Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 12 gennaio 2011)

 

Immigrazione: è il 31 gennaio il primo dei tre click day

 

 

Sommario

 

o       Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                             pag. 2

o       Attualità – Decreto Flussi: un commento dell’Ital                                                                               pag. 2

o       Attualità – Decreto Flussi: i click day saranno tre                                                                             pag. 3

o       Società – Rosarno: un anno dopo, punto e a capo                                                                                 pag. 4

o       Società – Consulta: non punibile lo straniero indigente espulso che resta                                              pag. 6

o       Società – Natale Forlani sul piano integrazione immigrati; Loy: “finalmente si affronta il problema”      pag. 6

o       Rifugiati –  Somali a Roma: un’emergenza come sei anni fa                                                                 pag. 7

o       Lavoro – Imprenditori stranieri oltre quota 600 mila                                                                          pag. 8

o       Lavoro – 2° Rapporto UIL sul sommerso                                                                                             pag. 9

o       Lavoro – Uno straniero su 2 dichiara meno di 10 mila euro di reddito                                                  pag. 10

o       Foreign Press – Greek plan for border fence attacked                                                                           pag.11

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 300



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti

 

Roma, 12 gennaio 2011, Palazzo del Viminale

Riunione con sindacati, imprese e patronati su procedure relative a decreto flussi 2010.

(Piero Bombardieri, Giuseppe Casucci)

Roma, 13 gennaio 2011, sede UIL Nazionale

Riunione con Opera Nomadi

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)


 

Attualità


Decreto Flussi 2010, una nota dell’Ital commenta la circolare sul D.P.C.M. 20 novembre 2010

La procedura è interamente informatica. Non varrà l’ora d’invio della domanda, ma l’orario di acquisizione da parte del Ministero. Gli invii “a pacchetto” verranno gestiti dal programma informatico in maniera singola. Il 12 gennaio incontro tra patronati, associazioni e sindacati con il Ministero dell’Interno.

p. Area Assistenza e Tutela

Piero Bombardieri


Roma, 5 gennaio 2011 - Il Ministero dell’Interno ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali hanno diramato in modo congiunto una prima Circolare esplicativa concernente il decreto Flussi d’ingresso per lavoratori stranieri non stagionali 2010.

Nella circolare, oltre a riepilogare i dati relativi alla quote a disposizione determinate dal DPCM 30/11/2010 (v. nostro precedente Messaggio ITAL), vengono illustrate alcune indicazioni operative che di seguito riportiamo:

q      La ripartizione territoriale delle quote stabilite per le nazionalità privilegiate(52.080) e per lavoro domestico (30 mila quote) sarà effettuata dalla Direzione Generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro, e comunicata con successiva Circolare.

q      Le quote (16 mila) relative alla conversione del permesso di soggiorno a vario titolo, non saranno ripartite territorialmente ma rimangono nella disponibilità della Direzione generale dell’Immigrazione che effettuerà l’assegnazione in base alle richieste che affluiranno dagli Sportelli Unici.

q      I Dicasteri precisano che l’orario di acquisizione delle domande inviate telematicamente non coinciderà con  l’orario di invio da parte dell’utente. Inoltre, tutte le istanze inoltrate, ivi comprese quelle prodotte dai Patronati e dalle associazioni, verranno gestite dal programma in maniera singola e non a pacchetto. Pertanto, l’inoltro di più domande mediante un unico invio verrà gestito come una serie di singole spedizioni, regolato in base all’ordine di compilazione, generando per ogni domanda la relativa ricevuta.

q      Il sistema informatico del Ministero dell’Interno, dallo scorso 9 dicembre 2010, prevede la modalità di compilazione dei moduli on line direttamente sul web. Anche grazie a ciò, la comunicazione di avvenuta ricezione della domanda non verrà più inviata tramite e-mail all’utente, ma è resa direttamente visibile sull’applicativo nell’area privata dell’utente e conterrà i dati essenziali quali, il codice identificativo, i dati anagrafici del datore di lavoro e del lavoratore, la data e l’ora di accettazione da parte del sistema dell’istanza inoltrata.

q      A partire dal prossimo 17 gennaio, dalle ore 8,00, sul sito del Ministero sarà possibile compilare i moduli  per le varie tipologie di istanze previste dal Decreto flussi, in preparazione degli inoltri da effettuare esclusivamente nelle date fissate dal Decreto flussi, che ricordiamo sono il 31 gennaio, 2 e 3 febbraio 2011. (v.precedente Messaggio ITAL).

Vi informiamo che il Ministero dell’Interno, anche in ragione del telegramma inviato dalle Presidenze CEPA, ha convocato i Patronati e le Associazioni per il 12 gennaio p.v. Pertanto, rimandiamo agli esiti che scaturiranno da questa riunione le ulteriori e dovute indicazioni operative per i nostri uffici di Patronato. 

>> Scarica la circolare


 

 


Decreto flussi 2010. I click day saranno tre: il 31 gennaio, il due ed il tre febbraio alle ore 08.00

Il dispositivo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2010 e riguarderà 98.080 lavoratori a tempo determinato.


