Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 10 febbraio 2011)

 

Decreto flussi:  396 mila domande pervenute al sito del Viminale, il quadruplo delle disponibilità  

 

 

Sommario

 

o       Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                             pag. 2

o       Decreto Flussi: dichiarazione di Guglielmo Loy                                                                                  pag. 2

o       Decreto Flussi: per Maroni la procedura si è svolta senza intoppi                                                        pag. 2

o       Decreto Flussi: analisi consuntiva dei 3 click day                                                                               pag. 3

o       Rom e Sinti – il rogo nel campo nomadi a Roma                                                                                  pag. 5

o       Rifugiati – Africani prigionieri: le fiammelle di Roma, i fuochi del Sinai                                                            pag. 6

o       Legislazione – L’Italia non recepisce la direttiva sui rimpatri, ma i giudici sì                                        pag. 7

o       Dai territori – I Pm sfidano il decreto Maroni                                                                                                 pag. 9

o       Rom e Sinti – “Bambini ladri”, un saggio sui piccoli Rom                                                                     pag.10

o       Notizie in breve                                                                                                                            pag. 11

o       Prensa Extranjera                                                                                                                          pag. 12

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 303



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti

 

Prato, 10 febbraio 2011, ore 17.30, sede UIL

Incontro con UIL di Prato su Immigrazione

(Guglielmo Loy)

Roma, 11 febbraio 2011, ore 10.00, sede UIL

Incontro con Opera Nomadi

(Giuseppe Casucci)

Vicenza, 19 febbraio ore 09.30 sede UIL

Incontro con Ital e UILCEM su Immigrazione

(Guglielmo Loy)

Roma 26 febbraio, ore 10.00, Via Sant’Andrea delle Fratte

Forum Immigrazione PD

(Giuseppe Casucci)


 

Decreto Flussi 2010


COMUNICATI STAMPA

Decreto Flussi 2010, una scelta di partecipazione Ital e UIL

Dichiarazione di Guglielmo Loy, Segretario confederale UIL


We-News.com | Paid-To-Write | Guadagnare Scrivendo Articoli La UIL e l’Ital hanno deciso di partecipare con impegno alle scadenze e oneri connessi ai tre click day del decreto flussi 2010 – 2011 che, com’è noto, metteva a disposizione circa 98 mila quote d’ingresso nel nostro Paese per lavoratori stranieri extra UE. Lo abbiamo fatto, malgrado i rischi connessi all’effetto lotteria dello stesso dispositivo, mettendoci in gioco con immigrati e datori di lavoro, all’insegna dell’offerta di un servizio qualificato ed, allo stesso tempo, della massima trasparenza sui rischi connessi agli invii collettivi delle pratiche ed all’eventualità che la domanda non venisse accolta. Lo abbiamo fatto per non lasciare datori di lavoro e immigrati nelle mani della speculazione di molti cosiddetti “consulenti privati”, spesso capaci di ricavare un profitto certo da un risultato incerto, facendo leva sulle comprensibili aspettative di centinaia di migliaia di cittadini immigrati, presenti in Italia ancora in forma irregolare. I dati relativi all’afflusso di domande (quasi 400 mila invii) dimostrano anche che è ancora estesa la presenza irregolare di lavoro etnico e che il decreto flussi continua ancora ad essere utilizzato, in gran parte, come una forma surrettizia di sanatoria. La UIL chiederà ora al Governo che questo di oggi sia l’ultimo decreto flussi gestito con una modalità tanto illogica, e solleciterà all’Esecutivo una riforma del dispositivo di gestione degli ingressi di cittadini immigrati, rendendolo davvero efficace ai fini dell’incontro tra domanda ed offerta di occupazione. Sappiamo che all’interno dell’Esecutivo ci sono molte sensibilità pronte ad accogliere la proposta di cambiamento che viene da più parti e, in questo senso, la UIL si mette a disposizione per mettere fine alla lotteria degli ingressi e lavorare insieme per una vera governance dell’immigrazione nel nostro Paese. Per quanto riguarda l’Ital non possiamo che essere pienamente soddisfatti dell’ottimo lavoro svolto. Con circa 14 mila pratiche avviate, nell’ambito dei tre click day, su di un totale di circa 400 mila invii complessivi al portale del Viminale, l’Ital ha pesato per oltre il 3,5 % sulle richieste totali di assunzione di lavoratori stranieri, ma va tenuto conto che la quota di pratiche prodotte da tutto il sistema dei Patronati è significativamente inferiore al dato generale. Un risultato più che soddisfacente che ha impegnato oltre mille operatori e computer in tutta Italia, con la collaborazione di molte sedi territoriali della UIL e spesso degli stessi uffici territoriali degli altri servizi UIL. Il risultato di oggi, quindi, va considerato comunque un pieno successo, tenendo conto che il patronato ha, correttamente, messo sull’avviso la potenziale utenza del rischio connesso all’invio collettivo delle pratiche. Siamo fiduciosi che l’esito delle richieste da noi avviate sarà largamente positivo. Riteniamo comunque doveroso ringraziare con convinzione le molte centinaia di operatori UIL e ITAL che si sono spesi in questo mese per arrivare a dare risposte concrete nel segno dell’efficienza e della solidarietà. Ringraziamo, ovviamente, la dirigenza dell’Ital che ha reso possibile questo risultato e, naturalmente, le UIL territoriali e di chi segue i temi dell’immigrazione che hanno dato a questo lavoro piena collaborazione.



Decreto Flussi 2010: per  Maroni “la procedura si è svolta senza gli intoppi che qualcuno lamentava o ipotizzava”

Arrivate oltre 396 mila domande . Critica l’opposizione per l’incongruenza di alcune quote privilegiate. In un’informativa al Senato il Ministro assicura “tempi rapidi” per concludere la procedura.


