REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.6465/2007

Reg.Dec.

N. 9286 Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 9286/2004, proposto dal:

- Ministero dellĠinterno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dallĠAvvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellante;

c o n t r o

- Harwant Singh, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pierluigi Vinci e Maria Cristina DĠAlessandro ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in via Flaminia n. 366, Roma, appellato;

per annullamento e/o riforma,

della sentenza breve del T.a.r. Veneto, Venezia, sezione III, n. 5941/2003, resa inter partes e concernente i provvedimenti recanti diniego della cittadinanza italiana (provvedimento del Sottosegretario di Stato al Ministero dellĠinterno del 29 luglio 2003, notificato il 28 agosto 2003, n. K 10/50785R; nota emessa dal Dipartimento della P.S. – Ufficio Stranieri, n. 300/c/13571/j4/2002/3 DIV. 3087/2002/r del 28 dicembre 2002).

            Visto il ricorso in appello con i relativi allegati.

            Vista la memoria di costituzione in giudizio dellĠappellato Harwant Singh.

            Visti gli atti tutti della causa.

Relatore, alla pubblica udienza del 23 ottobre 2007, il Consigliere Aldo SCOLA.

Uditi, per le parti, lĠavvocato dello Stato Antonio Volpe e lĠavv. Maria Cristina DĠAlessandro.                                      

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

Harwant Singh aveva chiesto la cittadinanza italiana ritenendo di averne i requisiti,  ma aveva ricevuto il diniego poi impugnato perchŽ considerato illegittimo per i seguenti motivi:

1)- violazione dellĠart. 9, legge n. 91 del 1992, falsa applicazione degli artt. 5, 7 e 8, medesima legge, e difetto dĠistruttoria, in quanto il Ministero avrebbe solo una funzione propositiva, laddove il decreto avrebbe dovuto  promanare dal Presidente della Repubblica;

2)- violazione dellĠart. 3, legge n. 241 del 1990, travisamento dei fatti, difetto istruttorio, sviamento, violazione dellĠart 6, d.P.R. n. 362 del 1994, e motivazione falsa e apodittica.

Non si costituiva in giudizio la p.a. intimata ed il ricorso veniva poi accolto per difetto di motivazione con sentenza breve, prontamente impugnata dalla p.a. soccombente in prime cure per violazione dei principii in materia di motivazione delle sentenze ed errore di giudizio, essendosi tratte conclusioni difformi da quelle razionalmente ricollegabili alle premesse accertate.

LĠinteressato appellato si costituiva in giudizio con memoria difensiva, resistendo al gravame e difendendo lĠoperato dei primi giudici.

            AllĠesito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

D I R I T T O

Prima di affrontare il merito del presente ricorso, appare opportuno delineare brevemente i principi cui si  ispirato il legislatore nel disciplinare la concessione della cittadinanza italiana a cittadini stranieri.

Va, innanzitutto, rilevato che la scelta  stata quella di individuare una strada intermedia tra lĠapertura incondizionata e la chiusura totale, sulla scia di quanto  avvenuto nel corso della storia in quasi tutti i Paesi democratici.

La normativa italiana si ispira conseguentemente al principio del cosiddetto rigore temperato, onde garantire i contrapposti interessi in gioco.

Due sono i limiti esterni allĠimpostazione sopra esposta: uno  dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero non potrˆ ottenere la cittadinanza, anche ove si trovi regolarmente in Italia.

LĠaltro limite, questa volta di segno opposto,  dato da particolari esigenze umanitarie; si tratta, infatti, di dare prioritˆ ai principi dei diritti dellĠuomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nellĠordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.

Viene in rilievo, in particolare, la tutela della famiglia e dei minori (donde le deroghe per favorire il ricongiungimento familiare), nonchŽ di coloro che si trovano in particolari situazioni di difficoltˆ.

EĠ evidente quindi che, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 21 novembre 1997 n. 353), le ragioni della solidarietˆ umana non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco: tra questi, vi sono indubbiamente la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati ed il diritto di asilo, ma altres“, di non minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalitˆ, lo stesso principio di legalitˆ, per cui chi rispetta la legge non pu˜ trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude.

Il bilanciamento dei vari interessi in gioco  stato effettuato dal legislatore, che ha graduato le varie situazioni.