Roma, 3 gennaio 2011. Come previsto il decreto flussi 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre scorso. Il dispositivo permetterà l’ingresso in Italia di 98.080 lavoratori a tempo indeterminato. Le domande, come già avvenuto nel recente passato, potranno essere presentate solo attraverso internet al sito del Ministero dell’Interno ( www.interno.it) in occasione dei cosiddetti click day che questa volta saranno tre. Si parte, infatti, lunedì 31 gennaio alle 08.00, giorno fissato per il primo invio online delle domande di assunzione e per l’ingresso di 52.080 lavoratori stranieri a tempo indeterminato provenienti dai paesi che hanno sottoscritto specifici accordi di cooperazione in materia migratoria con l'Italia. Egitto (8mila), Moldavia (5.200), Albania e Marocco (rispettivamente con 4.500 posti disponibili) sono i paesi, a cui è riservato il maggior numero di quote. Il 2 febbraio, sempre alle 08.00 sarà la volta del secondo click day riservato a 30 mila lavoratori domestici (colf, e badanti) provenienti da altri Paesi che non hanno accordi con l'Italia. Infine, giovedì 3 febbraio sarà infine il turno delle domande relative ai lavoratori che hanno completato specifici programmi di formazione e istruzione nel paese di origine (4mila posti disponibili) e 500 discendenti di italiani in Argentina, Uruguay, Venezuela o Brasile. È l'effetto del decreto flussi pubblicato sull'ultima Gazzetta Ufficiale del 2010 (la numero 305 del 31 gennaio). Nel complesso i permessi disponibili sono 98.080. Oltre ai nuovi ingressi, il decreto flussi riserva la possibilità di conversione di 11.500 titoli di soggiorno per altri motivi in permessi per lavoro. Il decreto flussi ha stabilito nel dettaglio le singole quote di possibile conversione: 3mila permessi per studio, 3mila per tirocinio o formazione, 4mila per lavoro stagionale, mille per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da un altro Stato membro dell'Unione europea. Questo per quanto riguarda il lavoro subordinato. Mentre ci sono 500 permessi sempre rilasciati a soggiornanti di lungo periodo che potranno essere rilasciati per il lavoro autonomo. Va dunque prestata la massima attenzione al calendario, quindi, per famiglie e imprese che dovranno essere velocissime per assicurarsi uno dei permessi. Le domande dovranno essere presentate via internet attraverso il sito del ministero dell'Interno (www.interno.it). E in tutte e tre le date fissate dal decreto flussi la procedura scatterà dalle 8 di mattina.

>> Scarica il decreto flussi



Flussi, conto alla rovescia per il clic day

È possibile farlo dal computer di casa o rivolgersi a sindacati e patronati che offrono aiuto gratuito. Il 31 gennaio e 2-3 febbraio si potranno prenotare on line i permessi per l'Italia. Ci si può collegare al sito del ministero dalle 8 del mattino ma le ultime quote sono andate esaurite in pochi minuti

di MARIA CRISTINA CARRATU' , La Repubblica


Flussi, conto alla rovescia per il clic dayRoma, 5/01/2011 - È partito il conto alla rovescia per il clic day, il giorno (anzi i tre giorni) in cui, premendo il tasto di un computer, sarà possibile ottenere via internet l'ingresso in Italia di nuovi lavoratori stranieri. Come indica il decreto flussi 2010-11 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre scorso, si partirà lunedì 31 gennaio, giorno riservato al clic per i lavoratori stranieri non stagionali di paesi (fra cui Egitto, Moldavia, Albania, Marocco) che hanno sottoscritto con l'Italia specifici accordi di cooperazione in materia migratoria. Mercoledì 2 febbraio toccherà quindi ai domestici (colf e badanti) e ai non stagionali provenienti da paesi che non hanno accordi con l'Italia, e giovedì 3 febbraio ai lavoratori che hanno seguito corsi di formazione e istruzione nei loro paesi e a chi vuole convertire in permessi per lavoro altri titoli di soggiorno (dai permessi di studio, a quelli per tirocinio, formazione, lavoro stagionale). Una nuova occasione per tanti datori di lavoro italiani (e anche per molti stranieri), fra i quali vanno incluse le famiglie in cerca di badanti, colf o baby sitter, di procurarsi "fornitori" preziosi di manodopera nonché di servizi essenziali. Ma anche, come è già successo con i clic day del 2007 e del 2008, una vera e propria corsa contro il tempo. Guai a dimenticarsi le tre fatidiche date disponibili, e soprattutto occhio all'orologio: famiglie e imprese, infatti, una volta collegato il computer al sito del ministero dell'Interno (www.interno.it) dovranno tenere il dito pronto sulla tastiera fin da qualche minuto prima delle ore 8 di mattina del giorno utile, in modo da premere subito allo scoccare del "via". Anche solo qualche secondo di ritardo potrebbe voler dire farsi catapultare nelle quote dell'anno prossimo, ammesso che il decreto flussi venga ripetuto. Basta guardare quello che è successo nel 2007 per alcune categorie di lavoratori: le 116 quote di albanesi non stagionali disponibili per la provincia di Firenze, per esempio, sono andate esaurite già alle 8,30 minuti e 22 secondi del clic day, le 206 quote di filippini sono "sfumate" alle 8,40 minuti e 29 secondi, le 1541 di domestici alle 8,41 minuti e 16 secondi. Chi è arrivato una frazione dopo ha dovuto aspettare il clic day del 2008, quando, per restare all'esempio dei domestici, le 2053 quote sono andate immediatamente esaurite. Per fare la domanda, comunque, ci si potrà rivolgere (senza alcun onere) anche varie strutture con sportelli riconosciuti e abilitati dal ministero per questo genere di operazioni (l'ufficio immigrazione di alcuni Comuni, a cominciare da Firenze, i patronati delle associazioni di categoria, i sindacati, associazioni ed enti come l'Arci e le Acli, etc), e che la prossima settimana, in una riunione coi tecnici del ministero, cercheranno di capire come evitare i problemi incontrati gli anni scorsi nell'inoltrare i moduli per le richieste collettive via internet: causa il loro "peso" eccessivo, infatti, il sistema li ha "smaltiti" in coda a tutte gli altri, suscitando un sacco di contestazioni. I vari sportelli, in ogni caso, sono disponibili anche a dare istruzioni individuali a chi volesse fare per conto proprio. Da evitare, invece, le prestazioni a pagamento offerte da professionisti privati, che giocano sull'ansia da burocrazia di tanti datori di lavoro, e, spesso, promettono il falso, cioè il buon esito garantito delle domande. In realtà è impossibile, al momento, sapere quanti dei 98.080 posti a disposizione per tutta Italia finiranno all'area fiorentina. Finora l'attribuzione delle quote provincia per provincia spettava alle Direzioni regionali del lavoro, che le comunicavano agli Sportelli unici per l'immigrazione di prefetture e questure nel giro di pochi giorni. Il nuovo decreto prevede invece che l'assegnazione sia fatta questa volta direttamente dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulla base del totale delle domande inviate, in modo, si spiega, da far coincidere meglio richieste ed offerte settore per settore.


