XVI Legislatura

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

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Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sintesi del rapporto conclusivo dell'indagine

sulla condizione di Rom, Sinti e Caminanti in Italia

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Conclusioni

 

La conclusione dellindagine della Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato permette di formulare alcune considerazioni e di avanzare alcune proposte e ipotesi di lavoro da sottoporre al dibattito politico e istituzionale.

 

Come stato pi volte ripetuto lobbiettivo del lavoro non era e non quello di sciogliere le diverse posizioni politiche presenti su questo difficile argomento ma piuttosto di offrire alla discussione parlamentare una base di conoscenza condivisa che renda possibile un confronto pi costruttivo.

 

Naturalmente la scelta di conoscere, in questo caso pi che in altri, di per s una scelta politica. E non solo perch si tratta di rompere un circolo vizioso, una spirale nella quale ignoranza e pregiudizio si alimentano reciprocamente, ma perch la conoscenza porta alla luce degli spaccati sociali e delle condizioni di vita cos drammatiche che possono essere tollerate solo se si decide di non guardarle, se si gira la testa dallaltra parte quando si incontra un bambino mendicante o si passa davanti a uno dei campi che costeggiano le periferie di tante nostre citt.

 

Decidere di rompere questo velo di ignoranza, decidere di conoscere e di sapere il punto di partenza senza il quale nessuna politica pu essere costruita.

 

necessario un progetto nazionale che parta dai numerosi punti di osservazione presenti nel territorio, renda omogenei i metodi di ricerca e di raccolta di dati e di informazioni, proceda alla loro sistematica elaborazione, li integri con indagini quantitative e con ricerche qualitative appropriate e costruisca per questa via una banca dati nazionale attendibile. Questo progetto non possibile senza il dialogo, il coinvolgimento, la diretta partecipazione dei diretti interessati. Come vedremo pi avanti questa partecipazione non disponibile spontaneamente ma richiede lavoro e formazione. Questa la prima proposta.

 

La seconda riguarda il Piano Nazionale sulla questione di Rom e Sinti la cui mancanza stata criticata da ultimo dai molti organismi internazionali che hanno osservato negli anni e nei mesi scorsi il nostro Paese. La mancanza di una strategia nazionale limita o impedisce lutilizzazione di quelle stesse risorse europee che sono a disposizione di politiche di integrazione.

 

Ma lespressione Piano Nazionale non pu portare con s la nociva illusione che siano su una questione come questa possibili soluzioni univoche e omogenee: solo risposte pragmatiche, differenziate, concrete possono portare nella direzione giusta e queste comportano articolazione e decentramento e la responsabilit diretta delle istituzioni locali. Quindi lunico piano nazionale possibile una strategia fondata su una ricca articolazione capace di rispondere alle diverse domande e alle diverse esigenze. Ma questa articolazione non pu significare che ciascuno viene lasciato solo davanti ai problemi e che le risorse disponibili restano in larga misura inutilizzate.

 

Il passo nella direzione giusta pu essere rappresentato dalla costituzione di una task force nazionale al servizio delle istituzioni locali, delle organizzazioni non governative, delle rappresentanze dei Rom esistenti che aiuti a passare dalle idee e dalla volont al progetto, alla sua formulazione tecnica e amministrativa e alla sua implementazione. In questa direzione si sono mossi e si muovono molti paesi europei.

 

La terza proposta riguarda la questione della regolarizzazione: nel rapporto il tema analizzato con cura ed esaminando le diverse situazioni. In particolare va solo evidenziata la questione del riconoscimento della cittadinanza per i minori, nati e cresciuti in Italia per i quali una soluzione si impone allo stesso modo – e forse ancora di pi – che per le altre centinaia di migliaia di bambini e adolescenti nella stessa condizione nella vasta realt della nostra immigrazione.

 

La quarta proposta riguarda le politiche.

 

Ci sono due punti di grande valore culturale e soprattutto simbolico che richiederebbero un intervento legislativo specifico. Abbiamo il dovere di compiere un atto di riparazione inserendo il genocidio dei Rom tra quelli che vengono ricordati ogni anno il 27 gennaio nel Giorno della Memoria.

