Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data del
27 giugno 2011)
Workshop “Democrazia,
tra immigrazione, cooperazione e sviluppo: scenari presenti e futuri per
l’Africa e l’Europa.”
Roma, 6
luglio 2011, sede nazionale UIL, via Lucullo 6, sala Bruno Buozzi (6° piano)
o
Dipartimento Politiche
Migratorie – Appuntamenti pag. 2
o
Mediterraneo –
Workshop: “democrazia, tra immigrazione, cooperazione e sviluppo”
pag. 2
o
Legislazione –
Decreto del Governo su espulsioni e CIE pag. 3
o
Lavoro – Per gli
immigrati gli stipendi più alti sono nel Nord Est pag. 4
o
Emigrazione – Sono
ancora 4 milioni gli emigranti italiani pag. 5
o
Giornata del rifugiato
– Napolitano: no a egoistiche chiusure pag. 6
o
100° Conferenza Internazionale
del Lavoro OIL pag. 7
o
Società – Sulla gru
per un permesso negato pag.10
o
Società – Puglia: I°
torneo calcistico dell’immigrazione UNITI
pag.11
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n. 314
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Verona, 25 giugno 2011, Palazzo
della Gran Guardia, ore 09.30
Seminario Ital – UIL:
“L’immigrazione è speranza per la vita”
(Giuseppe Casucci)
Roma, 06/07/2011, ore 09.30
– Sede UIL nazionale, sala Buozzi, 6° piano
Workshop: “Democrazia, tra
immigrazione cooperazione e sviluppo: scenari presenti e futuri per l’Africa e
l’Europa”
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci,
Angela Scalzo)
Roma, 14 luglio 2011, ore 17.30,
Villa Aldobrandini
Incontro con Luigi Cal,
nuovo Direttore dell’Ufficio ILO per l’Italia e San Marino
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)
Workshop “Democrazia, tra
immigrazione, cooperazione e sviluppo: scenari presenti e futuri per l’Africa e
l’Europa.”
Roma, 6 luglio 2011, sede
nazionale UIL, via Lucullo 6, sala Bruno Buozzi (6° piano)
Li
abbiamo visti ogni giorno - dai nostri schermi - mentre protestavano nelle
piazze, scegliendo l’arma democratica dello sciopero e lottando per cacciare i propri tiranni. Abbiamo visto
poi molti di loro scegliere la strada impervia della traversata del Mediterraneo in barconi di fortuna, rischiando la vita alla ricerca di un
futuro migliore in Europa. Ma qual è stata la risposta del Vecchio Continente
alla primavera democratica della costa Sud del Mediterraneo: spesso il freddo disinteresse
verso gli avvenimenti locali in Africa ed il rifiuto ad accogliere chi scappava
verso l’Italia e l’Europa: la chiusura dietro le barriere delle norme e dei
pattugliamenti navali e in qual che caso la messa in discussione dell’area di
libera circolazione Schengen per impedire gli spostamenti di poche centinaia di
disperati. Una risposta egoista ed imprevidente al più grande evento di
risveglio democratico dopo la caduta del muro di Berlino. La primavera nord africana del 2011
mostra un’Africa in grande trasformazione: una grande area che chiede
all’Europa di ripensare radicalmente i rapporti tra i due continenti, di
improntare le relazioni in termini di supporto allo sviluppo economico
produttivo e sociale e di appoggio democrazia, anche per far fronte ai grandi
esodi migratori con risposte efficaci e solidali e non con gli sbarramenti
navali e la violazione dei diritti, in nome di un malinteso concetto della
sicurezza. In un passato recente alcuni governi hanno messo quell’idea di
sicurezza nelle mani di dittatori nordafricani che la praticavano calpestando i
diritti umani fondamentali dei profughi sub – sahariani. Oggi, per
fortuna, comincia a non essere più possibile e se vorremo governare il fenomeno
migratorio dovremo cambiare radicalmente l’approccio con cui Italia e l’Europa
guardano all’Africa, al loro ed al nostro futuro. Su tutto questo la UIL
intende avviare una seria riflessione ed inizieremo a farlo nell’ambito del Workshop
“Democrazia, tra immigrazione, cooperazione e sviluppo: scenari presenti e futuri per l’Africa
e l’Europa”. Iniziativa che si terrà il prossimo 6 luglio 2011 a Roma, alle
ore 9.30 presso la nostra sede di Via Lucullo 6, Sala Buozzi. L’evento, che è realizzato congiuntamente
dai Dipartimenti Internazionale e Politiche Migratorie, sarà moderato da
Antonio Passaro, Capo Ufficio Stampa UIL, sarà introdotto dal Segr. Confederale
Anna Rea e concluso dal Segr. Conf. Guglielmo Loy. Graditi ospiti al dibattito
saranno:
Cons.
