perché gli abitanti sbrindellati, spaesati e logorati dai debiti e dalla disoccupazione, di questo che era, fino a tre decenni fa, il quartiere dormitorio dov'era stokkata la forza-lavoro di Mirafiori e dei Lingotto, e dove ora si accumulano i detriti di una composizione sociale in disfacimento, dovrebbero essere più consapevoli, e "politicamente corretti", delle loro élites?
Torino, da anni, si compiace della bellezza ritrovata del proprio centro, brillante e patinato. Del fascino delle proprie piazze-vetrine e delle dimore sabaude restaurate. Oggi scopriamo che quel centro geometrico e luccicante è un po' come il volto intatto ed eternamente giovane di Dorian Gray -l'inquietante personaggio di Oscar Wilde -, mentre il suo ritratto, invecchiato e sfregiato, lo si può scorgere qua, nel quartiere di periferia dove si è scaricata tutta la carica di degrado e di bruttura accumulata in questi anni: lo sfarinamento delia sua industria, l'erosione dei diritti sociali, l'impoveri- mento e la precarizzazione dei lavoro, la crisi della socialità e della solidarietà. Tra il vuoto di diritti e di potere che si è aperto a Mirafiori, e questo pieno di rancore e di passioni funeste che si è condensato nel suo antico dormitorio, corre il filo nero di un'infausta profezia.
Auguriamoci che Torino non sia, ancora una volta, "laboratorio". Che non anticipi i segni di un'involuzione antropologica mortale. Il lungo piano inclinato della crisi, via via più ripido, lascia intravvedere inediti scenari weimariani, minacce fino a ieri impensabili. Il conflitto sociale, rimosso ed esorcizzato al vertice, rischia di ricomparire al fondo della piramide sociale, con il volto sfregiato della "folla criminale", del linciaggio e della ricerca feroce del capro espiatorio. Se la caduta dovesse accelerare, e la situazione precipitare, allora, con molta probabilità, il pogrom di Torino non resterebbe un fatto isolato.



Immigrati, frenano i flussi in Italia. Irregolari in calo, crescono gli occupati
Milano, 12 dic. (Adnkronos/Ign) - Al primo gennaio 2011 la popolazione straniera presente in Italia è stimata da Ismu in circa 5,4 milioni di unità (regolari e non), di cui il 95% proviene dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm). Nel complesso vi sarebbero solo circa 70mila unità in più rispetto al primo gennaio 2010, data in cui si contavano 5 milioni e 334mila presenze, con un'aggiunta di ben mezzo milione rispetto al primo gennaio 2009. E' quanto emerge dal XVII Rapporto nazionale sulle migrazioni 2011, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato oggi a Milano.
Attraverso il confronto con l'anno precedente il bilancio 2010 mette dunque in evidenza una caduta della crescita che è pari all'86%. E' la prima volta che negli ultimi otto anni si registra un aumento dei flussi così basso: nell'intervallo che va dal 2003 al 2009 abbiamo infatti assistito a un incremento medio annuo dei presenti stimato in circa 430mila unità. A fronte di una contrazione di nuovi ingressi, "dovuta all'azione frenante innescata dalla difficile congiuntura economica", si assiste nello stesso periodo di tempo a un maggiore radicamento della popolazione straniera presente sul territorio: i residenti infatti passano da 4 milioni e 235mila a 4 milioni e 570mila (+335mila). E nel 2030 gli stranieri residenti raddoppieranno. In base a stime Ismu si prevede che nel 2031 i residenti stranieri saranno 8,5 milioni.
La crescita dei residenti è sostanzialmente dovuta all'iscrizione anagrafica di una consistente quantità di già regolari pur in presenza di un importante apporto di 73mila unità in termini di saldo naturale (nati meno morti). Al primo gennaio 2011 si stima che non hanno un valido titolo di soggiorno 443mila stranieri, 11mila in meno rispetto ai 454mila stimati al primo gennaio 2010.
Cresce l'occupazione straniera - L'occupazione straniera regge alla crisi e cresce, quella italiana no. Sul fronte del mercato del lavoro da segnalare l'andamento dell'occupazione complessiva nel nostro Paese che ha visto, tra il primo trimestre 2010 e il primo trimestre 2011, un aumento di quasi 116mila unità (ovvero da 22.758.413 posti di lavoro a 22.874.286). La forza lavoro immigrata è cresciuta di ben 275.895 unità, passando da 1.923.875 occupati nel I trimestre del 2010 ai 2.199.770 dello stesso periodo del 2011, con un incremento del 14%, mentre la quota degli occupati italiani ha perso 160mila posti di lavoro, scendendo a 20.674.516 occupati (dai 20.834.538 del I trimestre del 2010).
