SCHEMA DI RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA

 

 

rilevato:

 

1. XY [attualmente detenuto in stato di custodia cautelare]  stato tratto a giudizio innanzi a questo Tribunale per rispondere del delitto di cui allĠart. 14 co. 5-ter d.lgs. 286/1998, che sanziona con la pena della reclusione da uno a quattro anni Çlo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dellĠordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bisÈ, allorchŽ – come nel caso di specie – lĠespulsione sia stata disposta per ingresso illegale nel territorio dello Stato [ovvero per altra causa tra quelle contemplate dal comma 5-ter].

 

Nel caso di specie, risulta che lĠimputato non ha ottemperato allĠordine di allontanamento emanato, ai sensi dellĠart. 14 co. 1 d.lgs. 286/1998, in data ... dal Questore di Z successivamente al decreto di espulsione amministrativa emesso in data .... dal Prefetto di Z ai sensi dellĠart. 13 d.lgs. 286/1998.

 

Dal momento che tanto lĠordine di allontanamento del Questore, quanto il decreto di espulsione del Prefetto risultano legittimi, e che non appare sussistente nella specie alcun giustificato motivo della mancata ottemperanza allĠordine di allontanamento da parte dellĠimputato, questĠultimo dovrebbe essere condannato alla pena detentiva ritenuta di giustizia da questo Tribunale.

 

[DĠaltra parte, lĠimputato non potrebbe beneficiare della sospensione condizionale della pena, risultando agevole presumere – sulla base della comune esperienza – che una volta scontata la pena detentiva, XY continuerˆ a non ottemperare spontaneamente allĠordine di lasciare il territorio nazionale.]

 

 

2. Peraltro, questo Tribunale dubita della compatibilitˆ dellĠincriminazione di cui al citato art. 14 co. 5-ter d.lgs. 286/1998, che dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, con il disposto degli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE (di seguito: la direttiva), non ancora attuata nellĠordinamento italiano nonostante lĠintervenuta scadenza, il 24 dicembre 2010, del termine di cui allĠart. 20.

 

 

3. Come  noto, gli articoli 15 e seguenti della direttiva disciplinano i casi e le modalitˆ alle quali il cittadino di paesi terzi il cui soggiorno  irregolare pu˜ essere sottoposto, negli Stati membri dellĠUE, alla misura privativa della libertˆ della libertˆ personale del trattenimento durante la procedura di rimpatrio.

 

Pi in particolare, lĠart. 15 della direttiva prevede che tale misura pu˜ essere disposta per preparare il rimpatrio o lĠallontanamento, nei soli casi in cui non possano Çessere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitiveÈ, allorchŽ sussista un rischio di fuga ovvero allorchŽ lo straniero eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o lĠallontanamento. Il trattenimento deve avere una durata Çquanto pi breve possibileÈ, ed essere in ogni caso mantenuto Çsolo per il tempo necessario allĠespletamento delle modalitˆ di rimpatrioÈ (¤ 1).

 

La perdurante necessitˆ del trattenimento deve essere dĠaltra parte Çriesaminata ad intervalli ragionevoliÈ (¤ 3), e lo straniero deve essere immediatamente rilasciato Çquando risulta che non esiste pi alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono pi le condizioni di cui al paragrafo 1È (¤ 4).

 

Quanto alla durata della misura, la direttiva dispone che il trattenimento pu˜ essere mantenuto soltanto ÇfinchŽ perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che lĠallontanamento sia eseguitoÈ, non potendo comunque avere di regola una durata superiore a sei mesi (¤ 5). Tale termine pu˜ essere prorogato per un periodo non superiore ad altri dodici mesi soltanto nei casi in cui, Çnonostante sia compiuto ogni ragionevole sforzo, lĠoperazione di allontanamento rischia di durare pi a lungoÈ a causa della mancata cooperazione dello straniero ovvero dei ritardi nellĠottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi (¤ 5).

 

Infine, lĠart. 16 della direttiva dispone che il trattenimento avvenga di norma in appositi centri di permanenza temporanea, salvi casi eccezionali nei quali deve comunque essere assicurata la separazione delle persone sottoposte al trattenimento dai detenuti ordinari.

