Reg. Sent. n._______
del 5.1.2011
N. 128/11 R.G. Notizie di Reato Data del deposito
N. 52/11 R.G. Tribunale __________________
Data di irrevocabilit
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Data di prescrizione del reato: N. ________ Reg. Esec.
5.1.2017 N. ________ Camp.Pen.
Redatta scheda il
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Rilasciati n.___ estratti
per ________________
il _________________
T R I B U N A L E O R D I N A R I O DI
T O R I N O
SEZIONE IV PENALE
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice, dr. Quinto Bosio, alla pubblica udienza del 5 gennaio 2011 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
S E N T E N Z A
nei confronti di:
L. P. V.
nato a Lima (Per) il *.*.1962,
dim. a ****
difeso dall'avv.to V. Colletta, in sostituzione dellĠAvv.to L.Franzese, difensore di ufficio.
- presente -
I M P U T A T O
del reato di cui allĠart. 14 co.5 quater D.L.vo n. 286/1998 perch, quale cittadino straniero, destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5 ter, continuava a permanere illegalmente nel territorio dello Stato in violazione del nuovo ordine del Questore della Provincia di TORINO di lasciare il territorio dello Stato, ai sensi del comma 5 bis della citata disposizione normativa, entro cinque giorni dal provvedimento stesso, notificatogli in data 12/11/2010 essendo stata lĠespulsione disposta per avere gi violato due precedenti ordini del Questore di Torino notificatigli in data 17/3/2010 e in data 22/7/2010 con i quali gli veniva ordinato di lasciare il territorio dello Stato.
Accertato in TORINO il 03/01/2011.
Recidivo reiterato ed infraquinquennale.
Con l'intervento del Pubblico Ministero dott. Soriente V.P.O. (munito di delega in data 24.12.2010)
Conclusioni delle parti:
Pubblico Ministero:
affermare la penale responsabilit dellĠimputato, riconoscere le attenuanti
generiche equivalenti alla recidiva e condannarlo alla pena di mesi otto di
reclusione.
Difesa: assolvere lĠimputato con formula di giustizia.
M O T I V A Z I O N E
LĠarrestato il giorno 5 gennaio successivo stato presentato a questo Tribunale in composizione monocratica per la convalida dellĠarresto ed il successivo giudizio direttissimo. Questo giudice convalidava lĠarresto e ordinava lĠimmediata liberazione del L. P., non avendo il P.M. richiesto lĠadozione di alcuna misura cautelare. Dopo la lettura dellĠimputazione, lĠimputato richiedeva il giudizio abbreviato. Il giudice disponeva la trasformazione del giudizio direttissimo in giudizio abbreviato, con acquisizione del fascicolo del P.M.. Quindi le parti illustravano le loro conclusioni sovra succintamente descritte e il giudice dava lettura del dispositivo allegato al verbale dĠudienza.
DallĠesame della documentazione in atti emerge che:
- a seguito di decreto di espulsione del Prefetto di Torino in data 22.7.2010, il Questore di Torino, non essendo possibile procedere allĠaccompagnamento immediato di L. P. V. alla frontiera, emetteva nei suoi confronti lĠordine di lasciare il territorio nazionale entro giorni 5 dalla notifica, effettuata nella stessa giornata, del provvedimento in oggetto;
- in data 12.11.2010 il Prefetto di Torino decretava nuovamente lĠespulsione del L. P. in quanto non aveva ottemperato al suddetto ordine;
- in pari data il Questore di Torino ordinava al predetto cittadino extracomunitario di lasciare il territorio dello stato entro cinque giorni dalla notifica del suddetto provvedimento prefettizio di espulsione, stante lĠimpossibilit di accompagnamento immediato alla frontiera;
- in data 3.1.2011 il L. P. stato tratto in arresto per violazione del nuovo ordine di allontanamento dal territorio nazionale.
In sede di convalida, poi, il predetto ha dichiarato di essersi trattenuto in Italia per motivi di lavoro, dovendo mantenere i suoi genitori anziani viventi in Per, e per problemi di salute, dovendosi periodicamente sottoporre a controllo medico per una pregressa lesione vertebrale.
