SCHEMA DI RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI
GIUSTIZIA
rilevato:
1. XY [attualmente
detenuto in stato di custodia cautelare] stato tratto a giudizio innanzi a questo Tribunale
per rispondere del delitto di cui allĠart. 14 co. 5-ter d.lgs. 286/1998, che sanziona con la pena
della reclusione da uno a quattro anni Çlo straniero che senza giustificato
motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione
dellĠordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bisÈ, allorch – come nel caso di specie
– lĠespulsione sia stata disposta per ingresso illegale nel territorio
dello Stato [ovvero per altra causa tra quelle contemplate dal comma 5-ter].
Nel caso di specie, risulta che lĠimputato non ha ottemperato
allĠordine di allontanamento emanato, ai sensi dellĠart. 14 co. 1 d.lgs.
286/1998, in data ... dal Questore di Z successivamente al decreto di espulsione
amministrativa emesso in data
.... dal Prefetto di Z ai sensi dellĠart. 13 d.lgs. 286/1998.
Dal momento che tanto lĠordine di allontanamento del Questore, quanto
il decreto di espulsione del Prefetto risultano legittimi, e che non appare
sussistente nella specie alcun giustificato motivo della mancata ottemperanza
allĠordine di allontanamento da parte dellĠimputato, questĠultimo dovrebbe essere
condannato alla pena detentiva ritenuta di giustizia da questo Tribunale.
[DĠaltra parte, lĠimputato non potrebbe beneficiare della
sospensione condizionale della pena, risultando agevole presumere – sulla
base della comune esperienza – che una volta scontata la pena detentiva,
XY continuer a non ottemperare spontaneamente allĠordine di lasciare il
territorio nazionale.]
2. Peraltro, questo
Tribunale dubita della compatibilit dellĠincriminazione di cui al citato art.
14 co. 5-ter d.lgs.
286/1998, che dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, con il disposto
degli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE (di seguito: la direttiva),
non ancora attuata nellĠordinamento italiano nonostante lĠintervenuta scadenza,
il 24 dicembre 2010, del termine di cui allĠart. 20.
3. Come noto,
gli articoli 15 e seguenti della direttiva disciplinano i casi e le modalit
alle quali il cittadino di paesi terzi il cui soggiorno irregolare pu essere
sottoposto, negli Stati membri dellĠUE, alla misura privativa della libert
della libert personale del trattenimento durante la procedura di rimpatrio.
Pi in particolare, lĠart. 15 della direttiva prevede che tale misura
pu essere disposta per preparare il rimpatrio o lĠallontanamento, nei soli
casi in cui non possano Çessere efficacemente applicate altre misure
sufficienti ma meno coercitiveÈ, allorch sussista un rischio di fuga ovvero
allorch lo straniero eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o
lĠallontanamento. Il trattenimento deve avere una durata Çquanto pi breve
possibileÈ, ed essere in ogni caso mantenuto Çsolo per il tempo necessario
allĠespletamento delle modalit di rimpatrioÈ (¤ 1).
La perdurante necessit del trattenimento deve essere dĠaltra parte
Çriesaminata ad intervalli ragionevoliÈ (¤ 3), e lo straniero deve essere
immediatamente rilasciato Çquando risulta che non esiste pi alcuna prospettiva
ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi
o che non sussistono pi le condizioni di cui al paragrafo 1È (¤ 4).
Quanto alla durata della misura, la direttiva dispone che il
trattenimento pu essere mantenuto soltanto Çfinch perdurano le condizioni di
cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che
lĠallontanamento sia eseguitoÈ, non potendo comunque avere di regola una durata
superiore a sei mesi (¤ 5). Tale termine pu essere prorogato per un periodo
non superiore ad altri dodici mesi soltanto nei casi in cui, Çnonostante sia
compiuto ogni ragionevole sforzo, lĠoperazione di allontanamento rischia di
durare pi a lungoÈ a causa della mancata cooperazione dello straniero ovvero
dei ritardi nellĠottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi (¤
5).
