22 dicembre 2011

Cittadinanza e nuovi diritti, così si ferma la deriva razzista
Europa, 22-12-2011
Liliana Ocmin
I recenti fatti di Firenze e di Torino hanno riportato al centro dell’attenzione la grande sfida dell’integrazione nell’attuale società interetnica in cui viviamo. In questo senso, è terribile che il ritorno sulla scena di una delle grandi sfide del nostro tempo sia frutto di una cronaca xenofoba e omicida che ci costringe a ragionare di nuovo in un quadro in cui la razionalità sembra perdersi nel ventre silenzioso dell’avversione e del pregiudizio.
Di fronte all’insorgere di così gravi forme di razzismo, abbiamo il dovere di fare quadrato e respingere ogni forma di violenza come premessa essenziale per la pacifica e civile convivenza. Il rischio più grande da scongiurare è che si possa cadere nelle strumentalizzazioni come, purtroppo, rischiano di apparire le manifestazioni dei giorni passati.
Come Cisl, di fronte all’immigrazione abbiamo intrapreso un concreto percorso di superamento del bipolarismo culturale che vede, da una parte, chi esprime chiusura e rifiuto e dall’altra, invece, chi, fatalisticamente, legge il fenomeno migratorio come evento governabile solo attraverso la lente dell’accoglienza indiscriminata.
Per fermare la deriva razzista e xenofoba non è sufficiente l’indignazione, ma servono risposte forti, di rigore e di accoglienza, di riconoscimento dei diritti e di rispetto dei doveri. L’integrazione è un processo complesso che ha bisogno di un’azione congiunta su più fronti: culturale, normativo, sociale.
Ecco perché, ora più che mai, il tema del diritto di cittadinanza, a nostro avviso, può costituire il banco di prova di un approccio più responsabile e dialogante.
La Cisl è favorevole ad un intervento graduale, in grado di costituire una sperimentazione vincente, lo strumento più efficace di de-ideologizzazione del confronto. Dobbiamo togliere ogni impronta ideologica allo ius soli, focalizzando l’attenzione sulla centralità dell’integrazione dei giovani e dei bambini immigrati, in modo tale che essi possano rappresentare, nel tempo, i “precettori” di una esperienza capace di contaminare positivamente l’intera società. In parallelo, occorre lavorare anche su altri versanti. Ad esempio quello della promozione dei diritti delle donne che rappresentano non solo l’anello forte dell’integrazione sociale e culturale ma anche il ponte che consente agli immigrati di vivere l’integrazione in forme armoniche e collaborative.
Ma per portare a termine con successo questa sfida dobbiamo tutti assumerci le nostre responsabilità, ricordando sempre che le parole sono pietre e che la polarizzazione del tema immigrazione non fa altro che riproporne i contenuti in termini che possono essere percepiti come una sorta di spartiacque tra la ragione e il torto. Abbiamo un estremo bisogno di moderazione e di buonsenso, virtù essenziali in questa particolare fase storica del nostro paese scandita da una crisi profonda e da misure di risanamento che rischiano di minare la coesione sociale. Bisogna agire con cautela, consapevoli, come siamo, che se entra in crisi il patto sociale su cui si fonda la nostra vita individuale e collettiva torneranno in circolo pulsioni e paure che possono trovare nell’immigrato un capro espiatorio facile ed indifeso.
Firenze e Torino ci parlano di questo. Come Cisl siamo pronti a fare la nostra parte, immaginando una governance condivisa dei fenomeni migratori e dell’integrazione sociale e culturale, così come auspicato anche dal ministro Riccardi.
È una sfida che possiamo vincere solo se avremo dalla nostra parte la grande maggioranza degli italiani e se anche a loro sapremo dare risposte rispettose e rassicuranti.



In un anno permessi per 3.672 stranieri
Il Giorno, 22-12-2011
Bilancio dell’attività della Questura: in netto aumento i richiedenti asilo. Sulla rotta Libia-Varese durante il periodo della guerra si sono mosse 304 persone
Varese, 22 dicembre 2011 - L’ufficio immigrazione della questura scatta la fotografia aggiornata della situazione-immigrazione sul territorio. Cifre, dati e casi specifici resi noti durante una conferenza alla presenza del commissario capo Paolo Catenaro e del vicequestore Franco Novati, dirigente dell’ufficio Polizia amministrativa e sociale.