Emilia Gatto, Consigliere d’Ambasciata, Ministero
Affari Esteri
Lucio
Battistotti, Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione
europea
Natale
Forlani, DG Immigrazione Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Josè Angel Oropeza, Capo Missione
OIM Italia
Gildo Baraldi, Dir. Gen.le OICS Osservatorio interregionale
Cooperazione allo Sviluppo
Francesco
Petrelli, Presidente Associazione ONG italiane Christopher Hein, direttore
del CIR
Antonio
Golini, Ordinario di Demografia – Università “La Sapienza”
Alessandro
Simoni, docente in sistemi giuridici comparati presso l'Università di
Firenze
Legislazione
Roma, 20 giugno 2011 - Un decreto che
recepisce appieno le direttive europee per “dare una risposta alla limitazione
posta da sentenze che interpretavano le direttive europee in modo molto più
favorevole ai clandestini rispetto alla nostra interpretazione”. Così, il
ministro dell’Interno Roberto Maroni, protagonista al raduno leghista di
Pontida dove in molti lo hanno invocato come presidente del Consiglio, ha
risposto alle numerose critiche al Governo all’indomani dell’annuncio del decreto approvato nel Consiglio dei Ministri di giovedì
scorso. Il documento, che finora non è ancora apparso nella stesura
definitiva ma di cui esiste, nel sito della Presidenza del Consiglio, soltanto uno schema di sintesi, prevede sei
aspetti:
-
l’allontanamento immediato dei cittadini extracomunitari clandestini
pericolosi, a rischio di fuga, già espulsi o che violano le misure date dal
questore (consegna del passaporto, obbligo di dimora e di presentazione presso
gli uffici della forza pubblica);
- trattenimento nei Cie fino a 18 mesi in luogo dei sei mesi attualmente
previsti;
- rimodulata la fattispecie del reato di violazione dell’ordine del questore e
attribuita la competenza al giudice di pace;
- rimpatrio volontario assistito senza espulsione;
- allontanamento coattivo (espulsione) anche dei cittadini comunitari per
motivi di ordine pubblico se permangono sul territorio nazionale in violazione
della direttiva 38/2004 sulla libera circolazione dei comunitari;
- ulteriori misure di adeguamento della normativa nazionale alle direttive
38/2004 e 115/2008.
Finora, in
mancanza del testo ufficiale, le critiche al Governo sono giunte soprattutto
per il provvedimento riguardante il prolungamento fino a 18 mesi nella
permanenza nei Cie. Una misura questa che, nella direttiva 2008/115 (art. 15,
commi 5 e 6), prevede “un periodo limitato di trattenimento, che non può
superare i sei mesi” e che “gli Stati membri non possono prolungare…
salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente
alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni
ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a
lungo a causa: della mancata cooperazione da parte del cittadino di un Paese
terzo interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione
dai Paesi terzi”.
Decisamente
contrarie a tale recepimento sono state le organizzazioni cattoliche.
