LĠIMPATTO DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA 2008/115/CE SUI REATI DI CUI ALLĠARTT. 14 CO. 5-TER E 5-QUATER D.Lgs. 286/1998

 

1. Il rapporto tra direttive comunitarie e la legislazione interna.

La adesione allĠUE impone agli Stati membri di adeguare le proprie legislazioni al diritto comunitario e, con particolare riferimento alle Direttive, ad adeguare i rispettivi ordinamenti interni entro il termine di scadenza per il recepimento.

Tuttavia, come detto, il recepimento non  atto discrezionale, ma un preciso obbligo dello Stato aderente alla UE.

Tale obbligo rientra tra le limitazioni di sovranitˆ accettate dallĠItalia con lĠadesione allĠUnione Europea, sicchŽ non solo il Trattato Istitutivo, ma anche tutte le fonti normative emanate dagli organi comunitari, hanno valore giuridico, e di legge costituzionale, nel nostro ordinamento in virt degli artt. 10 e 11 Cost.

 

Ne discende che le Direttive, per il semplice fatto di essere state emesse ed a maggior ragione una volta scaduto il termine di recepimento, hanno comunque ex se una certa quale efficacia giuridica.

 

Inoltre, le Direttive Comunitarie per le quali sia scaduto il termine di recepimento hanno anche una ulteriore e pi penetrante efficacia nellĠordinamento interno, qualora siano self-executing, e cio alle seguenti condizioni:

- che il termine di recepimento sia scaduto

- che abbiano un contenuto precettivo chiaro, preciso e incondizionato

In relazione a fonti normative aventi tale caratteristica, infatti, lĠadeguamento dello Stato membro consisterebbe in una attivitˆ meramente formale: ma poichŽ le Direttive hanno giˆ valore giuridico, lĠinadempimento dello Stato  mero inadempimento e non pu˜ essere eccepito rispetto a quanti intendano far valere un diritto in esse riconosciuto (con la precisazione che mentre la direttiva recepita fa nascere anche diritti dei cittadini verso i cittadini – o efficacia orizzontale – la direttiva non recepita ma self executing fa nascere solo diritti dei cittadini nei confronti delle istituzioni degli Stati membri – efficacia verticale).

In sostanza, gli organi dello Stato membro (non solo il Giudice, ma anche qualsiasi pubblico funzionario) hanno il dovere di applicare, in luogo della norma interna, la norma comunitaria, che va dunque a riempire un vuoto o addirittura a sostituire la norma interna: se la P.A. non applica la norma comunitaria, il suo atto o la sua inerzia sono illegittime (erronea applicazione di norma vigente a tutti gli effetti nel nostro ordinamento), e il Giudice pu˜ porvi rimedio applicando la norma ÒgiustaÓ e, se del caso, disapplicando lĠatto amministrativo fondato sulla norma ÒsbagliataÓ.

 

Laddove invece le Direttive Comunitarie non abbiano la caratteristica per la immediata esecutivitˆ, i relativi precetti non possono avere efficacia immediata e diretta, atteso che lo Stato membro  tenuto non ad una attivitˆ meramente formale di recepimento, ma a dare un assetto di merito agli interessi dalle medesime considerati. Non operando la sostituzione automatica tra le norme, il pubblico funzionario, dunque, deve applicare la norma interna pur illegittima, fin quando questa non sia rimossa (se del caso mediante incidente di illegittimitˆ costituzionale, come vedremo subito appresso). In tal caso il Giudice non pu˜ disapplicare lĠatto, poichŽ fino alla rimozione della fonte normativa in base alla quale  stato emanato esso  da considerarsi legittimo.

Tuttavia lĠinadempimento dello Stato membro  pur sempre un comportamento tenuto in violazione degli Obblighi pattiziamente assunti.

La conseguenza  che il contrasto tra il Diritto Interno e la norma Comunitaria, quale contrasto tra norme di rango diverso, pu˜ e deve essere rimosso mediante lĠIncidente di Illegittimitˆ Costituzionale, atteso che per effetto della scadenza del termine di recepimento la legislazione interna  ormai in contrasto con la legislazione comunitaria a cui  assegnato rango costituzionale.