Nel complesso Varese si conferma una delle province più «gettonate» dagli immigrati - appena dietro Milano, Brescia e Bergamo - ma è interessata da un calo nel numero totale di regolarizzazioni. Una tendenza alimentata dal mancato ricorso a sanatorie per l’anno in corso da parte dei governi alternatisi alla guida del Paese. Fenomeno nuovo è invece l’aumento delle richieste di asilo per motivi umanitari, alimentato dai rivolgimenti politici e sociali nella zona dell’Africa Subsahariana.
In totale, secondo le cifre elaborate dalla Polizia, gli immigrati regolari nel Varesotto sono 62.400. Svolgono un lavoro subordinato (soprattutto nel campo dell’edilizia e dell’assistenza domestica) 22.256 di loro, mentre 19.819 sono qui per motivi di famiglia. È in aumento la quota dei lavoratori autonomi (2.233). L’ufficio immgrazione quest’anno ha trattato 19.696 pratiche collegate ai permessi di soggiorno, fra rinnovi e assegnazioni. I nuovi ingressi sono stati 3.672. Ogni giorno i 30 agenti in servizio hanno messo mano a cento permessi di soggiorno (con notifica inviate anche via sms). Una riorganizzazione dell’attività, attraverso una divisione in tre squadre, ha permesso l’abbattimento dei tempi di consegna di un terzo. Oggi per ritirare il documento ci vogliono in media venti giorni. Le nazioni più rappresentate sono Albania (3.009), Marocco (2.893), Ucraina (1.894) e Cina (1.086).
L’ufficio immigrazione è attivo anche sul fronte del contrasto alla clandestinità. Nel 2011, per ora, sono state espulse 850 persone. In 60 sono stati accompagnati alla frontiera, in 58 sono stati portati in un centro di identificazione ed espulsione, in 33 sono stati colpiti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, mentre altri 35 sono stati interessati dalla cosiddetta espulsione volontaria. Tutti gli altri sono stati rispediti al mittente su ordine diretto del questore Marcello Cardona.
C’è poi il capitolo dei richiedenti asilo. Quest’anno sulla rotta Libia-Varese durante il periodo della guerra si sono mosse 304 persone, delle nazionalità più disparate (Filippine comprese). Per restare in Italia i profughi devono avviare una trafila burocratica incardinata su un’istanza alla commissione territoriale di verifica requisiti. Qualcuno di loro, quest’anno, si è fermato prima. Solo in 265 hanno consegnato la domanda. Ne sono stati esaminati 71. Sono state accettate 21 domande, mentre hanno ricevuto responso negativo in 41 (hanno fatto ricorso in 26). Gli altri sono in attesa di giudizio. Dai dirigenti è arrivato un ringraziamento a sindacati e associazioni di volontariato, preziosi collaboratori nella gestione di un volume di lavoro così importante.



Immigrazione, i dati del XVII Rapporto Ismu
Mediapolitika, 22-12-2011
di Elena Angiargiu
Diminuisce il numero di stranieri nel nostro Paese. Crescono gli occupati e i residenti, frena l’immigrazione irregolare. A rilevarlo è il “XVII Rapporto nazionale sulle migrazioni 2011” realizzato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 12 dicembre scorso, che fotografa la situazione migratoria in Italia tra il 2010 e il 2011.
IMMIGRAZIONE E LAVORO – Nel mercato del lavoro sono gli immigrati a reggere meglio l’impatto della crisi. Tra il primo trimestre 2010 e lo stesso periodo del 2011, la forza lavoro immigrata ha fatto registrare un incremento del 14%, mentre gli italiani hanno perso 160 mila posti di lavoro.
Incrociando le domande di nuovi ingressi, presentate attraverso il Decreto flussi 2010-2011 e le richieste di nulla osta al lavoro per gli immigrati, superiori alle quote previste, la maggior parte delle domande riguarda la mansione di collaboratore/collaboratrice familiare (62,5%). Nel settore domestico-assistenziale, più della metà delle domande, a sorpresa, è stata presentata da lavoratori cinesi. Nella graduatoria dei nuovi ingressi per nazionalità al primo posto troviamo il Bangladesh, mentre nella classifica delle province più attraenti figurano Milano, Roma e Brescia. Al Sud, sesto posto per Napoli.
IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE – Sempre più alunni stranieri nelle classi italiane, in particolare nella scuola primaria. Fa riflettere il dato su istruzione e cittadinanza: sono oltre 700 mila gli alunni con cittadinanza non italiana (+37% rispetto all’anno scolastico 2009/2010), quasi l’8% della popolazione scolastica, per la maggior parte concentrati in Lombardia.
Rispetto alla popolazione adulta, i giovani italiani assumono un atteggiamento più critico nei confronti degli immigrati: gli stranieri costituiscono un problema per le opportunità di lavoro secondo il 60% dei giovani del nostro Paese. Cresce l’attenzione dell’opinione pubblica verso il tema dell’immigrazione: il 24% degli italiani (+11% rispetto al 2009) ritiene che l’immigrazione sia il principale problema da affrontare su scala nazionale. Tema che non sembra altrettanto prioritario nell’agenda politica: dal 2006 ad oggi gli interventi legislativi sull’immigrazione a livello statale rappresentano appena il 6,7% degli atti approvati. Si legifera ancora meno a livello regionale.
IMMIGRAZIONE E ATTIVITÀ ILLECITE – Le rivoluzioni del Nord Africa hanno prodotto inevitabili ripercussioni sui flussi migratori, intensificando i traffici illeciti di migranti arrivati via mare in Italia. Lo testimonia l’impressionante cifra degli sbarchi tra gennaio e maggio del 2011: 507 rispetto ai 159 effettuati nell’intero 2010. Sulle coste italiane, Lampedusa in testa con il 73% degli sbarchi, sono approdati soprattutto uomini (90%), tunisini e libici. In forte crescita la componente femminile, passata dal 5% al 10% nell’ultimo anno. Ad approfittare dei controlli meno stringenti, a seguito dell’eccezionale ondata di sbarchi dai Paesi protagonisti della “Primavera araba”, sono stati proprio i trafficanti di migranti con un giro d’affari di circa 700 milioni di euro all’anno.



Calabria: due strutture per immigrati finanziate dal Pon Sicurezza.
Un centro polifunzionale a Strongoli (KR) ed una struttura delle Sprar a Melicuccà (RC).
Immigrazione Oggi, 22-12-2011
Il Pon Sicurezza finanzierà la nascita e l’ampliamento di due strutture a sostegno dell’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati in Calabria. Si tratta – spiega una nota della Regione – di due tipologie diverse ma rientranti entrambe nell’Obiettivo operativo 2.1 del Programma operativo nazionale “Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo Convergenza 2007-2013”.
La prima struttura, che nascerà nel comune di Strongoli (KR) con un finanziamento di quasi 400mila euro, sarà un Centro polifunzionale per immigrati extracomunitari. Il progetto prevede la ristrutturazione del primo piano di un edificio su due livelli di proprietà comunale attualmente in condizioni di degrado. A lavori ultimati saranno a disposizione degli immigrati circa 600 mq di struttura coperta e più di 200 mq di terrazzo. All’interno troveranno spazio un’area ricreativa, un laboratorio linguistico e uno multimediale. Ci sarà inoltre un ufficio per l’assistenza socio-psicologica per prevenire fenomeni di disadattamento e disagio.
Nel comune di Melicuccà, con un finanziamento di 350 mila euro, è prevista la riqualificazione di un Centro di accoglienza per rifugiati che attualmente ospita 12 persone. La proposta presentata dal Comune in provincia di Reggio Calabria rientra nell’iniziativa “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)”. Grazie al finanziamento Pon verrà aggiunta una camera da letto, realizzata una lavanderia-stireria e arredati gli spazi comuni come la ludoteca. Dopo i lavori ci saranno 7 camere da letto con servizi igienici, una ludoteca destinata ai bambini residenti nella struttura, una sala studio e formazione per corsi di formazione linguistica, attività di inserimento scolastico, orientamento al lavoro e assistenza legale. Ci sarà inoltre una biblioteca multiculturale, una mensa per gli ospiti e una lavanderia-stireria. La capacità di accoglienza della struttura verrà ampliata e portata complessivamente a 20 posti letto. Verranno inoltre sistemati gli spazi esterni con illuminazione, gazebo e giochi per bambini.



