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Sentenza n. 1883 del 7 dicembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Rigetto della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione - dimostrazione possesso di un reddito adeguato al proprio sostentamento.

     

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1701 del 2010, proposto da: *****, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriele Bidini, con domicilio eletto presso Guido Pasquetti in Firenze, via dei Brunelleschi, 1;

contro

Questura di Arezzo, in persona del Questore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura distr.le dello Stato di Firenze, domiciliataria per legge;

per l'annullamento, previa sospensione,

del provvedimento di rigetto della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione avanzata da *****, a firma del Questore di Arezzo emesso il 24.07.2010 e notificato personalmente all'istante il 6.08.2010, contenente contestuale ordine di llontanamento dal Territorio dello Stato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Arezzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Espone il ricorrente di avere fatto ingresso nel territorio italiano dall'ottobre del 2008 sottoscrivendo un contratto di soggiorno con la ditta ***. Nel luglio del 2009 il ricorrente veniva licenziato richiedendo perciò l'iscrizione nelle liste di disoccupazione.
In data 18 febbraio 2010 presentava istanza per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, ma stante la situazione di non occupazione, non era in grado di dimostrare il possesso di un reddito adeguato al proprio sostentamento.
Pertanto, la Questura di Arezzo gli comunicava, ex art. 10 bis legge n. 241/1990 il preavviso di diniego, invitandolo a produrre documentazione integrativa; invito al quale l'interessato ottemperava depositando copia del contratto di lavoro domestico nel frattempo stipulato con il sig. ***** che prevedeva una retribuzione mensile di circa € 550, a fronte di un orario di 25 ore settimanali.
Ciò nonostante, con il decreto in epigrafe la Questura si gettava l'istanza, ritenendo indimostrato il requisito del possesso della disponibilità di un lavoro e di un reddito sufficiente al proprio sostentamento per gli anni 2008 e 2009.
Avverso tale atto il sig. ***** ha proposto ricorso chiedendo chiedendone l'annullamento, previa sospensione e deducendo l’errata interpretazione dell'art.5, co. 5, del decreto legislativo n. 286/1998, nonché l'eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione.
L'amministrazione intimata si costituiva in giudizio opponendosi all'accoglimento del gravame.
Con ordinanza n. 1017 del 10 novembre del 2010 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato.

Il ricorso è fondato.
Come in precedenza riferito, il decreto avversato è sorretto, in punto di motivazione, dall'affermazione dell'omessa dimostrazione, da parte del ricorrente, della titolarità di un contratto di lavoro e dalla mancanza di un reddito sufficiente, vale a dire inferiore all'importo annuale dell'assegno sociale.
L'assunto dell'amministrazione non è tuttavia condivisibile.
Infatti, il ricorrente ha dimostrato che, in data anteriore alla notifica del provvedimento impugnato (avvenuta il 6 agosto 2010) aveva stipulato un contratto di soggiorno per lavoro domestico con il sig. *****, che prevedeva la corresponsione di un salario mensile di circa € 550,00, corrispondenti all'importo annuale di oltre euro 6000.
Osserva sul punto il Collegio che l’art. 21-bis della l. n. 241/1990 stabilisce che “Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata….”.
Ne segue che i fatti intervenuti prima che il provvedimento abbia acquistato efficacia nei confronti dell'interessato possono da questi essere fatti valere a proprio favore nei confronti dell'Amministrazione procedente, in forza del principio tempus regit actum (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 12 novembre 2009, n. 5025).
Nel caso di specie ciò comporta che viene in rilievo quanto stabilito dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998 secondo cui “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato… sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Costituisce affermazione consolidata in giurisprudenza quella secondo cui, in presenza di un'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, l’amministrazione è tenuta a valutare le nuove circostanze, sopraggiunte rispetto al momento della presentazione dell'istanza, che ne consentano il rilascio, atteso che, in relazione ai requisiti reddituali lavorativi, il provvedimento di diniego non costituisce atto vincolato in relazione alla situazione esistente al momento della richiesta, potendo essere sopravvenuto un rapporto di lavoro che consenta il rilascio del permesso (Cons. Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 256; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4 dicembre 2009, n. 2456).

In forza delle considerazioni che precedono, deve concludersi che, avendo il ricorrente dimostrato, dopo l'adozione del provvedimento di diniego, ma prima che questo divenisse efficace nei suoi confronti, la sopravvenienza di circostanze idonee a superare l'originaria carenza di requisiti accertata dall'amministrazione, questa è tenuta a prendere in considerazione tali nuovi elementi, al fine di eventualmente rilasciare il titolo di soggiorno domandato (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 6 luglio 2011, n. 1143).

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere accolto conseguendone l’annullamento dell'atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione
In relazione alle particolarità in fatto della controversia, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, come in motivazione precisato e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Spese compensate, fatto salvo il contributo unificato, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Mercoledì, 7 Dicembre 2011

 
 
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