Roma, 10 febbraio 2011 - La procedura dei click day “si è svolta senza intoppi, come qualcuno ipotizzava, temeva o lamentava”. È quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso di un’informativa in aula al Senato. Per i 98mila ingressi previsti, ha ricordato il Ministro, “sono arrivate 396mila domande per via telematica ed il sistema ha risposto in modo assolutamente efficace, grazie al potenziamento del sito del Ministero che ha consentito di gestire l’impatto delle richieste”. Il titolare del Viminale ha poi informato che “è iniziata la ripartizione delle quote a livello provinciale e pensiamo di poter concludere la procedura in tempi piuttosto rapidi”. Il Ministro, dopo avere anche ricordato che è in via di ultimazione la procedura di regolarizzazione di colf badanti del 2009 in quanto su 295.126 domande pervenute, sono state definite circa 250.000 pratiche e sono stati rilasciati 196.454 permessi di soggiorno, ha sottolineato che “un governo equilibrato dell’immigrazione deve realizzare il giusto bilanciamento tra il rigore nel contrasto all’immigrazione clandestina e le regole per gli ingressi legali dei lavoratori che sono una risorsa per il Paese”. Dopo l’intervento del Ministro è iniziata la discussione con il senatore Perduca (PD) estremamente critico nei confronti del Governo responsabile di “un'infrazione nei confronti dell’Unione europea” in quanto non ha recepito la direttiva sui rimpatri scaduta alla vigilia di Natale dell’anno scorso, ma anche di sperpero di danaro pubblico, come nel caso del finanziamento di oltre mezzo milione di euro per un programma di formazione che interessa 20 ghanesi che probabilmente verranno dal Ghana in Italia; somma che si aggiunge al contributo di 2 milioni di dollari, erogato direttamente dalle Nazioni unite. “Con 2 milioni e mezzo di dollari” ha detto Perduca “ faremo arrivare 20 persone per il comparto agroalimentare, probabilmente alla fine del prossimo mese di marzo”. Secondo il senatore Saia (FLI), pur dovendosi apprezzare l’intenzione del Governo di accelerare le procedure di regolarizzazione ed incrementare la stipula di accordi internazionali con i Paesi d’origine dell’immigrazione, sarebbe necessario promuovere, al pari di altri Paesi europei come Francia e Gran Bretagna, l’elaborazione di un nuovo e più progredito modello di integrazione dal punto di vista sociale e culturale, capace di contribuire ad una maggiore sicurezza sul territorio. Per il senatore Carlino (IdV) il Governo, anziché “ricorrere a strade ipocrite e contorte per promuovere iniziative nella sostanza condivisibili”, meglio farebbe a prevedere la possibilità di convertire il permesso di soggiorno da turistico a lavorativo entro quote predeterminate, magari privilegiando le esigenze delle famiglie con carichi assistenziali. Soprattutto il decreto flussi andrebbe meglio collegato ad un’organica politica dell’accoglienza e dell’integrazione sul territorio, posto che la normativa comunitaria che vieta discriminazioni nell’accesso ai servizi di welfare per i cittadini stranieri è sovente violata, “specie nelle Regioni settentrionali dove taluni amministratori locali alla ricerca di un facile consenso tentano l’introduzione di limiti ed ostacoli assai discutibili”. Per il senatore Livi Bacci (PD) – tra l’altro – è del tutto sbagliata ed incomprensibile la scelta di riservare 4.000 posti ai tunisini, tanti quanti quelli che si riservano ai marocchini, che hanno un numero quadruplo di residenti in Italia, come pure la riserva di 8.000 quote agli egiziani, che hanno una comunità in Italia assai meno numerosa di quella dei filippini, cui si riservano 5.000 posti.  


 


Decreto Flussi 2010

Analisi consuntiva dei risultati dei tre click day

(a cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL)


In questa breve disamina dei risultati, procediamo ad un’analisi delle domande effettivamente inviate (almeno a questa data). I dati sono stati forniti dalla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro, ma sono in  gran parte di fonte del Viminale. Com’è noto il decreto flussi DPCM 30/11/2010, metteva a disposizione complessivamente 98.080 quote d’ingresso per lavoratori dei Paesi Terzi, ed è stato strutturato in tre click day:

1)     il primo (a partire dalle ore 08.00 31 gennaio 2011) metteva a disposizione 52.080 quote per una ventina di Paesi che avevano firmato protocolli di collaborazione con l’Italia in materia migratoria;

2)     Il secondo (il 2 febbraio 2011) offriva 30 mila quote destinate a lavoratori extra UE non  appartenenti ai 10 Paesi già indicati e solo per i settori del lavoro domestico ed assistenza alla persona;

3)     Il terzo (3 febbraio 2011) offriva 16 mila quote per conversioni (studio, tirocinio e formazione, soggiornanti CE di lungo periodo), nonché lavoratori formati all’estero e lavoratori di origine italiana.

Esse sono state:

Per il primo click day: 324.851 (contro 52.080 quote disponibili);

Per il secondo: 61.008, contro 30 mila quote;

Per il terzo e ultimo: 6.815 domande pervenute, a fronte di 16 mila quote disponibili.

Vediamo cosa è successo:

PRIMO CLICK DAY

Il Bangladesh  (2.400 quote) ha mandato 50.916 domande;

Il Marocco (4.500 quote) ha inviato 50.121 domande;

L’India (1.800 quote) ha mandato 40.403 domande;

L’Egitto (8.000 quote) ha inviato 25.280 domande;

Seguono poi Sri Lanka (24.563 domande a fronte di 3.500 quote); Pakistan (24.250 domande per 1000 quote disponibili) e Filippine (23.659 invii, per 4000 quote); Ucraina (17.424 invii a fronte di 1.800 quote); Perù (13.217 domande per 1800 disponibilità) e Tunisia (10.548 domande inviate a fronte di 4000 quote). Possiamo dire che le prime dieci nazionalità hanno totalizzato 280.381 domande, l’86% di tutte quelle inviate nella prima giornata. Se si considera comunque che delle totali 324.851 pervenute, quasi 231 mila erano per lavoro domestico, si ha il quadro di uno strumento usato come sanatoria surrettizia (è impensabile che siano veritiere richieste per 150 mila colf o badanti marocchine del Bangladesh o indiane). Il gap tra quote disponibili e domande inviate dà anche un quadro della larga inutilità relativa agli invii. Il Bangladesh totalizza quasi 51 mila domande, ma ha solo 2400 quote: dunque almeno 48.500 invii non avranno risposta positiva. Così anche per il Marocco e l’India. In questi tre casi solo uno su 10 o uno su 20 hanno qualche chance di farcela. Va molto meglio per l’Egitto (una chance su tre) e meglio per le Filippine (una su sei). Meno per lo Sri Lanka (uno su 8), l’Ucraina (una su 10). Il Pakistan ha solo una chance su 24.

In pratica però analizzando queste prime dieci nazionalità per invio, abbiamo un totale di 280.381 domande pervenute a fronte di 32.800 quote disponibili. Dunque, oltre 247 mila pratiche inviate verranno perdute (oltre 8 su 9). Ancora: se si analizzano le domande per nazionalità del datore di lavoro, troviamo in buona parte le stesse per cui le domande sono state fatte: 25.015 imprenditori marocchini per 50.121 richieste per lavoratori del Marocco; 21.208 imprenditori del Bangladesh hanno concorso a richieste di 50.916 lavoratori connazionali; circa 17 mila imprenditori indiani per 40 mila richieste di lavoratori indiani. Sembrano in buona parte regolarizzazioni o ricongiungimenti familiari mascherati.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale in Italia, al primo posto troviamo Milano (con 42.424 domande avviate), seguito da Roma (25.231), Brescia (20.302), Bologna e Bergamo (oltre 11 mila ciascuno), Napoli e Verona (circa 10 mila a testa.