"Ora che ho avuto giustizia voglio solo essere italiana"
Modena, ergastolo al pachistano che per punire la figlia ammazzò la moglie. La ragazza parla per la prima volta: «Chi vive  il mio stesso inferno si ribelli»
La Stampa, 22-12-2011
PAOLO COLONNELLO inviato a modena
Non era più suo «padre» già da tanto tempo, da ancor prima che lui, Hamad Kahn But, 54 anni, operaio pakistano, tentasse di farle sposare un connazionale contro la sua volontà e poi uccidesse sua madre che si opponeva, a colpi di pietra in una sera di ottobre di un anno fa. E quando ieri il gup di Modena, Paola Losavio, ha condannato all’ergastolo l’uomo che con le sue gelosie e in nome della «reputazione» nella comunità pakistana le aveva rovinato la vita, la ventunenne Nosheen ha accolto la notizia dal suo avvocato Giorgio Pellicciardi come se le parlassero di un estraneo. «Lui non è più mio padre e io non sono più pakistana: mi sento soltanto una ragazza italiana».
Poi ha salutato l’anziana signora che accudisce da alcuni mesi per mantenersi ed è uscita per le strade di Modena a respirare il Natale, sognando un giorno di poter finire gli studi da modista e infine di poter difendere le donne che non hanno un futuro. Perché nella vita di Nosheen, immigrata di seconda generazione nella provincia grassa e operosa di Modena, non c’è più spazio per le tradizioni e i riti tribali di un paese lontano che non sente più suo. «Io vorrei solo poter finire la scuola e poi lavorare. Adesso mi sento serena. Non per la sentenza ma perchè ho deciso che voglio impegnarmi affinchè non succeda ad altri quello che è capitato a me. Alle ragazze che soffrono come ho sofferto io dico soltanto di non superare i limiti, di avere pazienza ma di non cedere mai».
«Vergogna della nostra famiglia» la chiamava sua padre quando le vedeva indossare un paio di jeans o la vedeva uscire con dei coetanei italiani. Finché una sera, il 3 ottobre del 2010, era tornato a casa con quell’idea pazzesca di farla sposare a un uomo più anziano, che lei non aveva mai visto. E quando Nosheen ha detto di no e ha spiegato che si sarebbe sposata soltanto per amore, davanti agli altri due fratelli e alla sorellina di 14 anni, il padre aveva iniziato a picchiarla facendosi aiutare da Umair, il figlio più grande. La madre, Sahnnaz Begum, aveva tentato di difenderla, così i due uomini le erano saltati addosso: Hamad But con un mattone in mano l’ha colpita più volte, lapidandola nell’orto, fino ad ucciderla. Mentre Umair, che aveva solo 19 anni, ha bastonato Nosheen prima con una spranga di rame e poi, quando questa si è rotta, ha continuato con una di ferro, lasciandola a terra in coma. «Un assalto preordinato contro le due donne», ha spiegato durante il processo a porte chiuse il pubblico ministero Pasquale Mazzei. Nella precedente udienza, Kahn Hamad But si era difeso parlando di «onore». Della sua «reputazione» irrimediabilmente perduta davanti alla comunità pakistana di Novi - il paesino in provincia di Modena dove avvenne il massacro - che quella sera assistette alle grida disperate delle due donne senza intervenire. Nemmeno una parola di pentimento per Hamad. I parenti pakistani si sono preoccupati di continuare a pagargli il mutuo della casa voltando le spalle a Nosheen e i suoi fratelli, rimasti orfani e separati in diverse comunità di accoglienza. «Non ho niente da dire alla comunità pakistana. Io mi sento soltanto offesa da loro e non voglio più avere a che fare con questa gente». Per sicurezza, il comune di Modena le ha trovato alloggio in una comunità protetta lontana dai luoghi famigliari. Nosheen, che era arrivata in Italia nel 2004, ha perduto tutto: una madre che amava, un padre che non riusciva più a capire («non lo odiavo, perché non è sempre stato così»), un fratello che l’ha tradita e picchiata e che è stato condannato a 20 anni per concorso in omicidio e tentato omicidio, guadagnandosi le attenuanti per l’età e lo sconto di pena per il rito abbreviato. «Ma Umair è l’unico che perdono, perchè lui era il preferito di mia madre e se mia madre lo amava non posso che amarlo anch’io», così parla Nosheen mentre si massaggia il braccio ancora ferito dalle sprangate di Umair. Intanto cammina piano per le strade di Modena accompaganta da Souad Sbai, la presidente dell’Associazione donne musulmane che con l’avvocato torinese Loredana Gemelli si è costituita parte civile chiedendo un euro simbolico di risarcimento, per lasciare il più possibile a Nosheen e i suoi fratelli, di 14, 16 e 18 anni. «Si parla sempre di violenze domestiche - dice Souad Sbai - ma questa è solo violenza culturale e religiosa, è il risultato di chi non ha nessuna intenzione di integrarsi. La strada da fare è ancora lunga. Tanto per cominciare sarebbe bello che il Presidente della Repubblica concedesse a questa ragazza la cittadinanza che ancora non ha e che il Comune di Modena s’impegnasse a pagarle gli studi. È l’unico modo concreto per risarcirla da ciò che ha subito». Nosheen, così minuta, sorride timida: forse un giorno ritroverà anche suo padre. Oggi ha ritrovato se stessa.



