31 gennaio 2011

Una fiaccolata a Roma per non dimenticare i prigionieri del Sinai
28 gennaio 2011 - Osservatorio Italia-razzismo
Martedì 1 febbraio, a Roma, alle ore 18.00, sulla scalinata del Campidoglio, si terrà una fiaccolata per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su una vicenda tanto drammatica quanto ignorata. Mentre scriviamo è in atto il sequestro di molti esseri umani per mano di altri esseri umani: i primi vengono ridotti in schiavitù dai secondi al fine di ottenere denaro in cambio del riscatto della loro vita. È sempre successo, ma la vicenda di cui parliamo ha una sua peculiarità. Da oltre due mesi alcune centinaia di profughi si trovano nelle mani dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Tra essi 80 eritrei provenienti dalla Libia (e una parte di loro respinti dalle Coste italiane) poi etiopi, somali, sudanesi. Nel dicembre scorso, 8 di quei profughi sono stati uccisi e 4 sono stati sottoposti all’espianto del rene come forma di pagamento del riscatto loro richiesto. Nel corso di questi due lunghi mesi, la Comunità internazionale è stata silenziosa e inerte. Ma non possiamo dimenticare che questa situazione è una delle conseguenze della politica europea di chiusura delle frontiere, tesa ad allontanare le persone che cercano protezione nel nostro continente. Per questo i promotori della fiaccolata (Consiglio italiano per i rifugiati, A Buon Diritto, Agenzia Habeshia, Centro Astalli e decine di altre associazioni) chiedono che la Comunità internazionale si mobiliti immediatamente sia per combattere il traffico di esseri umani sia per garantire a queste persone la protezione internazionale a cui hanno diritto: in particolare attraverso un piano di «evacuazione umanitaria» e un progetto di accoglienza dei profughi nel territorio dell’Unione Europea secondo la disponibilità dichiarata da ciascuno degli stati membri.



Scuola, Pd: "chiedere il permesso di soggiorno viola la legge"

il Messaggero 31 gennaio 2011
"Vincolare alla presentazione del permesso di soggiorno l'iscrizione di un bambino a scuola - come è avvenuto presso l'istituto Regina Margherita di Trastevere - è contrario ai diritti dell'infanzia, alla Costituzione e persino alle pessime leggi sull'immigrazione varate da questo governo. Purtroppo non è la prima segnalazione in questo senso che ci giunge e presenteremo quindi un'interrogazione al ministro Gelmini perché si faccia chiarezza una volta per tutte su episodi del genere, che non esitiamo a definire vere è proprie violazioni del diritto alla serenità ed al futuro dei bambini”. E' quanto dichiarano in una nota i deputati del Partito Democratico Jean Leonard Touadi e Maria Coscia, commentando la denuncia del vice presidente della Commissione Scuola del Comune di Roma, Paolo Masini. “Riteniamo fondamentale una presa di posizione forte e non equivoca anche da parte del nuovo assessore capitolino De Palo, per segnare una discontinuità netta con l'operato di chi l'ha preceduto che sui temi dell'integrazione dei minori stranieri rasentava livelli di arretratezza ed anacronismo imbarazzanti, del resto in linea con la politiche sull'immigrazione del Sindaco Alemanno. Conoscendo la storia del neoassessore, siamo certi che la sua voce non si farà attendere ulteriormente”.