 

E si deve riaprire il capitolo della legge 482 del 1999 che riconosce le minoranze linguistiche italiane per includervi la minoranza Rom e la sua lingua, il romans. paradossale, come stato fatto notare di recente, che il riconoscimento dellesistenza della minoranza Rom esista ma solo in negativo, in particolare attraverso gli atti del Ministero degli Interni che per le sue funzioni si occupa in primo luogo di questioni di sicurezza.

 

Si tratta di aspetti simbolici ma nessuno pu sottovalutare limportanza straordinaria che i simboli assumono.

 

Il primo punto pratico invece quello dei campi.

 

Si tratta di una realt che, con pochissime eccezioni, non esiste in altri paesi europei. E si tratta di una realt caratterizzata, per usare il linguaggio delle convenzioni internazionali, da condizioni inumane e degradanti. Si tratta di realt incompatibili con qualsiasi progetto di inclusione e integrazione dove si riproducono quelle condizioni di crudele emarginazione i cui effetti si riversano poi nella vita delle citt. l che generazione dopo generazione si perde il popolo delle discariche, un popolo fatto per pi del quaranta per cento da bambini fino ai quattordici anni.

 

necessario un programma graduale di chiusura dei campi, a partire da quelli pi degradati, e di offerta di soluzioni abitative diverse, accettabili e accettate, cio discusse e confrontate. Gli esempi di tante e diverse buone pratiche alle quali riferirsi per fortuna non mancano.

 

Il secondo punto pratico quello dei bambini e della scuola. Tra le tante esperienze emerge quella della Comunit di SantEgidio ispirata a una incentivazione dellassolvimento degli obblighi scolastici attraverso una politica di borse di studio gestita sulla base di regole precise e del loro rigoroso rispetto. Anche in questo caso il coinvolgimento delle famiglie appare determinante e in particolare – soprattutto per quanto riguarda la fase prescolare che cos importante per anticipare i processi di socializzazione e prevenire la formazione e il consolidamento di handicap culturali – andrebbe esaminato con cura la possibilit di coinvolgere direttamente le madri (spesso, occorre ricordarlo, giovanissime madri) nei percorsi educativi.

 

Il terzo punto pratico riguarda il lavoro. Essere riconosciuti come Rom un ostacolo a trovare lavoro, anche per chi aveva iniziato percorsi di formazione lavoro che apparivano promettenti. Si possono pensare azioni positive, cio incentivi o disincentivi che attenuino questa discriminazione?

 

Ed dallaltro lato possibile fare emergere e offrire un quadro pi regolare e al tempo stesso pi dignitoso ad attivit che gi oggi contribuiscono al reddito e alla sopravvivenza delle famiglie, come quella che abbiamo visto nel campo di Napoli Capodichino della raccolta e della vendita del ferro a 13 centesimi al chilo e 130 euro alla tonnellata o alle attivit di recupero e riciclo di materiali nel quadro della raccolta differenziata? E una nuova legge sullo spettacolo viaggiante oltre che rispondere ai problemi dei Sinti giostrai che ancora svolgono la loro attivit non potrebbe cercare di riconoscere e regolare in un modo utile per i diretti interessati e per linsieme dei cittadini il lavoro degli artisti di strada?

 

Lultimo problema che vogliamo sottolineare quello della partecipazione. Non spender parole per dire come sia una questione essenziale, una conditio sine qua non. E nello stesso tempo uno dei problemi pi difficili.

 

La realt associativa appare oggi estremamente frammentata e attraversata da conflitti di gruppo e settari. E tuttavia rimane un punto di partenza e un interlocutore necessario.

 

Ma il punto come investire per formare dentro le comunit Rom e Sinti una leva di operatori sociali, di mediatori culturali che siano la rete intorno alla quale la partecipazione pu essere organizzata con una certa continuit. Questo richiede risorse ma sono risorse destinate a produrre risparmi rilevanti in altri campi da quello dellassistenza a quello della sicurezza.

 

E nello stesso tempo sono risorse investite sul futuro non solo dei Rom ma della nostra societ, dellItalia e dellEuropa.

 

La ricerca condotta dalla CRI su 4927 Rom e Sinti dei campi di Roma ci offre da un lato il dato drammatico che solo il 2,8% della popolazione al di sopra dei 60 anni, il che evidenzia una speranza di vita tragicamente al di sotto degli standard del nostro paese. Ma dallaltro ci parla di oltre un 40% di bambini e di fanciulli al di sotto dei 14 anni e ci dice quante possibilit, quante speranze di miglioramento possano essere costruite.