SECONDO CLICK DAY

Il giorno del lavoro domestico metteva a disposizione 30 mila quote d’ingresso. Attualmente le domande pervenute al Viminale superano le 61 mila unità, di cui 53.414 colf e 7.594 badanti . Potrebbe anche essere definito il giorno dei cinesi, visto che 32.598 domande pervenute provengono da imprenditori cinesi e riguardano lavoratori di quel Paese. Bisogna ricordare che la Cina non figura tra i Paesi che ha accordi in materia di cooperazione migratoria con l’Italia. Dunque per la Cina ed altri Paesi, era l’unica altra chance (se si eccettuano le conversioni) per avviare richiesta di quota. E’ ben noto che i cinesi in Italia operano quasi solo nel settore del commercio, per cui le 32.598 richieste per colf o badante appaiono poco veritiere e sono probabilmente  ricongiungimenti e regolarizzazioni individuali camuffate. A grande distanza dalla Cina seguono l’Ecuador (3.281 domande pervenute), Georgia (2.227); Costa d’Avorio (2.196), Repubblica Dominicana (1.810), Camerun (1777), Russia (1.546) e Brasile (1.496). Le altre nazionalità sono sotto le mille unità richieste. Per quanto riguarda le province italiane di provenienza delle domande, è sempre in testa Milano (8.057), seguita da Roma (3.005), Napoli (2.295), Torino (2.097) e Brescia (1851), ecc.

Va meglio per chi ha fatto al richiesta il 2° click day. Infatti, chi ha fatto domanda il primo giorno per colf o badante ha una possibilità su 20 o peggio di vedere la propria richiesta esaudita. Il secondo giorno, invece, la chance è una su due.

TERZO CLICK DAY

Il terzo click day prevedeva 16 mila quote in conversioni varie. E’ l’unica giornata in cui le quote avanzano. Infatti sono solo 6.815 le domande pervenute al Viminale: di cui 3.215 conversioni da lavoro stagionale e 2.401 da studio, tirocinio o formazione. 207 riguardano permessi CE per soggiornanti di lungo periodo da convertire in permesso di lavoro in Italia. Vanno aggiunte 16 conversioni da lavoro autonomo e 904 relative a formazione effettuata all’estero (ingresso ex art. 23 Testo unico immigrazione). Infine ci sono 72 domande per lavoratori di origine italiana. Avanzano oltre 10 mila quote che – secondo il Ministero del Lavoro – non potranno essere ridistribuite sugli altri click day. Secondo gli esperti, è soprattutto la mancanza di informazioni che ha prodotto un numero così basso di domande inviate, ben al di sotto delle previsioni dell’Esecutivo. Com’è noto la distribuzione territoriale delle quote avviene a valle. Il ministero del Lavoro ha annunciato che 19.025 quote per lavoro subordinato per le nazionalità privilegiate sono già state distribuite, così come 10 mila per lavoro domestico. Le altre verranno distribuite sulla base della verifica effettiva sulle domande inviate. Scarica la circolare del 1° febbraio sulla distribuzione delle quote:

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/967120E1-83F9-4020-92BC-EB3D33B1C867/0/letteracircolare1_02_2011.pdf


 

 

 

Rom e Sinti


La Repubblica

Il rogo nel campo nomadi smantellato l'insediamento

Dopo la morte di quattro fratellini ROM. I vigili del fuoco: l'ipotesi più accreditata è che le fiamme siano partite dal braciere acceso per scaldarsi. I nomadi portati in una struttura di accoglienza del Comune. Sopralluogo del prefetto Pecoraro: "Stiamo lavorando ai nuovi campi regolari: uno lo stiamo terminando, un altro verrà acquisito questa settimana". Il Pd: "Completo fallimento di Alemanno". E a Bari il sindaco proclama il lutto cittadino


E' stato smantellato il campo abusivo dove ieri sera sono morti nel sonno quattro fratellini rom, tre maschi e una femmina, tra i 4 e gli 11 anni. Le fiamme si sono propagate in poco tempo, poco dopo le ore 21, all'interno della baracca dove i bambini dormivano. La madre, Elena Moldovan e il padre, Erdei Mircea, si erano allontanati per comperare del cibo, mentre la zia era fuori per recuperare dell'acqua. Tra le lamiere c'era anche un cucinino con un fornelletto e una bombola di gas, che però non è esplosa. Il sindaco: "E' mia intenzione indire il lutto cittadino". Il sindaco ha anche annunciato che il presidente della Repubblica "intende visitare i bambini e i familiari".

LE IMMAGINI

Stamane gli abitanti del campo, una ventina, sono stati portati in una struttura di accoglienza del Comune. Altre bonifiche e sgomberi nella stessa zona, dove ci sono altri due insediamenti abusivi abitati in tutto da circa 40 persone, potrebbero avvenire già da domani o nei prossimi giorni. Questa mattina, sul luogo della tragedia, si è recato anche il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. Il prefetto. "Ho voluto rendermi conto di persona di quello che è successo. Stiamo lavorando ai nuovi campi regolari: uno lo stiamo terminando, un altro verrà acquisito questa settimana", ha detto ai microfoni di SkyTg24 il prefetto di Roma. Giuseppe Pecoraro si è recato questa mattina nel campo sull'Appia. Sul posto dove si è sviluppato l'incendio sono ancora all'opera gli agenti della scientifica, che stanno effettuando i rilievi anche sui corpi dei bimbi, ancora tra i resti della baracca bruciata.
IL GIORNO DOPO

E' infatti ancora in corso l'indagine per accertare le cause dell'incendio. Secondo i vigili del fuoco, al momento, ancora non sono state accertate le cause ma l'ipotesi più accreditata è che le fiamme siano partite dal braciere acceso per scaldarsi.

Cinque in tutto le costruzioni di fortuna dove abitano altre venti persone che si sono strette intorno ai genitori di Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian, trovati ormai carbonizzati dai vigili del fuoco intervenuti ieri sera sul posto. I nomadi che popolano l'area attendevano di essere trasferiti in un campo autorizzato. "Un problema di burocrazia", ha spiegato il sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha raggiunto il luogo della tragedia, annunciando di volere chiedere poteri speciali per potere attuare il Piano Nomadi.

Il campo, che sorge su un'area di proprietà della società di trasporti Cotral, era stato ripopolato un anno fa, ma già nel 2005 era stato sgomberato una prima volta. In quel luogo, una boscaglia ai margini di via Appia Nuova, gli abitanti erano arrivati dopo la bonifica di un campo nella zona della Caffarella.

I RESIDENTI "Nessuno ha voluto ascoltarci"

"Aiutateci - hanno detto i genitori dei bambini rivolgendosi al sindaco - speriamo di avere assistenza. Vorremmo organizzare i funerali in Romania e quindi portare le salme". Alemanno, che ha offerto il supporto ai genitori delle vittime e agli oramai ex abitanti del campo, offrirà ai venti nomadi dell'insediamento l'accoglienza in una struttura.

