Ric. n. 1255/04                                                    Sent. n.120/06             

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Avviso  di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della   L.   27  aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Umberto Zuballi                Presidente

Claudio Rovis                    Consigliere

Angelo Gabbricci              Consigliere - relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1255/04, proposto da Nicolae Cretu, rappresentato e difeso dall’avv. S. Filippi, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Veneto, giusta art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054,

contro

l’Amministrazione dell’interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, per legge domiciliataria

per l’annullamento del provvedimento 20 marzo 2004, Cat. A.12/2004/Imm.ME 821 del questore della provincia di Padova.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’ atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione dell'interno;

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 7 dicembre 2005 - relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci - l’avv. Filippi    per il ricorrente e l’avv. dello Stato Cerillo per l’Amministrazione resistente;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con atto 18 ottobre 2001, n. 36220, la direzione provinciale del lavoro di Venezia autorizzava la Miravivai s.s. agricola ad assumere con contratto per lavoro stagionale della durata di 9 mesi il cittadino moldavo Nicolae Cretu.

Il Cretu otteneva quindi dall’ambasciata italiana a Bucarest un visto d’ingresso per lavoro subordinato, relativo al periodo 22 gennaio – 2 novembre 2002; giungeva in Italia il 9 febbraio 2002, e la questura di Padova – per un evidente errore materiale – gli rilasciava qualche giorno dopo un permesso di soggiorno per lavoro subordinato di durata compresa tra il 14 febbraio ed il 18 novembre 2003 (e non 2002, come sarebbe stato coerente con il visto e il lavoro stagionale conseguito).

Dalla documentazione in atti – e segnatamente dal passaporto del ricorrente - risulta che il Cretu ritornò in Moldavia tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003; è inoltre documentata la stipulazione di un secondo contratto stagionale con la Miravivai – con la stessa qualifica di operaio ortoflorovivaistico - con decorrenza dal 5 febbraio 2003 e fino al 30 settembre 2003.

Peraltro, dal libretto di lavoro risulta che tale rapporto si risolse già dal 15 marzo e dal giorno 17 dello stesso mese il Cretu prese a lavorare per l’impresa Fabris S.r.l., questa volta come operaio edile, fino al 31 luglio 2003; dal 16 ottobre dello stesso anno, poi, iniziò un nuovo rapporto con la Servizi funzioni ambientali, dove fu assunto a tempo indeterminato come operaio generico, contratto chimici.

Intanto, approssimandosi la scadenza del permesso di soggiorno, il Cretu ne chiedeva il rinnovo: che, peraltro, la questura di Padova gli avrebbe negato, non è chiaro se con un provvedimento formale, secondo quanto da quanto si afferma a pag. 3 dell’ “istanza di rilascio del permesso di soggiorno”, consegnata alla questura di Padova il 12 marzo 2004, e sottoscritta dal procuratore del ricorrente.

La circostanza non è peraltro rappresentata dall’Amministrazione nelle sue difese; certo è soltanto che, con atto 16 gennaio 2004, la questura di Padova comunicò al Cretu l’avvio “del procedimento amministrativo di revoca del permesso di soggiorno n. F 227149, rilasciato il 19.3.02, con validità fino al 18.11.2003”: e ciò perché, a causa di un “mero errore materiale lo stesso risulta rilasciato a tempo indeterminato ai sensi dell’ art. 22 d. lgs. 286/96 e non a tempo determinato, per nove mesi non rinnovabile, come previsto dall’ art. 24 d. lgs. 286/98”.

Alla comunicazione seguiva la nuova istanza 4 marzo 2004, di rilascio del permesso di soggiorno, cui si è già accennato e, infine, il provvedimento 20 marzo 2004, n. Cat. A.12/2004/Imm.ME821.

In questo, dopo aver confermato quanto già espresso nella precedente comunicazione, e, così, che “per mero errore materiale” al Cretu era stato concesso un permesso di soggiorno “di validità superiore a quella prevista” (il visto aveva la durata, non rinnovabile, di nove mesi), si affermava che “l’ulteriore permanenza in territorio nazionale da parte dello straniero violerebbe” l’art. 24 del d. lgs. 286/98; né si poteva rilevare, in favore dell’interessato, “un principio di buona fede da tutelare, atteso che il medesimo all’atto di fare ingresso nel territorio nazionale con il relativo visto, era a conoscenza della durata del titolo autorizzatorio al quale aveva diritto”; motivazione ulteriormente confermata dalla seguente affermazione, secondo la quale il periodo massimo autorizzato era facilmente desumibile “dal visto d’ingresso nr. 105948872, apposto dalla Sezione Consolare dell’Ambasciata d’Italia in Bucarest in data 21.1.2002 sul passaporto del Cretu”.