In particolare, una norma penale interna pu˜ essere rimossa solo con un intervento positivo da parte del legislatore, per cui in nessun caso una norma Comunitaria pu˜ essere self-executing in relazione alla abrogazione di un reato. Resta se del caso da valutare la legittimitˆ costituzionale della norma incriminatrice interna, ove in contrasto con il Diritto Comunitario.

 

2. La normativa interna in materia di espulsioni

Gli artt. 14 comma 5-ter e 5-quater D.Lgs. 286/1998 sono norme di mera disobbedienza, che tendono a rafforzare con la sanzione penale la violazione di obblighi di natura amministrativa.

Il sistema interno delle espulsioni amministrative (art. 13 D.Lgs. 286/1998) si fonda, principalmente ed in via diretta, sulla espulsione coattiva.

Laddove questa non sia possibile,  consentita:

- una forma di detenzione temporanea, di natura anchĠessa amministrativa, con termine massimo predeterminato dal legislatore, finalizzata alla espulsione

- la sostituzione della esecuzione coattiva con un ordine, impartito allo straniero, di lasciare il territorio nazionale nel termine di cinque giorni.

La violazione di tale ordine  sanzionata penalmente, con pena detentiva, e dunque in tal caso la limitazione della libertˆ personale  fine a se stessa, come tutte le sanzioni penali; purtuttavia, ci˜  solo parzialmente vero, atteso che:

- la detenzione  collegata alla violazione dellĠordine di allontanamento, e cio al mancato allontanamento volontario

-  possibile sostituire la sanzione detentiva (nel limite di due anni, anche come residuo di pena) con la espulsione, e cio lo Stato rinuncia alla pretesa punitiva laddove lo straniero lasci il Paese.

 

Visto da altro punto, di vista, assai rilevante per la questione in oggetto, lĠordine di allontanamento pu˜ essere:

- in sostituzione dellĠaccompagnamento presso il CIE: in questo caso, dunque, nessuna detenzione amministrativa ha subito in vista della espulsione lo straniero

- allĠesito del periodo massimo di permanenza nel CIE, e dunque dopo la scadenza del termine massimo di detenzione amministrativa senza che si sia potuto procedere alla espulsione.

 

3. La disciplina prevista dalla Direttiva Comunitaria

La Direttiva ha, come chiaramente emergente dal Preambolo, il duplice scopo da un lato di armonizzare le legislazioni nazionali in punto di espulsione, creando cos“ un sistema omogeneo e soprattutto efficace, ma dallĠaltro quello di indicare ben precisi paletti alla limitazione della libertˆ personale nei confronti del clandestino.

In altri termini, la Direttiva stabilisce, in maniera chiara, che il giusto interesse alla effettiva espulsione di stranieri irregolari trova un limite (che pu˜ essere riassunto nel concetto di Òproporzionalitˆ) nel rispetto della libertˆ personale dellĠespellendo, che pu˜ dunque essere limitata ma solo fino ad un ben preciso segno.

Ci˜, anche in caso di comportamento imputabile allo straniero: la norma, cio, parte dal presupposto che le limitazioni massime della libertˆ personale riguardano il soggetto che ostacola lĠallontanamento (stabilendo quindi una serie di strumenti affinchŽ colui che invece non intende osteggiare lĠesecuzione della espulsione non soffra limitazione alcuna della propria libertˆ personale).

 

In tale ottica, al provvedimento di espulsione, deve di regola seguire un invito a lasciare volontariamente il territorio (art. 7), in un termine congruo che:

- di regola  compreso tra 7 e 30 giorni

- che pu˜ tuttavia essere accompagnato da misure limitative della libertˆ personale diverse dalla detenzione

- che pu˜ anche, in determinate circostanze, essere abbreviato

- che pu˜ addirittura essere escluso, sicchŽ lo Stato membro passa direttamente alla procedura di allontanamento forzato

 

Solo alla scadenza del termine, ovvero nel caso in cui non venga dato alcun termine,  possibile procedere allĠaccompagnamento e cio allĠesecuzione forzata della espulsione (art. 8).

Nel caso in cui lo straniero ostacoli ed eviti la preparazione del rimpatrio, e/o vi sia pericolo di fuga,  possibile giungere alla limitazione della libertˆ personale mediante una detenzione amministrativa (art. 15).