Le testimonianze. "Ho visto il fuoco all'improvviso - ha poi spiegato Silvia, una rom del campo ricordando con terrore quei momenti - ci siamo spaventati tutti. Ho paura di vivere nella mia baracca come tutti. Chiunque potrebbe entrare e persino ucciderci". Oggi i nomadi lasceranno per sempre quel posto.

LA POLEMICA "Il piano rom non è solo ordine pubblico"

Il vertice. Stamattina vertice tra il sindaco Gianni Alemanno, il prefetto, Giuseppe Pecoraro e l'assessore alle Politiche sociali, Sveva Belviso. Al centro, ovviamente, "l'emergenza nomadi". Al termine il sindaco ha annunciato l'intenzione di indire il lutto cittadino. "Decideremo con i familiari la data - ha aggiunto il sindaco - per noi indire il lutto significa che questa è una delle più gravi tragedie degli ultimi anni a cui dobbiamo dare risposta". Alemanno ha precisato che "è la prima volta che viene indetto un lutto per la morte di nomadi". Il primo cittadino ha anche riferito di un colloquio con Giorgio Napolitano: "Mi ha telefonato il presidente della Repubblica - ha detto - che intende visitare i bambini e i familiari". L'incontro di stamane arriva dopo le affermazioni di ieri sera, a poche ore dalla tragedia: "Ho lanciato molte volte l'allarme perché questi insediamenti venissero smantellati perché sono pericolosissimi", ha ricordato Alemanno che si è scagliato contro la lentezza della burocrazia e anche della sovrintendenza per il mancato ampliamento di un campo regolare. "Chiederò, urlando, al governo poteri speciali per gli insediamenti dei rom - ha aggiunto - affinché il prefetto possa realizzare i campi rom autorizzati a roma" perché "non possiamo permettere che la gente continui a vivere in baracche di plastica, dove basta un cerino che cade nel posto sbagliato per farle diventare dei forni crematori a cielo aperto". La polemica. Dura la replica del Pd: "Anche sui campi nomadi assistiamo dopo tre anni al completo fallimento di Alemanno. Senza una strategia di governo, senza una politica dell'accoglienza ma solo con squallidi spot a uso di giornali e tv (ricordiamo solamente quando Alemanno gridò ai quattro venti che avrebbe espulso 20 mila nomadi in tre mesi, ed era il 2009...). Si va incontro a eventi drammatici come quello del rogo dove hanno perso la vita quattro bimbi", afferma Marco Miccoli, segretario del Pd Roma, per il quale "i campi abusivi aumentano in città e Alemanno non trova di meglio che prendersela con la burocrazia". "Purtroppo quando le cose vanno male la responsabilità è di tutti. Questo è un Paese che ha vari livelli di amministrazione e quindi anche vari livelli di responsabilità", ha ribattuto la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. "Responsabilità di Alemanno? Quando muoiono quattro bambini - ha aggiunto - il colpevole non può essere uno solo".

Secondo Vincenzo Spadafora, presidente Unicef Italia, la tragedia di ieri sera "ci ricorda quanto ancora ci sia da fare per la sicurezza dei minori nelle nostre città, non importa siano essi rom oppure no". Intanto il sindaco di Bari Michele Emiliano ha proclamato il lutto cittadino per la morte dei bambini Rom di Roma. "La morte dei bimbi riempie il cuore di rabbia e di dolore - ha dichiarato Emiliano - siamo tutti responsabili di questa tragedia a causa delle sgangherate modalità con le quali affrontiamo il fenomeno dei popoli nomadi. La circostanza che alcune di queste comunità ospitino sfruttatori di bambini non attutisce i nostri errori, né ci esenta da responsabilità. Anzi le aggrava". Esprime solidarietà alla famiglia Nicola Zingaretti, presidente della Provincia. "L'amministrazione provinciale di Roma - si legge in una nota - è vicina al dolore dei familiari e di tutta la comunità rom, convinta che simili tragedie non possano e non debbano avvenire per nessun motivo".

LA SCHEDA Rom e sinti, in Italia 150 mila nomadi


 

Rifugiati


Africani prigionieri: le fiammelle di Roma, i fuochi del Sinai


Roma, 1 febbraio 2010, ore 18.30. E’ iniziata la fiaccolata per il Sinai. Sono presenti sulla scalinata del Campidoglio circa 500 persone, che chiedono con parole sobrie e senza striscioni né slogan un intervento urgente nel nord del Sinai per liberare i gruppi di profughi ancora nelle mani dei trafficanti. Nel frattempo il Gruppo EveryOne ha ricevuto una chiamata da Asmara, capitale dell’Eritrea. Nazret, una donna di fede cristiana, ha segnalato alla nostra organizzazione la presenza di un quarto gruppo di migranti africani detenuti nel nord del Sinai. Il cugino di Nazret, un ragazzo di 20 anni, è caduto nelle mani di una banda di predoni beduini della tribù Rashaida insieme a un numero per ora imprecisato di compagni. Il gruppo era partito dal Sudan, nella speranza di raggiungere lo stato di Israele. Nazret ci ha comunicato che in Eritrea – grazie alla campagna informativa promossa da EveryOne insieme al Partito Popolare Democratico Eritreo – si sono diffuse le tragiche notizie provenienti dal nord del Sinai e le migrazioni verso Israele si sono fermate, ma il ragazzo non era stato avvisato perché non risultava reperibile al cellulare. Nel governatorato del nord del Sinai, dove spadroneggiano terroristi e trafficanti, che sparano per le strade e fronteggiano le forze dell’ordine con kalashnikov e lanciarazzi, gli schiavisti hanno chiesto ai loro prigionieri una somma di 3000 dollari pro capite, con la minaccia che, in caso di mancato pagamento del riscatto entro pochi giorni, sarebbero stati consegnati ad altri trafficanti, i quali avrebbero preteso 8000 dollari pro capite. E’ la conferma che i migranti vengono via via affidati a diverse bande di trafficanti e che le estorsioni crescono a ogni passaggio. Nazret ci ha chiesto un consiglio su come comportarsi. Le abbiamo detto che da parte nostra siamo contrari a finanziare i predoni, ma che allo stato attuale delle cose non nutrivamo particolari speranze su un intervento da parte delle autorità del governatorato del nord del Sinai. Attendiamo il prossimo contatto sia da parte di Nazret che del ragazzo prigioniero dei predoni Rashaida.