Ci premesso in fatto, osserva il giudicante che dĠobbligo verificare preliminarmente lĠimpatto sulla fattispecie contestata allĠimputato della c.d. Òdirettiva rimpatriÓ (direttiva 2008/115/CE) emanata dallĠUnione Europea il 16.12.2008, con impegno degli stati membri ad adeguare i rispettivi ordinamenti interni entro il 24.12.2010. Il termine in oggetto decorso e la normativa in materia rimasta invariata per cui occorre domandarsi:
-se la disciplina nazionale in materia di espulsioni (il respingimento alla frontiera non interessato dalla normativa UE alla pari delle espulsioni disposte Òcome sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penaleÓ, art.2) sia conforme alla normativa stessa;
- in caso contrario, se la direttiva, per la parte che interessa, sia self-executing, cio abbia immediata efficacia nellĠordinamento interno anche se non formalmente recepita, e, in caso positivo, quale sia la sorte della incriminazione in oggetto dal 25.12.2010.
NellĠattuale testo unico in materia di immigrazione il soggetto istituzionalmente preposto ad occuparsi del rimpatrio forzoso il questore (Òart. 13 co. 4Ħ t.u.:ÓLĠespulsione sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblicaÓ). Per essa sono previste tre fasi:
- accompagnamento immediato dello straniero alla frontiera e affidamento dello stesso a un vettore;
- ove il rimpatrio immediato non sia possibile (mancanza di documenti, mancato reperimento di un vettore), il questore dispone il trattenimento dello straniero in un c.i.e. per il tempo necessario alla rimozione degli ostacoli che ne impediscono il rimpatrio (art. 14 co.1.t.u.);
- se neppure il trattenimento possibile o se trascorso il termine massimo di permanenza senza che si sia dato corso al rimpatrio, il questore emette lĠordine di allontanamento volontario entro giorni 5 (art. 14 co. 5Ħ bis t.u.).
LĠinosservanza dellĠordine del questore sanzionata penalmente.
Se lo straniero non ottempera, senza giustificato motivo, allĠordine di allontanamento, punito con la reclusione da 1 a 4 anni ed nuovamente espulso (art. 14 co. 5Ħ ter t.u.). Se senza giustificato motivo non ottempera neppure a questa reiterata espulsione nuovamente punito con la reclusione da 1 a 5 anni ed ancora espulso (art. 14 co. 5Ħ quater t.u.) con conseguente nuovo trattenimento e/o nuovo ordine di allontanamento in una sequenza senza fine se non viene a cessare la sua presenza in Italia.
La disciplina della direttiva privilegia (salvo ragioni di segno contrario) il rimpatrio volontario dello straniero (denominato cittadino di paese terzo) da attuare mediante la notifica allĠinteressato di una decisione di rimpatrio, con cui gli si assegna un termine di regola compreso tra sette e trenta giorni per la sua partenza volontaria (art. 7), salvo la possibilit per le autorit dei paesi membri di concedere un termine minore o di non concedere alcun termine in ipotesi espressamente contemplate dalla direttiva.
Qualora lĠinteressato non si sia allontanato volontariamente nel termine concessogli, ovvero non sia stato concesso alcun termine, ovvero sia sorto in pendenza del termine uno dei rischi che ne avrebbero legittimato la mancata concessione, lo stato facoltizzato a procedere coattivamente al rimpatrio, eventualmente previa emanazione da parte dellĠautorit amministrativa e giudiziaria di un ordine di allontanamento (art.8).
Laddove non sia possibile eseguire immediatamente lĠallontanamento coattivo e non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti e meno coercitive (quali lĠobbligo di presentarsi periodicamente allĠautorit, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o lĠobbligo di dimorare in un determinato luogo), si potr disporre il trattenimento dello straniero, la cui durata dovr essere quanto pi breve possibile e sar mantenuto solo per il tempo necessario allĠespletamento diligente delle modalit di rimpatrio (art. 15). La misura dovr essere riesaminata ad intervalli ragionevoli e dovr cessare allorch non sussista pi alcuna ragionevole prospettiva di allontanamento del cittadino di paese terzo. Dovr avvenire di norma negli appositi centri di permanenza temporanei e potr avere la durata massima di sei mesi, prorogabili sino ad un massimo di 18 mesi complessivi nel caso in cui lĠoperazione rischi di durare pi a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nellĠottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.
DallĠesame e raffronto fra le due discipline succintamente illustrate emerge un reciproco e a dir poco lampante contrasto.