 

Per una volta siamo soddisfatti del nostro lavoro e speriamo che sia accolto come un contributo a una discussione di merito.

 

Fuori dalla demagogia e dalle semplificazioni sappiamo che si tratta di una questione difficile che nessuno in Europa ha risolto e che non ha soluzioni facili. un campo nel quale si pu procedere solo per sperimentazione, correggendo via via gli errori e imparando dallesperienza.

 

Per questo per cՏ bisogno che la politica si comporti responsabilmente, a maggior ragione perch si tratta di una delle questioni pi impopolari con la quale misurarsi.



 

           

Un popolo di Bambini

 

            Secondo le stime di Opera Nomadi, le comunit dei Rom e Sinti sono caratterizzate dalla presenza di un'alta percentuale di minori. Il 60% della popolazione Rom e Sinti, prosegue l'Opera Nomadi, ha meno di 18 anni, e di questi il 30% ha un'et tra gli 0 e i 5 anni, il 47% ha dai 6 ai 14 anni e il 23% tra i 15 e i 18 anni.

 

Dal gi citato censimento della Croce Rossa Italiana, sul campione dei 4.927 censiti, il 53,37% ha fino a 20 anni di et (il 29,26% ha meno di 11 anni, il 42,52% meno di 16); mentre appena il 6,32% appartiene alla fascia di et tra i 50 e i 60 anni e solo il 2,81% ha pi di 60 anni.

           

Un dato particolarmente interessante e indicativo delle pi generali condizioni di vita dei Rom, quello relativo all'aspettativa di vita, che pu essere considerato come un indicatore sintetico della condizione umana. Henry Scicluna, coordinatore per i Rom e Sinti presso il Consiglio d'Europa, in un documento trasmesso alla Commissione, riporta alcuni dati: Uno studio fatto in Slovacchia dimostra che le donne Rom vivono 17 anni in meno che il resto della popolazione femminile. Lo stesso studio dimostra che gli uomini vivono 13 anni di meno che il resto della popolazione maschile.[...] La speranza di vita dei Rom in Europa orientale di dieci anni di meno del resto della popolazione. [...] In Spagna la speranza di vita dei Rom di 8-9 anni di meno del resto della popolazione e la mortalit infantile 1,4 volte maggiore. [...] In Ungheria la speranza di vita dei Rom di 10-15 anni di meno che il resto della popolazione . [...] In Serbia solo una su sessanta persone riesce a vivere fino a 60 anni. Quelli che vivono di riciclaggio di materiali recuperati nei depositi di rifiuti hanno una speranza di vita di 45 anni. [...]. Uno studio fatto nel 1989 dimostra che la speranza di vita in Cecoslovacchia di 12,1 anni di meno per gli uomini Rom e di 14,4 anni di meno per le donne Rom.

 

Per quanto riguarda l'Europa dei 27 Stati membri il 51% della popolazione raggiunge i 75 anni, mentre tra le popolazioni Rom la media del 25,7%; la forbice ancora pi ampia se si considera l'obiettivo degli 85 anni, raggiunto solo del 4,5% degli appartenenti alle popolazioni Rom, ma dall'11,2% della popolazione dell'Unione Europea.

 


 

Nomadi chi?

 

A differenza di quanto comunemente si crede, la stragrande maggioranza dei Rom, Sinti e Caminanti presenti sul territorio italiano non nomade e ha anzi uno stile di vita sedentario. Spiega Leonardo Piasere, nel volume I Rom d'Europa: [...] stabilit e mobilit costituiscono i poli di un continuum di situazioni di vita di cui impossibile tracciare un confine netto aggiungendo che pi dell'80% di Rom e Sinti in Europa sono da tempo sedentari. Secondo il Ministero dell'interno nel nostro paese le famiglie che ancora viaggiano in carovana rappresentano il 2-3% dei Rom, Sinti e Caminanti. Ne convinta anche l'Anci: In realt Rom e Sinti non sono da considerare minoranze "nomadi" ma si compongono di famiglie che oramai, per diversi motivi, sono sedentarizzate. [...] Le famiglie appartenenti a gruppi nomadi sono pochissime e riguardano soprattutto alcuni gruppi di Sinti giostrai e Rom Kalderasha. Entrambi i gruppi menzionati sono peraltro in gran parte di nazionalit italiana. Tali considerazioni sono condivise dall'Opera Nomadi e dal Ministero dell'interno, che precisa: La maggioranza delle famiglie ancora nomadi si ritrova tra i Sinti. Il fenomeno minimo tra le famiglie Rom e non mai elettivo, bens forzato per mancanza di altre possibilit di abitazione o sopravvivenza: le famiglie Rom, nell'ex Jugoslavia, erano infatti sedentarizzate.