Naturalmente, anche nellĠapplicazione della normativa in materia di cittadinanza trovano ingresso i principi generali dellĠordinamento, in specie quelli regolanti lĠattivitˆ della p.a., tra cui basterˆ menzionare quello relativo allĠobbligo della motivazione dellĠatto amministrativo (pi attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, pi stringente qualora la discrezionalitˆ dellĠamministrazione sia pi estesa), quello dellĠeconomicitˆ dellĠazione amministrativa, per cui determinate irregolaritˆ si considerano sanate qualora lĠatto abbia raggiunto il suo scopo, ed infine la potestˆ dellĠamministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.

Nella specie, la concessione della cittadinanza viene disposta con decreto del Presidente della Repubblica (rispetto al quale il Ministero dellĠinterno emana un parere), mentre un eventuale diniego va disposto sulla base dellĠarticolo 5, d.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, dal Ministero dellĠinterno, per cui, nella caso in esame, il competente Sottosegretario di Stato  intervenuto legittimamente, come i primi giudici hanno correttamente riscontrato (C.d.S., sezione IV, dec. 10 agosto 2000 n. 4460).

DĠaltra parte, l'amministrazione, dopo aver accertato l'esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione ampiamente discrezionale delle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la cittadinanza italiana e delle sue possibilitˆ di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunitˆ nazionale (C.d.S., sez. IV, dec. 16 settembre 1999 n. 1474); tuttavia tale valutazione, proprio perchŽ altamente discrezionale, va adeguatamente motivata, ma ci˜ non significa che a tal fine non basti una motivazione per relationem o sinteticamente richiamante conferenti pronunce giurisprudenziali (come nella fattispecie  avvenuto).

Nel presente caso si afferma, in realtˆ, che la concessione della cittadinanza italiana non appare opportuna e risulta contrastante con lĠinteresse pubblico, anche sulla base di una nota del 28 dicembre 2002 del Dipartimento di PS-Ufficio stranieri, evidentemente non ignota al ricorrente, il quale infatti lĠha tempestivamente impugnata (ma non di falso civile, malgrado si trattasse di un atto pubblico a fede privilegiata, in quanto promanante da pubblici ufficiali nellĠesercizio delle loro funzioni), del che il Tribunale di prima istanza non ha tenuto debito conto.

Si tratta, con ogni evidenza, di una motivazione sintetica ma congrua ed esauriente, dato che proprio lĠampia discrezionalitˆ lasciata in materia alla pubblica amministrazione implica un rafforzato onere motivazionale, che nella specie pu˜ senza dubbio ritenersi soddisfatto se appena si considera che lĠattuale appellato (in base agli accertamenti esperiti dalla P.S.) risulta militante ed affiliato ad unĠorganizzazione terroristica segreta Sikh di natura secessionista (ÒBabbar KhalsaÓ) e, dunque, in palese contrasto con il divieto di cui allĠart. 18, Cost.: il che avrebbe dovuto ragionevolmente implicare il rigetto (e non lĠaccoglimento) del gravame introduttivo, al quale incombente non pu˜ che provvedere, ora per allora, il collegio, accogliendo il presente gravame.  

             LĠappello va, dunque, accolto, con riforma dellĠimpugnata sentenza e contestuale rigetto del ricorso di primo grado, mentre le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti, tenuto anche conto delle alterne vicende processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

-                accoglie  lĠappello;

-                annulla lĠimpugnata sentenza;

-                respinge il ricorso di primo grado;

-                compensa spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dallĠAutoritˆ amministrativa.

            Cos“ deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 ottobre 2007, con l'intervento dei signori magistrati:

Claudio  VARRONE                                                Presidente

Carmine  VOLPE                                                     Consigliere

Paolo  BUONVINO                                                 Consigliere

Aldo   SCOLA                                                         Consigliere rel. est.

Francesco CARINGELLA                                       Consigliere

 

Presidente

Claudio Varrone

Consigliere                                                                          Segretario

Aldo Scola                                                                Giovanni Ceci

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

il.17/12/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

Maria Rita Oliva

 

 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

Add“...................................copia conforme alla presente  stata trasmessa

 

al Ministero..............................................................................................

 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 

                                                                      Il Direttore della Segreteria