Finto avvocato in manette Ha truffato centinaia di immigrati
Giovanni Marcuzzi, 38 anni, nato a Venezia, residente a Robegano, ma con studio a Mestre, prometteva permessi di soggiorno facendosi pagare migliaia di euro. Poi rifilava documenti falsi. In due anni aveva collezionato oltre 100 querele ma era sempre riuscito a farla franca. Arrestato dalla polizia.
La Nuova di Venezia e Mestre, 22-1-2011
Marta Artico
Si spacciava per avvocato, ma non un legale qualsiasi, bensì un consulente in gamba, talmente bravo da accorciare i tempi per le pratiche di soggiorno, i ricongiungimenti familiari, i nulla osta di lavoro subordinato domestico o stagionale e ogni pratica legata ai permessi di soggiorno. Così facendo ha truffato per anni centinaia di stranieri in buona fede che a lui si sono affidati. Martedì Giovanni Marcuzzi, 38 anni, è finito in manette. L’accusa contro di lui è pesante: truffa aggravata, continuata e falsificazione di atto pubblico. E’ stato “pizzicato” in flagranza di reato, dopo che una badante ucraina disperata si era rivolta alla polizia per segnalare cosa le stava accadendo. Gli uomini della squadra mobile di Marco Odorisio si sono messi in moto e hanno finalmente incastrato il falso avvocato con tanto di biglietto da visita che da tempo seguivano.
Ma andiamo con ordine. La donna che lavora con un anziano malato voleva ricongiungersi alla figlia di 19 anni: un’amica le aveva consigliato un bravo avvocato, accreditato presso la comunità straniera. Aveva anticipato 400 euro per quella pratica che però richiedeva sempre più tempo e denaro e dopo quei soldi, il falso legale ne voleva altri 1.200. Così lei ha iniziato ad insospettirsi e la polizia l’ha agganciato. L’uomo le ha dato un appuntamento in un bar di viale San Marco, poi ha cambiato posto e orario e finalmente le ha consegnato un documento falso dello Sportello unico immigrazione della Prefettura, con tanto di nome del funzionario del procedimento.La sua era una vera e propria attività imprenditoriale illecita. Veneziano di nascita, domiciliato a Robegano ma mestrino doc, con studio-abitazione in via Olivi. Per un documento chiedeva tra i 3 e i 5 mila euro. Produceva di tutto, persino certificati di attribuzione del codice fiscale, pratiche dell’Agenzia delle Entrate con tanto di bolli e pure visti delle ambasciate straniere, roba fine, “falsi originali”. Informatissimo, non appena usciva un decreto flussi, lui si metteva in moto con le comunità straniere del caso. Nel 2009 e nel 2010 Marcuzzi è stato condannato per truffa e ricettazione, ma non ha fatto un giorno solo di galera. Aveva messo in piedi due ditte a sé intestate, la prima si chiama R.B., la seconda M.G. Consulting and Service, attive (si fa per dire) nel settore pubblicitario. Attività inesistenti che gli servivano per assumere lavoratori extracomunitari che necessitavano di permessi di soggiorno al fine di far risultare che avevano un lavoro in Italia, con tanto di indirizzi anagrafici inesistenti. Si appropriava pure delle residenze altrui.