 

 

4. La disciplina ora riassunta risponde alla ratio sottostante alla direttiva, enunciata nel suo considerando introduttivo n. 2, di istituire in tutti gli Stati membri una Çefficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinchŽ le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignitˆÈ. Diritti fondamentali tra i quali campeggia, in primis, la libertˆ personale, garantita dallĠart. 5 della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo e dallĠart. 6 della Carta europea dei diritti dellĠuomo.

 

Pi in particolare, la direttiva si propone di fissare un bilanciamento sostenibile, da un lato, tra lĠinteresse dellĠUE al controllo e alla gestione dei flussi migratori – e alla connessa esigenza di garantire lĠeffettivitˆ delle procedure di rimpatrio in tutti gli Stati membri –, e dallĠaltro il diritto fondamentale alla libertˆ personale dello straniero sottoposto a tali procedure. A tal fine, la disciplina prevede, in particolare agli articoli 15 e seguenti, le condizioni tassative in presenza delle quali gli Stati membri possono lecitamente privare lo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio della propria libertˆ personale; condizioni che lo Stato membro  libero di derogare soltanto in senso pi favorevole per lo straniero (art. 4 ¤ 3 della direttiva), e mai in senso a questi pi sfavorevole.

 

 

5. Gli articoli 15 e 16 della direttiva, invero, nulla dispongono espressamente circa la possibilitˆ che lo Stato membro della UE possa privare lo straniero della propria libertˆ, durante la procedura di rimpatrio, in forza di un titolo diverso dal ÇtrattenimentoÈ finalizzato a garantire lĠeffettivitˆ della procedura medesima (riconducibile come tale alla previsione di cui allĠart. 5 ¤ 1 lett. f della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo), e segnatamente a titolo di custodia cautelare e/o di pena detentiva conseguente alla commissione di un reato (titoli riconducibili alle distinte previsioni di cui allĠart. 5 ¤ 1 lett. a e c della Convenzione europea).

 

In effetti, nulla osterebbe – nel sistema disegnato dalla direttiva – a che lo straniero, durante la procedura di rimpatrio, possa essere arrestato, sottoposto a custodia cautelare e poi condannato a una pena detentiva in relazione ad un ordinario fatto di reato (un furto, una rapina, un omicidio) che questi abbia commesso prima o durante la procedura di rimpatrio medesima. In tale ipotesi, evidentemente il periodo trascorso dallo straniero in un istituto penitenziario dovrebbe essere considerato del tutto distinto e non cumulabile, ai fini del rispetto dei termini fissati dallĠart. 15 ¤¤ 5 e 6 della direttiva, rispetto al periodo di trattenimento che lo straniero eventualmente potrebbe trascorrere in un centro di permanenza temporanea (cfr., mutatis mutandis, Corte di giustizia UE, Kadzoev c. Bulgaria, sent. 30 novembre 2009, ric. n. C-357/09, ¤ 45, ove si sottolinea che nel periodo massimo di trattenimento disposto ai sensi delĠart. 15 della direttiva non devono computarsi i distinti periodi di limitazione o privazione di libertˆ disposti, in conformitˆ alle direttive 2003/9/CE e 2005/85/CE, durante la procedura di richiesta di asilo politico da parte dello straniero, la quale  sottoposta ad un regime giuridico distinto da quello che legittima il trattenimento ai sensi della direttiva 2008/115/CE in materia di rimpatri, che in questa sede viene in considerazione).

 

Pare tuttavia al Tribunale che del tutto diversa sia la situazione che si verifica allorchŽ lo straniero venga arrestato, sottoposto a custodia cautelare e poi condannato a una pena detentiva in conseguenza di un fatto, previsto quale reato dallo Stato membro dellĠUE, che consiste puramente e semplicemente nellĠinosservanza, da parte dello straniero, dellĠordine di allontanamento dal territorio nazionale emanato da unĠautoritˆ amministrativa nellĠambito della procedura di rimpatrio, conformemente al disposto dellĠart. 8 ¤ 3 della direttiva.