“Prolungare il trattenimento nei Cie è per noi assurdo. È un modo per
esasperare ulteriormente gli animi. Qual è il senso di queste iniziative, che
mirano a mortificare la dignità delle persone?”, ha dichiarato padre Giovanni
La Manna, presidente del Centro Astalli (servizio dei Gesuiti per i rifugiati).
Dello stesso parere anche monsignor Giancarlo Perego, direttore della
Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale, che spiega “il problema vero
non sono tanto i tempi quanto il luogo di trattenimento. Sappiamo che i Cie
sono un luogo di grande conflittualità, di violenza, di autolesionismo, perché
la persona non è tutelata. Inoltre nei Cie non c’è nessun progetto, mancano
percorsi che possano portare ad un discorso lavorativo, scolastico e di tutela
più generale. È una forma di carcerazione che non aiuta assolutamente la
promozione della persona”.
Il Consiglio
italiano dei rifugiati (Cir), punta l’indice sullo strumento decreto, perché
“nessuno degli aspetti menzionati nella scheda del Decreto legge in materia di
immigrazione deliberato dal Consiglio dei Ministri ha le caratteristiche di
straordinaria necessità e urgenza”.
Pertanto il
provvedimento, semmai fosse formalizzato, sarebbe – secondo il Cir
– “in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione e con le norme della
legge 400 del 1998, che limitano la facoltà del Governo di emanare decreti
legge esclusivamente per circostanze che richiedono necessariamente interventi
di urgenza”. Inoltre, sottolinea l’organizzazione, il prolungamento del
trattenimento nei Cie dagli attuali 6 mesi ai 18 mesi “rappresenta più una
misura punitiva nei confronti dei cittadini stranieri irregolarmente presenti,
che una misura per rendere efficace l’espulsione. Già l’aumento da 2 a 6 mesi
del trattenimento stabilito nel pacchetto sicurezza nel 2008 non ha, secondo le
statistiche del Ministero dell’interno, portato a una maggiore efficacia delle
misure di allontanamento”.
Un
provvedimento “inutile e dispendioso” è stato giudicato dal sindacato di
Polizia Siulp, perché “non porterà alcun beneficio per le espulsioni effettive
e produrrà un costo esorbitante”. Il sindacato cita uno studio effettuato nel
Cie di Gradisca d’Isonzo, in cui risulta che un immigrato costa mediamente
oltre 10mila euro l’anno. “Se a questo si somma il fatto che solo il 30% circa
degli ospiti è stato effettivamente espulso dal territorio nazionale,
l’ammontare complessivo diventa quasi il doppio nel rapporto
investimento-obiettivo”. Prolungare il periodo di trattenimento, dunque,
“significa di fatto aumentare il lavoro per la Polizia di Stato e le spese sul
bilancio pubblico”. Risorse che, dice il Siulp, “potrebbero essere utilizzate
in modo assai più proficuo finanziando nuovi accordi o rafforzando quelli già
esistenti, aumentando le risorse a disposizione delle forze di polizia”.
(Al.
Col., Immigrazione Oggi)
Aziende
straniere: crescita esponenziale in Italia
Indagine del Centro Studi CNA: le imprese straniere in Italia
sono raddoppiate negli ultimi cinque anni (+114mila), confermando il
significativo apporto economico degli immigrati
di Alessandro
Vinciarelli, www.pmi.it
Roma, 17
giugno 2011 - Cresce il numero di imprese in Italia a conduzione straniera: in
soli cinque anni (2005-2010), il numero di aziende con un immigrato titolare è
quasi raddoppiato, arrivando a oltre 230mila partendo da una cifra di 116mila
unità. Una fotografia scattata dal rapporto "L'imprenditoria straniera in
Italia nel 2010 in cifre" dal Centro Studi CNA, che conferma ancora una
volta la vivace crescita delle imprese a conduzione straniera nella penisola:
circa 20mila imprenditori esteri in più ogni anno. Neanche la crisi economica sembra
aver arrestato questo andamento positivo, a differenza di quanto avvenuto per i
colleghi nostrani. Attualmente, la penetrazione degli immigrati nel nostro
sistema imprenditoriale è all'8,5% contro il 5,7% del 2005. Un aumento che va
di pari passo con la diminuzione tra il 2005 ed il 2010 (-9,1%) di Italiani
titolari, soci o amministratori d'impresa (+40% tra gli stranieri). C'è chi
vede in tutto questo una scelta degli stranieri a mettersi in proprio a fronte
delle difficoltà riscontrate nell'accedere al mercato del lavoro nazionale. Per
la Cna non sarebbe questa la motivazione visto il numero di lavoratori
stranieri occupati in Italia nel 2010: oltre 2 milioni(9,2% dell'occupazione
complessiva). Cifre tra le più alte in Europa e seconde solo alla Spagna dove
la percentuale è del 13,9% per una crescita tra il 2006 e il 2010 del +12,3%,
contro il +1,9% della Germania, il +3,2% della Francia e il +4,8% della Spagna.