 

Legislazione


Direttiva rimpatri: niente più espulsioni coattive e condanne penali per clandestinità

di Emmanuela Bertucci – Aduc – Immigrazione, 27 gennaio 2011


Il 24 dicembre 2010 e' scaduto il termine entro il quale l'Italia e gli altri Paesi europei avrebbero dovuto recepire la direttiva rimpatri (n. 2008/115/CE riguardante le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri per il rimpatrio di extracomunitari in caso di soggiorno irregolare) e il nostro Paese non ha provveduto al recepimento. La direttiva rimpatri e' stata da molti rinominata direttiva della vergogna, e invero tanti sono gli elementi che fanno discutere, primo fra tutti la possibilità di detenzione amministrativa per i migranti irregolari fino a 18 mesi, seguito dalla possibilità di espulsione e trattenimento dei minori non accompagnati, così come delle famiglie con minori in violazione delle convenzioni internazionali. Tuttavia se paragonata alle norme del testo unico, diversi sono gli aspetti migliorativi, soprattutto nell'ottica della gradualita' dell'intervento dell'amministrazione nei procedimenti di espulsione. La direttiva disciplina infatti le modalita' e i tempi di rimpatrio degli stranieri clandestini imponendo una serie di azioni amministrative graduali, privilegiando la partenza volontaria dello straniero irregolare e concependo il trattenimento come extrema ratio.
Le difformita' fra norme comunitaria e legge italiana sono molte, ci limitiamo qui ad evidenziare le piu' rilevanti:
- la legge italiana prevede l’accompagnamento coattivo alla frontiera come modalità ordinaria di espulsione mentre la direttiva dispone che la modalita' ordinaria sia il rimpatrio volontario entro un termine compreso tra sette e trenta giorni;
- in caso di impossibilità di eseguire l’accompagnamento coattivo, la legge italiana prevede che sia disposto il trattenimento, mentre la direttiva impone che prima siano adottate misure coercitive meno lesive della libertà personale;
- per l'Italia il trattenimento nei CIE è consentito in presenza di difficoltà di esecuzione dell’accompagnamento coattivo; per l'Unione Europea eventuali difficoltà possono essere presupposto per la sola proroga del trattenimento;
- infine “il T.U nel prevedere che in caso di impossibilità del trattenimento sia notificato un ordine di allontanamento entro cinque giorni, la cui inottemperanza determina l’applicazione della sanzione penale della reclusione prevista dalle norme incriminatrici di cui agli art. 14/5 ter e quater, elude le garanzie alla libertà personale dello straniero stabilite dalla direttiva. Emerge infatti la radicale diversità di un sistema, quello vigente nell’ordinamento italiano, in cui si commina la pena detentiva della reclusione (fino a cinque anni) in conseguenza di una condotta - la mancata partenza volontaria nonostante la notifica di un ordine di allontanamento – che, secondo la direttiva può giustificare al più, e solo come estrema ratio, la detenzione amministrativa attraverso la misura del trattenimento per un periodo non superiore a diciotto mesi” (Procura della Repubblica di Firenze, provvedimento di liberazione del 16 gennaio 2011). Il mancato recepimento non e' una svista. Dubitiamo che il Governo e il Parlamento si siano “dimenticati” di provvedere ma hanno piuttosto cercato “il cavillo” cui attaccarsi per eludere gli obblighi comunitari. Secondo quanto prevede l'art. 2 della direttiva, gli Stati possono decidere di non applicarla nei confronti dei cittadini di Paesi terzi “sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale”. Ed ecco allora che l'Italia con il pacchetto sicurezza del 2009 introduce il reato di immigrazione clandestina. Se tutti i clandestini commettono reato e la direttiva si può non applicare a chi commette reato, il gioco sembrerebbe fatto!
Ovviamente così non e', e si esclude che l'art. 2 della norma comunitaria si riferisca al reato di immigrazione clandestina quale presupposto per consentire la disapplicazione della direttiva stessa; non e' questa un'interpretazione possibile della direttiva, che in questo modo negherebbe –essa stessa – tutto il suo impianto, diventando inutile. Un cavillo, dunque, che non ha retto. Il mancato recepimento delle norme da parte dell'Italia ci fa precipitare in una situazione paradossale: le norme italiane illegittime sono tecnicamente ancora in vigore, ma i giudici –che sono tenuti ad applicare il diritto comunitario – quando si troveranno a dover decidere su espulsioni e arresti di stranieri clandestini extracomunitari per motivi inerenti alla irregolarità del soggiorno, disapplicheranno il diritto nazionale e applicheranno quello comunitario.
 E difatti iniziano gia' a comparire le prime pronunce giudiziali, che disapplicano le norme italiane in favore di quelle comunitarie. Il Tribunale di Torino assolve uno straniero imputato per essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in ‘violazione’ dell'ordine del questore, ed essendo inottemperante a un precedente ordine di allontanamento. L'assoluzione e' motivata sul presupposto della prevalenza delle norme comunitarie sul diritto nazionale: l'applicazione delle norme penali in materia di clandestinità viola le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertà personale. In conclusione non si può punire con una norma penale e con la detenzione la clandestinità, poiché la direttiva comunitaria prevede una sanzione qualitativamente diversa (amministrativa e non penale) e temporalmente meno estesa di quella prevista dalla legge italiana. La Procura della Repubblica di Firenze con un provvedimento del 16 gennaio 2011 ordina la rimessione in libertà di uno straniero clandestino arrestato per non aver ottemperato all'ordine del Questore di lasciare il territorio: “L’effetto diretto prodotto dalla direttiva inattuata deve comportare conseguentemente la non applicazione della norma incriminatrice che comprime la libertà personale dello straniero in modo palesemente contrastante con gli obblighi inattuati posti a carico dello stato dal diritto comunitario”. Ancora, la Procura della Repubblica di Pinerolo (13 gennaio 2011) ha chiesto al Gip l'archiviazione di un procedimento in caso simile perche' le norme italiane essendo incompatibili con quelle comunitarie devono essere disapplicate. Il clamoroso vuoto normativo viene colmato dalle indicazioni fornite dagli operatori del settore. Primo fra tutti il Ministero dell'Interno, che con una circolare del 17 dicembre 2010 (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) prova a fare il punto della situazione, suggerendo alle forze dell'ordine di operare nel rispetto della Direttiva –per neutralizzare gli effetti delle scontate impugnazioni giudiziali (sigh!)- e dunque di:
- motivare i provvedimenti di rimpatrio in maniera articolata, facendo emergere la conformità dell’azione di rimpatrio rispetto ai contenuti della normativa comunitaria;
- prima del rimpatrio, valutare attentamente la posizione di ogni straniero che soggiorna illegalmente sul territorio nazionale, verificando se sussistono le condizioni affinché allo stesso sia possibile rilasciare un permesso di soggiorno umanitario o ad altro titolo;
- qualora sia esclusa tale possibilità, si dovrà accertare se sussistano motivi che impediscono di concedere allo straniero un termine per la partenza volontaria, presentazione di domanda di soggiorno respinta perché manifestamente infondata o fraudolenta; pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale; rischio di fuga;
- in caso di trattenimento, dal provvedimento stesso deve emergere l'impossibilita' di applicare altre misure meno coercitive, proprio a causa della particolare situazione che caratterizza la posizione dello straniero;
- la durata del divieto di ingresso deve essere sempre motivata, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti ciascun caso.
A queste indicazioni fa eco una circolare della Procura della Repubblica di Firenze, inviata dal procuratore capo Giuseppe Quattrocchi, che ha dato ordine di bloccare gli arresti di clandestini, eccetto singole situazioni da valutarsi caso per caso, uniformando così l'azione delle forze dell'ordine e della Procura della Repubblica alla normativa comunitaria e tentando, nel suo piccolo, di colmare e gestire la grave inadempienza del Governo italiano. Stesso ordine e' stato impartito il 26 gennaio 2011 dalla Procura della Repubblica di Brescia.
Il quadro che ne emerge e' estremamente caotico e grave. La condizione giuridica dello straniero e i provvedimenti restrittivi della libertà personale, secondo la Costituzione italiana (artt. 10 e 13) devono essere disciplinate dalla legge, e non da circolari varie e dai più diversi provvedimenti che i giudici italiani si troveranno ad emettere. Il rischio, più che attuale, e' quello di una elevata discrezionalità amministrativa (soprattutto nell'interpretare la “gradualità crescente delle misure prese nei confronti dello straniero”) e quindi di una difformità di trattamento e diverse interpretazioni sul territorio nazionale.
Urge una modifica normativa che uniformi la disciplina italiana delle espulsioni alla direttiva rimpatri, ma Governo e Parlamento restano immobili, mentre le istituzioni comunitarie si stanno già attivando: e' di oggi 27 gennaio la notizia della pubblicazione di un rapporto dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa con cui si chiede ai governi degli Stati membri di rispettare l'ordine della Corte europea dei diritti dell'uomo di sospendere un'espulsione o l'estradizione di cittadini di Paesi terzi se ciò li mettesse a rischio di essere torturati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. L'inerzia del Governo potrebbe costare molto cara alle tasche degli italiani: l'Italia potrebbe a breve subire una procedura di infrazione, per non aver ottemperato all'obbligo di recepimento della direttiva, con costi elevatissimi in caso di condanna: la sanzione minima per l'Italia è di euro 9.920.000, cui aggiungere una somma che oscilla tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo.
Nelle more di una modifica normativa i giudici italiani probabilmente solleveranno una questione di legittimità alla Corte Costituzionale e un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea. Agli stranieri non resta che rivolgersi ai giudici italiani e alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.