Società


Rosarno un anno dopo: punto e a capo

di Maria Pirro, Panorama.it


A Rosarno è di nuovo tempo di clementine e arance. Alle 5.55, in via Nazionale, sotto lo sguardo obliquo dei «caporali», il mercato dei braccianti riparte puntuale. Il ragazzo nero, magro come un chiodo, si trascina dietro una busta di plastica annodata sull’orlo. È l’unico tocco italiano, la marca del discount che dondola nel vuoto. All’improvviso scivola dentro un furgone bianco a nove posti, il motore fumante. Lo guida un altro ventenne, pure africano. A fianco a fianco, sagome. Sullo sfondo insegne abbaglianti, caffè, scheletri di cemento, capannelli, muri scrostati, panni stesi al gelo, manifesti elettorali strappati, persiane serrate. È Rosarno, provincia di Reggio Calabria. È passato un anno dalla rivolta degli immigrati e dalla «caccia al negro» che ne seguì. Furono costretti, i neri, a lasciare il paese tra l’8 e il 9 gennaio. Ora non più di 650 di loro, sui 2.500 originali, sono tornati a lavorare nella Piana di Gioia Tauro. Per varie ragioni. Perché il settore è in crisi, si lamentano gli agricoltori. Ma anzitutto per il timore di nuovi scontri, tanto è vero che ai braccianti africani sono subentrati in massa bulgari e romeni. Donne comprese. «Da Sofia ne sono arrivati 500, a bordo di dieci bus» sussurrano in paese. Gli ultimi rapporti della polizia confermano il fenomeno. E il ricambio ha un vantaggio evidente: «I nuovi braccianti provengono da stati membri dell’Unione Europea, anche se lavorano in nero, al momento dei controlli non devono esibire il permesso di soggiorno» spiega il questore Carmelo Casabona. Come dire: se l’attenzione su Rosarno rimane alta, almeno le multe saranno più basse. Così in via Nazionale continuano ad avvicendarsi volti e sguardi di due continenti. Tra loro ci sono i feriti del gennaio 2010. Konade, il ragazzo impallinato con un fucile da caccia; Saikon, bastonato perché vittima del raptus collettivo. «Alternative non ne ho» fa intendere il primo. «Ho moglie e figli in Gambia, vorrei portarli qui, non li vedo da quattro anni e mezzo» dice il secondo, mostrando il piccolo tesoro fasciato nella plastica: indumenti, per difendersi dalle intemperie.

Braccia e sudore per un pugno di euro. «Le paghe sono le stesse dell’anno scorso: 25-30 euro a giornata, oppure 1 euro per ogni cassetta ricolma. Meno 2 euro e 50 centesimi, il prezzo del trasporto nelle campagne». I caporali? «Ancora gestiscono il mercato delle braccia: contattano i connazionali africani la sera prima, anche se non tutti accettano di lavorare con loro» segnala l’Osservatorio migranti. È la ragnatela dello sfruttamento: squarciata ad aprile 2010, con gli arresti e i sequestri dell’inchiesta Migrantes, la rete si ricompone all’alba del 2011. Dice a Panorama il questore Casabona: «La polveriera Rosarno potrebbe riesplodere, se non si rimuovono le cause di disagio. La vera scommessa è favorire l’integrazione, attraverso rapporti di lavoro regolari, alloggi con equo canone, il ricongiungimento familiare». Un percorso in salita, secondo la 83enne che gli immigrati chiamano «mama Africa». Norina Ventre ogni domenica organizza la mensa della solidarietà. E racconta: «Un anno fa, ragazzacci avevano distrutto tutti i tavoli per impedirci di servire i pasti, ma il nostro “ristorante” ha ripreso a funzionare. E l’altra settimana si è seduto un ragazzo dal volto scorticato: colpito allo zigomo, con un casco». Episodi isolati, commessi da giovani spavaldi. Tutti cresciuti nel solco tracciato dalla ’ndrangheta. «La percentuale degli affiliati nella zona è elevata. Ma il problema non è soltanto nel numero, è anche nella qualità e nell’incidenza del fenomeno mafioso» sottolinea il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore di Landro. Il magistrato è in prima persona nel mirino di una escalation criminale, cominciata il 3 gennaio, quattro giorni prima dei fatti di Rosarno, con il ritrovamento di una bomba vicino al suo ufficio. «Le due situazioni rappresentano facce diverse di un prisma, anche se si tratta chiaramente di fatti distinti, non riconducibili» sostiene. A Rosarno il sindaco è stato eletto il 13 dicembre 2010, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose: Elisabetta Tripodi, del Pd, si ritrova ad affrontare il battesimo di fuoco. «In 12 mesi nulla è stato fatto per favorire l’accoglienza. La situazione rimane drammatica perché manca un centro dove ospitare i lavoratori stagionali» incalza Peppe Pugliese, del movimento Africalabria, minacciato un anno fa perché «amico dei neri». Durante l’emergenza freddo, i volontari si adoperano per raccogliere indumenti, materassi, scarpe, anche attraverso appelli su Facebook. Panorama segue le operazioni della prima distribuzione di aiuti umanitari promossa dai ragazzi di Onda rossa, a cui si aggiunge il contributo dell’associazione San Ferdinando in movimento. Da Cinquefrondi a Rosarno arriva un camion di speranza. Altri segnali positivi: quattro immigrati (fra le vittime della violenza) oggi vivono a Polistena, in una casa di proprietà della parrocchia, e lavorano con don Pino De Masi, nella terre confiscate ai boss e affidate a Libera; mentre la Caritas di Drosi, con don Pino La Rocca, fa da garante per gli affitti delle case messe a disposizione dai parrocchiani. «La spesa è di 50 euro al mese, tutto incluso. In 50 hanno già un tetto» sorride Ciccio Ventrice, responsabile dell’associazione cattolica, mentre Aziz Comparoe, 22 anni, mostra la casa dove abita. Pulito e ordinato. Eppure, sembra una goccia nel mare. Svuotate le fabbriche che ospitavano gli immigrati, a Rosarno e nei dintorni sono spuntati dieci accampamenti: meno visibili, più degradati. Gli africani dormono in casolari diroccati, fra travi inclinate, lamiere, fornelli a gas, teloni di plastica per fermare pioggia e calcinacci, miasmi e fumi che bruciano gli occhi e l’anima. Giacigli per terra, appoggiati su legni, cigolanti su sgangherate reti. Né acqua, né elettricità, né gabinetti. Una bomba igienico-sanitaria che può rendere micidiali comuni malattie. «Per Marcus è stato così. Stroncato dalla polmonite. All’età di 36 anni» sottolinea Pugliese. E aggiunge: «Purtroppo, non è l’unico caso censito». Con Saikon e Konade, anche Sang Batch Correa, campione di pugilato, sopravvive in condizioni indescrivibili. «Se solo ci fosse più cooperazione» ragiona il 41enne in quella che definisce una «crazy home», la sua folle sistemazione. L’ingresso celato da una tenda, tra fango e rifiuti. Si sta seduti su un materasso stretto tra altri 11. Spazi indistricabili. Alla luce di una candela, non si distinguono le facce, solo le ombre. E Sang, in inglese, ripercorre le tappe che l’hanno riportato nell’anonimo paese sotto il tacco della ‘ndrangheta. Perché a Rosarno tutto appare sospeso, non solo le vite interrotte degli emigranti. L’ospedale, per esempio. Posa della prima pietra nel 1966, lavori da completare in 24 mesi, proseguiti per 24 anni: mai aperto. Ancora, le fabbriche dismesse. E le palazzine lasciate a metà. Mattoni e pilastri a vista, troppe incompiute. Anche in via Nazionale, la strada che attraversa gli anni senza mutazioni, fino a diventare il simbolo del comune diviso in due. In bianco e nero. Tra desideri che danno forma al paese, oppure riescono a cancellarlo.