Permessi di lavoro, via al click day

Corriere.it 30 gennaio 2011
MILANO - Via al click day che garantirà lavoro regolare a quasi centomila lavoratori extracomunitari (98.080) in Italia secondo il testo del nuovo decreto flussi varato dal Consiglio dei Ministri. I click day sono in realtà tre. Quello di lunedì 31 gennaio è dedicato a 52.080 lavoratori di nazionalità «privilegiate», cioè di quei Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materia migratoria con l'Italia: Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto,Filippine, Ghana, Marocco, Moldavia, Nigeria, Pakistan, Senegal, Somali, Sri Lanka, Tunisia, India, Perù, Ucraina, Niger, Gambia ed altri. Il secondo appuntamento è per mercoledì 2 febbraio, sempre alle 8, quando sarà possibile inviare le domande relative solo a colf e badanti di nazioni differenti da quelle del precedente elenco (30mila i posti in palio). Infine, l'ultima scadenza è quella di giovedì 3 febbraio, destinata alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale di 11mila permessi per studio, tirocinio, lavoro stagionale ed altre tipologie, nonchè all'ammissione di 4mila extracomunitari che abbiano completato programmi di formazione nel Paese di origine.
«SISTEMA COLLAUDATO» - Collegandosi al sito www.interno.it il datore di lavoro troverà una pagina che lo guiderà attraverso le fasi della procedura, da seguire tutta sul web. Il sistema informatico, spiegano al Dipartimento, «è collaudato e non dovrebbero esserci disguidi. Per garantire il funzionamento ottimale del servizio, inoltre, dalle 7 di ogni click day e per le due ore seguenti, l'apparato sarà disponibile solo per l'acquisizione delle domande e non per le altre operazioni (registrazione, richiesta, compilazione, preparazione per l'invio etc)». Il consiglio è comunque quello di non perdere tempo ed inviare alle 8 la domanda: e per essere certi dell'orario di invio è possibile impostare precedentemente l'ora del proprio pc attraverso il collegamento al sito www.inrim.it. Le graduatorie seguiranno infatti l'ordine cronologico della ricezione delle richieste, così come vengono gestite dal sistema. Sarà poi il ministero del Lavoro ad attribuire territorialmente le quote a livello provinciale. Le domande andranno quindi per il parere alla Direzione provinciale del lavoro ed alle questure. Sulla base di queste valutazioni lo Sportello unico per l'immigrazione rilascerà il nulla osta al datore di lavoro.
CORSA ALLULTIMO CLICK - Il lavoratore straniero, da parte sua, dovrà andare nella rappresentanza diplomatica italiana del suo Paese a ritirare il visto per entrare in Italia ed avere il permesso di soggiorno. Ci vorrà del tempo per esaminare tutte le domande e ripartire le quote. Basti pensare che non è stata ancora completata l'ultima sanatoria destinata a colf e badanti del settembre 2009: su 295mila domande arrivate, ne sono state definite ad oggi circa 250mila. In ogni caso, a partire da domani, sará corsa all'ultimo click, visto che le quote verranno assegnate in ordine cronologico, ingorghi telematici permettendo. Nel 2007 infatti, le quote a disposizione vennero esaurite nel giro di un quarto d'ora.



Internet: Click Day 2011 e i permessi di lavoro online

Nano press 31 Gennaio 2011
Oggi 31 gennaio su internet scatta il Click Day 2011 ossia il giorno in cui si potrà richiedere per via telematica il permesso di lavoro regolare in Italia per 98.080 extracomunitari che possono fruire del nuovo decreto Flussi varato dal consiglio dei Ministri e pubblicato sulla il 31 Gennaio 2010 sulla Gazzetta Ufficiale 305. Da stamattina alle 8 gli interessati potranno accedere all’aera dedicata sul sito ufficiale del Ministero dell’Interno (vedi fonte), ma sembra che tutto sia bloccato sin dalle 7. Ma vediamo come funziona questa procedura che dovrebbe facilitare questo iter che nel primo blocco coinvolgerà 52080 cittadini che hanno trovato impiego nel nostro paese. Non mancano le polemiche, c’è chi ha definito infatti tutto questo una “lotteria”.



