N.                        Mod. 30

N  5711    R.G. N.R.

N.  7/11    R.G.

Camp. N.

Sentenza  del 3/1/11

 

Depositata in

Cancelleria

 

 

Il Cancelliere

 

 

Fatta scheda il

 

 

Rilasciati n.

estratti per

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI TORINO

 SEZIONE  QUINTA PENALE

 

 

Il Giudice Dott.ssa Rossella LA GATTA

 

allĠudienza del 3/1/11

Ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nella causa penale contro:

 

B. T., nato in Nigeria il 25/8/72, libero, presente, dif di fid.avv. Manuel PERGA

 

 

 

 

 

IMPUTATO

Del reato di cui allĠart. 14 comma 5 ter primo periodo  D. L.vo nr. 286/98 perchŽ , quale cittadino straniero,senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dellĠ ordine del Questore della provincia di Alessandria  di lasciare il territorio dello Stato, ai sensi del comma 5 bis della citata disposizione normativa entro cinque giorni dal provvedimento stesso, notificatogli in data 11/8/09 essendo stata lĠespulsione disposta per essere entrato illegalmente nel territorio dello Stato  ( art. 13 c.2 lett. a) d.l.vo 286/98)

Accertato in Torino il 1/1/11

Con la recidiva infraquinquennale

 

 

CONCLUSIONI DEL P.M.: riconosciute le circostanze att.gen equivalenti alla recidiva , condannarsi alla pena di  mesi sei di reclusione;

 

CONCLUSIONI DELLA DIFESA : assolversi  perchŽ il fato non sussiste

 

MOTIVAZIONE

 

Il P.M. presso il Tribunale di Torino presentava   lĠimputato in  udienza    perchŽ venisse giudicato con il rito direttissimo in ordine al reato a lui ascritto in epigrafe.

 

 

Preliminarmente, lĠ imputato   chiedeva procedersi col rito abbreviato e il Giudice, ritenuto il giudizio definibile allo stato degli atti, disponeva in

conformitˆ.

 

 

I fatti sono i seguenti.

 

 

Nel corso di unĠattivitˆ di controllo,   emergeva che il prevenuto  era stato

colpito da ordine di espulsione con  provvedimento del Questore di Alessandria datato 11/8/09  .

 

In sede di udienza di convalida dellĠarresto, lĠimputato ammetteva lĠaddebito, dicendo che non si era allontanato dallo Stato perchŽ i suoi parenti in Nigeria erano stati uccisi per contrasti con un cult locale.

 

 

P.M.e  Difesa concludevano come da verbale.

 

Il Giudice ritiene che, dopo lĠentrata in vigore della direttiva 115/08 del parlamento Europeo ,gli artt. 14 comma 5 ter e quater  della legge c.d.

 Ò BOSSI FINIÒ siano palesemente in contrasto con la norma  comunitaria.

 

Prima di scendere nellĠanalisi del provvedimento in esame, si ritiene opportuno sottolineare che gli Stati membri ,attraverso le funzioni esplicate dal Consiglio Europeo, sottoscrivevano la direttiva in data 16/12/08 : lĠItalia non faceva eccezione e ,dunque, vi sono stati oltre due anni di tempo per adeguare le leggi dello Stato in materia .

 

Non sarˆ inutile ricordare che il Consiglio Europeo, ai sensi dellĠart. 4 del TRATTATO SULLĠUNIONE Europea riunisce i capi di Stato o di governo degli Stati membri, assistiti da un membro della Commissione e dai ministri per gli affari esteri: lĠattuale Consiglio Europeo  stato istituito nel summit di Parigi del dicembre 1974 ed ha il suo fondamento giuridico nellĠ

Atto Unico Europeo.

 

In materia di politica estera e di sicurezza comune, lĠart. 13 par. 1 e 2 attribuisce al Consiglio europeo il compito di definire gli orientamenti generali e di decidere le strategie comuni sulla cui base il Consiglio dellĠUnione Europea deve operare. Lo stesso Consiglio europeo opera le scelte fondamentali per la politica comune di difesa. ( art. 17 par 1).

 

 

LĠart. 23 del trattato prevede che, nel caso in cui un membro del Consiglio dellĠUnione dichiara che per importanti motivi di politica nazionale intende opporsi ad una decisione che richiede una maggioranza qualificata, il Consiglio dellĠUnione pu˜ chiedere che della questione sia investito il Consiglio Europeo affinchŽ si pronunci allĠunanimitˆ.