In proposito si nota dunque:

- che tale detenzione , di fatto, una sanzione che colpisce colui il quale mostra di volersi sottrarre allĠordine di espulsione

- che tale limitazione, proprio perchŽ con funzione di scopo, non pu˜ mai durare oltre la Òprospettiva ragionevole di allontanamentoÓ, e cio una volta che si sia verificato che non  materialmente possibile eseguire coattivamente la espulsione, cessa per ci˜ solo il titolo della detenzione

- a scanso di equivoci, e in ossequio al principio di proporzionalitˆ, viene comunque indicato un termine massimo oltre il quale la prospettiva di effettivo allontanamento non  pi ÒragionevoleÓ (il che vuol dire, per˜, che di regola il termine di detenzione potrebbe e dovrebbe essere inferiore).

 

Dunque la normativa comunitaria, ormai vincolante anche per il nostro ordinamento, segna i ben precisi limiti entro i quali pu˜ essere limitata, a qualunque titolo, la libertˆ personale di colui la cui unica colpa  il non voler o non poter essere espulso.

 

4. Notazioni in punto di diretta applicabilitˆ della direttiva.

Nessun dubbio che dal 24.12.10 la disciplina interna  in contrasto con quella comunitaria, atteso che il procedimento di espulsione previsto dal D.Lgs. 286/98  totalmente difforme da quello delineato in ambito sovranazionale (se non per alcuni occasionali punti di contatto). Solo per citare i pi evidenti:

- prevede come regola la espulsione coattiva: anche le ipotesi di ordine di allontanamento, si inseriscono in un momento successivo ed eventuale rispetto allĠaccompagnamento alla frontiera

- prevede una sanzione penale con pena detentiva per lĠinadempimento dellĠordine di allontanamento, con pena massima fino a cinque anni, laddove la disciplina comunitaria prevede che le conseguenze della mancata collaborazione siano lĠallontanamento coattivo e, eventualmente, la detenzione amministrativa per il tempo strettamente necessario allĠallontanamento e comunque non superiore a 18 mesi.

 

Vi  da segnalare che la Circolare del Ministero dellĠInterno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – prot. 400/B/2010 prefigura una astratta compatibilitˆ tra normativa interna e normativa comunitaria, lasciando dunque a Prefetture e Questure il compito di adeguare la prima alla seconda mediante lĠadempimento di un onere motivazionale.

Tale inquadramento non considera la strutturale incompatibilitˆ tra le due normative, atteso che il D.Lgs. 286/1998 impone ai Questori di adottare in via primaria lĠallontanamento coattivo e la detenzione amministrativa, e dunque di fatto:

- onera le Questure di motivare adeguatamente per dimostrare che <<sia stato osservato il principio introdotto dalla Direttiva, che  quello di effettuare il rimpatrio dello straniero progressivamente, secondo lĠadozione di provvedimenti Òad intensitˆ graduale crescenteÓ>>, quasi che il Questore fosse legittimato a creare dal nulla provvedimenti allo stato normativamente inesistenti quali lĠobbligo di presentarsi periodicamente alla autoritˆ ovvero di costituire una garanzia finanziaria adeguata, o di dimorare in un certo luogo (art. 7 co. 3)

- onera le Questure di motivare lĠordine di allontanamento entro 5 giorni quale esito di una valutazione di situazioni eccezionali, quando in realtˆ il termine  previsto come ordinario dalla legge

- onera le Questure di motivare lĠordine di allontanamento entro 5 giorni quale esito di una valutazione di situazioni eccezionali, quando in realtˆ i Questori non hanno la possibilitˆ di adottare tale ordine se non perchŽ  impossibile il trattenimento in CIE

Ribadito dunque che la normativa interna, al di lˆ degli sforzi profusi dagli organi territoriali,  in insanabile contrasto con la Direttiva, e che dunque lĠItalia  inadempiente allĠobbligo di recepimento, resta da valutare quali conseguenze comporti tale inadempimento.

 

4.1. Gli ordini di allontanamento emessi dopo dal 25.12.10.

Gli ordini emessi dopo la scadenza del termine di recepimento, e dunque dopo che lĠItalia  vincolata ad applicare la disciplina prevista in ambito europeo, sono da considerarsi in contrasto con essa.