Così, sulla base di tale motivazione, l’atto de quo decretava testualmente “la revoca dell’istanza del citato Cretu Nicolae”, che veniva conseguentemente invitato ad abbandonare il territorio nazionale.

Avverso il provvedimento, il Cretu ha proposto il ricorso in esame; si è costituita l’Amministrazione dell’interno, concludendo per la reiezione.

L’istanza cautelare, respinta dal T.A.R., è stata poi accolta dal giudice d’appello, con riferimento all’ art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 394 del 1999, il quale consentirebbe “la conversione del permesso da lavoro stagionale a lavoro subordinato in favore di coloro, come l’appellante, che abbiano svolto il secondo anno di attività stagionale”.

DIRITTO

1.1. Il primo motivo è rubricato nella violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 13 del d. lgs. 286 del 1998, violazione degli artt. 12, 13, 14 e 38 del d.P.R. 394 del 1999, degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Sostiene anzitutto il Cretu che il provvedimento impugnato viene giustificato con riferimento alla sua carenza di buona fede, ed a ciò egli anzitutto oppone come “l’errore della Questura non possa, rectius non debba, ricadere sul Sig. Cretu”, il quale, fin dal suo arrivo in Italia, avrebbe dimostrato “di voler ottemperare alle leggi italiane e di volersi integrare nel tessuto sociale e lavorativo nazionale”.

Infatti, prosegue il ricorso, giunto in Italia, il Cretu svolse la prestazione lavorativa stagionale per la quale era stato assunto; e scaduto il contratto di lavoro, “in data 24 dicembre 2002 egli faceva ritorno in Moldavia per munirsi di un secondo visto per lavoro stagionale, ma una volta recatesi in Ambasciata gli veniva rifiutata questa seconda apposizione in quanto il permesso di soggiorno era ancora valido”.

Lo straniero sarebbe allora rientrato in Italia il seguente 30 gennaio 2003, dove otteneva un secondo contratto di lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro; inoltre, “si recava presso gli Uffici della Questura di Padova per chiedere un secondo permesso di soggiorno per lavoro stagionale”: ma la richiesta sarebbe stata respinta, in quanto il primo permesso era ancora valido.

Iniziato comunque il nuovo periodo di lavoro stagionale, il Cretu, nel corso dello stesso 2003, dopo essersi licenziato ed aver partecipato ad un corso regionale per il trattamento dell’amianto, dal mese di ottobre “veniva assunto come operaio scoibentatore addetto al trattamento dell’amianto presso la Società S.F.A. -Servizi Funzioni Ambientali S.r.l.”.

A questo punto, continua il ricorso, il Cretu, in prossimità “dello scadere del permesso di soggiorno chiedeva e otteneva la convocazione per il rinnovo dello stesso per motivi di lavoro subordinato, nella legittima speranza di chiedere la conversione del permesso da lavoro stagionale a lavoro subordinato, atteso che aveva già svolto il secondo anno di attività stagionale così come richiesto dalla legge ai fini della conversione”: tuttavia, nell’occasione, “in data 13.01.2004 allo straniero veniva rifiutato il rinnovo dello stesso per asseriti problemi”, che, tuttavia, secondo il ricorso, riguarderebbero unicamente “l’errore commesso dalla Questura nel rilasciare il permesso di soggiorno de quo”.

Infatti, il Cretu non ha precedenti penali, o pendenze di qualsivoglia altro titolo “e pertanto non sussistono legittimi impedimenti a che venga rinnovato il permesso di soggiorno de quo”: l’errore commesso dalla questura “non può pregiudicare il diritto del lavoratore a soggiornare legittimamente in Italia”, visto che, se tale errore non fosse stato commesso, il Cretu “avrebbe potuto tranquillamente convertire il permesso di soggiorno de quo”.

Dalla precedente esposizione emergerebbe “in maniera inequivocabile” come lo straniero “abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per cercare di sanare l’errore in cui era incorsa la Questura di Padova, dimostrando in tal modo una totale buona fede”. Inoltre, sempre secondo il ricorrente, ai sensi dell’art. 5, V comma, del d. lgs. 286/96, il permesso di soggiorno è revocato “quando vengono a mancare i requisiti richiesti per 1’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”, ma soltanto se “non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio”: elementi che, in specie, sarebbero costituiti dall’assunzione a tempo indeterminato del ricorrente presso la S.F.A. S.r.l., per cui “la Questura avrebbe dovuto limitarsi a verificare se, al momento dell’instaurazione del nuovo rapporto di lavoro, ricorrevano le condizioni per la conversione del permesso, condizioni che sicuramente sussistevano al momento della presentazione dell’istanza da parte del Sig. Cretu in considerazione dello svolgimento dei due periodi di lavoro stagionali compiuti e puntualmente documentati dallo stesso”.