Si ritiene ancora di dover rammentare che , se  molto discussa la natura degli atti adottati dal Consiglio europeo, propendendosi per lo pi per una valenza politica delle decisioni adottate, non vincolanti per le altre istituzioni, in tre materie gli atti giuridici adottati sono vincolanti perch cos“ espressamente previsto dal trattato:

a)    NellĠambito dellĠUnione economica  e monetaria

b)    nellĠambito della tutela dei diritti umani

c)    nellĠambito della procedura di nomina del Presidente della Commissione

 

LĠart. 10 del trattato sulla Comunitˆ europea sancisce lĠobbligo per gli Stati membri di Ò adottare tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare lĠesecuzione degli obblighi derivanti dal trattato ovvero determinati dagli atti delle Istituzioni della ComunitˆÉ Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattatoÓ.

La Corte di Giustizia Europea , investita pi volte della questione, si  pronunciata per la diretta efficacia nei Paesi membri delle direttive:

a)    quando lĠinterpretazione delle norme nazionali che disciplinano materie oggetto di direttive comunitarie  dubbia

( in questo caso la norma deve conformarsi al contenuto della       direttiva);

b)    la direttiva chiarisce il contenuto di un obbligo giˆ previsto dal trattato

c)    in caso di inerzia dello Stato, gli individui possono invocare la direttiva innanzi ai giudici per far valere gli effetti che questa si

 

    propone ( quindi chiedere lĠapplicazione del principio)

 

 

Decorso inutilmente il termine fissato per dare attuazione alla direttiva, i singoli possono far valere in giudizio i diritti precisi ed incondizionati che derivano loro dalla direttiva ed i giudici devono accogliere une simile richiesta.

Si vuole qui sottolineare che molteplici sono le sentenze della Corte in questo senso e che, per ragioni di brevitˆ, appare pi incisivo ricordare che la prima decisione in tal senso risale addirittura al 15/7/64 ( sentenza 6/64) Ò in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilitˆ tra norme di diritto comunitario e norme nazionali, le prime prevalgono sulle secondeÓ

Per quanto attiene ai doveri dei giudici in simili situazioni  davvero illuminante ricordare la sentenza  della Corte di Giustizia n. 106/77 del 9/3/78 che affermava che il giudice nazionale  incaricato di applicare, nellĠambito delle proprie competenze, il diritto comunitario.

ÒIl Giudice ha lĠobbligo di garantire la piena efficacia di tali  norme, disapplicando allĠoccorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contraria della legislazione nazionale, anche posteriore, senza dover attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.Ó

 

Questa lunga premessa non sia intesa come discussione  puramente dottrinale ( e forse ultronea per la motivazione della sentenza) perch contiene in nuce molte risposte ai quesiti avanzati in questi pochi giorni dalla scadenza del termine per lĠadeguamento alla direttiva, avanzati dagli stessi magistrati nonchŽ dagli studiosi.

 

Dunque, tornando ai dati di fatto, non  risulta che lĠItalia abbia avanzato alcuna riserva od opposizione nella delibera della direttiva in argomento.

Si vorrebbe dire sorprendentemente, assolutamente nulla ha previsto il

nostro legislatore che ha lasciato scadere i termini ( 24/12/10), senza nemmeno annunciare un proposito di provvedimento sul punto.

 

 

 

Va da seĠ che, nel silenzio di cui si  detto, al Giudice  rimessa la

valutazione sulla possibilitˆ di continuare- dopo il 24/12/10- ad applicare la normativa previgente, tamquam non esset quella comunitaria, oppure di ritenere mancante un presupposto del precetto penale e, dunque, pervenire ad un giudizio assolutorio o, infine, di demandare la valutazione

sulla costituzionalitˆ della norma alla Corte costituzionale o,  perfino, di sospendere il procedimento per investire della questione la Corte di Giustizia UE attraverso lo strumento del ricorso pregiudiziale di

interpretazione di cui allĠart 267 del vigente Trattato sul funzionamento

dellĠUnione Europea.

 

Pare giˆ evidente , per quanto detto fino ad ora, quale deve essere, a parere di chi scrive, lĠorientamento da seguire.