 

La Comunit di Sant'Egidio, al riguardo, sostiene, in un'analisi dettagliata: Per tanti anni in Italia si utilizzato il termine nomadi come sinonimo intercambiabile di Rom, Sinti o zingari. Ma negli ultimi anni, con laffermazione di un linguaggio politically correct nomadi ha avuto molta fortuna per definire le popolazioni zingare presenti in Italia. I media lo hanno scelto e lo utilizzano comunemente e molte amministrazioni lo hanno introdotto nei propri documenti. Il termine per definisce popolazioni che vivono itinerando di luogo in luogo, senza una base o forma di stanzialit: non pi la realt degli zingari presenti in Italia. [...]

 

Proprio per questo necessario affrontare con chiarezza il discorso legato al nomadismo: gli 8-10 milioni di Rom/Zingari europei (Roms, Sints, Kals, Kaals, Romanichels, Boyash, Ashkali, Manouches, Yniches, Travellers, ecc – secondo una delle definizioni del Consiglio dEuropa) sono all85-90% sedentari. Questo per motivi storici: circa l80% dei Rom/Zingari proviene dai paesi dellEuropa centro orientale, dove gi nellimpero austro-ungarico furono in parte sedentarizzati; successivamente nei paesi comunisti i Rom/Zingari subirono le misure di collettivizzazione con linserimento nelle strutture abitative. Ai Rom/Zingari dellest si possono aggiungere i gitanos spagnoli, che da secoli vivono in abitazione, o i Rom/Zingari di antico insediamento in Francia e Italia, come i Rom abruzzesi. Gli unici gruppi ancora nomadi o semi-nomadi sono alcuni manouches in Francia, gruppi Sinti in Italia settentrionale e in Germania, i Travellers in Gran Bretagna e pochi altri. Lidea degli zingari come un popolo nomade spesso frutto della precariet di vita in cui versano da anni.

 

In quasi tutti i paesi dellEuropa Orientale esistono quartieri di antico insediamento di Rom/Zingari: le mahalle. Alcune hanno pi di 150 anni e dimostrano come la sedentarizzazione sia antica. [...]

 

In Italia da sempre si guardato ai Rom/Zingari come a popolazioni nomadi. Da un lato perch esistono gruppi da secoli legati allo spettacolo viaggiante (i pi famosi sono i circensi), dallaltro perch ancora in tempi recenti (negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale) anche gruppi di calderai e ramai vivevano in maniera itinerante interagendo con una economia essenzialmente agricola. Nei paesi e villaggi di campagna, i pi anziani ancora ricordano piccole carovane spesso con carri e cavalli che si fermavano nelle periferie. Gli zingari offrivano soprattutto alcuni servizi legati alla lavorazione dei metalli: stagnare, riparare o realizzare pentole, affilare e riparare utensili, ecc.; altri rom viaggiavano per commercio – i pi noti forse, erano i commercianti di cavalli.

 

Negli anni per viepi mutato il contesto socio-economico della nostra societ, facendo perdere di utilit gran parte delle occupazioni tradizionali praticate dagli zingari. Non viaggiando pi per motivi di lavoro, gli zingari hanno iniziato sempre pi a radicarsi in un territorio.

 

Ma al mutato contesto sociale e politico italiano ed europeo non ha corrisposto un mutamento di visione dei Rom/Zingari. Larrivo dei Rom/Zingari dellest ha reso il fenomeno della sedentarizzazione ancora pi evidente.