Le criticit riguardano anzitutto la procedura di espulsione e la disciplina nei C.I.E. dal momento che il t.u. vigente stabilisce come regola lĠespulsione coattiva immediata dello straniero e contempla il trattenimento come unica misura coercitiva adottabile nelle more dellĠaccompagnamento coattivo, mentre la direttiva UE privilegia e incentiva la partenza volontaria del cittadino di paese terzo irregolare imponendo allĠautorit di concedere allo straniero espulso un termine congruo compreso tra i sette e i 30 giorni per lasciare volontariamente il territorio (mentre lĠordine di allontanamento del questore prevede un termine inferiore - cinque giorni- per lasciare il territorio nazionale), e concepisce il trattenimento come ultima ÒratioÓ, utilizzabile quando altre misure meno afflittive si presentino inadeguate ad assicurare il rimpatrio e sempre che le condizioni che giustificano lĠavvio del trattenimento sussistano per la durata del medesimo.
Il contrasto, peraltro, varca il campo amministrativo per estendersi anche al settore penale ed in particolare ai delitti di inosservanza dellĠordine di allontanamento del questore, considerati dal legislatore italiano quale basilare strumento di contrasto allĠimmigrazione clandestina. Sia ben chiaro: la direttiva non vieta espressamente allo stato membro di prevedere come reato lĠinosservanza da parte del cittadino di paese terzo della decisione di rimpatrio (art. 6 direttiva) o del successivo ordine di allontanamento (art. 8 direttiva). Tuttavia lĠattuale ordinamento italiano sanziona con la reclusione da uno a quattro anni la fattispecie dellĠinosservanza del primo ordine di allontanamento, e con la reclusione da uno a cinque anni dellĠordine reiterato, provvedimento che parte integrante della procedura di rimpatrio, che ricade, quindi, nella sfera di applicazione della direttiva la quale prevede unicamente il ricorso alle misure coercitive ivi previste e in Òextrema ratioÓ il trattenimento in un apposito centro di permanenza temporanea, per un periodo complessivo massimo di 18 mesi e con le garanzie previste agli art. 15 e 16 della direttiva. Applicando le norme penali in oggetto si violano le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libert personale dello straniero destinatario di un provvedimento di rimpatrio e che non lo abbia osservato, ricorrendo ad una misura coercitiva qualitativamente diversa e temporalmente pi estesa di quella prevista (in caso estremo il trattenimento) dalla direttiva UE. Infatti, nel caso per cui si procede, si applica la detenzione in una casa di reclusione da uno a cinque anni quando per la mancata cooperazione da parte dello straniero interessato (situazione di fatto del tutto simile) prevista soltanto la proroga del trattenimento a 18 mesi nel centro di permanenza temporaneo (art. 15). E si noti, obiettivo della direttiva non soltanto istituire norme comuni per unĠefficace politica in materia di allontanamento e di rimpatrio, ma anche garantire il Òrispetto dei diritti fondamentaliÓ dello straniero (considerando n. 24), fra i quali va sicuramente annoverato il diritto alla libert personale. Ci stato di recente affermato dalla Corte di giustizia europea nella sentenza Kadzoef (sent. 30.11.2009 ric. n. C-357/09) ove detto che lĠart. 15 della direttiva Ònon consente, quando il periodo massimo di trattenimento previsto da tale direttiva sia scaduto, di non liberare immediatamente lĠinteressato in quanto egli non in possesso di validi documenti, tiene un comportamento aggressivo e non dispone di mezzi di sussistenza propri n di un alloggio o di mezzi forniti dallo Stato membro a tale fineÓ. Non solo, lĠaver espressamente previsto che la direttiva Òlascia impregiudicata la facolt degli stati membri di introdurre o mantenere disposizioni pi favorevoli alla persone cui si applica, purch compatibili con le norme in essa richiamateÓ, Òa fortioriÓ esclude lĠintroduzione o il mantenimento di norme meno favorevoli nella materia toccata dalla direttiva stessa, fra cui sicuramente vannno annoverate quelle relative ai risvolti penali della inosservanza dellĠordine di allontanamento del questore. Infatti, nelle considerazioni preliminari (considerando n. 29) si afferma che lĠobiettivo della direttiva Òstabilire norme comuni in materia di rimpatrio, allontanamento, uso di misure coercitive, trattenimento e divieti dĠingressoÓ e si sottolinea (considerando n.13) che ÒlĠuso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalit e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguitiÓ e non si vede quale utilit ai fini del ritorno in patria del rimpatriando si possa trarre dal trattenerlo in carcere, quando nessuno pi si occupa in sede amministrativa del suo allontanamento.