 

 

 

 


Non punibili gli stranieri indigenti espulsi che restano in Italia

Lo ha deciso la Consulta con sentenza n. 359 del 17 dicembre 2010, bocciando la norma del pacchetto sicurezza


Non si può punire lo straniero che in ”estremo stato di indigenza”, o comunque per ”giustificato motivo”, non ottemperi all’ordine, seppure reiterato, di allontanamento dall’Italia emesso dal questore. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, redattore il giudice Gaetano Silvestri, dichiarando incostituzionale una delle norme inserite nel “pacchetto sicurezza” del 2009, nella parte che prevede il reato di clandestinità. Tutto è nato dal tribunale di Voghera che, chiamato a giudicare una donna senza permesso di soggiorno e più volte espulsa come clandestina, si è rivolto alla Consulta sostenendo che la donna non aveva potuto lasciare il nostro paese perché priva di mezzi propri. “Un  giustificato motivo”, che però non è previsto, dicono i giudici della Corte, dall’art.14, comma 5 quater del testo unico sull’immigrazione, modificato dal “pacchetto sicurezza”.  “Questa Corte ha inquadrato la clausola del ‘giustificato motivo’ tra quelle destinate in linea di massima a fungere da ‘valvola di sicurezza’ del meccanismo repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché – anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione – l’osservanza del precetto appaia concretamente ‘nesigibile’  in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo’. ‘Un estremo stato di indigenza, che abbia di fatto impedito l’osservanza dell’ordine del questore nello stretto termine di cinque giorni non diventa superabile o irrilevante perché permanente nel tempo o perché insorto o riconosciuto in una occasione successiva”. Per tutto ciò, e tranne che le autorità non procedano con un’esecuzione coattiva dell’espulsione (procurando il vettore aereo o altri mezzi per lasciare il territorio nazionale), non si può lasciare allo stesso immigrato clandestino l’esecuzione del provvedimento perché ”incontra i limiti e le difficoltà dovuti alle possibilità pratiche dei singoli soggetti”. Per la Consulta è indispensabile ”un ragionevole bilanciamento tra l’interesse pubblico all’osservanza dei provvedimenti dell’autorità, in tema di controllo dell’immigrazione illegale, e l’insopprimibile tutela della persona umana”. Leggi la sentenza:



Seminario 'L'immigrazione tra lavoro e integrazioni: scenari e prospettive'

Natale Forlani, da piano integrazione immigrati risorse per oltre 65 milioni di euro

L'intervento del direttore generale dell'Immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dei rappresentanti del sindacato Soldini (Cgil), Ocmin (Cisl), Loy (Uil)


Natale Forlani, direttore generale Immigrazione ministero del Lavoro (al centro nella foto), nel corso del del convegno di oggi (Foto Labitalia)Roma, 21 dicembre 2010 (Labitalia) - "Abbiamo fatto una pianificazione di oltre 65 milioni di euro, ma la finalità è quella di concorrere con altre amministrazioni per mobilitare le risorse non solo finanziarie ma anche umane e sociali". Così Natale Forlani, direttore generale dell'Immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è intervenuto oggi a Roma al seminario 'L'immigrazione tra lavoro e integrazioni: scenari e prospettive', organizzato da Italia Lavoro. "Il piano per l'integrazione -ha spiegato Forlani- è un passaggio fondamentale nelle politiche per l'immigrazione, perchè dà al valore dell'integrazione degli immigrati un'importanza molto più alta che in passato".