 


Il Paese dei campi e il popolo delle discariche

 

Sono circa 40 mila i Rom, Sinti e Caminanti che vivono nei campi: questo dato rappresenterebbe quindi tra un quarto e un quinto della popolazione complessiva. Tuttavia non esistono poich difficile conoscere la quantit e l'ubicazione esatta di questi campi, in quanto molti insediamenti sono abusivi, abitati da poche decine di persone, oppure resistono per poco tempo.

 

In ogni caso, la popolazione Rom, Sinti e Caminanti che vive nei campi si concentra principalmente nelle grandi citt. A Roma sono stati censiti oltre 100 campi, di cui 7 villaggi autorizzati, 14 campi tollerati e oltre 80 insediamenti abusivi: in questi spazi vivono 7.177 persone. A Milano (dati Ismu) esistono 45 campi (con una popolazione di circa 4.310 persone) ai quali ne vanno aggiunti un centinaio (2.300-3.100 persone) nel resto della provincia.

 

I campi consistono in roulotte, container o piccole baracche in lamiera o altri materiali di fortuna. In quelli non autorizzati manca l'acqua corrente, i sistemi fognari, l'illuminazione e il riscaldamento. Le condizione igieniche e sanitarie sono molto precarie.

 

La politica dei campi, spiega Piasere, inizia verso la met del Novecento, in seguito all'arrivo dei Rom dalla ex Jugoslavia, non come una precisa scelta nazionale ma come una politica locale che si allarga a contagio a partire dalle citt del nord e che dagli anni Ottanta supportata finanziariamente e legislativamente da alcune Regioni. In base a questa politica e a questi interventi. L'Italia diventa il "paese dei campi"[...]. Una volta arrivati nel "paese dei campi", molti Rom da secoli sedentari in Jugoslavia devono "riziganizzarsi" alla occidentale e devono, se non diventare nomadi, vivere comunque in un campo senza fognature, in abitazioni con ruote o baracche. Fatti aderire all'immaginario corrente dello "zingaro ex nomade e inurbato", essi lo nutrono e lo modernizzano: oggi per tanti italiani lo zingaro per definizione quello che abita in un campo fatiscente! La maggioranza di questi Rom, invece, i quali non hanno mai abitato in abitazioni mobili n in un"campo" di cui non hanno nemmeno il termine nella loro lingua, sperano che o kampo sia un momento transitorio della loro vita di profughi.

 

Ancora la Comunit di Sant'Egidio osserva: La risposta istituzionale stata quella di trovare soluzioni per popolazioni nomadi. Molte regioni italiane hanno approvato leggi che prevedevano la creazione di campi. Ma i campi realizzati (generalmente) sono state strutture pensate per la sosta temporanea e non per labitazione di gruppi sedentari. Inoltre molte municipalit hanno dato autorizzazioni (temporanee) a campi senza le minime strutture daccoglienza previste dalla legge (acqua corrente, fogne, luce) e ci ha comportato che 2-3 generazioni di Rom/Zingari siano sostanzialmente nate e vissute in luoghi non molto dissimili dalle discariche, con tutte le conseguenze umane e sociali. Cito come esempio pi clamoroso quello dei circa 30-35.000 rom di origine ex jugoslava. Il primo gruppo arrivato negli anni 60-70 proveniente dalle diverse regioni del paese (Rudari e Kanijarija dalla Serbia, Kalderasa dalla Croazia, Korakan dalla Bosnia e dal Montenegro), il secondo a partire dagli anni 90, a causa della guerra (da Bosnia e Kosovo). Il gruppo giunto quarantanni fa sostanzialmente vissuto e cresciuto in vere e proprie discariche nelle nostre citt in totale isolamento dalla vita civile e da qualsiasi rapporto positivo con le istituzioni. Tutto ci ha creato spaesamento soprattutto tra le nuove generazioni, cresciute nella realt opulenta delle citt senza possedere gli strumenti culturali e relazionali per confrontarsi con la societ circostante. Una delle conseguenze di questa condizione indubbiamente stata la crescita della devianza minorile. Ormai in Italia vi sono due o tre generazioni di rom che sono cresciuti in discariche , in perenne ritardo nelle relazioni con il resto del mondo, paria in una societ che non li considera e li rifiuta.


 

 

Giudizi e pregiudizi

           

La presenza di Rom e Sinti percepita come un problema dalle amministrazioni e dall'opinione pubblica e questo dovuto in parte a fenomeni oggettivi, quali appunto le differenze culturali e i diversi usi e costumi che sussistono tra le popolazioni Rom, Sinti e Caminanti e la popolazione maggioritaria.