 

Tuttavia la normativa in questione non pu˜ considerarsi self-executing, sotto gli aspetti che qua rilevano.

Quanto alla disposizione dellĠart. 7, questa nel suo complesso non prevede una disciplina puntuale ed incondizionata, in quanto prevede come doveroso lĠintervento dello Stato per dare concretezza al sistema di pesi e contrappesi.

In tal senso sono inequivoche le dizioni:

- Ògli stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiestaÓ

- ÒlĠesistenza di altri legami familiari e socialiÓ

- Òper la durata del periodo per la partenza possono essere imposti obblighi diretti ad evitare il pericolo di fugaÓ

 

Analogamente, per quanto concerne la emissione degli ordini di allontanamento dopo la fase di detenzione amministrativa, poichŽ in tal caso lĠeffetto  quello di sanzionare il mero inadempimento volontario con la privazione della libertˆ personale ipoteticamente ma assai concretamente superiore ai termini diretti ed indiretti della normativa, in quanto:

- applicata dopo che  ormai emersa la ragionevole impossibilitˆ di ottenere, anche forzosamente, lĠallontanamento dello straniero irregolare

- applicabile ben oltre il termine di 18 mesi (considerando la pena edittale per il reato, e considerata oltretutto la reiterabilitˆ degli ordini di allontanamento)

Tuttavia, anche in tal caso non si pu˜ sostenere la natura self-executing delle disposizioni in questione, atteso che la abrogazione di una fattispecie penale  atto insostituibile dellĠordinamento interno.

 

In altri termini, fermo restando che la disciplina interna  in insanabile contrasto con quella comunitaria, non  possibile la diretta esecutivitˆ nel nostro ordinamento di tale disposizione, e cio la sostituzione automatica delle norme interne con quelle comunitarie.

 

Ne consegue, che lĠordine del Questore, pur emanato dopo il 24.12.10, con pedissequo reato,  emanato sulla base di una legge interna da considerarsi in pieno vigore in Italia, e che pu˜ essere rimossa soltanto mediante incidente di illegittimitˆ costituzionale.

Conseguentemente, neppure il Giudice penale pu˜, nella cognizione incidentale, rilevare la illegittimitˆ dellĠordine di allontanamento, poichŽ tale ordine  pienamente conforme al diritto interno che, ove in contrasto con lĠordinamento sovranazionale, pu˜ essere rimosso solo dalla Corte Costituzionale.

 

4.2. Gli ordini di allontanamento emessi fino al 25.12.10.

Gli ordini di allontanamento emessi fino al termine di recepimento sono da considerarsi legittimamente emessi, atteso che allĠepoca non vi era in vigore alcuna normativa contrastante con quella interna.

 

Purtuttavia, occorre considerare che al momento di sanzionare lĠinadempimento emerge comunque un momento di contrasto con lĠordinamento extracomunitario.

 

La Direttiva, nella parte del preambolo, pone molto marcatamente l'accento sul principio di proporzionalitˆ (punti n. 13 e n. 16), in base al quale pur essendo l'allontanamento dell'irregolare uno scopo da perseguire perchŽ meritevole di tutela nell'ordinamento sia nazionale che europeo, non  giuridicamente ammissibile una ipotesi di detenzione sine die finalizzata a rendere effettivo tale scopo (insomma, un po' come la galera per debiti: vero  che pagare i propri debiti  un comportamento doveroso, ma non ogni sanzione pu˜ essere utilizzata per obbligare allĠadempimento).

 

Quindi la direttiva evidenzia fortemente che la detenzione  considerata uno strumento giuridico legittimo solo se (art. 15):

a) collegata ad un comportamento volontario dello straniero

b) strettamente limitata allo scopo

c) con un termine massimo di 18 mesi

In altri termini, la Legislazione comunitaria prevede la compressione del diritto fondamentale alla libertˆ personale in virt del principio sovraindividuale alla regolazione dei flussi migratori: ma, come ogni bilanciamento di interessi, stabilisce un ben preciso limite di proporzione tra scopo e mezzi.