 

In ogni caso, per amore di completezza,non  inutile mettere un poĠ di ordine per chiarire quali sono le norme interessate dalla disciplina comunitaria ed in contrasto con questa e quali sono i provvedimenti di espulsione di cui si sta discorrendo.

 

La disciplina comunitaria influisce  sullĠart. 14 c. 5 ter e quater per i motivi che di seguito si illustreranno e non  sullĠart. 13 c. 13 stessa norma poichŽ la condotta di chi, dopo essere stato espulso, rientra nel territorio nazionale,  non incontra deroghe nella direttiva 115/08, essendo -al pi- in futuro valutabili i termini di durata del divieto dĠingresso  di cui allĠart 11 comma 2  direttiva 115/08  che sembra ipotizzare una certa Ò apertura Ò in casi particolari e debitamente motivati.

 

I decreti  di espulsione del Questore successivi al 24/12/10 che non osservino la procedura in esame e  , primo fra tutti, un termine per

 

 

allontanarsi non inferiore a sette giorni ,saranno sicuramente disapplicabili dal Giudice a cui spetta un vaglio, sia pure formale, di legittimitˆ dellĠatto

amministrativo nonchŽ per tutte le considerazioni che si richiamano sulla

primazia del diritto comunitario su quello interno.

 

Ovviamente, i maggiori problemi applicativi si pongono in relazione agli ordini di espulsione  emessi prima del 24/12/10 perch  evidente che, anteriormente a quella data, il legislatore italiano non aveva ancora lĠobbligo di adeguare  ai principi informatori della direttiva le procedure di espulsione degli extracomunitari  irregolari.

EĠ noto che le norme in esame prevedono reati permanenti, di talch non  del tutto apodittico ritenere che in questi casi la condotta dellĠextracomunitario inadempiente sia ancora punibile, tanto pi che la Corte Costituzionale  ha riconosciuto in alcune occasioni non solo la

legittimitˆ ma lĠopportunitˆ di  provvedimenti legislativi che intervengano per controllare i flussi migratori.

 

Non si concorda con questa impostazione che si suppone debba essere

alla base della richiesta della Procura di applicazione della misura cautelare prima e di condanna poi , richieste che, tuttavia, non venivano motivate, se non nel merito  (delle esigenze cautelari e della colpevolezza).

 

Orbene, la direttiva de qua  ( art 7) fissa un termine per la partenza volontaria di durata compresa tra i sette e i trenta giorni ( prevedendo anche deroghe  che consentono ai Paesi membri di concedere un termine  MAGGIORE ( par 2) ,valutate le circostanze specifiche del caso individuale o MINORE ( par 4) nei casi in cui Ò sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare  stata respinta, in quanto manifestamente infondata o fraudolenta, o se lĠinteressato costituisce un pericolo per lĠordine pubblico, la  pubblica sicurezza o la sicurezza

 

 

 

nazionaleÓ.

La direttiva, poi,  privilegia lĠallontanamento volontario rispetto a quello coattivo e prevede che, se non possono essere applicate efficacemente altre misure sufficienti ma meno coercitive, potrˆ essere disposto il

trattenimento dello straniero presso un CPT che dovrˆ avere durata la pi breve possibile ( sei mesi normalmente, prorogabile a 18 nei casi in cui non vi sia cooperazione da parte dello straniero o vi siano ritardi nellĠottenimento dei documenti.)

Il provvedimento di trattenimento dovrˆ comunque  essere oggetto di un vaglio davanti ad un Autoritˆ giurisdizionale per comprendere lĠeffettiva necessitˆ rispetto allo scopo disporre il rimpatrio e riesaminato ad intervalli ragionevoli.

 

Riassunti in estrema sintesi e senza alcuna pretesa di completezza  ai limitati fini della motivazione della presente sentenza  le linee guida della direttiva, occorre chiedersi se la legge c.d. Bossi Fini sia in contrasto con la direttiva comunitaria.

A parere di chi scrive ,essa  radicalmente difforme perchŽ prevede come REGOLA lĠallontanamento coattivo dello straniero ( o qualora questo non sia immediatamente realizzabile il suo trattenimento in un centro di identificazione e di espulsione) e ,solo in via residuale ,lĠintimazione 

a lasciare volontariamente lo Stato quando neĠ lĠespulsione coattiva neĠ  il trattenimento siano, di fatto, attuabili.