Infine, lĠart. 16 della direttiva dispone che il trattenimento avvenga di
norma in appositi centri di permanenza temporanea, salvi casi eccezionali nei
quali deve comunque essere assicurata la separazione delle persone sottoposte
al trattenimento dai detenuti ordinari.
4. La disciplina
ora riassunta risponde alla ratio sottostante alla direttiva, enunciata nel suo considerando
introduttivo n. 2, di istituire in tutti gli Stati membri una Çefficace
politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni
affinch le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei
loro diritti fondamentali e della loro dignitÈ. Diritti fondamentali tra i
quali campeggia, in primis,
la libert personale, garantita dallĠart. 5 della Convenzione europea dei
diritti dellĠuomo e dallĠart. 6 della Carta europea dei diritti dellĠuomo.
Pi in particolare, la direttiva si propone di fissare un bilanciamento
sostenibile, da un lato, tra lĠinteresse dellĠUE al controllo e alla gestione
dei flussi migratori – e alla connessa esigenza di garantire
lĠeffettivit delle procedure di rimpatrio in tutti gli Stati membri –, e
dallĠaltro il diritto fondamentale alla libert personale dello straniero
sottoposto a tali procedure. A tal fine, la disciplina prevede, in particolare
agli articoli 15 e seguenti, le condizioni tassative in presenza delle quali gli Stati membri
possono lecitamente privare lo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio
della propria libert personale; condizioni che lo Stato membro libero di
derogare soltanto in senso pi favorevole per lo straniero (art. 4 ¤ 3 della direttiva), e mai
in senso a questi pi sfavorevole.
5. Gli articoli 15
e 16 della direttiva, invero, nulla dispongono espressamente circa la possibilit che lo Stato membro
della UE possa privare lo straniero della propria libert, durante la procedura
di rimpatrio, in forza di un titolo diverso dal ÇtrattenimentoÈ finalizzato a garantire
lĠeffettivit della procedura medesima (riconducibile come tale alla previsione
di cui allĠart. 5 ¤ 1 lett. f
della Convenzione europea dei diritti dellĠuomo), e segnatamente a titolo di
custodia cautelare e/o di pena detentiva conseguente alla commissione di un
reato (titoli riconducibili alle distinte previsioni di cui allĠart. 5 ¤ 1
lett. a e c della Convenzione europea).
In effetti, nulla osterebbe – nel sistema disegnato dalla
direttiva – a che lo straniero, durante la procedura di rimpatrio, possa
essere arrestato, sottoposto a custodia cautelare e poi condannato a una pena
detentiva in relazione ad un ordinario fatto di reato (un furto, una rapina, un omicidio) che
questi abbia commesso prima o durante la procedura di rimpatrio medesima. In
tale ipotesi, evidentemente il periodo trascorso dallo straniero in un istituto
penitenziario dovrebbe essere considerato del tutto distinto e non
cumulabile, ai fini del
rispetto dei termini fissati dallĠart. 15 ¤¤ 5 e 6 della direttiva, rispetto al
periodo di trattenimento che lo straniero eventualmente potrebbe trascorrere in
un centro di permanenza temporanea (cfr., mutatis mutandis, Corte di giustizia UE, Kadzoev c.
Bulgaria, sent. 30 novembre
2009, ric. n. C-357/09, ¤ 45, ove si sottolinea che nel periodo massimo di
trattenimento disposto ai sensi delĠart. 15 della direttiva non devono
computarsi i distinti periodi di limitazione o privazione di libert disposti,
in conformit alle direttive 2003/9/CE e 2005/85/CE, durante la procedura di
richiesta di asilo politico
da parte dello straniero, la quale sottoposta ad un regime giuridico distinto
da quello che legittima il trattenimento ai sensi della direttiva 2008/115/CE in
materia di rimpatri, che in questa sede viene in considerazione).