 

In tale ipotesi, infatti, lo straniero sarebbe destinato ad essere privato della propria libertˆ personale soltanto in ragione della sua Çmancata cooperazioneÈ alla procedura di rimpatrio, e cio precisamente del presupposto che – in presenza delle ulteriori condizioni indicate dallĠart. 15 ¤ 1 della direttiva – pu˜ legittimare il suo ÇtrattenimentoÈ in un centro di permanenza temporanea, e la sua eventuale proroga sino al termine massimo di diciotto mesi complessivi ai sensi del ¤ 6 della direttiva medesima.

 

La privazione della libertˆ personale conseguente allĠarresto, alla custodia cautelare e poi alla pena detentiva conseguente a tale reato sarebbero qui soltanto formalmente riconducibili a un titolo diverso dal ÇtrattenimentoÈ disciplinato dalla direttiva, ma sostanzialmente sarebbero utilizzati dallo Stato membro al solo scopo di assicurare effettivitˆ alla procedura di rimpatrio, sia attraverso lĠeffetto di deterrenza connesso alla minaccia della sanzione penale per il caso di mancata cooperazione dello straniero alla procedura di rimpatrio, sia – soprattutto – attraverso la segregazione dello straniero inottemperante sino a che non sia possibile eseguirne forzatamente lĠallontanamento.

 

Un tale meccanismo finirebbe, ad avviso del Tribunale, per eludere completamente le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertˆ personale dello straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio, consentendo in pratica che questĠultimo possa essere privato della propria libertˆ personale in forza di un titolo formalmente distinto dal ÇtrattenimentoÈ, per periodi in ipotesi pi lunghi di quelli massimi consentiti dalla direttiva, e a condizioni diverse da quelle tassativamente prescritte dagli articoli 15 e 16 della direttiva medesima.

 

Ci˜ comporterebbe in definitiva, secondo questo Tribunale, la frustrazione di ogni effetto utile della direttiva in relazione allo scopo, da questa perseguito (cfr. supra, ¤ 4), di stabilire le tassative condizioni in presenza delle quali lo Stato membro  legittimato a privare della propria libertˆ lo straniero durante la procedura di rimpatrio, in funzione della garanzia dellĠeffettivitˆ della procedura medesima.

 

 

6. Proprio quella descritta  la situazione che si verifica attualmente nellĠordinamento italiano.

 

Come sopra evidenziato, lĠart. 14 comma 5-ter d.lgs. 286/1998 sanziona con la pena della reclusione da un minimo di un anno a un massimo di quattro anni lo straniero che non abbia ottemperato allĠordine di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, emanato da unĠautoritˆ amministrativa (il questore) nellĠambito di una procedura di espulsione amministrativa, come tale rientrante nellĠambito di applicazione della direttiva. Per tale reato la legge italiana prevede altres“ lĠarresto obbligatorio in flagranza da parte della polizia giudiziaria e il contestuale obbligo a carico del giudice di procedere con rito direttissimo nei confronti dellĠarrestato (art. 14 co. 5-quinques d.lgs. 286/1998), senza che sia concessa alcuna facoltˆ al pubblico ministero – in un sistema fondato sul principio dellĠobbligatorietˆ dellĠazione penale (art. 112 comma 1 Cost.) – di non esercitare lĠazione penale per tale reato. Al giudice  data, altres“, facoltˆ di disporre la custodia cautelare in carcere durante il processo (cfr. lĠart. 280 comma 2 c.p.p., che consente tale misura per tutti i delitti per i quali sia prevista la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni).

 

Nel caso, poi, in cui lo straniero che sia giˆ stato condannato per il reato di cui allĠart. 14 comma 5-ter d.lgs. 286/1998 non ottemperi ad un nuovo ordine di allontanamento emanato dal questore, egli dovrˆ essere arrestato e processato per il diverso reato di cui  allĠart. 14 comma 5-quater d.lgs. 286/1998, che prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni. La formulazione letterale del citato comma 5-quater, inoltre, fa intendere che lo straniero possa essere successivamente condannato alla medesima pena anche per le violazioni di ulteriori ordini di allontanamento che dovessero essere emanati dal questore, sino a che non si allontani spontaneamente dal territorio italiano ovvero sino a che non sia possibile eseguirne coattivamente lĠallontanamento.