Giovanni Marcuzzi cambiava ufficio ogni due mesi per ingannare chi nel frattempo si era accorto che qualche cosa non andava. Dopo le due condanne, anziché fermarsi, ha continuato a incassare migliaia di euro da immigrati in buona fede che cercavano di districarsi in mezzo alle trafile burocratiche ed era sorvegliato speciale. Mai colto con le mani nel sacco, però. La Mobile, oggi in possesso dell’hardware e della rubrica del suo cellulare, sta scoprendo la portata del mercato messo in moto e le numerose persone truffate. Basta pensare che tra il 2010 e il 2011 sono state presentate oltre 100 querele nei suoi confronti da parte di uffici di consulenza che si occupano di pratiche legali, che hanno denunciato gli stranieri presi in giro per un ammontare di almeno 400 mila euro. Ma si tratta della punta di un iceberg. La sua attività imprenditoriale va oltre la provincia e pure la regione. Nullatenente, con casa in affitto, ora si trova in carcere.



Don Black, il suprematista che ispira i neonazi italiani
Usa, il fondatore di Stormfront ha una passione per il Belpaese "Vi ammiriamo perché non vi fate sottomettere dagli immigrati"
La Stampa, 22-12-2011
Supermercato dell’odio e pensatoio per la conquista del governo federale ma anche palestra di idee suprematiste, megastore di cimeli hitleriani e punto di incontro per single, a patto che siano bianchi e gentili: Stormfront non è solo il sito Internet più importante dei gruppi neonazisti americani ma il punto di incontro per chiunque voglia partecipare all’edificazione di un’«America bianca» capace di liberarsi di ebrei, neri, ispanici e gay.
Tali caratteristiche nascono dalle idee e dal lavoro di Don Black, l’ex leader del Ku Klux Klan che negli Anni Settanta aderisce al Partito popolare nazionalsocialista bianco americano per poi dedicarsi nel 1981 al fallito colpo di Stato nella Repubblica Dominicana.
Anziché diventare l’uomo forte di Santo Domingo finisce in una cella federale dove, per tre anni, studia i computer convincendosi che lo aiuteranno a perseguire l’avvento del suprematismo in America. È questa la genesi di una conoscenza hi-tech che lo porta a creare Stormfront nel marzo 1995, appena un mese prima della strage di Oklahoma City, scegliendo come simbolo la croce celtica e come nome «Fronte della tempesta» per trasmettere l’intenzione di «fare pulizia» di tutto ciò che inquina la società americana.
A fianco Don Black ha il figlio Derek, oggi suo braccio destro, e la casa di West Palm Beach diventa il quartier generale dove il sito cresce a vista d’occhio: gli utenti unici nel gennaio 2002 sono 5 mila, nel giugno 2005 superano i 52 mila e, sulla scia del disgusto per l’arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca, nel dicembre 2008 arrivano a 133 mila con la conseguente necessità di reclutare 40 moderatori per gestire i forum nei quali si discute di conflitti razziali, progetti di scalata delle istituzioni, nostalgie naziste e armi da fuoco.
L’odio contro gli ebrei, i neri, gli immigrati e i gay è il tema dominante e porta l’Anti defamation league (Adl, Lega Antidiffamazione) a coniare la definizione di «Supermarket dell’odio» per Stormfront, mentre il «Southern Powerty Law Center» dell’Alabama, che studia i gruppi suprematisti, svela l’esistenza di un forum nel quale Don Black spinge i seguaci ad arruolarsi nelle forze armate per ottenere l’addestramento necessario a vincere la «guerra della razza», grazie alla quale sarà possibile far tornare l’America «solo bianca».
I forum sono la forza di Stormfront perché aggregano seguaci, simpatizzanti e curiosi a migliaia, anche dall’estero. D’altra parte il motto scelto da Don Black è «White Pride Worldwide», orgoglio bianco in tutto il mondo, a conferma di voler portare il verbo suprematista ovunque possibile, Italia inclusa.
A svelare l’attenzione per il nostro Paese è lo stesso Don Black che nel 2008, in un’intervista dell’allora corrispondente di «Repubblica» Mario Calabresi, disse, anche a nome del figlio: «Ci piace l’Italia, c’è molta eccitazione sul nostro sito per quello che sta succedendo da voi, siete i primi a reagire, a dimostrare che non vi fate sottomettere dagli immigrati, anche David Duke la pensa così, tanto che passa la maggior parte del suo tempo nel Nord Italia e nel 2007 eravamo tutti a sciare sulle Dolomiti».