Pare tuttavia al Tribunale che del tutto diversa sia la situazione che
si verifica allorch lo straniero venga arrestato, sottoposto a custodia
cautelare e poi condannato a una pena detentiva in conseguenza di un fatto,
previsto quale reato dallo Stato membro dellĠUE, che consiste puramente e
semplicemente nellĠinosservanza, da parte dello straniero, dellĠordine di
allontanamento dal territorio nazionale emanato da unĠautorit amministrativa
nellĠambito della procedura di rimpatrio, conformemente al disposto dellĠart. 8 ¤ 3 della
direttiva.
In tale ipotesi, infatti, lo straniero sarebbe destinato ad essere
privato della propria libert personale soltanto in ragione della sua Çmancata
cooperazioneÈ alla procedura di rimpatrio, e cio precisamente del presupposto
che – in presenza delle ulteriori condizioni indicate dallĠart. 15 ¤ 1
della direttiva – pu legittimare il suo ÇtrattenimentoÈ in un centro di
permanenza temporanea, e la sua eventuale proroga sino al termine massimo di
diciotto mesi complessivi ai sensi del ¤ 6 della direttiva medesima.
La privazione della libert personale conseguente allĠarresto, alla
custodia cautelare e poi alla pena detentiva conseguente a tale reato sarebbero
qui soltanto formalmente riconducibili
a un titolo diverso dal ÇtrattenimentoÈ disciplinato dalla direttiva, ma sostanzialmente sarebbero utilizzati dallo Stato membro al
solo scopo di assicurare effettivit alla procedura di rimpatrio, sia
attraverso lĠeffetto di deterrenza connesso alla minaccia della sanzione penale
per il caso di mancata cooperazione dello straniero alla procedura di
rimpatrio, sia – soprattutto – attraverso la segregazione dello
straniero inottemperante sino a che non sia possibile eseguirne forzatamente
lĠallontanamento.
Un tale meccanismo finirebbe, ad avviso del Tribunale, per eludere
completamente le garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libert
personale dello straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio, consentendo
in pratica che questĠultimo possa essere privato della propria libert
personale in forza di un titolo formalmente distinto dal ÇtrattenimentoÈ, per periodi in ipotesi pi lunghi di
quelli massimi consentiti dalla direttiva, e a condizioni diverse da quelle
tassativamente prescritte dagli articoli 15 e 16 della direttiva medesima.
Ci comporterebbe in definitiva, secondo questo Tribunale, la
frustrazione di ogni effetto utile della direttiva in relazione allo scopo, da questa perseguito (cfr. supra, ¤ 4), di stabilire le tassative condizioni in presenza delle quali lo Stato
membro legittimato a privare della propria libert lo straniero durante la
procedura di rimpatrio, in funzione della garanzia dellĠeffettivit della
procedura medesima.
6. Proprio quella
descritta la situazione che si verifica attualmente nellĠordinamento
italiano.
Come sopra evidenziato, lĠart. 14 comma 5-ter d.lgs. 286/1998 sanziona con la pena della reclusione
da un minimo di un anno a un massimo di quattro anni lo straniero che non abbia ottemperato allĠordine di
lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, emanato da unĠautorit
amministrativa (il questore) nellĠambito di una procedura di espulsione
amministrativa, come tale
rientrante nellĠambito di applicazione della direttiva. Per tale reato la legge
italiana prevede altres lĠarresto obbligatorio in flagranza da parte della polizia giudiziaria e il
contestuale obbligo a carico del giudice di procedere con rito direttissimo nei
confronti dellĠarrestato (art. 14 co. 5-quinques d.lgs. 286/1998), senza che sia concessa alcuna
facolt al pubblico ministero – in un sistema fondato sul principio dellĠobbligatoriet
dellĠazione penale (art. 112
comma 1 Cost.) – di non esercitare lĠazione penale per tale reato. Al
giudice data, altres, facolt di disporre la custodia cautelare in
carcere durante il processo (cfr.
lĠart. 280 comma 2 c.p.p., che consente tale misura per tutti i delitti per i
quali sia prevista la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni).