 

I commi da 1 a 5 dellĠart. 14 d.lgs.286/1998 prevedono, dĠaltra parte, che durante la procedura di espulsione amministrativa, allorchŽ non sia possibile eseguire con immediatezza lĠespulsione mediante accompagnamento alla frontiera, lo straniero possa essere ÇtrattenutoÈ presso un Çcentro di identificazione e di espulsioneÈ, sulla base di un provvedimento assunto dallĠautoritˆ amministrativa e sottoposto alla convalida da parte del giudice di pace, per un periodo massimo di sei mesi, al termine dei quali potrˆ essere notificato allo straniero un ordine di allontamento da parte del questore, la cui inosservanza sarˆ penalmente sanzionata con le pesanti pene detentive previste dai giˆ menzionati commi 5-ter e 5-quater dellĠart. 14 d.lgs. 286/1998.

 

Per effetto dunque del combinato disposto della disciplina in materia di ÇtrattenimentoÈ nei centri di identificazione e di espulsione e della disciplina penale di cui ai commi 5-ter e 5-quater dellĠart. 14 d.lgs. 286/1998, lo straniero sottoposto ad una procedura di espulsione amministrativa pu˜ oggi, in Italia, essere sottoposto a una catena teoricamente senza fine di privazioni della propria libertˆ personale, ora a titolo di ÇtrattenimentoÈ, ora invece in conseguenza dellĠarresto, della custodia cautelare e poi della pena inflitta per i reati di inosservanza allĠordine del questore. E ci˜, come giˆ sottolineato, sino a che lo straniero non si decida ad abbandonare spontaneamente il territorio dello Stato ovvero sino a che lĠautoritˆ amministrativa non riesca ad eseguirne materialmente lĠallontanamento coattivo.

 

 

7. Un tale risultato pare al Tribunale in frontale contraddizione con lo scopo di tutela della libertˆ personale dello straniero perseguito dagli articoli 15 e 16 della direttiva, nel quadro di un bilanciamento non derogabile in peius per lo straniero da parte dello Stato membro.

 

LĠordinamento italiano prevede, anzitutto, che lo straniero venga privato della propria libertˆ personale – a titoli formalmente differenti, ma tutti aventi quale presupposto sostanziale la Çmancata cooperazioneÈ dello straniero alla procedura di espulsione amministrativa – per periodi che, complessivamente considerati, ben possono risultare assai pi estesi rispetto al termine massimo di 18 mesi consentito dallĠart. 15 ¤ 6 della direttiva, in presenza delle condizioni tassative ivi stabilite.

 

In secondo luogo, la detenzione conseguente allĠarresto, alla custodia cautelare o alla pena per i reati di inosservanza dellĠordine del questore di cui allĠart. 14 commi 5-ter e 5-quater d.lgs. 286/1998 si presenta come radicalmente distonica rispetto ai requisiti del ÇtrattenimentoÈ previsti dagli articoli 15 e 16 della direttiva, pur condividendone il presupposto di fatto (la Çmancata cooperazioneÈ dello straniero alla procedura espulsiva) e pur perseguendo in effetti il medesimo scopo di assicurare lĠeffettivitˆ della procedura medesima.

 

Per cominciare, il giˆ menzionato art. 14 co. 5-quinquies d.lgs. 286/1998 prevede lĠobbligo a carico della polizia giudiziaria di arrestare lo straniero che, decorsi cinque giorni dalla notifica dellĠordine di allontanamento, non abbia lasciato spontaneamente il territorio nazionale, senza che possa essere compiuta alcuna delle valutazioni sulla effettiva necessitˆ della misura rispetto allo scopo di assicurare lĠeffettivitˆ della procedura di rimpatrio imposte dallĠart. 15 ¤ 1 della direttiva.

 

La detenzione conseguente allĠinosservanza dellĠordine del questore non , dĠaltra parte, concepita come misura funzionale ad assicurare le condizioni per lĠesecuzione dellĠallontanamento, ma  strutturata quale mera sanzione della mera mancata cooperazione dello straniero alla procedura di rimpatrio, ed  come tale applicata dal giudice penale indipendentemente dalla sussistenza dei presupposti indicati dallĠart. 15 ¤ 1, 5 e 6 della direttiva.