Così, sebbene erroneamente emesso per un periodo superiore, il permesso avrebbe costituito “titolo pienamente efficace e all’epoca idoneo a consentire il soggiorno fino alla scadenza nello stesso indicata, cosicché nessuna valenza ostativa alla conversione può essere attribuita, in questo caso, al prolungamento del soggiorno oltre i nove mesi (ed al reperimento sul posto del nuovo contratto di lavoro), e che nella fattispecie non integra alcuna inottemperanza alle disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno”; né il successivo annullamento del permesso disposto dall’Amministrazione “può valere a riqualificare diversamente, ex post, il comportamento dell’interessato”.

1.2. Il secondo motivo di ricorso, è invece rubricato nella violazione dell’art. 3 della l. 241/90, nonché nell’eccesso di potere sotto i profili dell’insufficienza della motivazione, illogicità manifesta e violazione del principio di affidamento.

In questo si ribadisce, anzitutto, che sarebbe stato qui violato il principio dell’affidamento, che, “anche sulla base della legge 241 del 1990 e ancor più dell’art. 97 Cost., costituisce un cardine del nostro ordinamento per quanto riguarda i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione”.

L’affidamento del Cretu, in particolare, deriverebbe “dall’aver ottenuto dalla Questura di Padova un permesso di soggiorno per lavoro subordinato di durata superiore al termine di legge, sia pure dovuto ad un errore dell’amministrazione”, al quale, peraltro, il ricorrente avrebbe cercato di rimediare, “richiedendo una nuova autorizzazione al lavoro e tornando in Moldavia al termine della scadenza del lavoro stagionale per munirsi di un secondo visto per gli stessi motivi di lavoro stagionale”, che gli sarebbe stato rifiutato “in considerazione della intercorrente validità del permesso di soggiorno esibito”.

Ora, prosegue il ricorso, il principio dell’affidamento “comporta da parte dell’amministrazione il dovere di un supplemento di attività, per consentire all’interessato di tutelare meglio i propri interessi, e un correlativo supplemento di motivazione, qualora si tratta di incidere su posizioni e aspettative che è stata l’amministrazione stessa a contribuire a determinare nel privato cittadino, sia pure per errore”: tale motivazione sarebbe qui “del tutto assente”, per cui, anche sotto tale profilo si chiede l’annullamento del provvedimento gravato.

2.1. Orbene, non v’è intanto dubbio come la fattispecie, una volta ricostruita compiutamente, presenti indubbi elementi di singolarità, a partire dall’effettivo contenuto del provvedimento impugnato, poiché, evidentemente, non ha alcun significato giuridico disporre, come esso fa, la revoca dell’istanza presentata da un privato.

Peraltro, sebbene sul punto la difesa dell’Amministrazione non si esprima, è da ritenere che, mediante il provvedimento in questione, il questore di Padova abbia voluto insieme ritirare il permesso di soggiorno a suo tempo rilasciato, sia pure soltanto per la parte eccedente il periodo del primo lavoro stagionale, e quindi negare il rilascio di un ulteriore permesso, o il rinnovo del precedente, in relazione al lavoro a tempo indeterminato che il Cretu aveva iniziato a svolgere.

2.2. Il decreto ha dunque un contenuto plurimo, costituito, da un canto, da un provvedimento di annullamento parziale e, dall’altro, dal diniego di rinnovo, posto con il primo in un nesso di consequenzialità-dipendenza.

Per quest’ultimo, in realtà, le considerazioni, contenute tanto nel provvedimento impugnato, quanto nel ricorso proposto, sulla buona fede del Cretu si presentano in realtà assai marginali ai fini della decisione.

Infatti, i requisiti e le condizioni di legge per la conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in quello per lavoro subordinato, sono puntualmente stabiliti, e le relative disposizioni non possono essere disapplicate invocando l’affidamento dell’interessato, il quale, semmai, potrà essere risarcito del danno cagionatogli dalla negligenza dell’Amministrazione.