Immigrazione: è click day, 98mila ingressi in palio

Ansa 31 gennaio, 10:35
Alle 8 è partita la corsa per i datori di lavoro. Oltre 200 mila i moduli richiesti
ROMA - Stamane alle 8 e' scattato il 'click day', la procedura telematica che prevede l'ingresso in Italia di quasi 100mila lavoratori stranieri (per la precisione 98.080), secondo quanto definito dall'ultimo decreto flussi.
E' importante la velocità da parte dei datori di lavoro, perché saranno accolte le domande che arriveranno prima al 'cervellone' del ministero dell'Interno.
I 'click day' sono in realtà tre. Quello di oggi è dedicato a 52.080 lavoratori di nazionalità 'privilegiate', cioé di quei Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materia migratoria con l'Italia ( Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Filippine, Ghana, Marocco, Moldavia, Nigeria, Pakistan, Senegal, Somali, Sri Lanka, Tunisia, India, Peru', Ucraina, Niger, Gambia ed altri).
Il secondo appuntamento è per mercoledì 2 febbraio, sempre alle 8, quando sarà possibile inviare le domande relative solo a colf e badanti di altri Paesi (30mila i posti 'in palio'). Infine, l'ultima scadenza è per giovedì 3 febbraio, destinata alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale di 11mila permessi per studio, tirocinio, lavoro stagionale ed altre tipologie, nonché all'ammissione di 4mila extracomunitari che abbiano completato programmi di formazione nel Paese di origine.
Collegandosi al sito www.interno.it il datore di lavoro trovera' una pagina che lo guidera' attraverso le fasi della procedura, da seguire tutta sul web. Il sistema informatico, spiegano al Dipartimento, ''e' collaudato e non dovrebbero esserci disguidi. Per garantire il funzionamento ottimale del servizio, inoltre, dalle 7 di ogni click day e per le due ore seguenti, l'apparato sara' disponibile solo per l'acquisizione delle domande e non per le altre operazioni (registrazione, richiesta, compilazione, preparazione per l'invio etc)''. Il consiglio e' comunque quello di non perdere tempo e inviare alle 8 la domanda: e per essere certi dell'orario di invio e' possibile impostare precedentemente l'ora del proprio pc attraverso il collegamento al sito www.inrim.it.
Le graduatorie seguiranno infatti l'ordine cronologico della ricezione delle richieste, cosi' come vengono gestite dal sistema. Sara' poi il ministero del Lavoro ad attribuire territorialmente le quote a livello provinciale. Le domande andranno quindi per il parere alla direzione provinciale del lavoro ed alle questure. Sulla base di queste valutazioni lo Sportello unico per l'immigrazione rilascera' il nulla osta al datore di lavoro. Il lavoratore straniero, da parte sua, dovra' andare nella rappresentanza diplomatica italiana del suo Paese a ritirare il visto per entrare in Italia ed avere il permesso di soggiorno. Ci vorra' del tempo per esaminare tutte le domande e ripartire le quote. Basti pensare che non e' stata ancora completata l'ultima sanatoria destinata a colf e badanti del settembre 2009: su 295mila domande arrivate, ne sono state definite ad oggi circa 250mila.


Retroscena La cautela dell'Italia: in ballo il destino di 500 aziende

il Giornale 29 gennaio 2011
Alessandro M. Caprettini
É sera quando dalla Farnesina parte una nota in cui si invita allo stop di ogni violenza, ma anche al rispetto «delle libertà» inclusa quella di manifestare. Ma l'ordine (non scritto) partito da qualche giorno da palazzo Chigi e dal ministero degli Esteri impegna la diplomazia italiana - e non solo lei - a studiare al microscopio quel che sta avvenendo in Egitto, ma anche in Tunisia e nel resto del Maghreb. Eccettuato il Marocco del resto, dove Mohammed VI è molto amato, e con la Libia arroccata nel suo splendido isolamento, tutto il Mediterraneo del Sud è in fiamme. E per chi, come il nostro Paese, ha destina¬to uomini, tempo e soldi a far crescere i rapporti diviene inevitabile interrogarsi con un pizzico di preoccupazione sul futuro di chi risiede sull'al¬tra sponda del Mediterraneo. Non è un mistero per nessuno che i nostri governi abbiano da tempo intrecciato rapporti con chi deteneva il potere al Cairo, a Tunisi, ad Algeri e a Tripoli, anche se spesso erano e in qualche caso restano espressioni di dittature «popolari». Andreotti negli anni '70 dialogava con Gheddafi che pure aveva cacciato dalla Libia migliaia di italiani. Gianni Agnelli non ebbe alcun imbarazzo ad accettare danaro libico in Fiat. Con Nasser prima, Sadat poi i contatti dei governi di Roma erano frequenti per non parlare dell'Algeria dove l'Eni e altre aziende statali italiane cercavano di farsi spazio a danno dei francesi, coi quali Ben Bella prima e Boumedienne poi, mantenevano rapporti freddi. Logico dunque che oggi si sia dato ordine di drizzare le antenne. Anche perchè non bisogna scordare come, proprio negli ultimi anni, la sponda Sud del Mediterraneo, oltre che come fornitore di petrolio e gas, sia divenuta una sorta strategico hub per le merci dirette in Europa da Cina ed India. Da anni Bruxelles - con l'Italia impegnata nella stessa direzione - ha cercato di intensificare i rapporti sul versante arabo. Aumentando gli aiuti, sollecitando azioni comuni, cercando di individuare terreni strategici di intesa (dalle energie innovative alla lotta all'immigrazione clandestina). Il problema era costituito dal fatto che queste relazioni dovevi necessariamente tenerle con rappresentanti di esecutivi che non si sono mai mostrati eccessivamente sensibili ai temi della democrazia. Per cui non era infrequente che i tunisini piuttosto che gli egiziani vedessero nella Ue un «complice» delle dittature che li opprimevano piuttosto che un garante dei loro diritti. Tant'è che nell'Africa del Nord l'idea della comunità è ancora sfocata, mentre si privilegiano i rapporti coi singoli Paesi del vecchio continente dei quali l'Italia risultava tra i preferiti. E infatti, se restiamo al solo Egitto, il nostro paese è il primo partner commerciale dell'Europa (e secondo in assoluto): l'interscambio è raddoppiato negli ultimi 3 anni, raggiungendo i 5 miliardi di euro .Esportiamo macchinari e beni strumentali. E importiamo prodotti energetici ed agricoli. Ma non è tutto. Sono più di 500 le aziende che attualmente lavorano nella terra dei Faraoni, di cui ben200piccole e medie. Ma ora si pone un problema, di tutt'altra natura rispetto a quello di investire o programmare. C'è il futuro politico di alcuni paesi in ballo, con i rischi (l'integralismo islamico) e le potenzialità (la nascita di una vera democrazia in un paese musulmano) che i comportamenti di queste ore possono determinare. Scontato dunque che dalle cancellerie della vecchia Europa, si inviti Mubarak a non vietare le manifestazioni di protesta. O che si approfitti di una cacciata come quella del tunisino Ben Alì  per sancire la rottura con il suo regime, come sancito da Sarkozy. Ma il problema, vista l'inesistenza dell'Europa politica, si pone oggi per noi come per altri: di parole son piene le fosse, per costruire ci vogliono i fatti. Prima che altri si rendano conto delle potenzialità dell'area e ci piantino le loro tende.



