N. 269/11 R.G. notizie di reato/Mod.21

n. 108/11 R.G. Trib.

                          N. ________________ Reg. Sent

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                                data irrevocabilitˆ:

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                                                            VĦ del P.G._________________

                                                            N.________________ Reg. Esec.

                                                            N._____________Campione Pen.

                                                            redatta scheda il

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                                                            rilasciati estratti

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TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

QUINTA SEZIONE PENALE

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale di Torino – V Sezione Penale, in composizione monocratica, nella persona del magistrato dr.ssa Alessandra SALVADORI alla udienza del 8.1.2011 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

 

SENTENZA

nella causa penale contro

        

A.S., nato a IL CAIRO (EGITTO) il 02/10/1983 ALIAS A. S.nato in Egitto il 2/10/1983

 

difeso di UFFICIO dall'avv. GENTILE GIUSEPPE presentea

libero-presente

IMPUTATO

 

del reato di cui allĠart. 14 co.5 quater D.L.vo n. 286/1998 perch, quale cittadino straniero, destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5 ter, continuava a permanere illegalmente nel territorio dello Stato in violazione del nuovo ordine del Questore della Provincia di TORINO di lasciare il territorio dello Stato, ai sensi del comma 5 bis della citata disposizione normativa, entro cinque giorni dal provvedimento stesso, notificatogli in data 3/12/2010 essendo stata lĠespulsione disposta per avere giˆ violato un precedente ordine del Questore di Torino notificatogli in data 10/6/2010 con il quale gli veniva ordinato di lasciare il territorio dello Stato.

Accertato in TORINO il 06/01/2011.

Con la recidiva Specifica infraquinquennale

 

CONCLUSIONI:

 

- P.M. : concesse le att. generiche, condanna alla pena finale di mesi 8 di reclusione.

- Difesa : assoluzione perchŽ il fatto non sussiste

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

LĠimputato veniva presentato dal P.M. allĠudienza dellĠ8.1.2011 per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo in quanto sorpreso sul territorio dello Stato dopo avere ricevuto un provvedimento di espulsione notificatogli il 3.12.2010 di cui al comma 5 quater emesso dal Questore della Provincia di TORINO.

Dopo la convalida dellĠarresto, non essendovi stata richiesta di applicazione di misura cautelare, lĠimputato  stato liberato ed ha formulato istanza di giudizio abbreviato, allĠesito del quale PM e difesa hanno concluso come sopra riferito.

 

Il 24 dicembre 2010  scaduto il termine entro il quale gli Stati aderenti alla UE avrebbero dovuto adeguare i rispettivi ordinamenti interni alla direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli stati membri al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno  irregolare.

La direttiva, come chiaramente esposto nel preambolo, mira ad armonizzare le procedure amministrative di rimpatrio degli immigrati irregolari garantendo il bilanciamento tra lĠobbiettivo di garantire lĠeffettivitˆ dei rimpatri e la doverosa tutela dei diritti fondamentali dei cittadini extracomunitari.

La direttiva 2008/115/CE delimita, innanzitutto, con precisione il proprio ambito di operativitˆ, stabilendo che le proprie disposizioni non si applichino ai cittadini di paesi terzi sottoposti a respingimento alla frontiera o che comunque siano fermati in occasione dellĠattraversamento irregolare e che non abbiano successivamente unĠautorizzazione al soggiorno (art. 2 lett.a); agli stranieri sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale in conformitˆ della legislazione nazionale o sottoposti a procedure di estradizione (art. 2/2 lett.b).

La direttiva 2008/115/CE - che prevede una espressa clausola di salvezza (Òimpregiudicata la facoltˆ degli stati membri di introdurre o mantenere disposizioni pi favorevoli alla persone cui si applica, purch compatibili con le norme in essa richiamateÓ), per le disposizioni pi favorevoli - deve, conseguentemente, trovare applicazione, escluse le ipotesi di respingimento alla frontiera, per tutte le altre procedure amministrative di espulsione in senso stretto.