Lavoro
Leonard Berberi, www.ilsole24ore.com
Fatto il confronto, non c'è storia.
Se un cittadino moldavo lavora un anno in Italia guadagna più di nove volte il
reddito (rappresentato dal Pil nominale) di un suo connazionale in Patria. Per
arrivare allo stesso livello di reddito di un filippino dipendente in
un'impresa italiana servono le entrate economiche di oltre sei conterranei che
lavorano nel paese d'origine. Mentre la retribuzione media netta in Italia di
un marocchino è pari alla ricchezza prodotta da 5,5 individui di Rabat e
Marrakech. Il nostro Paese - nonostante la crisi e le difficoltà burocratiche -
per molti migranti continua a costituire un approdo migliore. Almeno a livello
retributivo.
I conti - su dati Istat e Fondo monetario internazionale - li ha fatti la
Fondazione Leone Moressa di Mestre che, nel suo ultimo dossier, ha anche
analizzato gli stipendi netti degli stranieri che lavorano in Italia. In media
un dipendente immigrato guadagna 987 euro al mese. Quasi trecento in meno di un
dipendente italiano. In proporzione: uno stipendio inferiore di quasi un quarto
(-22,9%). Va evidenziato però che parità di qualifiche il divario si riduce: un
operaio straniero (è il livello del 90% degli stranieri in Italia) intasca
l'11% in meno rispetto a una tuta blu italiana.
Il divario nasconde poi differenze territoriali, con il Sud che si distingue
per lo scarto più elevato. La maglia nera va alla Basilicata, dove uno
straniero riceve 520 euro in meno in busta paga (-42%) rispetto a chi è nato
qui. Valori simili anche in Calabria, dove la differenza supera di poco il 40
per cento. Tradotto in moneta: 465 euro in meno. Va un po' meglio nel resto del
Paese. Soprattutto nel Triveneto, dove il differenziale retributivo non supera
il 19 per cento. In Lombardia lo stipendio della manodopera straniera è
inferiore di quasi il 22% rispetto a quello di un italiano, mentre nel Lazio di
più del 30. In generale, un migrante guadagna di più in Friuli Venezia Giulia
(1.159 euro) e Trentino Alto Adige (1.105). Ultima in classifica la Calabria:
lo straniero riceve mediamente 674 euro al mese. A livello di genere, gli
uomini guadagnano più delle donne
(1.135 euro contro 797), mentre sulla base della provenienza, riceve di più un
africano (1.055 euro) rispetto a un americano (900). I numeri non sorprendono
Laura Zanfrini, docente di sociologia all'università Cattolica di Milano: «Le
cifre sono perfettamente coerenti con il modello italiano d'integrazione che
vede gli immigrati nei gradini più bassi della gerarchia professionale». «Al
Sud le cose vanno proprio male», aggiunge Maurizio Ambrosini, docente di
sociologia delle migrazioni all'università Statale del capoluogo lombardo e
direttore della rivista "Mondi Migranti". «I dati ci dicono che in
alcuni casi c'è chi guadagna anche meno della metà rispetto ai nostri
connazionali». Sul perché, oltre alla differenza su scala nazionale, ci sia un
ampio divario regionale, i giudizi toccano diversi aspetti. «Nel Meridione pesa
la componente del lavoro sommerso e stagionale - spiega Ambrosini -. Nel
Settentrione, invece, assistiamo a un mercato di tipo industriale,