 

La sua durata , inoltre, predeterminata dal giudice al momento della condanna, ancora una volta senza alcun riguardo alla sua effettiva necessitˆ rispetto allo scopo di assicurare lĠÇespletamento diligente delle procedure di rimpatrioÈ e senza alcuna possibilitˆ per il giudice di valutarne la sostituibilitˆ con Çaltre misure sufficienti ma meno coercitiveÈ, come invece richiesto dallĠart. 15 ¤ 1 della direttiva. NŽ  possibile per il giudice disporne la cessazione allorchŽ risulti che Çnon esiste pi alcuna prospettiva ragionevole di allontanamentoÈ o che comunque la misura non appaia necessaria in vista dellĠesecuzione del rimpatrio ai sensi dellĠart. 15 ¤ 4.

 

Infine, lĠesecuzione della pena detentiva dovrˆ necessariamente – in contrasto con quanto disposto dallĠart. 16 della direttiva – svolgersi in un istituto penitenziario, senza alcuna separazione tra lo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio e gli altri detenuti.

 

 

8. Se la valutazione di questo Tribunale circa lĠincompatibilitˆ della disciplina penale di cui allĠart. 14 commi 5-ter, 5-quater e 5-quater d.lgs. 286/1998 (in sŽ considerata, e in combinato disposto con lĠattuale disciplina del ÇtrattenimentoÈ nei Çcentri di identificazione e di espulsioneÈ) con gli articoli 15 e 16 della direttiva fosse fondata, ne conseguirebbe lĠobbligo di non applicare, in forza del principio del primato del diritto comunitario, la predetta disciplina. Essa risulterebbe infatti contrastante con le disposizioni precise e incondizionate di una direttiva cui lo Stato italiano non ha dato attuazione nel termine stabilito, le quali riconoscono allo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio un vero e proprio diritto a non essere sottoposto a privazioni di libertˆ ulteriori e a condizioni deteriori rispetto a quelle ivi stabilite, comunque qualificabili ai sensi del diritto interno: con conseguente idoneitˆ di tali disposizioni a produrre effetti diretti nellĠordinamento italiano.

[v1]

 

Tuttavia, dal momento che tale valutazione di incompatibilitˆ non discende tout court dal dato letterale degli articoli 15 e 16 della direttiva, bens“ da unĠargomentazione che fa leva sul principio dellĠeffetto utile, alla luce dello scopo di tutela della libertˆ personale dello straniero perseguito dalla direttiva, pare a questo Tribunale opportuno sospendere il processo e rinviare gli atti alla Corte di giustizia dellĠUnione europea ai sensi dellĠart. 267 del vigente Trattato sul funzionamento dellĠUnione, affinchŽ chiarisca se lĠinterpretazione degli articoli 15 e 16 della direttiva risultante dalle considerazioni che precedono debba ritenersi corretta.

 

 

[9. Dal momento che il sig. XY, imputato nel procedimento pendente avanti a questo Tribunale, si trova attualmente in stato di custodia cautelare, appaiono sussistere le condizioni per la trattazione in via di urgenza del presente ricorso ai sensi dellĠart. 104 ter del vigente Regolamento di procedura della Corte di giustizia, vertendosi nella specie in una materia rientrante tra quelle relative al titolo V della parte III del Trattato sul funzionamento dellĠUnione.]

 

 

Tutto ci˜ premesso, il Tribunale

 

sospende

 

il presente procedimento e, visto lĠart. 267 del Trattato sul funzionamento dellĠUnione,

 

rinvia

 

gli atti alla Corte di giustizia dellĠUnione europea, formulando la seguente questione di interpretazione del diritto dellĠUnione:

 

se, alla luce dei principi di leale cooperazione e di effetto utile delle direttive, gli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE ostino alla possibilitˆ per lo Stato membro di prevedere che la mera mancata cooperazione alla procedura amministrativa di rimpatrio di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno  irregolare, e pi in particolare la sua mera inosservanza di un ordine di allontanamento emanato dallĠautoritˆ amministrativa in conformitˆ allĠart. 8 ¤ 3 della direttiva, costituisca reato punibile con la reclusione sino a quattro anni nellĠipotesi di inosservanza al primo ordine e con la reclusione sino a cinque anni  per lĠinosservanza agli ordini successivi, con contestuale obbligo per la polizia giudiziaria di procedere allĠarresto in flagranza;