 

I punti qualificanti della normativa comunitaria possono cos“ essere riassunti:

- la modalitˆ ordinaria di allontanamento dellĠirregolare dal territorio nazionale  il rimpatrio volontario (art.7); attuato mediante la notifica allĠinteressato di una decisione di rimpatrio con cui viene assegnato un termine compreso tra sette e trenta giorni; il periodo per la partenza volontaria pu˜ essere omesso o ridotto in caso di pericolo di fuga, in caso di respingimento di una domanda di soggiorno irregolare in quanto manifestamente infondata o fraudolenta e nel caso in cui lĠinteressato costituisca pericolo per lĠordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale).

- lo Stato potrˆ procedere allĠesecuzione coattiva della decisione di rimpatrio, laddove lĠinteressato non sia partito volontariamente o non gli sia concesso alcun termine per lĠesistenza di un pericolo di fuga (art.8).

- solo allorch non sia possibile eseguire coattivamente lĠallontanamento e non possano neppure essere efficacemente applicate altre misure, potrˆ essere disposto il trattenimento dello straniero (art. 15).

 

Come accennato, uno degli obiettivi della Direttiva in esame  porre ben precisi paletti alla limitazione della libertˆ personale nei confronti del clandestino: il giusto interesse alla effettiva espulsione di stranieri irregolari deve trovare un limite di proporzionalitˆ nel rispetto della libertˆ personale dello straniero irregolare. Le limitazioni massime della libertˆ personale vengono, pertanto, compiutamente disciplinate.

In tale ottica, si comprendono le giˆ citate previsioni degli artt. 7 e 8; nonchŽ la compiuta disciplina della detenzione amministrativa.

Il trattenimento  previsto solo come ultima ratio ed esclusivamente nel caso in cui lo straniero ostacoli ed eviti il rimpatrio, e/o vi sia pericolo di fuga (art. 15).

EĠ anche stabilito che esso abbia durata limitata al tempo strettamente necessario allĠespletamento delle modalitˆ di rimpatrio (non pu˜ mai durare oltre la Òprospettiva ragionevole di allontanamentoÓ e deve cessare una volta che si sia verificato che non  materialmente possibile eseguire coattivamente la espulsione); sia riesaminato ad intervalli ragionevoli e possa avere, comunque, durata massima di sei mesi, prorogabili sino al termine complessivo di diciotto mesi nel caso in cui le operazioni di allontanamento necessitino di un periodo pi lungo a causa della mancata cooperazione dellĠinteressato o a causa dei ritardi nellĠottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi (termine massimo oltre il quale la prospettiva di effettivo allontanamento non  pi ÒragionevoleÓ).

La normativa comunitaria - ormai vincolante anche per il nostro ordinamento – segna, quindi, precisi limiti entro i quali pu˜ essere limitata, a qualunque titolo, la libertˆ personale dello straniero da espellere.

 

Il contenuto della direttiva  palesemente antitetico rispetto alla disciplina attualmente vigente, presente nel T.U dellĠimmigrazione 286/98.

Invero, mentre il T.U. prevede come modalitˆ ordinaria di espulsione lĠaccompagnamento coattivo alla frontiera, la direttiva dispone che la regola sia il rimpatrio volontario con termine compreso tra sette e trenta giorni per lasciare il territorio nazionale;

Inoltre, in caso di impossibilitˆ di eseguire lĠaccompagnamento coattivo, anche per difficoltˆ di esecuzione, il T.U. prevede che sia disposto il trattenimento, mentre la Direttiva impone misure coercitive meno lesive della libertˆ personale e considera le difficoltˆ solo come presupposto giustificativo della proroga del trattenimento.