sindacalizzato e più stabile a livello contrattuale». Su quest'ultimo punto è
d'accordo anche Valeria Benvenuti, la curatrice del dossier per conto della
Fondazione Moressa. Che aggiunge anche l'elemento degli scatti d'anzianità e la
presenza storica degli stranieri. «Nel Mezzogiorno, invece, buona parte delle
immigrate è impegnata in settori dal basso valore aggiunto e quindi poco
retribuito. Zanfrini, poi, cita il fattore "integrazione": «Nel Nord
Est c'è più armonizzazione sociale mentre al Sud la discriminazione è più
accentuata». Come ridurre allora il gap? Le strade proposte dagli analisti
sarebbero soprattutto due. Da un lato si dovrebbe puntare a una migliore
gestione dei flussi migratori e non ricorrere a sanatorie mascherate o a
decreti di corto respiro. Dall'altro bisognerebbe regolamentare certi settori
del mercato del lavoro, come il terziario, dove i differenziali retributivi
sono enormi.
Dall’unità
d’Italia a oggi partiti in 30 milioni. I dati del rapporto "Italiani nel
mondo", Il capo dello Stato: "Ci aiutino a leggere meglio anche i
flussi verso l’Italia"
Roma –
21 giugno 2011 - Gli italiani sono ancora un popolo di emigranti . Oltre
quattro milioni vivono all’estero, nuove leve di un fenomeno che nella storia
dell’Italia unita ha fatto fare le valigie a 30 milioni di persone. Lo dice il
rapporto "Italiani nel mondo 2011", presentato oggi a Roma dalla
fondazione Migrantes, sulla base dei dati, aggiornati alla fine dello
scorso anno, forniti dall' Associazione italiani residenti all'estero(Aire). Il
rapporto conta 4,1 milioni di italiani all’estero, che vivono soprattutto
in altri Paesi europei (56%) o in America (39,6%). La classifica dei Paesi di
emigrazione vede in cima l'Argentina (15,8%), seguita da Germania (15,3%),
Svizzera (13%), Francia (8,8%) e Brasile (6,9%). Partono soprattutto i
residenti nelle grandi città: 258 mila emigrati da Roma, 53 mila da Milano, 36
mila da Napoli, 35 mila da Torino. Ma se si ragiona per grandi aree
l’emigrazione è soprattutto meridionale (1 milione 448mila), seguono le isole
(767mila), mentre Nord ovest, Nord est e Centro Quote contribuiscono con una
quota di circa 600mila persone da ciascuna zona.
Napolitano:
“Dal passato una lezione per il presente”
Quest’anno, il Rapporto Italiani nel Mondo è dedicato ai 150 anni dell’Unita
d’Italia, durante i quali si sono sparsi per il mondo 30 milioni di persone,
dai quali discendono tra i 60 e gli 80 milioni di oriundi. Una storia che
secondo il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, deve essere di insegnamento. “Da
queste esperienze occorre trarre gli strumenti per una piu' accurata lettura
del fenomeno migratorio, soprattutto in rapporto ai flussi attuali, dal Sud al
Nord del mondo, di cui siamo stati testimoni e in misura crescente destinatari
e ai quali i recenti avvenimenti nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente
hanno conferito un'indubbia accelerazione” scrive Napolitano in un
messaggio inviato per la presentazione del rapporto “con l'auspicio che
le vostre iniziative contribuiscano a reagire ad ogni forma di assuefazione e
di indifferenza”.