Duke è il volto di maggior spicco del Ku Klux Klan negli Stati Uniti. Nel 1990 diventò deputato della Louisiana con una campagna che vide debuttare la testata «Stormfront» per il suo bollettino. Il legame fra lui e Don Black si sviluppa attorno al sito perché i forum consentono di aggregare un popolo suprematista che non discute solo di ideologia ma gareggia nell’acquistare i prodotti neonazisti più in voga o si incontra nei forum dedicati a single, uomini e donne, in cerca dell’anima gemella, a patto che sia ariana.
Forse anche per questo Don Black definisce Stormfront «il Ku Klux Klan del XXI secolo», pur affrettandosi a precisare che «a un giornalista americano non lo direi mai». La prudenza si spiega con quanto un recente studio del «Southern Poverty Law Center» ha appurato: Black chiede ai seguaci di «non scrivere ingiurie razziali»" sul web perché non vuole guai con la giustizia, al fine di poter continuare a crescere.



Stranieri, più 30% di nati culle vuote per gli italiani
Il confronto tra i primi 9 mesi di 2010 e quello del 2011 evidenzia una sempre maggiore
differenza. Sulle scelte delle coppie dominano le insicurezze legate alla crisi economica
la Repubblica, 21-12-2011
LAURA ASNAGHI
In tempi di crisi i milanesi fanno sempre meno figli. E a compensare il calo delle nascite provvedono gli stranieri. Nella grande Milano, città dove la recessione taglia i posti di lavoro e riduce il potere d’acquisto dei budget familiari, sono sempre più numerose le coppie di italiani che rinunciano ad avere un figlio. La conferma viene dal primo bilancio dell’Asl sulle nascite a Milano nei primi nove mesi dell’anno, con dati messi a confronto con quelli del 2010: i nati di tutte le nazionalità, da gennaio ai primi di ottobre dello scorso anno erano stati 18.147, mentre nel 2011 sono 18.009.
Il trend, già di suo, segna una leggera contrazione: ma la novità sta nel confronto tra  le nascite dei bimbi con cittadinanza italiana e di quelli stranieri. Nel 2011 gli italiani nati nei primi nove mesi sono stati 15.774, contro i 14.796 dello stesso periodo di quest’anno, con un saldo negativo di 978 nati. Ma a risollevare le sorti della natalità nell’Asl di Milano contribuiscono gli stranieri, che da quota 2.373 passano a 3.213, con un aumento di 840 unità. Un balzo di oltre un terzo in più. In testa ci sono i bimbi arabi e i filippini, seguiti dai sudamericani e dai cinesi.
In città, gli ospedali dove si registra la maggiore percentuale di parti di donne immigrate sono la Macedonio Melloni (con il 40 per cento del totale), il Sacco con il 36 e il San Carlo col 35. Alla Mangiagalli la percentuale è circa del 24 per cento, più bassa che negli
altri ospedali, anche perché il tempio dell’ostetricia milanese concentra la su attività sulla patologia della gravidanza e sui parti complessi.
«L’incertezza sul futuro e la crisi che moltiplica i costi dei mantenimento dei figli rappresentano un grosso freno alla natalità tra le coppie milanesi  conferma Alessandra Kustermann, primario in Mangiagalli  ma per le donne degli altri Paesi la situazione è diversa. Per loro, che arrivano da realtà povere, Milano rappresenta ancora una grande opportunità di lavoro e di riscatto, nonostante la recessione. E questo spiega perché, per ora, continuino a fare figli utilizzando anche i contributi della Regione».



Albania: immigrati in fuga,meno abitanti
Un calo di oltre il 7 per cento
(ANSA) - TIRANA, 21 DIC - Anche nell'ultimo decennio la fuga degli albanesi all'estero sembra essere stata consistente: gli abitanti sono diminuiti di oltre 230 mila unita'. Lo affermano i dati dell'Instat che oggi ha pubblicato i risultati preliminari del censimento. Attualmente in Albania vivono 2.831.741 abitanti. ''Si tratta di un calo del 7.7 per cento. Per la prima volta nella storia pero', la popolazione che vive nelle citta' supera quella delle zone rurali. Secondo i dati il 53.7 per cento abita in aree urbane

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