Nel caso, poi, in cui lo straniero che sia gi stato condannato per il
reato di cui allĠart. 14 comma 5-ter d.lgs. 286/1998 non ottemperi ad un nuovo ordine di allontanamento emanato dal
questore, egli dovr essere arrestato e processato per il diverso reato di
cui allĠart. 14 comma 5-quater d.lgs. 286/1998, che prevede la pena della reclusione
da uno a cinque anni. La
formulazione letterale del citato comma 5-quater, inoltre, fa intendere che lo straniero possa essere
successivamente condannato alla medesima pena anche per le violazioni di ulteriori ordini di allontanamento che dovessero essere
emanati dal questore, sino a che non si allontani spontaneamente dal territorio
italiano ovvero sino a che non sia possibile eseguirne coattivamente lĠallontanamento.
I commi da 1 a 5 dellĠart. 14 d.lgs.286/1998 prevedono, dĠaltra parte,
che durante la procedura di espulsione amministrativa, allorch non sia
possibile eseguire con immediatezza lĠespulsione mediante accompagnamento alla
frontiera, lo straniero possa essere ÇtrattenutoÈ presso un Çcentro di
identificazione e di espulsioneÈ, sulla base di un provvedimento assunto
dallĠautorit amministrativa e sottoposto alla convalida da parte del giudice
di pace, per un periodo massimo di sei mesi, al termine dei quali potr essere
notificato allo straniero un ordine di allontamento da parte del questore, la
cui inosservanza sar penalmente sanzionata con le pesanti pene detentive
previste dai gi menzionati commi 5-ter e 5-quater dellĠart. 14 d.lgs. 286/1998.
Per effetto dunque del combinato disposto della disciplina in materia
di ÇtrattenimentoÈ nei centri di identificazione e di espulsione e della
disciplina penale di cui ai commi 5-ter e 5-quater dellĠart. 14 d.lgs. 286/1998, lo straniero
sottoposto ad una procedura di espulsione amministrativa pu oggi, in Italia,
essere sottoposto a una catena teoricamente senza fine di privazioni della
propria libert personale,
ora a titolo di ÇtrattenimentoÈ, ora invece in conseguenza dellĠarresto, della
custodia cautelare e poi della pena inflitta per i reati di inosservanza
allĠordine del questore. E ci, come gi sottolineato, sino a che lo straniero
non si decida ad abbandonare spontaneamente il territorio dello Stato ovvero
sino a che lĠautorit amministrativa non riesca ad eseguirne materialmente
lĠallontanamento coattivo.
7. Un tale
risultato pare al Tribunale in frontale contraddizione con lo scopo di tutela
della libert personale dello straniero perseguito dagli articoli 15 e 16 della
direttiva, nel quadro di un bilanciamento non derogabile in peius per lo straniero da parte dello Stato membro.
LĠordinamento italiano prevede, anzitutto, che lo straniero venga
privato della propria libert personale – a titoli formalmente
differenti, ma tutti aventi quale presupposto sostanziale la Çmancata
cooperazioneÈ dello straniero alla procedura di espulsione amministrativa
– per periodi che, complessivamente considerati, ben possono risultare
assai pi estesi rispetto al termine massimo di 18 mesi consentito dallĠart. 15
¤ 6 della direttiva, in
presenza delle condizioni tassative ivi stabilite.
In secondo luogo, la detenzione conseguente allĠarresto, alla
custodia cautelare o alla pena per i reati di inosservanza dellĠordine del
questore di cui allĠart. 14 commi 5-ter e 5-quater d.lgs. 286/1998 si presenta
come radicalmente distonica rispetto ai requisiti del ÇtrattenimentoÈ previsti
dagli articoli 15 e 16 della direttiva, pur condividendone il presupposto di fatto (la
Çmancata cooperazioneÈ dello straniero alla procedura espulsiva) e pur
perseguendo in effetti il medesimo scopo di assicurare lĠeffettivit della
procedura medesima.
Per cominciare, il gi menzionato art. 14 co. 5-quinquies d.lgs. 286/1998 prevede lĠobbligo a carico della polizia giudiziaria di arrestare lo straniero che, decorsi cinque giorni dalla
notifica dellĠordine di allontanamento, non abbia lasciato spontaneamente il
territorio nazionale, senza che possa essere compiuta alcuna delle valutazioni
sulla effettiva necessit
della misura rispetto allo scopo di assicurare lĠeffettivit della procedura di
rimpatrio imposte dallĠart. 15 ¤ 1 della direttiva.