“L'abbandono
della propria terra – continua il Capo dello Stato - e' sempre una scelta
aspra e dolorosa. Il mio auspicio e' che la lezione del passato possa
tradursi in un insegnamento per il presente, rafforzando quell'antica
attitudine all'accoglienza, all'asilo e alla solidarietà che appartiene ai
valori autentici del nostro popolo”.
“Tutti i paesi autenticamente
democratici, l'Unione Europea e la comunità internazionale – ribadisce il
presidente della Repubblica - non possono sottrarsi al dovere di
un'accoglienza solidale, in un quadro di regole che diano ordine ai flussi
migratori e valgano a stroncare turpi traffici di esseri umani, anche
attraverso modalità efficaci di cooperazione con i paesi di provenienza”.
Rifugiati
Giornata rifugiato. Presidente Napolitano: no a egoistiche
chiusure nazionali
Roma,
20 giugno 2011 - "Non e' immaginabile che ci si possa adagiare o attardare
in egoistiche chiusure nazionali; che ci si possa illudere di esorcizzare cosi'
la realta' che preme alle nostre porte, la pressione che si trasmette da un
continente all'altro per effetto dell'aspirazione alla pace e alla vita che
muove tanti diseredati". Lo ha detto il Capo dello Stato, Giorgio
Napolitano, intervenendo alla Giornata mondiale del rifugiato, in occasione del
60esimo anniversario della convenzione di Ginevra.
Il Capo dello Stato, dopo aver sottolineato il merito storico dell'Alto
commissariato Onu per i rifugiati, ha sottolineato che la missione di questo
"e' ben lontana dall'esaurirsi, perche' resta purtroppo assai ardua la
prospettiva di un mondo di pace e di liberta', non piu' segnato da conflitti,
persecuzioni e discriminazioni". E dovunque, ha sottolineato, "anche
in Italia si deve prendere piu' largamente coscienza della persistenza, della
possibile ulteriore estensione del flusso di rifugiati, della dimensione
mondiale del fenomeno e della responsabilita' cui nessun paese civile puo'
sottrarsi. Nessun paese fedele ai principi delle Nazione Unite e agli obblighi
delle convenzioni internazionali; in particolare, nessun paese ricco, progredito
economicamente e socialmente e dotato di un'autentica cultura dei diritti e
della solidarieta'".
L'Italia, ha aggiunto, "si sta misurando con le ricadute dei movimenti
liberatori, dei veri e propri moti rivoluzionari, che da mesi stanno scuotendo
il mondo arabo, il nord Africa, il Medioriente". Ed essa non poteva
"guardare con indifferenza agli avvenimenti in Libia", ha detto
ancora Napolitano ponendo l'accento sull'afflusso alle nostre coste "in
particolare su quelle di Lampedusa, piu' vicine alla Libia e alla Tunisia, di
rifugiati e richiedenti asilo di varie nazionalita' africane" che
"pone problemi non lievi alle nostre istituzioni e amministrazioni.
Problemi non lievi perche' si tratta di un afflusso improvviso e intenso,
giorno dopo giorno e perche' esso si e' aggiunto ad un afflusso, anch'esso
bruscamente intensificato, di immigrati illegali provenienti dalla Tunisia.
Non si deve perdere - ha detto - da parte dell'opinione pubblica italiana la
distinzione fra i due fenomeni: bisogna affrontarli insieme ma su piani anche
giuridicamente diversi secondo le rispettive regole quali finora definiti in
sede di Unione europea. E' giusto, in questa occasione, sollecitare attenzione
e collaborazione, innanzitutto a livello europeo, per le prove cui sta facendo
fronte l'Italia, considerando che essa rappresenta agli occhi tanto dei
migranti in cerca di lavoro e di vita migliore, quanto dei richiedenti
protezione e asilo la porta dell'Europa".