 

Dai Territori

 


I FRONTI APERTI DELLA GIUSTIZIA

I pm sfidano il decreto Maroni
«No alle manette per i clandestini»

Andrea Pasqualetto , http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto


Venezia, 2 febbraio 2011 — La giustizia veneta sceglie l’Europa e va oltre la legge Bossi-Fini. Lo ha deciso ieri in un incontro fra gli otto procuratori del distretto, chiamati dal pg Pietro Calogero a discutere di immigrazione clandestina per definire una linea comune. C’era da risolvere il caos creato dal conflitto normativo fra la direttiva europea e la legge italiana, garantista la prima, rigorosa la seconda. Non più arresti automatici, dunque, ma rimpatri volontari. Come d’altra parte succede da dicembre, da quando cioè l’Italia avrebbe dovuto recepire la direttiva 115 del 2008, che prevede sostanzialmente l’arresto solo in due casi ben motivati: il pericolo di fuga e il pregiudizio all’ordine pubblico. Secondo una stima di alcuni magistrati, nell’ultimo mese gli arresti sono crollati del 90%. E, davanti a Calogero, è stata confermata la linea morbida, che ora seguiranno anche le procure, come Rovigo, che invece continuavano ad applicare la Bossi- Fini e il decreto Maroni, arrestando e processando.

Al termine del vertice Calogero ha parlato di «rispetto della libertà e della dignità degli immigrati » e della necessità di contemperare questo diritti con «con il problema della sicurezza e dell’effettività dell’espulsione ». Per indurre l’Italia a dettare un quadro normativo di riferimento certo, gli uffici giudiziari chiederanno, appena si presenterà un caso esemplare, l’intervento della Corte di Giustizia europea o della Corte Costituzionale. Nel frattempo, si atterranno alla circolare emessa dal capo della Polizia Vittorio Manganelli, che ha ricordato alle Questure italiane i principi sanciti dall’Europa. La Lega, naturalmente, non ci sta. «E’ la riprova che il popolo sovrano non vale nulla. Bisognerebbe fare come negli stati anglosassoni, dove i magistrati vengono eletti dal popolo e non sono funzionari dello Stato », taglia corto Giampaolo Gobbo, sindaco di Treviso e segretario nazionale veneto della Lega nord. «L’Europa chiede di non arrestare? Ci dia i mezzi per fronteggiare i problemi legati all’immigrazione che abbiamo noi. Allora posso anche capire. Ma imporre una legge del genere non è corretto». Sulla mancata applicazione della Bossi-Fini, non ha dubbi: «C’è qualcuno che usa un altro sistema, più consono alle sue idee. Del resto, così è sempre stato. E’ evidente che qualcuno di antica memoria cerca di riportare il nuovo sottoproletariato. Io dico però che se c’è di mezzo la fame è un discorso ma se si tratta solo di un’invasione per far prima e per far meglio certe cose, non va assolutamente bene... Lo sapevamo già che non la legge non veniva applicata, non occorre che tirino fuori la scusa dell’Europa. Quello che dovevano fare non l’hanno fatto e, anzi, più di uno ha sempre espresso la sua contrarietà. Ora si rivolgono pure alla Corte di Giustizia europea. Ma che si rivolgano, tanto sono loro che fanno tutto. Dalla logica della Costituzione italiana in poi questi sono al di sopra di ogni vincolo e creano un contropotere a quello elettivo, specifico, legislativo, che promana dal popolo».

Dai procuratori una debole alzata di scudi, quasi indifferente alla reazione della politica. Per Paolo Pecori, procuratore aggiunto di Vicenza, il più garantista, «è prevalsa la linea del buonsenso, un risultato apprezzabile. Si arresta secondo la vecchia regola, quando proprio non se ne può fare a meno. La Lega faccia quello che crede, è un suo diritto. In ogni caso credo che ora nessuno azzarderà arresti al di fuori dei due casi specifici previsti dalla direttiva. Bisogna peraltro dire che dal 24 dicembre le manette sono pressoché scomparse e questo grazie alla circolare di Manganelli ». Il nuovo regime prevede tempi più elastici e una maggiore attenzione alle condizioni dell’immigrato; no alla mannaia della galera immediata, no alla cattura dopo i cinque giorni di inottemperanza del decreto di espulsione, no a processi e condanne per direttissima. Gobbo: «E no alla volontà del popolo».