 

ovvero (formulazione alternativa)

 

se, alla luce dei principi di leale cooperazione e di effetto utile delle direttive, gli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE ostino alla possibilitˆ per lo Stato membro di prevedere che il cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nello Stato membro  irregolare venga sottoposto a misure privative della libertˆ personale, comunque qualificate ai sensi del diritto del diritto interno, disposte in assenza dei presupposti di cui allĠart. 15 e non assistite dalle garanzie di cui agli articoli 15 e 16, in conseguenza della pura e semplice mancata cooperazione da parte dellĠinteressato alla procedura amministrativa di rimpatrio, e in particolare della sua mera inosservanza di un ordine di allontanamento emanato dallĠautoritˆ amministrativa in conformitˆ allĠart. 8 ¤ 3 della direttiva;

[v2]

 

[chiede

 

che il presente ricorso sia trattato in via di urgenza conformemente allĠart. 104 ter delle vigenti Regolamento di procedura della Corte di giustizia, per le ragioni esposte in premessa.]

 

 

 

 

 

 

 

 


 [v1]Ho delle perplessitˆ su questo inciso, che pure - a rigore -  importante ai fini della rilevanza della questione (se infatti agli artt. 15 e 16 della direttiva non potesse essere attribuito effetto diretto nellĠordinamento italiano, il giudice penale non potrebbe comunque procedere alla disapplicazione della normativa interna, ancorchŽ contrastante con il diritto UE, e la questione di interpretazione sottoposta alla Corte diverrebbe cos“ meramente ÒspeculativaÓ).

Tuttavia, strategicamente si potrebbe dare per sottinteso questo passaggio, per evitare di offrire il fianco al governo italiano per argomentare nel senso della negazione degli effetti diretti, sulla base ad es. del carattere non ÒincondizionatoÓ delle norme della direttiva. Il terreno , su questo versante, effettivamente scivoloso, e la Corte stessa potrebbe approfittare di questo argomento per togliersi dĠimpiccio in una questione politicamente difficile come questa.

 [v2]La prima formulazione  maggiormente ÔtarataĠ sul diritto nazionale, e dovrebbe spingere la Corte a circoscrivere il proprio angolo visuale alla valutazione della macroscopica elusione delle garanzie previste dalla direttiva, ottenuta dal legislatore italiano attraverso la specifica disciplina di cui ai commi 5-ter e seguenti.

La seconda formulazione  pi attenta ad evitare lĠobiezione - in sŽ per il vero agevolmente superabile dalla Corte, che  solita riformulare liberamente i quesiti sottoposti dalle giurisdizioni nazionali - secondo cui la Corte  giudice dellĠinterpretazione del solo diritto comunitario, e non della compatibilitˆ del diritto degli Stati membri con il diritto comunitario stesso. E con questa seconda formulazione ben difficilmente la Corte potrebbe rispondere ÒnoÓ...

LĠessenziale , comunque, che il quesito sottoposto alla Corte non sia formulato in termini troppo lati (ad es.: dica la Corte se la direttiva vieti al legislatore di prevedere come reato la mancata cooperazione dello straniero alla procedura di rimpatrio), dal momento che anche altri Stati dellĠUE prevedono fattispecie di reato a carico dello straniero ÔirregolareĠ.

La peculiaritˆ dellĠordinamento italiano sta, infatti, nella previsione di PESANTI SANZIONI DETENTIVE a carico dello straniero Ônon cooperanteĠ con la procedura, con previsione dellĠarresto obbligatorio dello straniero medesimo, in un quadro istituzionale - che altri Stati non condividono - che prevede per il p.m. lĠobbligo di iniziare lĠazione penale in TUTTI i casi in cui lo straniero inottemperante venga arrestato. E sono proprio queste peculiaritˆ che contribuiscono in maniera decisiva a rendere la disciplina italiana, a mio avviso, incompatibile con la direttiva.