La detenzione conseguente allĠinosservanza dellĠordine del questore non
, dĠaltra parte, concepita come misura funzionale ad assicurare le condizioni per
lĠesecuzione dellĠallontanamento, ma strutturata quale mera sanzione della mera mancata cooperazione dello straniero
alla procedura di rimpatrio, ed come tale applicata dal giudice penale indipendentemente
dalla sussistenza dei presupposti indicati dallĠart. 15 ¤ 1, 5 e 6 della
direttiva.
La sua durata , inoltre, predeterminata dal giudice al momento
della condanna, ancora una
volta senza alcun riguardo alla sua effettiva necessit rispetto allo scopo di assicurare
lĠÇespletamento diligente delle procedure di rimpatrioÈ e senza alcuna
possibilit per il giudice di valutarne la sostituibilit con Çaltre misure sufficienti ma meno coercitiveÈ,
come invece richiesto dallĠart. 15 ¤ 1 della direttiva. N possibile per il
giudice disporne la cessazione allorch risulti che Çnon esiste pi alcuna
prospettiva ragionevole di allontanamentoÈ o che comunque la misura non appaia
necessaria in vista dellĠesecuzione del rimpatrio ai sensi dellĠart. 15 ¤ 4.
Infine, lĠesecuzione della pena detentiva dovr necessariamente –
in contrasto con quanto disposto dallĠart. 16 della direttiva – svolgersi
in un istituto penitenziario,
senza alcuna separazione tra lo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio
e gli altri detenuti.
8. Se la
valutazione di questo Tribunale circa lĠincompatibilit della disciplina penale di cui
allĠart. 14 commi 5-ter,
5-quater e 5-quater d.lgs. 286/1998 (in s considerata, e
in combinato disposto con lĠattuale disciplina del ÇtrattenimentoÈ nei Çcentri
di identificazione e di espulsioneÈ) con gli articoli 15 e 16 della direttiva
fosse fondata, ne conseguirebbe lĠobbligo di non applicare, in forza del principio del primato
del diritto comunitario, la predetta disciplina. Essa risulterebbe infatti
contrastante con le disposizioni precise e incondizionate di una direttiva cui
lo Stato italiano non ha dato attuazione nel termine stabilito, le quali
riconoscono allo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio un vero e
proprio diritto a non essere sottoposto a privazioni di libert ulteriori e a
condizioni deteriori rispetto a quelle ivi stabilite, comunque qualificabili ai
sensi del diritto interno: con conseguente idoneit di tali disposizioni a
produrre effetti diretti nellĠordinamento italiano.
Tuttavia, dal momento che tale valutazione di incompatibilit non
discende tout court dal
dato letterale degli
articoli 15 e 16 della direttiva, bens da unĠargomentazione che fa leva sul
principio dellĠeffetto utile,
alla luce dello scopo di
tutela della libert personale dello straniero perseguito dalla direttiva, pare
a questo Tribunale opportuno sospendere il processo e rinviare gli atti alla
Corte di giustizia dellĠUnione europea ai sensi dellĠart. 267 del vigente
Trattato sul funzionamento dellĠUnione, affinch chiarisca se lĠinterpretazione
degli articoli 15 e 16 della direttiva risultante dalle considerazioni che
precedono debba ritenersi corretta.
[9. Dal
momento che il sig. XY, imputato nel procedimento pendente avanti a questo
Tribunale, si trova attualmente in stato di custodia cautelare, appaiono
sussistere le condizioni per la trattazione in via di urgenza del presente
ricorso ai sensi dellĠart. 104 ter del vigente Regolamento di procedura della
Corte di giustizia, vertendosi nella specie in una materia rientrante tra
quelle relative al titolo V della parte III del Trattato sul funzionamento
dellĠUnione.]