 

 

 

 

Rom e Sinti

 


"Bambini ladri", un saggio sui piccoli rom
Luca Cefisi, studioso e consulente istituzionale, squarcia il velo dei pregiudizi e dell'ignoranza

di SILVANA MAZZOCCHI


Discriminazione, luoghi comuni, pregiudizi. In Italia, ma non solo, i rom vengono visti  come un popolo da  evitare, da respingere, da ghettizzare nei "campi nomadi", anche se loro nomadi non lo sono più da un pezzo. Siamo convinti che mendichino per ignavia, che rubino per vocazione. Tutti. E che tutti siano incapaci d'integrarsi, a causa di quella che noi riteniamo essere una subcultura contro la quale nulla possono né la scuola dell'obbligo, né la buona volontà. A far riflettere e a smentire questa convinzione diffusa che sa di razzismo e d'ignoranza contribuisce Bambini ladri, tutta la verità sui piccoli rom, tra degrado e indifferenza, un saggio illuminante scritto da Luca Cefisi, consulente istituzionale per l'immigrazione e da sempre studioso del popolo rom, un saggio appena arrivato in libreria e che già fa discutere. Quale è la verità sulle nuove generazioni di quelli che noi chiamiamo "zingari"? Quanto contribuisce il loro modello arcaico patriarcale e un sistema di non regole estraneo al nostro mondo, a disegnare i loro destini? E quanto invece essi dipendono dal nostro essere ciechi e sordi di fronte al fatto che tutti dovremmo essere uguali, con pari diritti e pari opportunità? Cefisi, attraverso l'analisi e numerose interviste con operatori impegnati sul campo e con responsabili delle istituzioni, ci conduce per mano nell'universo dei rom. Molte le testimonianze di ragazzi e ragazze che vivono nei campi o che li hanno lasciati per loro scelta, sottraendosi a un futuro senza speranza. Emerge una realtà molto diversa dalle leggende metropolitane che li vogliono tutti nomadi (solo pochi di essi lo sono), tutti ladri o stupratori, o spacciatori. All'origine di una realtà innegabile di emarginazione e di illegalità ci sono le condizioni di vita, la promiscuità. In una parola la povertà. E Bambini ladri è una voce che grida contro l'indifferenza degli italiani, che i rom riassumono nella parola gagé, anche se lo stereotipo dominante continua a ignorare che decine di migliaia dei cosiddetti zingari sono anch'essi italiani. Una linea di confine fatta di ignoranza e diffidenza reciproche, dura a morire, ma il cui abbattimento è l'unica strada per rendere davvero possibile l'integrazione.
Un libro per svelare la verità sui campi nomadi?
"Non è che c'è molto da svelare sui cosiddetti campi nomadi, basta avere occhi per vedere, senza occhiali ideologici. Questi campi sono una vergogna italiana, un limbo dove centinaia di giovani crescono da predestinati all'emarginazione. C'è chi sostiene che questo sia per "colpa" di chi vi abita: è l'idea che i poveri siano poveri per colpa loro. E' chiaro, invece, che è l'idea del campo-ghetto, del campo-discarica dove confinare persone di cui nessuno vuole occuparsi, ad aver prodotto questo disastro sociale. Lo stesso nome di "campo nomadi" è un'assurdità: coloro che vi abitano non sono affatto dei nomadi. Questo del nomadismo è soltanto un pretesto per mantenere tutto in una sorta di "provvisorietà cronica". Occorre certamente abolire i "campi nomadi", non si possono certo abolire per decreto le persone: senza integrazione, casa, lavoro, questa disagio cronico proseguirà. Non ci sono i soldi per le politiche sociali ? Ma i "campi nomadi" sono ora costosi come e forse più di un intervento sociale: hanno un costo finanziario, ed è inquietante perché è un costo di puro mantenimento dell'esistente; ed hanno un costo sociale, perché è nell'isolamento dei campi che nasce, inevitabilmente, la cultura dell'illegalità. Per partecipare al patto sociale, i rom devono ben ricevere qualcosa in cambio: almeno un'opportunità per diventare cittadini come gli altri; se ricevono solo segregazione ed emarginazione, è un po' ipocrita scandalizzarsi se poi alcuni non si comportano da cittadini modello".
Pregiudizi, luoghi comuni, chi sono davvero i bambini ladri?
"Nella memoria storica italiana, i bambini ladri ci sono eccome: basta leggere quello che scriveva Pasolini sulle borgate romane degli anni '50. Eppure, nessuno in quegli anni predicava che i borgatari romani fossero criminali per natura, se mai ci si poneva il problema di toglierli dalle baracche per risolvere una situazione di disagio collettivo. A quanto pare, oggi viviamo tempi più feroci: i rom devono rimanere nelle baracche, sennò i benpensanti rimangono senza il loro capro espiatorio preferito. Abbiamo il paradosso dei "razzisti illuminati", che si scagliano contro i rom perché sono così arretrati, analfabeti, arcaici, però non muovono un dito per contribuire alla loro emancipazione. E' vero, tra i rom sono diffusi comportamenti che noi rifiutiamo, dai matrimoni imposti dalle famiglie al lavoro minorile, all'impiego di bambini per mendicare, ma nelle comunità rom, oggi, i valori tradizionali sono in crisi da un pezzo, di fronte ai modelli della società italiana che sono ben più attraenti. E qui vediamo che il passaggio alla modernità dei rom sta avvenendo attraverso l'imitazione di modelli di comportamento deteriori, che giungono loro dall'esterno. Si fa un gran parlare dei rom che rapiscono i bambini, che è una vera e propria leggenda metropolitana, e nessuno parla dei pedofili italiani che si inseriscono nel disagio familiare, della criminalità organizzata italiana che recluta nei campi i propri manovali per lo spaccio".
Lei ha diretto progetti di accoglienza e ha promosso un importante appello pubblico contro il razzismo nei confronti dei rom. Esiste un percorso per un'integrazione giusta e possibile?
"Innanzitutto dobbiamo sempre ricordare che la maggioranza dei rom e dei sinti che vivono in Italia sono cittadini italiani. Questo rende in qualche modo ancora più grave il pregiudizio nei loro confronti: non stiamo parlando di alieni, ma di una comunità che è parte integrante da sempre della nostra storia nazionale. E poi, che la maggioranza dei rom, italiani o immigrati, pur scontando una grave situazione di pregiudizio ed emarginazione, vive del proprio lavoro, in dignità e legalità. Qui abbiamo una grande responsabilità dei mezzi d'informazione: si leggono sulla stampa italiana dei giudizi demenziali, che se fossero riferiti a qualsiasi altra minoranza sarebbero considerati inaccettabili; quello che sugli ebrei e sui neri non si può, per fortuna, scrivere, sugli zingari, invece, chissà perché, diventa tollerabile. C'è quindi un grande problema culturale: riconoscere i rom e sinti italiani come nostri compatrioti, perché è questo che sono, è il primo passo. Per quanto riguarda i rom immigrati, che sono i più poveri ed i più fragili, è molto facile parlare di espulsioni e di rimpatri forzati: ma esistono nel nostro Paese ormai i figli e i nipoti dei rom che sono fuggiti dalla guerra civile jugoslava negli anni Novanta. Non sono più cittadini di nessuna delle repubbliche jugoslave, e vivono nei campi senza prospettiva di futuro. Vogliamo fare qualcosa per far diventare questi giovani cittadini normali, o vogliamo continuare a sprecare le vite di questi giovanissimi, che crescono e invecchiano senza neppure avere avuto una possibilità?".