Si potrebbe, per, obiettare che la fattispecie di cui allĠart. 14 comma 5 quater D.lvo 286/1998 non verrebbe intaccata dalla direttiva rimpatri, in quanto lĠart.2 par. 2 lett. b) della direttiva consente di escludere dal suo ambito di applicazione Ògli stranieri sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale in conformit della legislazione nazionale É.Ó. Senonch, una siffatta interpretazione estensiva della disposizione, riferita anche alla sanzione penale conseguente al reato di soggiorno irregolare, violerebbe il principio generale dellĠeffetto utile (vedi infra), rendendo residuale o addirittura escludendo lĠambito di applicazione della direttiva. Conseguentemente, proprio il ricorso ai principi ermeneutici del diritto comunitario avvalora la tesi della incompatibilit della incriminazione in oggetto con la direttiva UE, poich la norma nazionale sanziona una condotta che presuppone la sola irregolarit dello straniero, cui deve conseguire il rimpatrio ai sensi dellĠart. 2 par. 1 della direttiva. Le esclusioni dalla operativit della disciplina UE riguardano, perci, soltanto i provvedimenti di espulsione disposti dallĠautorit giudiziaria a conclusione di procedimenti penali (ad es. restano perfettamente compatibili con la direttiva comunitaria le espulsioni previste come misura di sicurezza dallĠart. 235 c.p. ovvero a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione dallĠart. 16 D.lgvo 286/1998.)
Poich alla luce della elaborazione giurisprudenziale, sia comunitaria, che costituzionale il diritto dellĠUnione Europea ha uno ÒstatusÓ di primazia (primaut) rispetto al diritto nazionale, compito del giudice nelle varie controversie pendenti (e non esente la materia penale) di dare applicazione alle fonti UE dotate di effetto diretto (fra cui rientrano le direttive che prevedono, anche solo in parte, misure Òprecise, chiare e incondizionateÓ) nonch applicare il diritto nazionale in modo conforme alla lettera e agli scopi del diritto dellĠUnione, allĠoccorrenza non applicando le norme interne con esso incompatibili. La Corte di giustizia, infatti, ha pi volte dichiarato che spetta ai giudici nazionali interpretare Òil proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da questĠultima e conformarsi pertanto allĠart. 249 3Ħ comma del TrattatoÓ (Marleasing, sent. 13.11.1990 C-106/89). Ora, essendo inutilmente scaduto il termine riservato allo Stato italiano per attuare la direttiva, occorre prendere atto che:
- questa estremamente precisa nellĠindicare presupposti, modalit esecutive e termini massimi di compressione della libert personale del cittadino di stato terzo soggetto a rimpatrio, sulle quali lo stato membro potr intervenire nei dettagli, senza peraltro poter configurare in senso peggiorativo (tipologia e durata) il quadro della detenzione previsto dalla direttiva;
- dalla sua applicazione discendono effetti giuridici favorevoli allĠindividuo (c.d. effetto verticale) dal momento che la direttiva mira a garantire allo straniero una sfera non comprimibile di libert personale, che invece viene compressa, per le ragioni gi sinteticamente esposte, dalle vigenti norme incriminitrici in materia di espulsione.
La norma incriminatrice contestata in rubrica deve, quindi, essere disapplicata da questo giudice, senza che occorra sollevare incidente di legittimit costituzionale dal momento che compete al giudice comune dirimere la questione di compatibilit di una norma nazionale con le disposizioni di una direttiva provvista, come quella in esame, quantomeno per la parte relativa alla libert personale dello straniero oggetto di rimpatrio, di effetto diretto (Corte Cost. ordinanza 5.11.2008 n. 415).
Si tenga presente che gi nella sentenza n.389 del 1989 la Corte Costituzionale modificava il lessico usato per spiegare il fenomeno (non pi Ònon applicazioneÓ, ma ÒdisapplicazioneÓ), in quanto asseriva che vi Òimmissione diretta nellĠordinamento interno delle norme comunitarie immediatamente applicabiliÓ, che la norma interna e quella comunitaria sono contemporaneamente vigenti, ancorch reciprocamente contrastanti, per cui, allo scopo di procedere allĠapplicazione della prevalente norma comunitaria, necessario procedere alla ÒdisapplicazioneÓ della norma di grado inferiore da parte del giudice nazionale (nella sostanza, il contrasto veniva risolto ammettendo la ÒnullitÓ della norma interna, peraltro vigente in tutti quei rapporti non rientranti direttamente nellĠeffetto di giudicato della pronuncia del giudice che ne opera la disapplicazione).