Abusi sui bambini, allarme per gli imam pedofili

Molestie sugli allievi delle lezioni di corano. Un religioso arrestato a Treviso, altri casi in Olanda e Inghilterra Il rappresentante degli immigrati in Veneto: «Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che la questione esiste»
il Giornale 31 gennaio 2011
Francesco De Remigis
Il primo caso di un religioso musulmano alle prese con la sconvolgente accusa di pedofilia in Italia è stato registrato nell'ottobre 2008. Coinvolto in un' indagine della Procura di Udine, poi passata a quella di Trieste, l'imam sarebbe stato uno degli animatori di un circolo di persone che immetteva immagini pedopornografiche online. Dopo averle girate in locali riservati, le registrazioni venivano trasferite in rete e scambiate con altri utenti.
Il tema della pedofilia come pratica diffusa tra le guide religiose del culto islamico, con ampi margini di rischio anche in Italia, si è proposto di nuovo cinque mesi fa. Grazie a un musulmano che ha scelto di aprire una riflessione sulle scuole coraniche che operano nel nostro paese senza alcun tipo di controllo. Ab - dallah Khezraji, marocchino vicepresidente della consulta regionale per l'immigrazione  veneta, ha trovato il coraggio di parlarne, spiegando che è arrivato il momento di esaminare la piaga della pe-dofilia ovunque, «anche nella comunità islamica, grazie alla copertura di qualche imam».
In un'intervista al Corriere del Veneto ha detto: «Non tutti sono così. Diciamo però che è stato forte lo choc nello scoprire che pure alcune figure religiose, che per noi sono sacre, risultano gravemente compromesse con la pedofilia».Un fenomeno condannato soltanto ufficialmente nel mondo musulmano. Secondo Khezraji, «la questione infastidisce e imbarazza talmente da far sì che non se ne parli, al punto che si fa finta che il problema non esista. Invece anche noi islamici dobbiamo aprire gli occhi e ammettere che il mostro può nascondersi pure nella nostra comunità».
Ad avvalorare le sue preoccupazioni, gli abusi compiuti a danno di decine di minori marocchini che erano stati affidati agli imam per lo studio del Corano, e che invece sono finiti nella tana di alcuni pedofili. Nonostante i casi si ripetano, in Europa (e in Italia) se ne parla ancora poco.
Il caso di Mohammed Hanif Khan, imam di 42 anni incarcerato per violenze su un ragazzo dodicenne in una moschea di Sheffield, è solo il più recente. Nel processo a suo carico che l'Alta Corte di Nottingham sta svolgendo in questi giorni, ha negato gli stupri, dicendo di aver solo aiutato il minorenne a superare la difficile situazione che viveva in famiglia. Quella che sembra una semplice giustificazione va però contestualizzata, per comprenderne la gravità. Come se l'abuso di un minorenne dentro la moschea non fosse considerato realmente un reato nelle peri-ferie del mondo islamico. Pure nella ricca Dubai, lo scorso anno, un imam proveniente dal deserto è comparso davanti ai giudici per rispondere dell'accusa di violenze nei confronti di un bambino di 8 anni. «E' ingiusto, non ho commesso alcun crimine», ha detto al tribunale secondo quanto riportato da Gulf News, confermando che in molti paesi da cui provengono gli imam l'abuso è considerato soltanto un brutto costume. Nel Maghreb qualche imam è finito in Tribunale. Non senza difficoltà da parte delle famiglie, che continuano spesso a tollerare certe situazioni. Ad Algeri, invece, ne sono stati processati ben cinque nel giro di un anno, dopo una grande campagna di sensibilizzazione partita dalla stampa. Idem in Egitto. In Marocco, per sottrarre i bambini al potere degli imam, il re ha cambiato perfino la legge sulla scuola (vedi intervista). Ed ha chiuso alle moschee fai- da-te.
Ora questo fenomeno che ha interessato il Maghreb perdecenni si sta spingendo pericolosamente in Europa. In Spagna, l'anno scorso, è stato arrestato un imam accusato di abusi sessuali nei confronti di cinque bambine, a cui dava lezioni di Corano in una moschea di Murcia. Quarantasette anni, marocchino, si era istallato appena l'anno precedente nel sud-est del paese, presso la moschea di El Algar.
Un altro caso in Olanda. In una piccola sala di preghiera un altro predicatore è stato accusato di abusi su una bambina di tre anni e mezzo. Solo nell'agosto    2008 madre e figlia hanno sporto denuncia presso le autorità marocchine.
Se a livello sociale c'è ancora chi nella comunità islamica fatica a dare il giusto peso a certi episodi, la giustizia ha invece ben compreso l'importanza di perseguire casi del genere. Quella olandese, ad esempio, ha fatto sapere di essere intenzionata a richiedere l'estradizione dell'imam accusato di violenze, che nel frattempo si era rifugiato in Marocco