           

L'Istituto per gli Studi sulla pubblica opinione ha provato a fornire i contorni precisi dell'atteggiamento nei confronti di Rom, Sinti e Caminanti in una conferenza, svoltasi a Roma il 22 e 23 gennaio 2008, in cui sono stati presentati i risultati dell'indagine Italiani, Rom e Sinti a confronto. Una ricerca quali-quantitativa. La conferenza ha messo in luce come il 35% del campione intervistato sovrastimi la presenza di Rom e Sinti in Italia, collocandola tra l'1 e i 2 milioni di persone. L'84% del campione poi convinto che gli "zingari" siano prevalentemente nomadi. Questa scarsa conoscenza rispetto alla presenza di Rom e Sinti si accompagna a un'immagine avversa nel 47% dei casi, a un'immagine di emarginazione nel 35% dei casi, e solo nel 12% dei casi a un'immagine neutra o positiva. Inoltre il 92% degli intervistati convinto che Rom e Sinti in molti casi sfruttino i minori; il 92% che vivano di espedienti e furtarelli; l'87% che siano chiusi verso chi non zingaro; l'83% che abitino per loro scelta in campi isolati dal resto della citt. Il 65% persuaso infine che Rom e Sinti siano tra i popoli maggiormente discriminati.

 

Aggressioni, omicidi, guida in stato di ubriachezza con il seguito di incidenti anche mortali da parte di rom contro nazionali hanno occupato le cronache italiane. Minore spazio, anche se non nullo, hanno avuto gli assalti dei nazionali ai campi. Ma contro i rom si riportano diffuse aggressioni fisiche e verbali, comportamenti discriminatori, pure da parte delle forze dell'ordine, questi sono segnalati dalle agenzie specializzate, ma i media li ignorano. Insomma, se i risultati in termini di integrit e buona vita sono pessimi, quelli in termini di relazioni a basso conflitto non sono migliori.

 

I giudizi negativi sui Rom sono persistenti e diffusi. Nella scala di accettazione delle minoranze risultano sempre come i meno popolari.

 

Da un sondaggio dell'Eurobarometro sulla discriminazione nell'Unione Europea, emerge che il 47% degli italiani intervistati si dichiara a disagio con l'idea di avere un rom come vicino di casa, contro una media UE del 24%. Anche una ricerca italiana del 2010, rivolta ai giovani (18-29 anni), in una scala di simpatia che va da 1 a 10, assegna ai rom il minimo del punteggio (4,1) seguiti da rumeni (5,0) e albanesi (5,2). facile quindi ipotizzare che le posizioni di rigetto siano da addebitarsi non a pregiudizi etnici, ma a opinioni sulla maggiore propensione dei gruppi sgraditi a commettere azioni delittuose.

 

Uno dei pregiudizi pi diffusi quello secondo cui "gli zingari rubano i bambini" bench dal dopoguerra ad oggi nessuna sentenza abbia mai condannato un Rom o Sinti per un simile reato (ad eccezione del caso di Angelica, la minorenne condannata per aver tentato di rapire una neonata a Napoli nel 2008). Ma, come ha spiegato il professore Leonardo Piasere nell'audizione presso la Commissione del 20 aprile 2010, esiste anche l'opinione reciproca, ovvero che i gag, i non zingari, sottraggano i bambini a Rom e Sinti attraverso procedure di adozione e affidamento. Una ricerca svolta su sette tribunali minorili in un periodo che va dal 1985 al 2005-2006 mostra che in 21 anni sono stati dati in adozione 258 bambini Rom e Sinti, di cui il 93% Rom e il 7% Sinti; questo dato rappresenta il 2,6% delle procedure di adottabilit portate a termine nel periodo preso in esame.