 

Oltre tali limiti, si ha un contrasto tra la normativa e la Carta dei Diritti Fondamentali dellĠUnione Europea (art. 49), atteso che un fine pur meritevole di tutela viene raggiunto a scapito della intollerabile violazione della Libertˆ Personale.

 

EĠ pur vero che, in linea di principio, ciascuno Stato ha la facoltˆ di rafforzare con la sanzione penale lĠadempimento degli obblighi nascenti dal rispetto delle norme anche comunitarie, ma nel caso di specie occorre considerare:

1) la totale sovrapposizione tra presupposti della fattispecie penale interna e presupposto della detenzione presa in considerazione dalla Direttiva, sanzionandosi niente di pi e di diverso che la mancata collaborazione dello straniero alla propria espulsione: la Direttiva prevede espressamente che la limitazione della libertˆ personale  lecita laddove lo straniero abbia adottato comportamenti tendenti ad ostacolare il proprio allontanamento, e cio consente di sanzionare la mancata collaborazione dellĠespulso con una forma di detenzione

2) la Direttiva – come del resto  la regola – non impone e neppure semplicemente indica il titolo formale della limitazione della libertˆ personale (detenzione amministrativa piuttosto che sanzione penale), lasciando anche in ci˜ la doverosa libertˆ dei singoli Stati, pragmaticamente occupandosi dellĠeffetto ultimo che grava sullo straniero irregolare che non vuole allontanarsi

3) e tuttavia tale detenzione, ampiamente giustificata dal comportamento dello straniero,  soggetta al principio di proporzionalitˆ

4) la Carta dei Diritti Fondamentali dellĠUnione Europea prevede che anche in relazione ai fatti criminosi Òle pene non devono essere sproporzionate rispetto al reatoÓ (art. 49), e la Direttiva appunto traccia i limiti della proporzionalitˆ in relazione a tali vicende.

5) la Direttiva sancisce anche espressamente che gli Stati non possono riservare allo straniero da allontanare un trattamento deteriore rispetto a quello da essa previsto dalla Direttiva (ma eventualmente un trattamento pi favorevole: art. 4)

 

Ne consegue che la legislazione interna italiana prevede, pur in relazione allĠinadempimento di ordini legittimamente emessi, una privazione della libertˆ personale da considerarsi sproporzionata, in quanto:

- prevede una sanzione che non  finalizzata alla mera espulsione, e che – anche applicandosi alcune norme relative alla espulsione come sanzione sostitutiva o come causa di estinzione della pena – potrebbe portare ad una detenzione fine a sŽ stessa ed inidonea a raggiungere lo scopo che legittima la limitazione della libertˆ personale

- prevede una limitazione della libertˆ personale che, anche in sŽ considerata, va ben oltre i limiti indicati dalla direttiva

- prevede una limitazione della libertˆ personale che addirittura pu˜ trovare applicazione (con un titolo solo formalmente diverso) dopo – e dunque oltre – i termini massimi di detenzione amministrativa

- prevede, mediante il meccanismo della reiterazione degli ordini di allontanamento, la comprensione tendenzialmente illimitata della libertˆ personale del soggetto

 

Questo effetto si verifica non al momento della emissione dellĠordine di allontanamento, ma al momento in cui il Giudice penale deve irrogare la sanzione:  in tale momento dunque che va verificata la non rispondenza della normativa interna alla normativa comunitaria.

Tale profilo ha identica rilevanza indipendentemente dal tempo in cui si perfezion˜ la violazione della norma penale: e cio anche colui che da anni si sia reso inadempiente allĠordine di allontanamento ha oggi diritto a che la sua detenzione avvenga nei limiti del quadro delineato dalla Direttiva.

 

Anche sotto tale aspetto per˜ la Direttiva non pu˜ considerarsi self-executing, e cio non pu˜ portare alla totale e immediata abrogazione di una sanzione, atteso che lo Stato ha la facoltˆ di decidere con quali strumenti applicare la detenzione collegata alla effettivitˆ dellĠallontanamento, secondo un sistema di pesi e contrappesi che risulti nel complesso rispondente alla cornice della Direttiva.