Immigrazione. Il Pronto Soccorso diventa multilingue

29 gennaio 2011 Tele Reggio
Un volontario che accompagni gli immigrati in ospedale, traduca in italiano e faccia valere i diritti di cura e assistenza, anche per quelli non regolari. Un numero verde multilingue come tramite tra il paziente e il medico o un libro illustrato grazie al quale si possono capire i sintomi del malato, anche se si parlano lingue diverse. Questi alcuni esempi di 'buone pratiche', progetti intelligenti, a basso coso o addirittura a costo zero che ospedali e Asl italiane hanno realizzato per andare incontro alla domanda di assistenza degli immigrati. CittadinanzAttiva-Tribunale dei Diritti del Malato ha raccolto questi progetti e li ha pubblicati online, in modo che siano fruibili e, possibilmente, ripetibili da tutti. Gli immigrati sono il 7% della popolazione, circa 5 milioni di individui. Una realtà che non si può ignorare e che, secondo la Caritas, ha invertito la tendenza del calo delle nascite: oggi 1 bambino su 5 che nasce in Italia è figlio di genitori stranieri. "I reparti dove è più forte la loro presenza - afferma Camillo Rigotti, responsabile aziendale del rischio clinico della Ulss 13 del Veneto - sono l'ostetricia, la ginecologia, la traumatologia e l'ortopedia". Le donne straniere fanno più figli rispetto alle italiane e arrivano al parto più giovani ma non riuscendo ad accedere alle cure in tempo, spesso le loro gravidanze sono più complicate. "E poi ci sono gli infortuni sul lavoro - aggiunge Rigotti - che riguardano soprattutto gli uomini, in larga parte manovali o operai". La lingua è il primo ostacolo per un immigrato che accede ad un Pronto Soccorso. Non si riescono a spiegare i sintomi, non si trovano le parole per raccontare perché si è finiti in ospedale. Ad Ascoli Piceno, all'ospedale Madonna del Soccorso già dal 2005, usano una scheda di accettazione multilingue. La usano ancora oggi, dopo che nel 2009 è stato aperto l'ufficio di mediazione culturale. L'Azienda Ulss 13 di Mirano, in provincia di Venezia, ha messo a punto, al costo di 7.500 euro all'anno, un pronto soccorso telefonico multilingue. E' un numero verde gratuito al quale risponde, 24 ore su 24, un operatore madrelingua che capisce la necessità del paziente e contatta il medico. Da una conversazione a tre si delinea un percorso di cura corretto. E quando le parole non bastano, a Roma, al Pronto Soccorso del Policlinico Tor Vergata c'é un manuale multilingue con immagini da sottoporre al paziente affinché indichi i sintomi del suo malessere. Se il problema è la mancanza di un mezzo per arrivare in ospedale, l'Asl di Mantova, con un gruppo di volontari, organizza spostamenti per utenti in difficoltà, tra cui gli immigrati. Il costo dell' operazione? Il rimborso della benzina ai volontari.


Perché l'Europa non ha capito quel che accadeva in Tunisia

INTERVISTA • Tewfik Allal del «Manifesto per le libertà»
Anna Maria Merlo
il Manifesto 31 gennaio 2011
PARIGI
Il Manifesto delle libertà è un'associazione, nata a Parigi e al centro di una rete transnazionale, che opera per la libertà, la demo¬crazia e la laicità nel mondo arabo-musulmano e riunisce intellettuali e militanti politici, da Wassyla Tamzali a Mohamed Harbi e Sophie Bessis. Lo scrittore marocchino Tewfik Aliai ne è stato l'iniziatore, con la moglie Brigitte.
Come mal l'Europa non si è resa conto che ilregime di Ben Ali era alla fine?
C'è da dire che era difficile prevedere un movimento del genere. Anche per il potere e i partiti tunisini. Una piccola differenza è rappresen¬tata dal sindacato, per il ruolo avuto nel processo di liberazione nazionale. L'impulso della rivoluzione non è venuto da lì, ma il sindacato è sempre stato in presa diretta con i lavoratori e anche con gli ambienti intellettuali. La maggior parte dei manifestanti si sono difatti dati appuntamento di fronte ai locali della Cgtt, non davanti ai partiti o alle moschee. L'Europa non si è resa conto di nulla perché guarda questa realtà con gli occhiali mistificati dell'islamismo, considera che le dittature sono un baluardo contro di esso. L'Europa ha fatto questa scelta anche per limitare l'immigrazione e l'influenza dell'islamismo tra gli immigrati. C'è stata cecità anche perché si ragiona sugli immigrati solo in termini polizieschi, non politici. È un castello di carte che crolla, con la protesta che cresce in altri paesi arabi?
In Tunisia il sollevamento è lungi dall'essere finito, il processo democratico è in fieri. Non credo che siamo di fronte a un castello di carte. La Tunisia non è il paese più debole del mondo arabo, al contrario è il più forte. Ha un'élite forte, assente negli altri paesi. Qui si è sviluppata una classe media che non può vivere senza pro¬durre, perché la Tunisia non ha rendite, a differenza di altri paesi. In Egitto ci sono alcune similitudini, corruzione, assenza di libertà, la presenza di classi medie, di intellettuali, di un movimento sociale. Ma qui ci sono problemi con le minoranze, che non esistono in Tunisia. In Algeria esistono questioni culturali diverse ancora. Possono esserci similitudini ma ci sono forti differenze, sia per i contenuti, anche se degli slogan tunisini vengono ripresi qui e là, e nei ritmi della protesta. Secondo me, la Tunisia og¬gi svolge nel mondo arabo il ruolo che ha avuto l'Egitto all'inizio del XX secolo.
In cosa consiste questa specificità tunisina?
La rivoluzione si è sviluppata contando solo sulle proprie forze. I contenuti sono stati elaborati con un alto livello di esigenze, una situazione unica nel mondo arabo. Il movimento non è inquadrao politicamente, perché nessuna forza politica ha la possibilità di prendere il sopravvento. All'origine, c'è la storia del movimento operaio: nel 2008 a Gafsa, c'è stata una protesta nel bacino minerario. Soprattutto, in Tunisia è sempre stata centrale l'istruzione. E da qualche anno tutti si rendevano conto del degrado, del crollo del sistema educativo e dell'assenza di sbocchi professionali per i diplomati. C'è una maturità intellettuale che non esiste altrove, una battaglia per l'eguaglianza uomo-donna, giuridica ma non solo. Esiste una struttura statale che non c'è né in Algeria né in Marocco: la rivoluzione vuole riformare lo stato, non abbatterlo, come altrove vogliono gli islamisti. Emerge qui una società politica, che riguarda anche gli islamisti, che non hanno nulla a che vedere con i Fratelli musulmani, ma sono più simili al modello turco dell'Akp. Qui la politica civile ha preso la preminenza sull' esercito, caso unico nel mondo arabo.
Quali sono I rischi?
Che il governo di transizione tagli i collegamenti con la base. La rivoluzione non deve venire confiscata, altrimenti la questione sociale verrà lasciata in mano agli islamisti.



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