Conclude Piasere: I Sinti e i Rom in Italia rappresentano una percentuale tra lo 0,1 e lo 0,2 della popolazione totale (una media ipotetica dello 0,15). Se la percentuale delle procedure fosse in analogia con la percentuale della popolazione, le procedure di adottabilit riguardanti i Sinti e i Rom non dovrebbero ammontare a 227 ma dovrebbero essere 13. Piasere si posto una domanda provocatoria: In Italia siamo sulla via di un genocidio culturale? per poi precisare: La nostra non una ricerca contro le adozioni, contro i tribunali o gli assistenti sociali, che in tutto il mondo si dice siano quelli che portano via i bambini. Ci mancherebbe! Non questo il punto. La ricerca contro le due posizioni estreme: quella secondo cui tutti i bambini Rom dovrebbero essere dati in adozione perch i Rom devono scomparire (dei presidenti di tribunale lo hanno detto chiaramente), e quella secondo cui, al contrario, nessun bambino Rom o Sinti deve essere dato in adozione perch appartenenti a culture diverse; e, proprio per questo motivo, noi abbiamo il diritto di intervenire.


 

 

Devianza e Criminalit

 

La questione della criminalit di questa minoranza non pu essere spazzata via da due atteggiamenti entrambi ideologici e frettolosi. Il primo rimuove il problema attribuendolo a pregiudizi o a mancanza di alternative, il secondo considera i comportamenti illegali connaturati a questa minoranza. Sarebbe invece opportuno capire prima quanti tra loro commettono atti delittuosi, quali atti e perch. Capire se ci siano state evoluzioni negative nel tempo: sfruttamento della prostituzione, traffico di armi e droga, anche se la micro criminalit che incide di pi sull'opinione pubblica, perch tocca da vicino e perch pi visibile. A costruire l'immagine negativa contribuisce anche l'accattonaggio, specie se affidato a minori o a donne molto anziane. E su questo ultimo problema si fatto poco, perch reprimerlo non basta, se non si indica quali alternative reali di ottenere un reddito da lavoro sono offerte ai rom. Questa minoranza intrappolata nel circolo vizioso della cosiddetta discriminazione statistica: siccome pare che in quella comunit ci sia pi devianza, non mi fido e non do lavoro. Quindi gli individui di quella minoranza non hanno vie di uscita e ripiombano in comportamenti, come l'accattonaggio, fastidiosi per la maggioranza o, peggio ancora, si procurano reddito con atti delittuosi di varia gravit che rinforzano il pregiudizio statistico.

 

Quando si guarda all'incidenza della criminalit in questi gruppi, bisogna ricordare che, in generale, a delinquere sono soprattutto i giovani, i poco istruiti, i disoccupati. In generale i giovani maschi sono pi propensi a commettere reati, nel caso dei rom c' per una forte incidenza tra le ragazze. possibile che si tratti di un ulteriore sintomo di sfruttamento di genere pi che di una male intesa parit.

 

Le condizioni di disagio e di emarginazione costituiscono un terreno fertile per la devianza, occorre quindi bonificare quel terreno per il bene di tutti. Alzare muri pu servire nell'immediato ad arginare i sintomi, a evitare che le interazioni diventino sempre pi conflittuali, ma non certo una strategia praticabile a lungo termine.

 

Il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, prefetto Francesco Cirillo, ha inviato alla Commissione un documento in cui sono riassunte le Operazioni di rilievo in Italia afferenti soggetti nomadi, portate a termine dal giugno 2007 al gennaio 2011.

 

Dal documento si evince come nel periodo in esame siano state complessivamente condotte 155 operazioni, di cui 7 tra giugno e dicembre del 2007, 26 nel 2008, 70 nel 2009, 48 nel 2010 e 4 nel primo mese dell'anno in corso.

 

In tutto, sono stati emessi ordini di custodia cautelare per 542 soggetti; sono state arrestate in tutto 234 persone; sono stati emessi provvedimenti restrittivi per 105; sono stati eseguiti 33 fermi; sono state denunciate a piede libero 149 persone; sono stati emessi 11 mandati d'arresto europei.

 

Dal documento, emerge che i reati contestati pi di frequente sono i furti (in generale), seguiti dai furti in appartamento, dalla detenzione, spaccio e/o traffico di stupefacenti, da rapine, ricettazione, usura, truffa, possesso illegale di armi e induzione, favoreggiamento e/o sfruttamento della prostituzione. Sono stati anche portati a termine 26 operazioni di sequestro di beni. Il maggior numero di operazioni stato condotto nelle aree urbane maggiori e nelle relative province (in particolare 41 operazioni a Roma, 20 a Milano).