Infine, in caso di impossibilitˆ anche del trattenimento, il T.U. prevede che sia notificato un ordine di allontanamento entro cinque giorni, la cui inottemperanza comporta lĠintegrazione delle fattispecie penali di cui agli artt. 14 comma 5 ter e quater. In altri termini, il T.U. stranieri commina la pena detentiva della reclusione (fino a cinque anni) in conseguenza di una condotta - la mancata partenza volontaria a fronte della notifica di un ordine di allontanamento - che, secondo la Direttiva potrebbe giustificare al pi, e solo come estrema ratio, la detenzione amministrativa attraverso la misura del trattenimento per un periodo non superiore a diciotto mesi.

 

La radicale diversitˆ del sistema previsto dallĠordinamento italiano, si sostanzia, da un lato, nella totale inversione dellĠordine di previsione dei provvedimenti da adottare, dallĠaltro, in una totale carenza delle garanzie alla libertˆ personale dello straniero stabilite dalla direttiva.

Nello specifico, secondo la direttiva il rigoroso rispetto del principio di proporzionalitˆ (punti n. 13 e n. 16), impone la inammissibilitˆ di una ipotesi di detenzione sine die finalizzata a rendere effettivo l'allontanamento dell'irregolare.

Per la normativa europea, come si  giˆ evidenziato, la detenzione  considerata uno strumento giuridico legittimo solo qualora sia collegata ad un comportamento volontario dello straniero; strettamente limitata allo scopo; abbia un termine massimo di 18 mesi.

Secondo la legislazione comunitaria, dunque, la compressione del diritto fondamentale alla libertˆ personale  possibile, in virt del principio sovraindividuale alla regolazione dei flussi migratori, solo a condizione di un ben preciso limite di proporzione tra scopo e mezzi.

Oltre tali limiti, si ha un contrasto tra la normativa e la Carta dei Diritti Fondamentali dellĠUnione Europea (art. 49), atteso che un fine - pur ritenuto meritevole di tutela - viene raggiunto a scapito della intollerabile violazione della Libertˆ Personale.

La legislazione interna italiana prevede, invece, che il procedimento di espulsione culmini con un obbligo di allontanamento sanzionato penalmente con la reclusione.

Tale privazione della libertˆ personale risulta chiaramente sproporzionata in relazione ai canoni appena riassunti. Ci˜ in quanto la pena comminata dallĠart.14 T.U. consiste in una sanzione che va ben oltre i limiti indicati dalla direttiva potendo trovare applicazione (con un titolo solo formalmente diverso) dopo – e dunque oltre – i termini massimi di detenzione amministrativa.

La legislazione italiana prevede anche, mediante il meccanismo della reiterazione degli ordini di allontanamento, la possibilitˆ di una comprensione, in sŽ inidonea a raggiungere lo scopo che legittima la limitazione della libertˆ personale, tendenzialmente illimitata della libertˆ personale del soggetto.

 

Ci˜ posto, sulla immediata e diretta applicabilitˆ della direttiva 2008/115/CE, pare sufficiente richiamare il consolidato orientamento secondo il quale le Direttive Comunitarie possono ritenersi self-executing quando:

- sia scaduto inutilmente il termine di recepimento;

- abbiano un contenuto precettivo chiaro, preciso e non condizionato;

- prevedano effetti giuridici favorevoli per lĠindividuo nei confronti dello Stato inadempiente.

In tali ipotesi, gli organi dello Stato membro hanno il dovere di applicare, in luogo della norma interna, la norma comunitaria, la quale potrˆ integrare o sostituire la norma interna.

Se la P.A. non applica la norma comunitaria, i suoi atti sono illegittimi (erronea applicazione di norma vigente) ed il Giudice pu˜ disapplicare lĠatto amministrativo.

LĠesame della Direttiva in questione – estremamente dettagliata e specifica nel prevedere presupposti, forme e limiti dell'espulsione – non lascia spazio a dubbi in proposito.

NŽ vale obiettare che la direttiva 2008/115/CE si rivolga agli Stati e lasci un certo – sia pur limitato - spazio di manovra per i casi derogati (per lo pi peraltro compiutamente definiti ed estranei ai casi di specifico interesse), poichŽ essendo caratteristiche comuni a tutte le direttive, se questi fossero i criteri per individuare quelle auto applicative, si dovrebbe concludere che non ne esistono.