Va detto, infine, che nella fattispecie in esame si verte in un caso di incompatibilit parziale fra norma penale interna e diritto comunitario, dal momento che la fattispecie penale in oggetto resta perfettamente compatibile con la direttiva UE in materia di respingimento.
Si tratta a questo punto di verificare se alla conclusione esposta si possa pervenire nel caso in esame, dal momento che la procedura di rimpatrio si esaurita quando non era ancora spirato il termine riservato allo Stato italiano per adeguare ad essa la legislazione interna. Non vĠ dubbio che la condotta antigiuridica abbia avuto inizio quando la direttiva non aveva ancora vigore in Italia; il reato contestato allĠimputato ha carattere permanente e la condotta conforme alla fattispecie dellĠart. 14 co. 5 ter t.u immigrazione cessata il giorno 25.12.2010, dal momento che, da quanto si osservato, la norma in oggetto da tale data non pi applicabile alla fattispecie in esame per contrasto con norme della direttiva comunitaria dotate di effetto diretto. Conseguentemente il segmento di condotta proseguita durante la operativit della direttiva comunitaria non pi reato.
Il fenomeno della disapplicazione della fattispecie incriminatrice non sembra condurre ad un effetto abrogativo implicito derivante dal contrasto con norma sovraordinata e dichiarato dal giudice penale: infatti la norma interna rimane in vigore nellĠordinamento e trover applicazione in tutti i casi non coperti dalla norma comunitaria nonch nellĠipotesi in cui la norma comunitaria venga abrogata. Auspicabile sarebbe, comunque, un intervento del legislatore, come sollecita la Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 389, nellĠottica della certezza del diritto, assoggettando a modifica o ad abrogazione espressa la norma interna disapplicata, allo scopo di depurare lĠordinamento interno Òda eventuali incompatibilit o disarmonie con le prevalenti norme comunitarieÓ.
Da taluno si affermato che la norma comunitaria si atteggia come causa di giustificazione che opera per effetto delle clausole generali che rendono operante lĠesercizio del diritto o lĠadempimento di un dovere nei singoli ordinamenti interni, dal momento che una scriminante pu trovare la propria fonte in una qualsiasi norma dellĠordinamento (in sostanza lĠoffesa tipica secondo la norma interna sarebbe scriminata da altra norma). La tesi non sembra condivisibile dal momento che lĠoperazione ermeneutica riservata al giudice semplicemente quella di accertare se si o meno al di fuori del fatto-reato: una condotta che, alla stregua della norma comunitaria prevalente su quella interna, esula allĠorigine dalla sfera penale, non necessita di una causa che la scrimini.
A questo punto occorre domandarsi: nella legislazione penale italiana come regolata la situazione di fatto per cui una condotta penalmente rilevante ad un certo punto diventa lecita? LĠart. 2 co.2 c.p. dirimente: Ònessuno pu essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reatoÓ. Nella specie, per effetto del prevalere delle norme della direttiva comunitaria ad effetto diretto, vigente in Italia dal 25.12.2010, alla fattispecie in esame non pi applicabile la norma interna di cui allĠart. 14 comma 5 quater D. Lvo. 286/98 per cui lĠimputato viene assolto con formula piena. A questa conclusione si ritiene di pervenire in stretta osservanza agli insegnamenti della importante sentenza pronunciata Òin subiecta materiaÓ dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 2451 del 27.9.2007). Ivi stato precisato che si esula dalla sfera di applicazione dellĠarticolo 2 co. 2 c.p. quando Òil cambiamento avvenuto nella normativa extrapenale, modificando il contesto giuridico, ha determinato una diversit del fatto e non della fattispecieÓ; nel caso nostro, invece, intervenuta una restrizione della fattispecie incriminatrice in quanto non pi tutte le condotte astrattamente rientranti nella fattispecie di reato restano tali, una parte essendo diversamente regolata dalla direttiva 2008/115/CE.
P.Q.M.
Visto lĠart. 530 c.p.p.
assolve lĠimputato dal reato ascrittogli perch il fatto non previsto dalla legge come reato.
Torino, 5 gennaio 2011.
IL GIUDICE
Quinto BOSIO