Secondo Forlani il piano per l'integrazione deve puntare a garantire l'inserimento degli immigrati nella società e nel mercato del lavoro. "In questi anni -ha sostenuto Forlani- abbiamo creato un 'grosso' mercato del lavoro degli immigrati, con una percentuale che si avvicina al 10%, e siamo così uno dei Paesi europei con la più grande comunità di immigrati al lavoro".

Per Forlani però è necessario "qualificare l'integrazione al lavoro attraverso dei buoni servizi, e garantendo sul territorio anche azioni per un accesso migliore a case e alloggi".

Forlani, che ha sostenuto l'importanza del ruolo degli operatori del Terzo settore, ha chiarito che l'obiettivo del Piano per l'integrazione "è quello di creare sistemi di tipo sostenibile. Noi abbiamo la tendenza italiana che per fare le cose 'buone' bisogna sempre spendere risorse pubbliche, che sono sì necessarie ma non devono essere sole".

Per Forlani, infatti, non devono essere sottovalutate "le azioni realizzate dalle migliaia di organizzazioni che operano nel mercato del lavoro e nel sociale, i cui interventi devono entrare a far parte di una specifica politica, e quindi creare una rete di interventi sistematici, e non eccessivamente dipendenti da investimenti pubblici".



Loy (Uil): bene Piano integrazione immigrati, finalmente si affronta problema

L'intervento del segretario confederale del sindacato.


Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil(Foto Labitalia)   Roma, 21 dic. (Labitalia) -  Finalmente anche la maggioranza e il governo pone il tema della immigrazione non solo come questione di ordine pubblico, ma anche come fattore della nostra società. Il fatto che si affronti il problema è già di per sé positivo, anche se non è facile farlo". Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil, intervenuto oggi a Roma al seminario 'L'immigrazione tra lavoro e integrazioni: scenari e prospettive' organizzato da Italia Lavoro, commenta così con LABITALIA il Piano per l'integrazione degli immigrati messo in atto dal governo. Secondo Loy, c'è da affrontare "la questione naturalmente del lavoro e poi di come queste persone diventano parti integranti della nostra società". "C'è da affrontare il problema - aggiunge - dell'abitazione, della scuola per i figli, dell'assistenza sanitaria, sapendo che su questi problemi ci sono degli handicap che non riguardano solo gli immigrati ma tutto il nostro Paese". Secondo il dirigente sindacale, "il mercato del lavoro degli immigrati soffre le stesse criticità del nostro mercato del lavoro, non c'è un buon incontro di domanda e offerta, c'è un abuso di lavoro sottopagato e non sempre sicuro, c'è il tema del lavoro irregolare". " Economia sommersa e lavoro irregolare -conclude Loy- è un circuito che bisogna spezzare non solo per gli immigrati ma in generale per il nostro sistema".


 

 

 

 

 

 

 

Rifugiati


Ex ambasciata somala a Roma: oggi come sei anni fa

Di Laura Boldrini, portavoce in Italia per l’UNHCR


Roma, 03-01-2011 - Nel novembre 2004 scrivevo: “Il quartiere è uno dei più eleganti di Roma e la strada silenziosa è piena di verde. La palazzina è protetta da una siepe e da due grandi cancelli in ferro battuto. Fuori un’insegna in ottone con scritto “Ambasciata della Repubblica Democratica Somala” e accanto un vecchio campanello con telecamera, da tempo fuori uso (..) Il giardino dell’ambasciata è diventato un garage di macchine da rottamare, un tempo in dotazione al personale diplomatico e oggi usate come riparo notturno per chi non ha di meglio. Sotto il porticato retrostante sono schierati reti, materassi e coperte sudice che servono da giaciglio per una decina di persone. Nel garage, che ora funge da cucina e dormitorio insieme, altri letti, alternati a bombole del gas, bagagli e immondizie. Così come nello scantinato totalmente al buio e nei locali del piano terra della palazzina si trovano materassi sparsi nei vari angoli. L’elettricità manca ovunque, c’è solo un rubinetto con acqua fredda e un bagno per circa 70 uomini (..) Molti somali che si trovano accampati nell’ex ambasciata nel gergo burocratese vengono chiamati “casi Dublino”. Si tratta di persone che sono arrivate in Italia e qui hanno chiesto asilo ma che, non potendo sopravvivere senza alcuna assistenza e senza un lavoro, si sono successivamente spostate in altri paesi dell’Unione Europea dove hanno poi avanzato una nuova domanda, in contrasto con il Regolamento di Dublino il quale stabilisce che nei paesi dell’Ue si può richiedere asilo una sola volta e che è il primo paese europeo in cui si entra a dover vagliare la domanda (…) Già dal 2000 alcuni avevano usufruito dello spazio dell’ex ambasciata per dormire qualche notte, in transito verso altri paesi. Dall’anno scorso – 2003 – invece la palazzina di via dei Villini è diventata “casa Dublino”, dimora stabile per chi, da altri paesi europei con sistemi d’asilo strutturati ed efficienti, viene inesorabilmente rispedito in Italia poiché qui ha fatto la prima domanda d’asilo.” Per descrivere l’attuale situazione dell’ex ambasciata somala potrei attenermi a quanto scritto nel novembre del 2004 senza alterare in alcun modo la realtà. Vale a dire che sei anni dopo è tutto immutato: stesso degrado, stesso stato d’abbandono, stesso senso di sconfitta di tanti giovani fuggiti da un paese in preda all’anarchia e alla violenza ai quali lo Stato italiano ha riconosciuto una forma di protezione, costretti a sopravvivere in un luogo fetido, senza prospettive per il futuro. Molti di loro che si trovano oggi a via dei Villini, come gli altri che li hanno preceduti, hanno tentato di rifarsi una vita in altri paesi europei dove in alcuni casi hanno iniziato un percorso di integrazione che è stato però interrotto dall’applicazione della normativa europea. Quindi sono stati rinviati in Italia.