DĠaltra parte, anche la recente circolare ministeriale del 17.12.2010 (Dipartimento della pubblica sicurezza prot. 400/B/2010) pur non affermandolo espressamente, ammette implicitamente che si tratti di Direttiva self-executing, dal momento che invita le Prefettura ad adeguarsi alla stessa nell'emettere i provvedimenti di espulsioni con decorrenza dal 24.12.2010.

 

Chiarito, dunque, che dal 24.12.10 la disciplina interna delle espulsioni amministrative  in insanabile contrasto con quella comunitaria (compatibili restando invece le espulsioni previste come misure di sicurezza od a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione ex art. 2 par.2 lett. b) ed affermato che trattasi di una direttiva self-executing, quanto agli argomenti di interesse, resta da valutare le conseguenze sul caso di specie.

 

Come chiarito dalla Corte di Giustizia, spetta ai Giudici nazionali interpretare il proprio diritto alla luce della lettera e della ratio della Direttiva onde conseguire il risultato perseguito da questĠultima e conformarsi allĠart. 249, comma 3, del Trattato.

Compito del Giudice , senza necessitˆ di sollevare incidente di legittimitˆ costituzionale o di dover ricorrere alla Corte Europea, dare applicazione alle fonti UE dotate di effetto diretto nelle varie controversie pendenti.

Ne consegue che il Giudice italiano dovrˆ disapplicare (Cfr. Corte Cost. 389/1989) ogni atto amministrativo emesso dopo il 24.12.2010 sulla base di una legislazione nazionale ormai superata dalla recente e preminente legislazione europea.

 

Quanto agli ordini di allontanamento precedenti al 25.12.10 – formalmente legittimamente emessi prima dellĠentrata in vigore della nuova disciplina - si evidenzia quanto segue.

Il summenzionato contrasto tra normative supera lĠambito amministrativo per estendersi al settore penale ed in particolare ai delitti di inosservanza dellĠordine di allontanamento del Questore, concepiti dal legislatore italiano quale basilare strumento di contrasto allĠimmigrazione clandestina.

Siffatta antinomia delle fattispecie penali con lĠordinamento sovranazionale emerge in modo chiaro proprio nel momento in cui il Giudice Penale  chiamato a sanzionare lĠinadempimento del provvedimento amministrativo, in quanto tale sanzione (con la reclusione da uno a quattro anni lĠinosservanza del primo ordine di allontanamento e con la reclusione da uno a cinque anni lĠinosservanza dellĠordine reiterato) rappresenta una parte decisiva ed integrante della disciplina relativa alla procedura di rimpatrio e non pu˜, dunque, che ricadere nella sfera di applicazione della direttiva (la quale prevede unicamente il ricorso alle misure coercitive ivi previste e in Òextrema ratioÓ il trattenimento in un apposito centro di permanenza temporanea, per un periodo complessivo massimo di 18 mesi e con le garanzie previste agli art. 15 e 16).

EĠ dunque proprio nel momento in cui il Giudice penale deve irrogare la sanzione, che egli  tenuto a verificare la rispondenza della normativa interna alla normativa comunitaria, indipendentemente dal tempo in cui  stato notificato il provvedimento amministrativo e si  consumata la violazione della norma penale.

Ritenendo ancora applicabili le fattispecie penali in oggetto ai soggetti che hanno ricevuto un ordine del Questore prima del 25 dicembre 2010, si finirebbe con il violare – per questi ultimi - le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertˆ personale dello straniero destinatario di un provvedimento di rimpatrio e che non lo abbia osservato, ricorrendo ad una misura coercitiva qualitativamente diversa e temporalmente pi estesa di quella prevista (in caso estremo il trattenimento) dalla direttiva UE.