Un’indiretta conferma di quanto testé affermato viene dalla motivazione dell’ordinanza con cui il giudice d’appello ha riformato l’ordinanza di questo Tribunale, e nella quale manca qualsiasi riferimento al tema della buona fede; si ritiene invece che il provvedimento impugnato violi il disposto dell’art. 38, VII comma, del d.P.R. 394/99, per cui i lavoratori stranieri, rientrati nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso stagionale, autorizzati a tornare in Italia per un ulteriore periodo di lavoro stagionale, “ed ai quali sia offerto un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, nei limiti delle quote di cui all'art. 29, possono richiedere alla questura il rilascio del permesso di soggiorno”, che viene rilasciato “se sussistono i requisiti e le condizioni previste dal testo unico e dal presente articolo”.

Per la verità, la censura accolta dal giudice d’appello non è immediatamente percepibile nel contesto del ricorso: comunque, con qualche impegno essa può desunta dall’affermazione, già sopra riprodotta, per cui era dovere dell’Amministrazione di stabilire se il Cretu avesse titolo alla conversione del permesso di soggiorno: titolo che, peraltro, sarebbe effettivamente esistito, poiché, al momento della presentazione della relativa domanda, lo straniero aveva già svolto due periodi di lavoro stagionali.

2.3. In realtà, il ricorrente, come già esposto, completò un solo periodo di lavoro stagionale, giacché sin dal marzo 2003, ad un mese dal rientro in Italia, iniziò a lavorare per un’altra impresa.

Ciò, peraltro, non sembra rappresentare un ostacolo all’eventuale conversione richiesta, poiché né il citato art. 38, né l’ art. 24, IV comma, del d. lgs. 286/98, individuano come presupposto per la conversione il compimento del secondo periodo di lavoro stagionale.

Tuttavia, non pare corretta l’affermazione per cui il lavoratore stagionale avrebbe diritto alla conversione, solo perché dispone di una proposta di assunzione: il ripetuto art. 38 stabilisce precise condizioni per la conversione, e così, anzitutto, il rispetto dei limiti delle quote.

3.1. Peraltro, come si è visto, il diniego discende dal presupposto annullamento parziale in autotutela, e bisogna allora portare l’attenzione su quest’ultima determinazione: atto, in generale, ampiamente discrezionale e qui ingiustificato, come rilevato dal ricorrente nel secondo motivo.

3.2. Invero, il provvedimento di ritiro reca la data del 20 marzo 2004: esso è stato cioè emesso a due anni di distanza dal rilascio del permesso di soggiorno recante il termine finale errato, e dopo quattro mesi da quest’ultimo termine.

Ora, la decisione di rimuovere parzialmente il permesso di soggiorno, dopo che questo aveva ormai integralmente esaurito i suoi effetti, sembra al Collegio priva di qualsiasi ragionevole giustificazione, né, comunque, l’Amministrazione ha saputo spiegarne l’utilità, come sarebbe stato invece necessario, se si tiene conto che, infine, il Cretu non aveva tenuto un comportamento sostanzialmente diverso da quello che da lui ci si sarebbe potuti attendere, se il permesso di soggiorno originariamente rilasciato avesse indicato il termine corretto.

Egli, invero, era rientrato nel suo Paese, ed era poi ritornato in Italia disponendo di un nuovo contratto temporaneo, destinato a scadere nel periodo in cui egli richiese il rilascio del nuovo permesso per lavoro dipendente a tempo indeterminato; d’altronde, pare al Collegio incongruo che si esiga da uno straniero, giunto in Italia per fare il giardiniere, di apprezzare l’errore dell’ Amministrazione e, ancor più, di prodigarsi per correggerlo; e manifestamente ingiusto è altresì di far gravare su di lui le conseguenze sfavorevoli di una banale svista, commessa dalla questura, e che, in pratica, non aveva avuto alcun pregiudizio per l’interesse pubblico, visto che non aveva concretamente influito sulla vicenda dell’immigrato.

3.3. Insomma, l’annullamento in autotutela de quo è illegittimo: l’Amministrazione, preso atto che, comunque, esistevano alcuni presupposti di fatto - due successivi contratti di lavoro stagionale, la presenza in Italia in base ad un permesso di soggiorno efficace, il ritorno intermedio nello Stato di provenienza – avrebbe invece dovuto limitarsi ad accertare se esistevano gli ulteriori requisiti e le condizioni per disporre il rilascio di un nuovo permesso di soggiorno ex art. 38, IV comma, d.P.R. 394/99: e tale è l’effetto conformativo della presente decisione, con cui il ricorso viene accolto, giacché, annullato l’atto di ritiro, il diniego di rilascio ne viene necessariamente travolto.

4. Sussistono comunque giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento 20 marzo 2004, Cat. A.12/2004/Imm.ME 821 del questore della provincia di Padova.

Compensa integralmente le spese tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 7 dicembre 2005.

Il Presidente                                                              l’Estensore

 

Il Segretario

 

 

 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione