12 gennaio 2011

Flussi Associazioni divise. Badanti e camerieri i più richiesti
Gli imprenditori veneti: persi 70 mila posti, non servono immigrati
Gli agricoltori: noi invece chiediamo manodopera
Corriere della Sera, 12-01-2011
Alessandra Mangiarotti
MILANO — E la terza regione per numero di stranieri residenti (quasi 500 mila) ma ormai l'ultima quanto a nuovi arrivi (con un timido più 5,8%). Calano gli ingressi a livello nazionale ma calano di più nell'operoso Veneto alle prese con la coda della crisi. «In due anni abbiamo perso oltre 70 mila posti di lavoro, circa 15 mila tra gli stranieri. Per forza non possiamo che dirci d'accordo con lo stop della Caritas di Venezia a un nuovo decreto flussi». Francesco Peghin parla per gli Industriali di Padova Nella sua provincia sono 80 mila gli stranieri residenti, pari ai disoccupati dell'intero Veneto. «Un esercito di lavoratori italiani e stranieri — spiega—per il quale stiamo già, faticosamente, cercando una ricollocazione».
Da Padova a Verona, da Vicenza a Treviso gli imprenditori del Veneto che per anni hanno assorbito la manodopera straniera si accodano alle parole del direttore della Caritas veneziana don Dino Pistolato: «Un nuovo decreto flussi al Veneto non serve». Proprio mentre commercianti, albergatori e agricoltori si dissociano: «Serve nuova manodopera straniera, certi lavori gli italiani anche se in crisi non li vogliono fare». E poco importa se ieri il diretto-re generale dell'immigrazione del ministero del Lavoro Natale Forlani ha ricordato «gli accordi bilaterali», quindi spiegato che di «quote per il Veneto ancora non ne sono state formulate» e che «ogni numero, come sempre, sarà definito dopo una fase di monitoraggio». Meglio mettere le mani avanti: «Non c'è lavoro per chi è già sul territorio, non si può aprire a nuovi arrivi». Perché il timore è quello espresso dalla Fondazione Moressa: «E numero di disoccupati stranieri è aumentato di oltre 95.000 unità (68.000 al Nord), pari agli ingressi previsti dal decreto flussi: un'emorragia che rischia di farli cadere in una situazione di irregolarità». Arzignano, capitale della concia, è l'emblema di quei lavori pesanti che hanno portato gli stranieri residenti al 20-25%. «Ma adesso il territorio non riesce più ad assorbire nuova manodopera», dice il presidente degli Industriali locali Moreno Michelazzo. «Quella che serve è la manodopera qualificata». Gli va a ruota il presidente degli Industriali di Vicenza Roberto Zuccate: «Aprire indistintamente è pericoloso. In un momento in cui molti cassaintegrati rischiano di passare alla mobilità è azzardato. Serve capire quali professionalità servono e dove servono». Per questo, sottolinea il presidente degli Industriali di Verona Andrea Bolla, «bisogna distinguere tra programmazione a breve e a medio-lungo termine, tra flussi e sanatorie». Quindi sottolineando i precedenti fallimenti nel far incrociare domanda e offerta di lavoro: «La ripresa non porterà impatti sull'occupazione, non servirà nuova manodopera. Altra cosa è quella qualificata per la quale servono strumenti più flessibili, fino alla chiamata nominale». E Luca Cielo, presidente piccole industrie di Confindustria Veneto, aggiunge: «Il  Veneto che chiedeva quote sempre più grandi non c'è più. Forse servono infermieri, badanti ma non manodopera».
Ne è convinto il sociologo Paolo Feltrin: «È vero che ci sono cassaintegrati italiani e stranieri ma tra loro non c'è concorrenza. Servono badanti, lavapiatti e il decreto flussi per oltre il 50% riguarda queste figure. Perché se è vero che le italiane sono tornate a fare le badanti i numeri comunque non tornano». Non tornano nel commercio: «Sinceramente questa gran folla di aspiranti camerieri e lavapiatti "autoctoni" ancora non la vedo», afferma Massimo Zanon, presidente Confcommercio veneto. «E giù le mani anche dal decreto flussi per il turismo. Non abbiamo segnali di massicce richieste di lavoro da parte di italiani», aggiunge il presidente di Confturismo Marco Michielli. Giorgio Piazza, a capo della Coldiretti Veneto, ricorda invece come la manodopera straniera sia fondamentale per l'agricoltura della regione: «Per la raccolta di frutta a Verona, degli ortaggi a Rovigo, per la vendemmia nel Trevigiano. La nostra agricoltura ha bisogno di mani straniere».



Un altro immigrato e scoppia la guerra

Libero, 12-01-2011
GIANLUIGI PARAGONE

Potremmo dire meglio tardi che mai, se non fosse che sul tema dell'immigrazione  le chiacchiere valgono davvero poco. Quel che conta sono i fatti (...)
(...) e i fatti - stringi stringi - dicono che l'arrivo di nuovi immigrati potrebbe avere l'effetto dell'acqua che trabocca dal vaso.
La Lega in particolare e il centrodestra più in generale lo denunciano da tempo, magari con parole che possono far storcere la bocca ma il tema politico lo avevano centrato per primi, tanto più in Veneto dove ora è scoppiato il bubbone. Poi è stata la volta delle associazioni degli imprenditori, piccoli e grandi. Poi ancora è toccato al sindacato indicare la pericolosità sociale di una immigrazione  senza regole. Addirittura la Cgil di Treviso aveva scandalizzato la casa madre romana parlando di una chiusura dei flussi.
Buoni ultimi sono arrivati i responsabili della Caritas veneta con un invito alla riflessione che è quasi un allarme: «Con la crisi di lavoro i centomila arrivi previsti dai flussi possono aprire un conflitto etnico». Ora, qualcuno potrebbe domandare cosa è cambiato nel frattempo nel Nordest dei miracoli. Era solo una questione di linguaggio o nel messaggio politico c'era la previsione di quanto si sta consumando sopra il Po? «Prima si voleva difendere un tasso di benessere, oggi stiamo quasi a una fase di sopravvivenza». E ancora: «Si rischia di creare nella regione nuovi soggetti fuori dalle regole: la situazione nei dormitori è diventata insostenibile e laddove manca il lavoro ci sono già i primi segnali di conflitto». In poche parole «è forte il pericolo di creare nuove marginalità e nuovi conflitti» e «non ci sono le condizioni per nuovi arrivi: anche il Veneto, che pur ha fatto da traino al sistema Italia, sente il peso di una crisi occupazionale e di conseguenza sociale».
Vediamo allora di mettere in ordine questi elementi per inquadrare la serietà del problema. Non prima, però, di avere ammesso (il dubbio non ha mai abitato sotto il tetto di questo giornale...) che se tale conflitto non ha provocato lacerazioni sociali paragonabili alle rivolte delle periferie è proprio perché la durezza e la ragion pratica delle battaglie del centrodestra hanno posto una diga all'ingresso indiscriminato di clandestini in cerca di lavoro. Se infatti avessimo dato retta alle teorie "aperturiste" della sinistra (le cui derive risiedono ancora in Vendola e i suoi sostenitori), quel pericolo che prospettano in Veneto sindacati e Caritas sarebbe un duro conto da pagare.
Del resto proprio in Veneto sanno bene che l'integrazione è stata possibile solo raggiungendo l'equilibrio tra gli interessi degli imprenditori e dei lavoratori, italiani o stranieri che fossero; in cui l'interesse a produrre fosse agganciato ai diritti e a un contratto di lavoro vero, a condizioni di vita civili e non incivili. Solo così il Veneto ha vinto la difficilissima sfida dell'integrità.
Ora però le condizioni di mercato stanno cambiando. Nel corso di questi anni di crisi, il Veneto dei capannoni ha cambiato pelle e la ripartenza non consente ancora di smaltire le difficoltà di chi, anche straniero, si trova in cassa integrazione. Alla speranza s'accompagna però quella realtà descritta dai volontari della Caritas, per cui nei dormitori e nelle mense è record (triste) di affluenza, nei capannoni o nelle aziende agricole sono in pochi a chiedere più forza lavoro. Da qui la domanda imbarazzante: a cosa servono altri l00mila nuovi arrivi? Siamo sicuri che i conti tornino in termini sociali? La risposta pressoché unanime sembra essere negativa.
Possiamo allora dire che Lega e Caritas o PdL e Cgil di Treviso parlano la stessa lingua? Certo che no, le distanze sulle diverse letture della questione restano enormi. E arrivo così a un punto che non va sottovalutato. Nello spiegare la propria posizione la Caritas afferma che rispetto agli anni precedenti è cambiato l'interesse da difendere: «Allora si voleva difendere uno stato di benessere, oggi siamo quindi a uno stato di sopravvivenza». Domando: e da quando la politica non dovrebbe difendere uno stato di benessere legittimamente conquistato? Cosa vede, la Caritas, di immorale in un benessere che tra l'altro garantisce anche agli immigrati di non sentirsi più stranieri ma uguali nei diritti ai lavoratori italiani?
Difendere uno status di sopravvivenza mi pare un'ideologia pauperista assai infantile. Del resto anche nel Vangelo viene il tempo in cui il padrone chiede ai suoi servi come abbiano custodito i talenti in sua assenza. Ebbene, la ricompensa non premia chi si era limitato alla sopravvivenza...



Stop agli immigrati, Chiesa divisa Sconfessata la Caritas veneziana

Don Pistolato aveva chiesto il blocco. Categorie spaccate, l’Ance: troppi disoccupati, Confcommercio: c’è lavoro. Il delegato triveneto: i flussi servono. Cgil, strappo di Barbiero (Treviso): basta arrivi
Corriere della Sera, 12-01-2011
Gianni Sciancalepore
VENEZIA—Tema caldo l’immigrazione, soprattutto ai tempi della crisi economica che lascia senza lavoro sempre più veneti. E spacca trasversalmente la politica, il mondo cattolico e quello imprenditoriale, un sindacato attento ai lavoratori stranieri come la Cgil. Il detonatore le dichiarazioni del direttore della Caritas veneziana, don Dino Pistolato, pubblicate dal nostro giornale e dal «Corriere della Sera». Il sacerdote da tempo in trincea nell’assistenza agli extracomunitari aveva detto, in sintesi, «stop all’imminente decreto governativo sui flussi d’ingresso che prevede circa 100 mila ingressi in Italia e poco meno di 10 mila in Veneto. Non c’è più lavoro e quello che c’è ormai lo cercano anche gli italiani. Avanti così sarà guerra tra poveri ». Parole forti e inattese che hanno scatenato un aspro dibattito. Nella stessa Caritas, con don Pistolato che ha ribadito («a scanso d’interpretazioni malsane della mia posizione ») il no ai flussi, chiedendo al governo una sanatoria per i clandestini «che vivono in condizioni di precarietà a causa della crisi. Non sostengo, come qualcuno mi vorrebbe far dire, il rimpatrio degli immigrati a seguito della crisi occupazionale, ma il contrario: bisogna accogliere gli extracomunitari in condizioni di dignità e questo non si può fare con l’arrivo di 100 mila nuovi stranieri».
Però è arrivata la reazione delle Caritas diocesane del Nordest. A parlare il Delegato triveneto (e direttore della Caritas diocesana di Vicenza) don Giovanni Sandonà, secondo il quale i flussi d’ingresso servono, «frutto di accordi con 19 Paesi stranieri per limitare l’immigrazione clandestina. A questi Stati viene offerta, in cambio di collaborazione, una possibilità d’immigrazione regolare per i loro cittadini. È irrealistico pensare che tappare ogni possibilità d’ingresso legale sia una strada che porti da qualche parte. Il rischio è legittimare solo la strada della clandestinità gestita dalle organizzazioni criminali». Anche l’imprenditoria si divide. Se Stefano Pelliciari, presidente di Ance (costruttori edili) Veneto è per lo stop agli ingressi «perché i disoccupati sono già tanti», a eccezione «delle figure qualificate», altri settori alzano le barricate. Con la stessa motivazione: porte ancora aperte agli stranieri perché certi lavori disagevoli gli italiani, seppure senza lavoro, non li vogliono fare. «Questa folla di aspiranti camerieri o lavapiatti veneti ancora non la vediamo — spiega Massimo Zanon, presidente regionale di Confcommercio— Direi anch’io no a nuovi flussi, ma così non è possibile». Gli fa eco Marco Michielli, leader di Confturismo-Confcommercio Veneto: «Giù le mani dal decreto- flussi per il turismo. L’occupazione nel nostro settore è snobbata, siamo costretti a rivolgerci al mercato internazionale del lavoro ».
E Giorgio Piazza, presidente regionale di Coldiretti, smentisce don Pistolato che parlava di un’agricoltura satura, come l’industria, di lavoratori: «Vi sono segnali di ripresa. E, nonostante l’alta meccanizzazione, serve la risorsa umana estera. Certe nazionalità sono più propense a svolgere determinate mansioni. Come i Sikh indiani, ben radicati nel Vicentino, abili nella mungitura e cura del bestiame». Spaccatura tra i pro e i contro ai flussi immigratori anche nella Cgil. Il segretario generale di Venezia, Roberto Montagner, è «stupito» che l’analisi del direttore della Caritas «lo porti all’ipotesi di chiudere le frontiere ai lavoratori stranieri e famiglie. L’immigrazione va governata con politiche inclusive». Netto contro i nuovi ingressi invece Paolino Barbiero, leader provinciale a Treviso, che già propose lo stop nel 2008. «La disoccupazione è raddoppiata da allora — chiosa — oggi si può solo regolarizzare i clandestini e riassorbire al lavoro gli immigrati disoccupati». In politica assonanza tra partiti normalmente all’opposto. Sia il vicesindaco democratico di Venezia, Sandro Simionato che il governatore Luca Zaia concordano con don Pistolato. «L’immigrazione è sempre più difficile da gestire» ammette Simionato. «In Veneto superato il punto di equilibrio — ha affermato Zaia — la pressione degli extracomunitari favorisce problemi non più affrontabili come quelli del lavoro e dell’ospitalità. La sanatoria? Sì per le badanti, no negli altri casi». Il presidente della Regione non s’è detto spaventato dalla riapertura dei flussi da parte del «suo» governo di centrodestra: «Conoscono le situazioni territoriali, ne terranno conto ».



Fondazione Migrantes: servono riforme e interventi per una cittadinanza “reale” e non di “carta”.

Immigrazione Oggi, 12-01-2011
Maria Rita Porceddu
Monsignor Perego, direttore della Fondazione, durante la conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale delle migrazioni 2011, ha parlato della necessità di riforme per una vera integrazione degli stranieri.
“Serve un impegno alla riforma della legge sulla cittadinanza, con l'attenzione ai quasi 600mila bambini nati in Italia, all’estensione del servizio civile ai giovani stranieri, fino ad arrivare al diritto di voto amministrativo, come ulteriori tappe nell’allargamento di una cittadinanza non di carta, ma attiva e partecipativa”. A sostenerlo è il direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Perego, durante la conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale delle migrazioni 2011 che si celebrerà domenica prossima sul tema “Una sola famiglia umana”. Il messaggio di papa Benedetto XVI e la Giornata mondiale del migrante nella “particolare” situazione sociale, culturale, economica e religiosa, precisa mons. Perego “aprono alcune prospettive di confronto e di crescita: la lettura dell’immigrazione dentro un progetto-pacchetto integrazione, su cui si fatica ancora ad investire sia sul piano nazionale che locale, abbandonando al volontariato percorsi e progetti sul territorio”. Anche il nuovo decreto flussi “fatica ancora a rispondere alla necessità di un incontro tra domanda e offerta di lavoro, risultando alla fine di fatto una regolarizzazione soprattutto delle persone straniere presenti nel nostro territorio” e serve un’attenzione maggiore al mondo degli immigrati precari che hanno perso il lavoro, anche “attraverso una sorta di ripensamento della cassa integrazione connessa al permesso di soggiorno per ricerca di lavoro” per evitare il passaggio al lavoro nero e all’irregolarità. Secondo il Dossier Caritas, le domande di asilo nel nostro Paese sono passate da 30.145 nel 2008 a 7.670 del 2009: la politica dei respingimenti adottata dal Governo italiano ha sicuramente influenzato questo “crollo impressionante” e “rischia di ledere profondamente i diritti dei richiedenti asilo e la protezione internazionali, perché non permette di identificare i migranti e verificare la situazione personale”. In proposito, mons. Perego ha evidenziato un fenomeno emergente: il ruolo sempre maggiore acquisito dagli aeroporti nell’arrivo dei richiedenti asilo tanto da indurre la Fondazione Migrantes ad aprire sportelli presso i principali aeroporti come Milano Malpensa o Roma Ciampino. L’Italia, inoltre, è il “fanalino di coda” della Ue anche per quanto riguarda la capacità di attrazione di studenti universitari stranieri nel nostro Paese ( 54.507, il 3.1 % del totale, contro la media europea del 10 %). Le cause sono “le poche residenze universitarie presenti”, “le pochissime borse di studio erogate, quasi esclusivamente da enti privati, e la mancanza di corsi in lingua, attivati solo da pochi anni, dopo il processo di Bologna”. Di qui la necessità di attrezzarsi meglio per “andare incontro ai volti di un’immigrazione giovane, istruita: un’immigrazione nuova a cui l’Italia deve portare nuova attenzione”.



NUOVE REGOLE PER l'IMMIGRAZIONE STOP ALLE SANATORIE MASCHERATE

Corriere della Sera, 12-01-2011
Gianpiero Dalla Zuanna
II direttore della Caritas veneziana  don Dino Pistolato ha detto pubblicamente che «aprire i flussi migratori a centomila persone in questo momento è una scelta pericolosa, perché bisogna imparare a guardare in faccia la realtà anche quando è brutta: accoglienza significa poter offrire lavoro, alloggi e dignità, non alimentare il panico mandando al massacro i nuovi arrivati e alimentando il razzismo». In realtà, i centomila nuovi stranieri extracomunitari che, dopo un'estenuante trafila burocratica, otterranno il permesso di    soggiorno in base al decreto   flussi 2010 da tempo lavorano in Italia. L'Ismu ha stimato al 2010 circa 500 mila stranieri irregolari che oggi vivono nel nostro Paese, e — come accade ormai dal 1990, ossia dalla prima sanatoria in occasione della legge Martelli — saranno parte di loro i nuovi regolarizzati che, con il sostegno del datore di lavoro, «fingeranno» di arrivare oggi.
Tuttavia, lo sconforto di chi si occupa di immigrazione in Italia è pienamente giustificato, perche questa ennesima sanatoria mascherata mostra come nulla cambia nel modo di gestire l'immigrazione.  Da più di vent'anni gli stranieri arrivano da noi, solitamente con il visto turistico. Dopo qualche mese diventano irregolari, e dopo qualche tempo (mesi 0 anni) vengono regolarizzati attraverso una procedura burocratica più 0 meno fittizia. È quindi probabile che il nuovo decreto flussi attiri altri stranieri irregolari, convinti che — dopo qualche anno di lavoro nero — saranno loro a vincere la lotteria di un nuovo permesso di soggiorno. In questo senso, don Pistolato ha proprio ragione: il decreto flussi incoraggerà l'arrivo di altri poveri. Ma non bisogna scordare il vero motivo di questa situazione, ossia la mancanza, in Italia, di un serio, credibile, semplice e controllabile meccanismo di ingresso-espulsione dei cittadini stranieri. Non c'era né nella legge Turco-Napolitano, che in quattro anni ha generato almeno 700 mila irregolari, né nella legge Bossi-Fini, che in nove anni ne ha genera¬ti milioni. È questa la realtà che bisogna guardare in faccia, e che quanti si occupano di immigrazione dovrebbero fortemente contrastare.



Migrantes: in calo le richieste di asilo politico in Italia

Avvenire, 11-01-2011
L’Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda la capacità di attrazione di studenti universitari stranieri nel nostro Paese, in cui risultano “in calo” anche le domande di richiesta di asilo. Sono due dati emersi oggi nel corso della conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale delle Migrazioni. Interrogato dai giornalisti sui motivi della mobilità minore degli studenti stranieri in Italia – dove gli studenti universitari stranieri sono 54.507, pari al 3.1% del totale, contro la media europea del 10% - mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha elencato tra le cause “le poche residenze universitarie presenti, di cui possono usufruire solo il 2% degli studenti stranieri, contro il 10 della Germania e il 7 della Francia, le pochissime borse di studio erogate, quasi esclusivamente da enti privati, e la mancanza di corsi in lingua, attivati solo da pochi anni, dopo il processo di Bologna”. Di qui la necessità di attrezzarsi meglio per “andare incontro ai volti di un’immigrazione giovane, istruita: un’immigrazione nuova a cui l’Italia deve portare nuova attenzione”, utilizzando anche la riforma dell’università e sviluppando di più le forme di partenariato. Grazie al progetto Marco Polo, ad esempio, i cinesi sono diventati il secondo paese per numero di stranieri presenti in Italia, dopo gli 11.500 albanesi.
“Far incontrare di più la domanda e l’offerta di lavoro” ed offrire “percorsi di solidarietà sociale per andare incontro anche ai disoccupati precari stranieri”. Queste le “preoccupazioni” di Migrantes relative al decreto flussi. “Ormai – ha ricordato mons. Perego rispondendo alle domande dei giornalisti – ci sono settori di lavoro in cui è fondamentale e strutturale il bisogno di manodopera straniera, che nel 2009 è cresciuta di 147 mila unità”. C’è poi la crescita dell’imprenditoria straniera in Italia, grazie alle 25 mila imprese in più registrate lo scorso anno, con una capacità di lavoro che riguarda altre 70 mila persone. Per quanto riguarda la diminuzione delle richieste di asilo, “l’Italia è sempre stata un Paese di passaggio - ha affermato mons. Perego – e purtroppo da noi manca ancora una legge sul diritto di asilo”. Anche i respingimenti in mare, secondo il direttore di Migrantes, hanno contribuito al “crollo” delle domande. In compenso, “sempre più richieste d’asilo vengono presentati negli aeroporti, e gli sportelli appositi stanno aumentando”. L’auspicio di Migrantes e che “i luoghi di sbarco non diventino luoghi di respingimento, ma luoghi in cui la domanda venga accolta e poi accompagnata non da percorsi occasionali, ma da leggi organiche”. Sul piano europeo, l’augurio è che “non ci siano più rimpalli da un Paese all’altro”.



Incidenti stradali, Cassazione: «Gli immigrati hanno gli stessi diritti»

il Quotidiano Italiano, 12-01-2011
Angelo Fischetti
I parenti di extracomunitari vittime di incidenti stradali in Italia devono essere risarciti anche se si trovano nel loro Paese d’origine. È questa la decisione presa dalla Cassazione, con una sentenza della Terza sezione civile e che si può considerare rivoluzionaria per due ragioni: innanzitutto perché equipara, in tema di risarcimento in seguito ad incidenti stradali, italiani ed extracomunitari, inoltre abbatte tutti i vincoli legati alla condizione di “reciprocità”.
martello
Secondo questo principio, lo straniero che non sia in possesso della documentazione necessaria, cioè non sia in regola, potrà essere ammesso a godere di dei diritti civili a condizione di reciprocità e cioè a patto che nel suo Paese d’origine un cittadino italiano nella stessa situazione possa usufruire delle stesse possibilità.
La decisione della Cassazione, secondo la quale “il diritto alla salute e all’integrita’ fisica sono costituzionalmente garantiti”, va quindi incontro a delle realtà che, altrimenti, si perderebbero senza possibilità di alcun indennizzo per parenti e familiari delle vittime. Il risarcimento,inoltre, deve essere fatto valere, come viene scritto nella sentenza, “non solo contro il danneggiante, ma anche con l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore o del Fondo di Garanzia per le vittime della strada”.
Si è quindi deciso di tutelare il diritto inviolabile dell’affetto dei propri familiari. La sentenza nasce dal ricorso della madre albanese di un ragazzo investito e ucciso da un’auto, mentre viaggiava in bicicletta su una strada della frazione S. Clemente di Caserta.



Immigrati: Umbria, entro 15 gennaio domande corsi lingua e cultura italiana

Perugia, 11 gen. - (Adnkronos/Labitalia) - Potranno presentare domanda entro le 12 del 15 gennaio tutti i cittadini extracomunitari residenti regolarmente in Umbria, che intendono partecipare ai corsi di lingua e la cultura italiana organizzati dalla Regione Umbria. A renderlo noto e' la sezione immigrazione della Regione Umbria annunciando che, in caso di disponibilita' di posti, il termine per la presentazione della domanda, fissato per il 15 gennaio 2011, potra' essere prorogato su iniziativa di ciascun Centro Territoriale Permanente deputato all'organizzazione e alla cura dei corsi.
Scopo dei corsi e' quello di consentire ai cittadini extracomunitari di acquisire conoscenze dell'idioma e della cultura italiana, nonche' una certificazione valida che attesti il livello di conoscenza della lingua, per rispondere rispondere cosi' alle nuove disposizioni normative in materia di immigrazione.
A partire dalla fine di gennaio, saranno attivati 18 corsi gratuiti e certificati finanziati dalla Regione Umbria che si svolgeranno presso le sedi degli otto centri territoriali permanenti presenti in Umbria (Citta' di Castello, Gualdo Tadino, Perugia, Foligno, Spoleto, Terni, Narni, Allerona Scalo) e presso l'Universita' per Stranieri di Perugia. Le lezioni avranno cadenza settimanale e termineranno con l'esame di certificazione finale previsto per il 9 maggio. Il testo integrale del bando e' disponibile anche sul sito web della Regione Umbria.



Ente benefico creava falsi permessi

Corriere della sera, 12-01-2011
MILANO — Era famoso per l'assistenza agli stranieri nei rapporti con le amministrazioni pubbliche. L'ente benefico Pinoy Club è finito al centro di un'indagine su un'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina. Grazie all'appoggio del Pinoy Club sono stati dati falsi permessi di soggiorno a centinaia, forse migliaia di immigrati dal 2009, quando è stata introdotta la cosiddetta sanatoria delle badanti. Le domande di regolarizzazione venivano perfino dalla Francia, dove operava un intermediario egiziano. Sono state arrestate sei persone tra Milano, Biella, Vercelli e Cremona, due sono ai domiciliari. In carcere sono finiti il presidente nazionale del Pinoy Club, Giuliano Adriani, 51 anni, Massimiliano De Angelis, 41, ritenuto il contabile dell'attività illecita, Giuseppe Gambardella, 44 anni, con precedenti, Luciano Maccapani, 61, e due egiziani di 32 e 34 anni, l'ultimo già detenuto. I denunciati sono quaranta.



Immigrati afghani in Europa attraverso Italia: 48 arresti

Reuters, 12-01-2011
ROMA (Reuters) - La polizia ha arrestato 48 persone accusate di far parte di un'organizzazione transnazionale che favoriva l'immigrazione clandestina di cittadini afghani in Paesi del centro e nord Europa, al termine di un'indagine condotta dalle squadre mobili di Roma e Bolzano e dalla Digos di Frosinone.
E' quanto si legge in una nota della polizia.
"L'organizzazione criminale, composta da soggetti prevalentemente di origine afghana con base operativa anche a Roma, era affiliata ad un più esteso gruppo criminale transnazionale originariamente di origina curda e finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed al procacciamento e/o alla falsificazione di documenti validi per l'espatrio, con ramificazioni in diversi Stati tra cui l'Afghanistan, Pakistan, Iran, Grecia, Turchia, Francia, Svezia, Norvegia e Regno Unito", si legge nella nota.
L'indagine, coordinata dal Servizio centrale operativo della polizia e dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Roma Leonardo Frisani e Francesco Polino, si è conclusa con 48 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip Maria Bonaventura.
L'Italia, spiega ancora la nota, era utilizzata dall'organizzazione "come ponte per il trasferimento dei clandestini dalle regioni dell'Afghanistan ai Paesi del centro e nord Europa, operato dietro pagamento di ingenti somme di denaro versato dai congiunti dei migranti unitamente alle somme occorrenti ai costi del trasferimento e mantenimento degli stessi".

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