Tra i lavoratori immigrati, non soltanto è cresciuto il numero delle donne lavoratrici (concentrate, come si sa, nei servizi domestici e di assistenza), ma anche quello degli uomini immigrati che rappresentano una categoria molto esposta ai cicli di crescita o recessione economica. Gli stranieri rappresentano ormai il 10% degli occupati totali. Il tasso di disoccupazione degli stranieri è al 12,1%.
Traffico migranti frutta oltre 700 mln euro all'anno - I trafficanti di migranti (i cosiddetti smugglers) approfittando della diminuzione dei controlli causata dello scoppio della 'Primavera araba', hanno intensificato le loro attività illecite. La ricerca ha provato a calcolare il fatturato annuo prodotto dagli smugglers mediterranei che trafficano con l'Italia. Il tariffario dipende dalla distanza: si pagano 7-10mila euro per arrivate in Italia dalle coste dell'Africa subshariana, contro i 1-2mila euro per il solo passaggio tra Tunisia o Egitto o Libia e Italia. Chi viene dall'Afghanistan o dall'Iran può arrivare a pagare anche 15mila euro.
"Se proviamo a considerare un costo medio a persona che va tra i 4mila e gli 8mila euro, nei primi sette mesi del 2011 in cui sono sbarcati 51.881 migranti il fatturato dei trafficanti oscilla tra un minimo di 207 milioni e 524mila euro a un massimo di 415 milioni e 48mila euro. Tutto ciò equivale a un fatturato annuo che va dai 355 milioni e 755mila euro a 711 milioni 511mila euro", secondo quanto emerge dai dati elaborati dall'Ismu. Queste stime, calcolate per difetto solo sul numero di migranti sbarcati e intercettati sulle coste italiane, potrebbero essere molto più alte se si prendono in considerazione anche le migliaia di migranti che riescono a raggiungere l'Italia sfuggendo ai controlli delle forze dell'ordine.



Immigrazione: boom sbarchi, piu' che decuplicati nel 2011
Fondazione Ismu, trafficanti 'fatturano' oltre 700 mln euro
(ANSA) - MILANO, 12 DIC - Il traffico dei migranti frutta piu' di 700 milioni di euro all'anno. E' questa la stima di quanto finisce nelle tasche di chi si arricchisce trasportando barconi di disperati da una sponda all'altra del Mediterraneo.
Un fenomeno, quello degli sbarchi clandestini, che nel 2011 ha avuto un vero e proprio boom, piu' che decuplicato in seguito alla confusione generata nei Paesi della primavera araba a piu' forte tasso migratorio, Tunisia, Libia, Egitto.
Nei primi sette mesi del 2011, emerge dal rapporto sulle migrazioni elaborato dalla Fondazione Ismu e presentato oggi a Milano, sono sbarcati in Italia 51.881 immigrati. L'anno scorso erano stati in tutto4.402 (dati del ministero dell'Interno). Il fatturato annuo prodotto dai cosiddetti 'smuggler', i trafficanti d'uomini, oscilla secondo i ricercatori dell'Ismu tra i 355 e i 711 milioni di euro, considerando un costo medio tra i 4 mila e gli 8 mila euro, sborsato da chi decide di affrontare la traversata. Prezzo che, naturalmente, aumenta al crescere della distanza. Luogo di approdo prescelto dalle carrette del mare, emerge ancora dallo studio, e' Lampedusa, come si poteva intuire anche dalle cronache, seguita a distanza dalle coste siciliane, da quelle calabresi e da quelle pugliesi.(ANSA).



Ma non va dimenticata la nuova legge sulla cittadinanza
L’effettiva inclusione dei tanti figli di immigrati nella società italiana non rappresenta una questione di poco conto, ma centra in pieno il modello di società che si sta evolvendo. In parole povere ci riguarda tutti e riguarda soprattutto il livello di civiltà del nostro Paese
l'Unità, 12-12-2011   
Di Khalid Chaouki
Ma dov’è finito il dibattito sulla nuova Legge sulla cittadinanza? Dovremo aspettare il prossimo appello di Napolitano? Eppure avevamo tutti confidato nella sensibilità del nuovo Governo Monti e dei suoi ministri, in testa Andrea Riccardi, il neo ministro all’integrazione e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, oltre all’ampio fronte dei sostenitori della riforma rappresentato da Pd, Terzo Polo, Idv e Sel.
Invece pare che il tema sia stato frettolosamente riportato nel cassetto delle “cause perse” a partire dai due ministri interessati, Riccardi e Cancellieri, che hanno in modi e toni diversi rinviato la questione alla buona volontà del Parlamento.