DĠaltro canto, nessuna misura diversa dal trattenimento presso i CIE  prevista e, quindi, detta forma di  privazione della libertˆ ,di fatto, non  lĠultima ratio ma   lĠunico modo.

Non  nemmeno cos“ impensabile che uno straniero che, per varie ragioni, sia stato trattenuto presso un CIE per 180 giorni si veda raggiunto, infine, da un ordine di espulsione  e che, non ottemperandolo, venga arrestato.

Potrebbe essere richiesta e disposta la misura cautelare cosicchŽ, nel caso concreto,  tra detenzione in carcere propriamente detta e detenzione

 

amministrativa, lo straniero si troverebbe ad essere privato della libertˆ

per la sua sola condizione di immigrato clandestino per un periodo anche lungo e,comunque, superiore al limite massimo di 18 mesi fissato

inderogabilmente dalla direttiva comunitaria.

Questo sistema che, a seguito della constatazione della mancata

partenza volontaria dellĠextracomunitario  nel termine  brevissimo di cinque giorni (circostanza che  si verifica in una percentuale altissima di casi) impone la punizione del colpevole con la reclusione fino a quattro

( comma 5 ter) o cinque anni ( comma 5 quater), ha lĠunico scopo di  legittimare la privazione della libertˆ il pi a lungo possibile, in attesa che il Questore abbia la possibilitˆ pratica di eseguire ( peraltro in un numero ben limitato di casi) lĠallontanamento coattivo.

 

Tutto questo premesso, il Giudice ritiene di non doversi diffondere ulteriormente per affermare che gli ordini di allontanamento che prevedono un termine inferiore a sette giorni ( per non parlare delle motivazioni che dovrebbero adeguare lĠordine alle necessitˆ del singolo

extracomunitario e  che quindi non dovrebbero essere standardizzate) sono in contrasto con la direttiva comunitaria,  a nulla rilevando  che si tratti di condotte permanenti .

Infatti, questo Giudice  OGGI  chiamato a verificare se ricorrano tutti i

presupposti della fattispecie incriminatrice e, constatato che lĠordine di allontanamento non  pi conforme  alla direttiva comunitaria ,non pu˜ appellarsi al commodus discessus di inquadrare la condotta alla luce di una normativa che non incontrava gli attuali limiti del Parlamento Europeo ma deve ritenere mancante un presupposto della norma che si riflette inevitabilmente sul precetto penale, anche  per evitare inaccettabili disparitˆ di trattamento tra coloro che sono stati destinatari fino al 24/12/10 di simili ordini e coloro che lo saranno dal 24/12 in avanti.

Si ritiene, altres“, che detto vaglio sia attuabile dal Giudicante senza lĠintervento della Corte Costituzionale e, tanto meno,  del filtro del ricorso pregiudiziale avanti la Corte di Giustizia UE, atteso che la direttiva ( norma sovranazionale )  specifica, chiarissima- quanto meno in ordine ai

 

 

termini di allontanamento – e soprattutto adotta misure in materia di diritti

umani e, dunque, in una materia in cui lĠefficacia  diretta e deve quindi esplicare i suoi effetti diretti senza inutili indugi,  tenuto conto quanto si diceva in apertura  sul fatto che sarebbe davvero ambiguo che uno Stato, da un lato, sottoscrivesse senza riserve una direttiva per poi non solo

disapplicarla  al suo interno ma  continuare  a punire  la violazione di un precetto mancante di uno dei suoi presupposti.

Last but non least, ricordato quanto prima riassunto in una materia in cui la Corte di Giustizia si  espressa pi volte, non si capisce davvero perch il Giudice dovrebbe,sottraendosi a  quello che  un suo preciso obbligo,allungare i termini processuali, sospendendo il giudizio per adire la Corte Costituzionale o la Corte di Giustizia Europea, lasciando lĠimputato in una situazione di incertezza che potrebbe essergli di grave nocumento nellĠottenimento di permessi di soggiorno e di altri benefici.

 

Tutto questo premesso, lĠimputato deve essere assolto perch il fatto non sussiste.

 

 

P.Q.M.

 

 

Visto lĠart. 530 cpp,

assolve B. T. dal reato a lui ascritto perch il fatto non sussiste.

Ordina lĠimmediata scarcerazione dellĠimputato se non detenuto per altra causa.

Torino il 3/1/11.

                                                                          Il Giudice