 

Anche in tal caso, dunque, il Giudice penale, al momento in cui dovrebbe – applicando il diritto interno – irrogare una sanzione non corrispondente ai dettami della direttiva, ha il dovere di sollevare Questione di Legittimitˆ Costituzionale per contrasto con la normativa sovranazionale (e cio non solo con la Direttiva, ma anche con la Carta Fontamentale dei Diritti dellĠUnione Europea).

 

NŽ pu˜ argomentarsi la impermeabilitˆ dellĠart. 14 D.Lgs. 286/1998 alla Direttiva, in base allĠart. 2 lett. b) : e ci˜ in quanto la sanzione penale, cos“ come attualmente prevista,  del tutto scissa dalla espulsione in via giudiziaria, che  oggetto di istituti del tutto differenti (ad es: espulsione come misura di sicurezza, o come sanzione sostitutiva).

 

4.3. Il giustificato motivo.

Pertanto, le fattispecie penali di cui allĠart. 14 comma 5-ter e 5-quater D.Lgs. 286/1998 sono da considerarsi in contrasto con la normativa comunitaria tanto nel caso di ordini di allontanamento emessi dopo il 24.12.05, quanto per gli ordini di allontanamento emessi in data antecedente allo scadere del termine di recepimento.

In entrambi i casi, tuttavia, il Giudice penale non ha il potere di disapplicare lĠatto amministrativo Òordine di allontanamentoÓ, ma ha il dovere di evidenziare il contrasto tra la norma interna e la norma pattizia mediante Questione di Illegittimitˆ Costituzionale.

 

Resta tuttavia la valvola di sfogo prevista dal Ògiustificato motivoÓ, elemento negativo tipico delle fattispecie di cui agli artt. 14 commi 5-ter e 5-quater, che anche recentemente la Corte Costituzionale ha indicato quale pilastro per la legittimitˆ del sistema.

Ci˜ in massima misura se si considera:

- la retroattivitˆ ex tunc della declaratoria di incostituzionalitˆ

- lĠefficacia erga omnes della declaratoria di incostituzionalitˆ

- la natura incidentale dellĠincidente di illegittimitˆ costituzionale, che cio pu˜ essere sollevato solo allorchŽ vi sia un giudizio,

 

La natura incidentale del procedimento impedisce che lo straniero possa rilevare la questione se non al momento stesso in cui egli  di fronte ad un Giudice: sicchŽ egli ha un giustificato motivo per permanere in Italia in vista della fase di contenzioso giurisdizionale.

 

In tale ottica, lĠoggettivo contrasto tra la norma interna e la norma sovranazionale di rango costituzionale, integra un giustificato motivo quantomai oggettivo per la permanenza in Italia: e cio avere la possibilitˆ di eccepire lĠillegittimitˆ della normativa interna italiana, o comunque attendere che la normativa in base alla quale lĠordine violato  stato emesso venga dichiarata incostituzionale e rimossa dallĠordinamento, con conseguente caducazione anche del proprio ordine di allontanamento.

 

Conclusione:

La scadenza del termine di recepimento della direttiva 2008/115/CE comporta che, per gli ordini di allontanamento emessi dal Questore in data successiva al 25.12.2010, nonchŽ in caso di violazione di ordini di allontanamento emessi anche prima del 24.12.10, lo straniero ha sempre un giustificato motivo di permanenza in Italia, e cio attendere che nel giudizio principale (amministrativo) o incidentale (penale) venga sottoposto a vaglio di costituzionalitˆ

a) la legittimitˆ dellĠordine di allontanamento presupposto del reato

b) la limitazione della libertˆ personale conseguente allĠinadempimento

 

Trattandosi di circostanza di fatto e diritto che prescinde dallĠaccertamento di elementi attinenti alla specifica posizione, lĠarresto pu˜ considerarsi non legittimamente eseguito.

 

Laddove si ritenesse che la disposizione sullĠarresto obbligatorio in flagranza impedisca che la Polizia Giudiziaria possa operare tale valutazione, ovvero nel caso in cui la Polizia Giudiziaria ritenga comunque di procedere allĠarresto, andrˆ disposta la immediata liberazione dellĠarrestato e, nel corso del giudizio di convalida a piede libero, sollevata eccezione di illegittimitˆ costituzionale.

 

Filippo Focardi