Fermo restando che la questione della cittadinanza non può essere imposta per decreto, ma richiede giustamente un iter parlamentare degno della tematica che di fatto porterà ad una rivoluzione culturale che interesserà tutti gli italiani, crediamo però che non sia giusto evitare persino di porre il tema della cittadinanza nell’agenda di governo.
Il nodo dell’effettiva inclusione dei tanti figli di immigrati nella società italiana non rappresenta una questione di poco conto, ma centra in pieno il modello di società che si sta evolvendo. In parole povere ci riguarda tutti e riguarda soprattutto il livello di civiltà del nostro Paese, oltre alla sua presente e futura coesione sociale. E allora se nemmeno il Governo Monti vuole affrontare il tema della cittadinanza nei giusti termini di una questione nazionale urgente, non ci rimane come italiani tutti, figli di immigrati compresi, che rimboccarci le maniche e diffondere sempre più le parole d’ordine della campagna di raccolta firme “L’Italia sono anch’io” tra tutti i cittadini.
Per ora le reazioni del nuovo Governo ci hanno deluso, ma la speranza è sempre l’ultima a morire!



Come migliorare l'accesso degli immigrati ai servizi sanitari
Presentato il progetto dell'Asp volto ad integrare l'assistenza di base agli stranieri
Catanzaro Informa.it, 12-12-2011
Valorizzare il ruolo della mediazione culturale per risolvere le criticità legate al rapporto tra immigrati e salute. Con questo obiettivo è stato presentato oggi pomeriggio, presso l’Auditorium dell’Istituto Tecnico Industriale “E. Scalfaro”, il Progetto CCM (Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie ) sul tema “Linee d’intervento transculturali nell’assistenza di Base e nel Materno Infantile” promosso dall’Asp di Catanzaro in collaborazione, tra gli altri enti, anche con la Consulta Immigrazione per la promozione e implementazione di politiche e servizi destinati ai Migranti, alla popolazione Rom, ai Richiedenti Asilo, Rifugiati e Umanitari, alle Persone vittime di tratta.  
Lo scopo generale dell’iniziativa, di cui è referente scientifico Maria Teresa Napoli, è, appunto, quello di contribuire al miglioramento delle modalità di accesso e fruizione dei servizi sanitari e sociosanitari per le popolazioni straniere attraverso azioni di sistema mirate a sviluppare nelle ASL un modello organizzativo funzionale, il cosiddetto “Centro di Orientamento per la fruizione dei Servizi Socio Sanitari agli Immigrati”, che funga da coordinamento ed elemento propulsore per interventi trasversali interaziendali ed extra aziendali negli ambiti dell’Assistenza di base, della Prevenzione, dell’Assistenza Materno – Infantile e dell’Integrazione medicina di base, territoriale ed ospedaliera. Nello specifico il progetto sarà volto ad implementare la formazione, multidisciplinare e transculturale degli operatori sociosanitari, sostenendo una buona relazione tra i professionisti della salute e la popolazione migrante. Si pensa anche alla realizzazione di Ambulatori dedicati con funzioni di Centri di Orientamento ed Informazione, in raccordo con le rete territoriale di riferimento, e di percorsi specifici per la promozione della salute delle donne immigrate e dei loro bambini, garantendo una offerta integrata capace di prevedere l’apporto dei diversi servizi sanitari e sociali in un lavoro di “rete” tra Asl, Istituzioni, associazioni ed organismi operativi sul territorio.
Dopo i saluti istituzionali da parte, tra gli altri, di Gerardo Mancuso, Direttore Generale Azienda Sanitaria Provinciale Catanzaro, sono seguiti i contributi scientifici di Rubens Curia - Dirigente Settore “LEA”, Dipartimento Tutela della Salute e Sanità Regione Calabria, sul tema “Le politiche di tutela della salute dei migranti”; Francesca Ena, Responsabile Ambulatori STP - ENI e Referente Scientifico ASL Olbia  su “Re...Imparare la vitamina D”; Silvana Tilocca, Responsabile Dipartimento di Prevenzione e Referente Scientifico ASL Cagliari ha concentrato la sua attenzione sul tema“Indagine sulle abitudini alimentari della popola-zione immigrata nel territorio dell'ASP 8 Cagliari”;  Gianfranco Costanzo, Direttore U.O.C. Rapporti con Organismi Nazionali e internazionali, Project Cycle Management e Corporate Social Responsibility, INMP- Roma, ha trattato del “modello organizzativo dell'INMP dedicato alle fragilità”; Ornella Dino, Responsabile U.O. Promozione della salute degli Immigrati  e  referente Scientifico ASP Palermo ha analizzato gli aspetti de “L’immigrazione al femminile:  salute e diseguaglianze”; Silvana Miniaci, Medico Neonatologa SOC Patologia Neonatale presso il Dipartimento Materno Infantile AOPC di Catanzaro, ha infine approfondito gli argomenti relativi alle “Problematiche di assistenza perinatale: dalla sala parto al follow up”.  