Questi giovani, si sentono in trappola: non possono ritornare in Somalia, non possono stabilirsi in un altro paese europeo e a Roma l’unico luogo in cui trovano un riparo è l’ex ambasciata somala. Che senso ha per queste persone aver ottenuto la protezione internazionale in Italia se poi non viene messo in atto un percorso di integrazione che restituisca loro la dignità di rifugiati? Non si tratta di assistenzialismo ma di un avviamento all’autonomia che passa per l’insegnamento della lingua e l’inserimento lavorativo. Un investimento non certo a fondo perduto poiché consente ai rifugiati di diventare produttivi, di dare il loro contributo nel paese d’asilo, di guadagnarsi da vivere onestamente e di pagare le tasse.


Lavoro


Da uno studio della Fondazione Moressa

Imprenditori stranieri oltre quota 600mila (+9,2%). Commercio, edilizia e manifattura i settori top

di Franco Sarcina, www.ilsole24ore.com , 4 gennaio 2011


La crisi non ha scoraggiato gli imprenditori stranieri, anzi: il loro numero in Italia è infatti cresciuto, nel biennio che va dal terzo trimestre dello 2008 al terzo trimestre del 2010, del 9,2% – raggiungendo il totale di 621.830 – in controtendenza rispetto a quanto è avvenuto per gli imprenditori italiani, il cui numero è invece calato, nel medesimo periodo, dell'1,2%. I dati sono ottenuti da uno studio della Fondazione Leone Messa, che fa riferimento agli ultimi numeri resi disponibili da Infocamere. Per quanto riguarda i settori di attività, l'imprenditoria etnica risulta essere maggiormente dedita alle attività commerciali e all'edilizia (con incidenze pari, rispettivamente, al 29,5% e al 22,5%), alla manifattura (10,1%) e alla ristorazione (8,6%). Anche a livello territoriale, esistono maggiori specializzazioni in alcuni settori: nelle aree del Nord Italia e in alcune del centro, per esempio, il settore più numeroso appare quello delle costruzioni, mentre nel Sud prevale nettamente quello commerciale. Inoltre, in Italia ogni quattro imprenditori stranieri uno è donna. Le imprenditrici straniere gestiscono innanzitutto attività nel settore della ristorazione, dove quasi la metà delle imprese sono a guida femminile, mentre nel commercio e nella manifattura esse rappresentano, rispettivamente, il 27,1% e il 29,5% del totale. Inoltre, in media gli imprenditori stranieri sono giovani: infatti, il 64,7% ha tra 30 e 50 anni, mentre addirittura il 10,3% non ha ancora compiuto i 30 anni. Passando alla diffusione geografica delle imprese etniche, possiamo notare come, in valore assoluto, le tre province che ospitano il maggior numero di imprenditori stranieri siano quelle di Milano, Roma e Torino, nonostante nel capoluogo lombardo la variazione percentuale nell'ultimo biennio sia di solo il 5,6%: un valore decisamente più basso rispetto a quello delle tre province che hanno fatto registrare i tassi di crescita più alti, che sono Prato (+17,7%), Pavia (ancora +17,7%) e Rieti (+16,2%), mentre soltanto Nuoro (-2,3%) ha mostrato nel periodo in esame un tasso di crescita negativo. Per quanto riguarda la densità complessiva degli imprenditori stranieri rispetto al totale, il primato spetta a Prato e Trieste, con una incidenza sul totale del 15,3% e del 10,9% rispettivamente, seguite da Teramo (10,2%) e Gorizia (10%). Per i paesi di provenienza, dalla ricerca si evince che marocchini, rumeni e cinesi sono le tre nazionalità più rappresentate, seguite da svizzeri e tedeschi. In totale, queste cinque nazioni raccolgono insieme quasi il 40% degli imprenditori stranieri presenti nel nostro paese.
Ma la distribuzione a livello regionale appare molto variegata: per esempio, i marocchini sono più presenti in Calabria, Campania e in Emilia Romagna, mentre i cinesi in Toscana, Veneto e nelle Marche. La nazionalità con il numero più alto di presenze in Sardegna è invece quella senegalese, mentre in Lombardia prevalgono gli egiziani. Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, «oltre ad essere un fenomeno sempre in continua evoluzione, quello dell'imprenditoria etnica non sembra aver subito il contraccolpo della crisi, almeno in termini di numerosità. Essi continuano a crescere mostrando buona vivacità imprenditoriale, dimostrando probabilmente una maggiore flessibilità ed adattamento all'evento recessivo».


 


Uil, da 2006 a oggi 1,2 milioni di  lavoratori irregolari 'scovati' da corpi ispettivi

Secondo il 2° Rapporto UIL  sul Sommero,   il 47,2% di questi è completamente in nero.


