SENTENZA N. 256 DEL 17/01/2011 – CONSIGLIO DI STATO

 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1010 del 2010, proposto da:

XXXXX/XXXXX, rappresentato e difeso dagli avv. Lelio Cremisini e Francesca Ambrosio, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Domenico Millelire, n. 6;

 

contro

Ministero dell'interno, in persona del Ministro p.t., e la Questura di Napoli, in persona del Questore p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Campania, Sezione VI, del 12 giugno 2009, n. 3273, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto lĠatto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e della Questura di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza del giorno 8 ottobre 2010 il cons. Andrea Pannone e udito lĠavvocato dello Stato Pisano;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso prodotto per ottenere lĠannullamento del provvedimento del provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno prot. CAT.A.12/2008/IMM/2^ SEZ. DIN MC14606 del 28 novembre 2008, adottato dal Questore di Napoli.

 

La sentenza ha ritenuto che, in ragione del contenuto sostanzialmente vincolato dellĠatto gravato, dovevano essere respinte le censure con le quali il ricorrente aveva rilevato il mancato invio del preavviso di rigetto, attesa la valenza meramente procedimentale della doglianza articolata, in contrasto con il disposto dellĠarticolo 21 octies della legge 241/1990

(Cons. Stato , sez. V, 28 luglio 2008, n. 3707).

 

LĠappellante ha reiterato la censura dedotta in primo grado di violazione dellĠarticolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Si sono costituite resistendo le Amministrazioni appellate.

 

AllĠudienza dellĠ8 ottobre 2010 lĠappello  stato trattenuto per la decisione.

 

DIRITTO

LĠappello merita accoglimento.

 

La Sezione non pu˜ che ribadire quanto giˆ affermato, in fattispecie analoga alla presente, con la decisione del 2 febbraio 2009, n. 552.

 

L'articolo 10-bis della legge n. 241/1990  stato introdotto dalla legge n. 15 del 2005 al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima dell'adozione di un provvedimento negativo e allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dall'amministrazione ostative all'accoglimento dell'istanza.

 

La norma si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali).

 

Il procedimento per il rinnovo del permesso di soggiorno  un procedimento ad istanza di parte, cui si applica, quindi, la suddetta disposizione.

 

Il richiamo dell'articolo 21-octies della stessa legge n. 241/1990, operato dall'amministrazione nello stesso provvedimento impugnato per giustificare il mancato invio del preavviso, presuppone la validitˆ della tesi, secondo cui tale disposizione avrebbe degradato alcuni vizi procedimentali a mere irregolaritˆ.

 

In realtˆ, non  cos“.

 

Come giˆ rilevato da questo Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, l'articolo 21-octies, comma 2, cit. non degrada un vizio di legittimitˆ a mera irregolaritˆ, ma fa s“ che un vizio, che resta vizio di legittimitˆ, non comporti l'annullabilitˆ dell'atto sulla base di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice circa il fatto che il provvedimento non poteva essere diverso

(Cons. Stato, Sezione VI, n. 2763/2006; n. 4307/2006).

 

L'articolo 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990  una norma di carattere processuale applicabile anche ai procedimenti in corso o giˆ definiti alla data di entrata in vigore della legge n. 15/2005, in quanto, sancendo la non annullabilitˆ del provvedimento, il legislatore ha inteso escludere la possibilitˆ che esso (comunque illegittimo) e i suoi effetti vengano eliminati dal giudice amministrativo, senza spingersi ad affermare che l'atto non sarebbe pi qualificabile, sul piano sostanziale, come annullabile

(Cons. Stato, Sezione VI, n. 4614/2007).

 

Errano, quindi, le Amministrazioni che intendono il ripetuto articolo 21-octies come introduzione della facoltˆ per la p.a. di non rispettare le regole procedimentali; in tal modo, verrebbe violato il principio di legalitˆ, mentre, al contrario, le amministrazioni non debbono tenere conto della disposizione in sede amministrativa, limitandosi ad utilizzarla in sede giurisdizionale, quando sono stati commessi degli errori e non si  riusciti a correggerli attraverso l'esercizio del potere di autotutela.

 

Inoltre, va tenuto conto che la disposizione si divide in 2 parti:

la prima parte dell'articolo 21-octies, secondo comma, prevede che il provvedimento non sia annullabile quando ricorrano necessariamente tutti questi elementi:

a) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti;

b) natura vincolata del provvedimento;

c) essere "palese" che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

 

La seconda parte  relativa ad un tipico vizio procedimentale (articolo 7 della l. n. 241/1990: violazione dell'obbligo di avvio del procedimento) e prevede che il provvedimento non sia annullabile "qualora l'Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

 

Nel caso di specie, va verificata l'applicabilitˆ della sola prima parte, in quanto il vizio  la violazione dell'articolo 10-bis e non dell'articolo 7, della legge n. 241/1990.

 

In presenza di una istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, l'accertamento dell'insussistenza del rapporto lavorativo dichiarato pu˜ condurre al diniego, "sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio" (articolo 5, comma 5, D. Lgs. n. 286/1998); di conseguenza, rispetto all'accertamento dell'insussistenza del lavoro, il provvedimento di diniego non costituisce atto vincolato in relazione alla situazione esistente al momento della richiesta, potendo essere sopravvenuto un rapporto di lavoro che consenta il rilascio del permesso.

 

Non si tratta qui di limitarsi a verificare la sussistenza di una circostanza obiettivamente ostativa (come, ad es., una condanna penale), ma di valutare un elemento su cui possono incidere le sopravvenienze e rispetto al quale l'interessato pu˜ fornire - se coinvolto in sede procedimentale - gli opportuni chiarimenti, soprattutto nei casi, come quello di specie, in cui l'Amministrazione non  in grado di rispettare i tempi procedimentali.

 

Assorbita ogni altra censura, il provvedimento impugnato deve, quindi, essere annullato e l'amministrazione dovrˆ ora provvedere a rinnovare il procedimento, verificando la sussistenza o meno di idoneo rapporto lavorativo (prendendo a tal fine in considerazione, tra lĠaltro, anche la tematica relativa ai versamenti INPS), oltre che di tutti gli altri presupposti richiesti per il rinnovo del permesso di soggiorno dell'appellante.

 

L'appello deve essere accolto con conseguente annullamento dell'atto impugnato, in riforma della sentenza di primo grado.

 

Le spese del doppio grado del giudizio vanno poste a carico delle Amministrazioni soccombenti e si liquidano in dispositivo, assorbendo in esse gli effetti dellĠammissione al gratuito patrocinio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sesta Sezione, definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per lĠeffetto, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla il provvedimento oggetto del ricorso, salvi gli ulteriori provvedimenti dellĠAmministrazione.

 

Condanna le Amministrazioni appellate a rifondere alla ricorrente le spese del doppio grado del giudizio, che liquida in complessivi euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre IVA e CPA, con assorbimento, in esse, degli effetti dellĠammissione al gratuito patrocinio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autoritˆ amministrativa.

 

Cos“ deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

 

Paolo Buonvino, Presidente FF

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/01/2011

IL SEGRETARIO

(Articolo 89, co. 3, cod. proc. amm.)