Tate, colf, badanti, le loro vite (e ragioni)
Allevano un bambino bianco che vent’anni dopo diventa il loro datore di lavoro. E’ paradossale, perché noi vogliamo bene a loro e noi a loro".
Un film, ambientato negli anni Sessanta racconta delle domestiche di colore di allora, ma sembra che parli di noi...
Corriere della sera, 13--12-2011
Maria Luisa Agnese
Nel Sud americano dei primi anni Sessanta ancora segnato dalle pesanti divisioni razziali Skeeter, una giovanissima bianca benestante ma inquieta che sogna di diventare scrittrice, stringe una strana e scandalosa alleanza con due domestiche di colore, Aibileen e Minny, abituate a crescere con affetto e consapevolezza i figli dei bianchi.  E , superando i confini di classe e di razza, decidono di raccontare in un libro le storie delle donne di colore a servizio dei bianchi. Con dentro le gioie di allevare dei bambini a cui spesso si affezioneranno come ai propri, ma anche i dolori e le umiliazioni, i bagni separati, le accuse di rubare, la fatica di vivere ai margini. Un  piccolo atto di coraggio che sconvolgerà la cittadina di Jackson nel Mississippi.
The Help (L’Aiuto, Mondadori), scritto in realtà nel 2009 da Kathryn Stockett, è un libro che sembra innocuo perché racconta realtà che potevano essere dirompenti cinquant’anni fa. E invece The Help, che in due anni ha venduto 5 milioni di copie nel mondo restando per cento settimane nella classifica dei più venduti del New York Times, può essere ancor oggi urticante e dirompente se solo si pensa che in realtà parla ancora di noi, delle nostre vite quotidiane, dei nostri figli affidati ogni giorno alle extracomunitarie che tanto somigliano, a pensarci bene, a quelle Mami di colore.
Che ci vivono vicino spesso come estranee nell’animo, ma che educano i nostri figli.
Racconta Stocckett, a proposito dell’adorata Demetrie, la cameriera che per 37 anni era stata al servizio della sua famiglia, e che poi è morta quando lei aveva sedici anni: “Sono quasi certa che nessuno in casa abbia mai chiesto a Demetrie come ci si sente a essere una nera al servizio di una famiglia bianca in Mississippi. E’ un’idea che non mi ha mai sfiorato la mente. Si trattava di vita quotidiana: non ci si sentiva obbligati a studiare a fondo la questione”. E invece Stockett, diventando grande, ha sentito poi il bisogno di scrivere il libro proprio perché voleva far capire alla donne che “siamo semplicemente due persone, e non sono molte le cose che ci separano. Molto meno di quanto si pensi”.
    E adesso che sta per arrivare nelle sale il film tratto da quel libro, potrebbe portare anche noi, donne occidentali 2011, a fare inediti bilanci e esami di coscienza della nostra distratta quotidianità.
    invito anteprima The Help, 14 dicembre, a Milano, manda la mail a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. (stampa l'invito) The Help, diretto da Tate Taylor, amico d’infanzia di  Stockett che ha ricostruito il Sud anni Sessanta con atmosfere alla  Mad men (come si vede nel trailer), uscirà nelle sale a inizio  2012.
    Per i lettori di questo Blog sarà possibile partecipare all’Anteprima del giorno 14 a Milano, cliccando qui e accreditandosi attraverso l’e-mail che compare sulla locandina a sinistra e citando l’invito della 27esima ora.
“Allevano un bambino bianco che vent’anni dopo diventa il loro datore di lavoro. E’ paradossale, perché noi vogliamo bene a loro e noi a loro. E poi… non gli permettiamo neppure di usare il nostro bagno dentro casa”, scrive Stocckett e parla di legami di affetto a volte brutalmente interrotti dal pregiudizio, dall’incuria o solo dalla cattiveria. Ma quei bambini non sempre dimenticano e non sempre diventano come le loro mamme.
Perché, come racconta Aibileen con orgoglio, lei è riuscita a instillare nei suoi 17 bambini (spesso trascurati da madri già distratte non dal lavoro ma dagli obblighi della vita sociale di provincia) piccole gocce di autostima, un bene che nella società di oggi vale molto. “Sono brava a farli crescere con la fiducia in se stessi”. E all’ultima sua creatura, la piccolina di tre anni Mae Moebly, ripete sempre: “Tu sei brava, tu sei intelligente, tu sei importante”.
E voi pensate di essere molto diverse da quelle signore del Mississippi degli anni Sessanta, di avere superato il confine invisibile e avviato una conciliazione domestica? O avete ancor un po’ di strada da fare?

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