Roma, 4 gennaio 2011 (Labitalia) - Sono oltre 1,2 milioni i lavoratori risultati irregolari nelle aziende ispezionate dall'insieme dei corpi ispettivi (ministero del Lavoro, Inps, Inail, Enpals) dal 2006 ad oggi. Di questi, il 47,2% (pari a 581.360 lavoratori) è completamente in nero. Sono alcuni dei dati contenuti nel 2° 'Rapporto Uil sul lavoro sommerso', presentato oggi a Roma dal segretario confederale del sindacato, Guglielmo Loy, secondo il quale è altissima la percentuale di aziende irregolari sul totale di quelle ispezionate: il 61,7% (in valori assoluti si tratta di 854.732 aziende). Lo studio, come si legge in una nota del sindacato, "risponde alla necessità di accrescere il livello di conoscenza reale di un fenomeno che, purtroppo, caratterizza il nostro sistema economico, produttivo e sociale: un fenomeno, ovviamente, difficilmente misurabile statisticamente, perché in gran parte 'invisibile'". Lo studio fotografa "in maniera dettagliata ed eloquente in quale contesto si sviluppa e cresce il lavoro irregolare." "L'elaborazione - si spiega - è stata fatta sulla base dei dati reali sull'attività di repressione e di controllo svolta dai tanti lavoratori, appartenenti ai servizi ispettivi e alle forze dell’ordine, che ogni giorno sul campo e, a volte, in condizioni difficili, contribuiscono a restituire 'dignità al lavoro' e 'diritti ai lavoratori'". Dall'analisi delle ispezioni effettuate a livello territoriale, riferita alla sola attività ispettiva condotta dal ministero del Lavoro, da gennaio a ottobre 2010, emerge, secondo il sindacato, che, a differenza di diffusi luoghi comuni, questo fenomeno non è prevalentemente radicato nel Mezzogiorno. Secondo lo studio, infatti, fra le regioni con il più alto tasso di aziende irregolari tra quelle ispezionate quattro su cinque sono presenti nel Centro-Nord: Liguria (73,1%), Lombardia (63,9%), Marche (62,9%), Campania (il 59,8%) e Umbria (il 59,4%). Così come, secondo il Rapporto, la più alta percentuale di lavoratori in nero rispetto all'occupazione irregolare trovata nelle aziende ispezionate è stata riscontrata prevalentemente nel Nord. Ad eccezione della Campania, dove si concentra la più alta percentuale di lavoratori in nero (il 70,8%), troviamo, infatti, l'Emilia Romagna (55%), il Friuli Venezia Giulia (46,1%), il Molise (44,7%) e la Liguria (44,2%). Altro spaccato del lavoro sommerso è quello che emerge dall'analisi dei provvedimenti di sospensione delle aziende, dal 2008 a ottobre 2010, per presenza di occupazione in nero in misura uguale o meggiore al 20%. Sono stati adottati oltre 15 mila provvedimenti. I settori meno virtuosi sono risultati l'edilizia (5.471 provvedimenti di sospensione) e i pubblici esercizi (4.511). Nelle aziende oggetto di sospensione sono stati trovati oltre 34 mila lavoratori totalmente in nero (il 54% dell'occupazione presente presso le aziende), di cui 4 mila stranieri privi di permesso di soggiorno (che rappresentano l'11,7% dell'occupazione in nero). In valori assoluti, il numero più alto di lavoratori in nero è stato riscontrato nei pubblici esercizi (10.200 lavoratori) e nell'edilizia (circa 10 mila lavoratori). I dati confermano, secondo la Uil, "che il lavoro irregolare, nelle sue articolazioni o forme, è una vera e propria metastasi del nostro sistema economico e produttivo e che esso è figlio del più vasto mondo dell'economia sommersa". Proprio la Uil, nel 2010, ha prodotto il 1° 'Rapporto Uil sul lavoro sommerso' che dimostrava "come il 'fatturato' della più grande impresa italiana, appunto l'economia sommersa, nel 2009 fosse arrivato a 154 miliardi/anno: il nesso con il lavoro nero e irregolare è quindi diretto e si intreccia, ovviamente, con l'altrettanto triste e famoso tema dell'evasione fiscale e previdenziale".


 

 

 

 


2° Rapporto UIL sul Lavoro Sommerso

Il peso del lavoro clandestino nell’ambito delle imprese sospese


Nei primi 10 mesi del 2010 sono state 6.650 le imprese colpite da provvedimento di sospensione delle attività (in quanto occupanti oltre il 20% della propria manodopera in forma irregolare). La cifra è nettamente superiore ai dati dell’intero 2009 quando le sospensioni avevano colpito 4769 imprese. Di queste, oltre un terzo appartenevano al settore delle costruzioni, ed oltre un terzo ai pubblici esercizi ed al commercio. Tra queste imprese sospese, sono stati rilevati oltre 15 mila lavoratori occupati in nero, due terzi dei quali nei tre settori già indicati. Quasi il 12 % dei lavoratori occupati in forma irregolare sono risultati essere immigrati presenti in Italia in forma irregolare e quindi a rischio di espulsione. Nel complesso, oltre la metà dei lavoratori “clandestini” scoperti sono risultati essere impiegati nell’industria o in attività artigianali; un altro quarto lavoravano  negli studi professionali, l’8,8% in edilizia ed il 7,8% in agricoltura.



Uno straniero su 2 dichiara meno di 10mila euro

12.639 € è il reddito medio dichiarato dagli stranieri


Lombardia, Fiuli V.G. , Piemonte e Lazio le regioni in cui i redditi dichiarati sono più elevati In Italia uno straniero su due dichiara al fisco meno di 10 mila € e il reddito medio dichiarato ammonta a 12.639€, 6.755 € in meno di quanto dichiarato dagli italiani. Essi sono il 7,8% di tutti i contribuenti e dichiarano il 5,2% dei redditi nazionali. Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lazio sono le regioni in cui gli stranieri dichiarano i redditi più elevati. Questi alcuni dei risultati di un’indagine realizzata dalla FONDAZIONE LEONE MORESSA che ha analizzato le dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche in base al paese di nascita dei contribuenti per l’anno di imposta 2008 fornite dal Ministero delle Finanze. 40 miliardi di € è l’ammontare di reddito complessivamente dichiarato dagli oltre 3 milioni di contribuenti nati all’estero. Ciò significa che, in termini percentuali, essi rappresentano il 7,8% dei contribuenti totali e certificano il 5,2% dell’intera ricchezza prodotta; dal 2005 il volume dichiarato e il numero di contribuenti sono cresciuti quasi nella stessa proporzione: +32,8% nel primo caso e + 32% nel secondo. Differenze di genere: il 40,9% dei contribuenti nati all’estero è donna e contribuiscono per appena un terzo dei redditi degli stranieri. Esse infatti dichiarano mediamente appena 10mila €, contro i 14mila € degli uomini. Tipologie dei redditi dichiarati: l’88% degli stranieri dichiara redditi da lavoro dipendente e assimilati, mentre appena il 19% compila anche la sezione del modello relativa ai terreni e fabbricati