 

 

Notizie in breve


Eurispes: aumentano, malgrado la crisi i conti correnti “etnici”


A dispetto della crisi, negli ultimi due anni i conti correnti intestati agli immigrati sono aumentati passando da 1,4 milioni a 1,5 milioni (+7,9%). E' quanto emerge dall'ultimo rapporto Eurispes sullo stato del Paese. E nel Centro Italia, dove risiede il 25% degli immigrati regolari, si concentra il 35% dei conti correnti intestati a piccoli imprenditori stranieri. Nel primo trimestre del 2010, le forze lavoro straniere - evidenzia il rapporto Eurispes - hanno toccato quota 2,2 milioni, con una prevalenza degli uomini (1,2 milioni) sulle donne (950 mila). Di questi, oltre il 60% vive e lavora nel Settentrione. Una lavoratrice straniera su cinque e' impegnata nei servizi di cura alla persona, mentre più di un lavoratore immigrato su quattro e' occupato nell'industria e nelle costruzioni.
Il rapporto accende i riflettori anche sul 'brain waste' degli immigrati. Quasi sei stranieri su dieci, secondo i dati dell'Istat, sono in possesso di un diploma, di una laurea o di una formazione post-laurea. Il problema della sottoccupazione della migrazione qualificata, il cosiddetto 'spreco di cervelli', e' legato anche alla complessa questione del riconoscimento dei titoli di studio acquisiti in altri paesi. Ma se il rapporto tra mercato occupazionale e flussi migratori qualificati presenta diversi aspetti problematici, non mancano prospettive promettenti. Secondo i dati del 2008, più di uno su quattro nuovi assunti nel settore sanitario era cittadino immigrato, con un'incidenza del 28,4%. Secondo l'Ipasvi-Federazione Nazionale Collegi Infermieri, per soddisfare il fabbisogno complessivo delle strutture servirebbero altri 71mila infermieri, che attualmente le strutture formative italiane non sono in grado di assicurare. Infine, un cenno agli immigrati imprenditori. Nei primi cinque mesi del 2010, l'imprenditoria straniera ha visto uno sviluppo sostanziale: rispetto ai primi cinque mesi del 2009, le imprese gestite da cittadini immigrati sono cresciute infatti del 13,8%, in netta controtendenza rispetto al +0,2% registrato per la totalità delle imprese in Italia


 

 

 

 

 

 

 


Sesto San Giovanni: divieto di indossare il burqa.


Il Comune di Sesto San Giovanni, guidato da una giunta di centrosinistra, vieta l’uso del burqa nei luoghi pubblici. La mozione, presentata dalla Lega Nord, è stata approvata lunedì scorso “a larghissima maggioranza” dal Consiglio comunale di quella che era considerata “la Stalingrado d’Italia”. Nel documento si legge che “il burqa e altre forme simili di vestiario, che coprono integralmente il viso delle persone costituiscono, secondo la nostra cultura, una forma di integralismo oppressivo della figura femminile e di costrizione della libertà individuale”.
Il Consiglio comunale con questa mozione “impegna il sindaco ad adottare urgentemente i provvedimenti necessari al fine di far rispettare, a qualsiasi persona presente sul territorio comunale che circoli in luoghi pubblici o aperti al pubblico a viso coperto, le nostre leggi vigenti in tema di sicurezza e dignità della donna”.
Il sindaco Giorgio Oldrini (Pd) ha dichiarato di condividere il provvedimento “perché il senso della dignità della persona che esiste in Italia è il frutto di secoli di battaglie culturali e civili che hanno costituito un avanzamento indubbio e che deve valere per tutti”.


 

 

Prensa Extranjera


ELPAÍS.COM

El número de extranjeros en el padrón se frena


Revisado y reajustado el padrón de 2010, los últimos datos revelan la "estabilización" en la llegada y salida de extranjeros, aunque se aprecia una caída en la llegada de inmigrantes que sigue la tendencia, ahora más acusada, de años anteriores. Los empadronados en España en 2010 suman ya 47.021.031; de ellos, 5,7 millones son extranjeros, 99.063 más que el año anterior. Pero de 2008 a 2009 el crecimiento fue superior a 380.000, y en el periodo anterior sobrepasó los 750.000. El demógrafo Juan Antonio Fernández Cordón señala: "El crecimiento desciende año tras año, casi puede decirse que ya no crecemos en habitantes por la vía de la inmigración. Y lo interesante es que disminuye la población de extranjeros en edad de trabajar, sobre todo entre los hombres. Creo que se están yendo, sobre todo hombres de esas edades. Y eso quizá podría explicar, en parte, la disparidad en las cifras del paro entre comunidades. En Andalucía o Murcia el aumento de extranjeros ha caído menos, mientras que en Cataluña, por ejemplo, el saldo de extranjeros en edad activa es negativo". Las cifras también pueden mirarse de otro modo. Por el origen de los extranjeros. Hay 105.000 comunitarios empadronados de nuevo, pero el resto del mundo ofrece un saldo negativo de unos 6.000, por eso la cifra total es de 99.000 empadronados más que el año anterior.

Movimiento laboral

El catedrático de Sociología de la Complutense Joaquín Arango explica: "Creo que se ha estabilizado la presencia de inmigrantes pero las cifras son tan pequeñas que su significación es modesta. El grueso se debe a los comunitarios y de ellos los búlgaros y los rumanos solo representan una cuarta parte. El resto son británicos, alemanes, franceses. En estos casos cabe más hablar de movilidad laboral [o jubilación] que de inmigración económica como solemos entenderla" Arango avisa de que los datos pueden despistar. "No podemos decir que los latinoamericanos se van, aunque sea la población que muestra más caída. En estos casos también se puede hablar de naturalización: a muchos de ellos ya no se les cuenta como extranjeros porque han adquirido la nacionalidad, algo que para esta comunidad es más sencillo", señala. Los españoles empadronados de origen latinoamericano han aumentado en 23.000.