LĠapplicazione della sanzione detentiva avverrebbe quindi in totale dispregio di uno dei principali obiettivi della direttiva, che non mira soltanto ad istituire norme comuni per unĠefficace politica in materia di allontanamento e di rimpatrio, ma anche a garantire il Òrispetto dei diritti fondamentaliÓ dello straniero (considerando n. 24), fra i quali va sicuramente annoverato il diritto alla libertˆ personale.

 

Da segnalare, ancora, che il reato di inottemperanza all'ordine del Questore deve considerarsi un provvedimento che si inserisce nella fase esecutiva dell'espulsione, totalmente carente di una sua obiettivitˆ giuridica autonoma rispetto all'espulsione amministrativa.

La disciplina che regola le modalitˆ di espulsione permea di sŽ completamente le due ipotesi di reato previste dallĠart. 14 comma 5 ter e quater e va considerata un elemento normativo della fattispecie, suscettibile - se pi favorevole - di una applicazione retroattiva (cfr., in tema, Cass. Pen., Sez. Un., 27.9.2007, n. 2451) e non un mero presupposto di fatto per lĠintegrazione del delitto.

Si noti, infatti, che lĠipotesi considerata da tale pronuncia (entrata in vigore del trattato di adesione della Romania all'Unione Europea)  completamente differente dal caso in esame. Si trattava, infatti, di un provvedimento in base al quale – fermo restando il contesto normativo e la punibilitˆ del reato di inottemperanza allĠordine di espulsione commesso da un soggetto extracomunitario – veniva modificata tale qualifica esclusivamente per un limitato gruppo di soggetti.

Il disvalore penale della fattispecie rimaneva invariato e lĠelemento di novitˆ poteva valere esclusivamente per il futuro.

Correttamente la Suprema Corte a sezione unite (sent 2451 del 27.9.2007) osserva come trattato e leggi di ratifica abbiano modificato soltanto la situazione di fatto dei rumeni, facendo perdere ad essi la condizione di stranieri extracomunitari presupposto della norma. Nella medesima sentenza, tuttavia, la Corte precisa che si  al di fuori dalla sfera di applicazione dellĠarticolo 2 co. 2 c.p. quando Òil cambiamento avvenuto nella normativa extrapenale, modificando il contesto giuridico, ha determinato una diversitˆ del fatto e non della fattispecieÓ, ma non esclude ed anzi sostiene la possibile rilevanza ai fini dell'art 2 c.p delle norme extrapenali : ÒOltre che rispetto alle norme integratrici di quelle penali, l'art. 2 c.p. pu˜ trovare applicazione rispetto a norme extrapenali che siano esse stesse, esplicitamente o implicitamente, retroattive, quando nella fattispecie penale non rilevano solo per la qualificazione di un elemento ma per l'assetto giuridico che realizzanoÓ (Cass. S.U. sent. 2451 del 27.9.2007).

Il che  esattamente quello che  accaduto nel caso di specie, ove le imponenti modifiche sistematiche della disciplina in materia di espulsioni hanno comportato un radicale stravolgimento dellĠassetto normativo, tale da far venir meno lĠoffensivitˆ della condotta di inottemperanza allĠordine del Questore emesso sulla base di una normativa ormai superata ed incompatibile con il diritto comunitario.

Sulla base di questa interpretazione – che appare lĠunica compatibile con il diritto comunitario e costituzionalmente orientata – si ritiene di dover applicare retroattivamente la disciplina sulle espulsioni di cui alla direttiva 2008/115/CE e, conseguentemente, disapplicare anche gli atti amministrativi emessi prima dellĠentrata in vigore della stessa in quanto incompatibili con la stessa.

La mancanza di uno degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa (la violazione di un valido ordine di allontanamento) impone lĠassoluzione.

 

P.Q.M.

Visto lĠart. 530 cpp;

assolve A.S. dal reato ascrittogli perch il fatto non sussiste.

 

Cos“ deciso in Torino lĠ8.1.2011

 

IL GIUDICE

Alessandra Salvadori

 

 

 

Deposita in Cancelleria il ___________________________