Tutto ci premesso, il Tribunale
sospende
il presente procedimento e, visto lĠart. 267 del Trattato sul
funzionamento dellĠUnione,
rinvia
gli atti alla Corte di giustizia dellĠUnione europea, formulando la
seguente questione di interpretazione del diritto dellĠUnione:
– se, alla luce dei principi di leale cooperazione e di
effetto utile delle direttive, gli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE
ostino alla possibilit per lo Stato membro di prevedere che la mera mancata
cooperazione alla procedura amministrativa di rimpatrio di un cittadino di un
paese terzo il cui soggiorno irregolare, e pi in particolare la sua mera
inosservanza di un ordine di allontanamento emanato dallĠautorit
amministrativa in conformit allĠart. 8 ¤ 3 della direttiva, costituisca reato
punibile con la reclusione sino a quattro anni nellĠipotesi di inosservanza al
primo ordine e con la reclusione sino a cinque anni per lĠinosservanza agli ordini successivi, con contestuale
obbligo per la polizia giudiziaria di procedere allĠarresto in flagranza;
ovvero (formulazione alternativa)
[chiede
che il presente ricorso sia trattato in via di urgenza conformemente
allĠart. 104 ter delle vigenti Regolamento di procedura della Corte di
giustizia, per le ragioni esposte in premessa.]
[v1]Ho delle perplessit su questo inciso, che pure - a rigore - importante ai fini della rilevanza della questione (se infatti agli artt. 15 e 16 della direttiva non potesse essere attribuito effetto diretto nellĠordinamento italiano, il giudice penale non potrebbe comunque procedere alla disapplicazione della normativa interna, ancorch contrastante con il diritto UE, e la questione di interpretazione sottoposta alla Corte diverrebbe cos meramente ÒspeculativaÓ).
Tuttavia, strategicamente si potrebbe dare per sottinteso questo passaggio, per evitare di offrire il fianco al governo italiano per argomentare nel senso della negazione degli effetti diretti, sulla base ad es. del carattere non ÒincondizionatoÓ delle norme della direttiva. Il terreno , su questo versante, effettivamente scivoloso, e la Corte stessa potrebbe approfittare di questo argomento per togliersi dĠimpiccio in una questione politicamente difficile come questa.
[v2]La prima formulazione maggiormente ÔtarataĠ sul diritto nazionale, e dovrebbe spingere la Corte a circoscrivere il proprio angolo visuale alla valutazione della macroscopica elusione delle garanzie previste dalla direttiva, ottenuta dal legislatore italiano attraverso la specifica disciplina di cui ai commi 5-ter e seguenti.
La seconda formulazione pi attenta ad evitare lĠobiezione - in s per il vero agevolmente superabile dalla Corte, che solita riformulare liberamente i quesiti sottoposti dalle giurisdizioni nazionali - secondo cui la Corte giudice dellĠinterpretazione del solo diritto comunitario, e non della compatibilit del diritto degli Stati membri con il diritto comunitario stesso. E con questa seconda formulazione ben difficilmente la Corte potrebbe rispondere ÒnoÓ...
LĠessenziale , comunque, che il quesito sottoposto alla Corte non sia formulato in termini troppo lati (ad es.: dica la Corte se la direttiva vieti al legislatore di prevedere come reato la mancata cooperazione dello straniero alla procedura di rimpatrio), dal momento che anche altri Stati dellĠUE prevedono fattispecie di reato a carico dello straniero ÔirregolareĠ.
La peculiarit dellĠordinamento italiano sta, infatti, nella previsione di PESANTI SANZIONI DETENTIVE a carico dello straniero Ônon cooperanteĠ con la procedura, con previsione dellĠarresto obbligatorio dello straniero medesimo, in un quadro istituzionale - che altri Stati non condividono - che prevede per il p.m. lĠobbligo di iniziare lĠazione penale in TUTTI i casi in cui lo straniero inottemperante venga arrestato. E sono proprio queste peculiarit che contribuiscono in maniera decisiva a rendere la disciplina italiana, a mio avviso, incompatibile con la direttiva.