(quando per gli italiani si tratta dell’81,7%). In media si calcola come per i redditi da lavoro dipendente l’ammontare annuo si attesti a 12.342 €, 5mila € in meno degli italiani. Classi di reddito: la metà dei contribuenti nati all’estero dichiarano meno di 10mila €, mentre se si tratta di soggetti nati in Italia la percentuale scende al 33,1%. In termini di percentuali cumulate, il punto mediano della distribuzione dei redditi degli stranieri si posiziona nella classe da 0 a 10mila €, mentre per gli italiani, tra i 15mila e i 25mila €. Provenienza: il Paese da cui proviene il maggior numero di contribuenti stranieri è la Romania: qui è nato il 17,6% di tutti i contribuenti stranieri, seguiti da Albania e Marocco. Ma se i primi dichiarano mediamente 8.761€, per i secondi si tratta di 11.828€ e per i terzi di 10.915€. In quanto al genere, la Moldavia è il paese che annovera la maggior percentuale di donne contribuenti (67,4%) e sono i Paesi dell’Est Europa ad aver visto aumentare di più il numero di donne dal 2005: +143,6% dalla Romania e +113,6% dalla Moldavia. Differenze regionali: la presenza dei contribuenti nati all’estero è più alta nelle aree del Nord, più contenuta nel Mezzogiorno. Quasi il 20% dei dichiaranti stranieri si concentra in Lombardia seguito, distaccato di alcuni punti percentuali, da Veneto (11,3%), Emilia Romagna (10,5%) e Lazio (9,6%). Il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per la più elevata densità di contribuenti nati all’estero rispetto ai contribuenti totali. A guadagnare di più sono i contribuenti stranieri che vivono in Lombardia con oltre 15.000 € di reddito, seguiti a ruota dal Friuli Venezia Giulia (14.225 €), Piemonte (13.419 €) e Lazio (13.330 €). Ma è al Nord che si evidenziano i maggiori gap retributivi con gli italiani. “La quantificazione dei contribuenti stranieri e dei redditi da loro dichiarati” affermano i ricercatori della FONDAZIONE LEONE MORESSA “permette di confermare ancora una volta come gli stranieri siano – e con ogni probabilità continueranno sempre più ad essere – una parte importante della struttura sociale del nostro Paese. Studiare questo fenomeno significa comprendere come gli stranieri contribuiscano alla crescita complessiva dell’economia nazionale, non dimenticando come ci si potrebbe aspettare un’incidenza addirittura più elevata se solo il lavoro sommerso venisse regolarizzato; operazione, questa, a tutela degli immigrati, ma anche a beneficio dell’intera collettività.”

VEDERE TABELLE E STUDIO ALLEGATO

 


 

Foreign Press


Greek plan for border fence attacked

By Dimitris Kontogiannis in Athens and Stanley Pignal in Brussels


Athens, January 4,  2011 - A Greek plan to build a 12.5km fence at its border with Turkey to deter illegal immigrants and asylum seekers has been attacked by opposition parties and a group supporting migrants. Athens announced its intention this week to erect a fence at Evros, the spot in its 200km border with Turkey where most immigrants cross over into Greece, an entry point for the European Union. It was unclear when work on the fence would start but political observers expect it to be completed this year. Arrivals of illegal immigrants through the northern Greek border rose 369 per cent in the nine months to the end of September 2010 compared with the previous year, according to Frontex, the EU border agency. Manolis Othonas, deputy minister for the protection of citizens’ rights, defended the plan to set up the fence in a radio interview, predicting that it would reduce the flow of immigrants. Christos Papoutsis, minister for the protection of citizens’ rights, announced the plan on Monday. His proposal received an unenthusiastic response in Brussels, where the European Commission said fences were “short-term measures” that did nothing to address underlying migration challenges. Greece’s EU neighbours are worried that asylum seekers who enter the bloc through Greece can then settle in other countries. A handful of nations including Britain and the Netherlands have stopped sending asylum seekers back to Greece, where they can be returned as their country of first arrival in the EU, as the large number of migrants there has led to a processing backlog. The situation in Greece prompted the French and German interior ministers last month to highlight “well-known difficulties that are currently fragilising the Schengen [border-free European travel] area” – a reference to the fact that migrants who arrive in Greece can move freely through the EU. Mr Othonas said “the situation cannot linger any longer” and implicitly criticised the statement by the European Commission. He said Greek society had reached its “tolerance limits” and stressed that illegal immigration was a European problem and should be dealt with in co-operation with other European countries. “We will not build a wall to separate the immigrants from the local population. We protect our borders,” he added. The Athens-based Network of Social Support to Immigrants and Refugees, a non-governmental organisation, warned that the EU was building “the new walls of the Fortress Europe” and said the fence would be a symbolic expression of the “new European apartheid”. The rightwing Laos party attacked the Socialist government for delayed action, claiming a million illegal immigrants had entered the country. The Coalition of the Left urged the government to delay plans to erect the fence, accusing the government of a “double hypocritical and inhumane” policy against the immigrants. It said the initiative was illegal and would prove ineffective in stemming the flow of immigrants in the area of Evros.