”Una
nuova era di giustizia sociale”
Il
17 giugno la Conferenza annuale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro
(ILO) ha concluso i lavori della sua 100ª Sessione, dopo aver adottato nuove
norme per la protezione dei lavoratori domestici ed aver discusso i passi da
compiere per rispondere all’appello del Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia,
a favore di “una nuova era di giustizia sociale”.
A
cura del Dipartimento Nazionale Politiche Migratorie UIL
Roma, 22 giugno 2011 - Tra il
1° ed il 17 di questo mese si sono svolti a Ginevra, presso il Palazzo delle
Nazioni, i lavori della
Conferenza
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), giunta quest’anno
alla sua 100ª Sessione. Al termine
della Conferenza, il 17 di giugno,
la chiusura ufficiale poteva vantare a suo credito un importantissimo
risultato: l’adozione di nuove norme per la protezione dei lavoratori domestici
in tutto il mondo: un popolo “invisibile”, com’è stato definito da molti,
spesso privo di diritti. Un settore fortemente atomizzato con Paesi dove anche il sindacato è carente
o assente (in Asia, Africa o America Latina), e dove le stesse associazioni
imprenditoriali sono scarsamente rappresentative, dove dunque il rispetto dei
diritti è spesso solo un sogno. Un universo di donne, bambine e uomini che pure
è calcolato nel mondo essere di almeno
53 milioni di lavoratori domestici, anche se il numero potrebbe salire a
100 milioni, visto che molti svolgono le proprie mansioni senza avere un
contratto regolare. L’83% di questo settore è rappresentato da donne, spesso
anche molto giovani, che in Europa quasi sempre sono migranti. I Capi di Stato
e di Governo e gli oltre 4000 rappresentanti di governi, organizzazioni
datoriali e sindacati provenienti dai 183 paesi membri dell’ILO hanno espresso
il loro sostegno a favore dell’Agenda del Lavoro Dignitoso dell’ILO, auspicando
un più forte ruolo dell’Organizzazione all’interno del sistema internazionale. La
Convenzione – intitolata “lavoro dignitoso per le lavoratrici ed i
lavoratori domestici – porta curiosamente il n. 189 (lo stesso della
Bossi – Fini). Il testo è accompagnato da una Raccomandazione (n. 201) in
cui sono maggiormente specificati e dettagliati gli articoli della Convenzione
stessa. E’ stato questo il
risultato di un lavoro durato due settimane che ha coinvolto oltre 180 governi,
associazioni imprenditoriali e sindacati da tutto il pianeta. Un lavoro
iniziato anni prima e che nel 2010 aveva già prodotto un testo su cui
quest’anno si è lavorato per trovare una base comune d’intesa tra governi,
imprenditori e sindacati. Nel suo intervento in assemblea generale il Direttore
Generale dell’ILO, Juan Somavia ha definito i lavori della 100ª Sessione della
Conferenza come il primo passo verso “una nuova era di giustizia sociale”. Con l'adozione della Convenzione del lavoro domestico,
infatti, è stato compiuto un decisivo passo avanti verso l'estensione dei
diritti per quelle categorie che vivono nell'economia informale e che spesso
non godono di alcuna protezione. Per Somavia, questa del 2011 è stata una
Conferenza particolarmente importante, ed emblematica per esser la centesima
dalla nascita dell’OIL, e particolarmente significativa in quanto “per la prima
volta l’Ilo si dota di uno strumento (la Convenzione n. 189 sul lavoratori
domestici) che tenta di regolare un settore particolarmente sommerso
nell’economia mondiale, quello del
lavoro domestico: un universo che, secondo stime ONU, conterebbe globalmente
per oltre cento milioni di lavoratrici e lavoratori. “Credo che i futuri
delegati guarderanno ad oggi con orgoglio e diranno: la 100ª Conferenza
Internazionale del Lavoro ha visto nascere le premesse per una nuova era di
giustizia sociale. Durante questa Conferenza è stata difesa la dignità dei
lavoratori domestici, è stata affermata la nuova idea di un sistema di
protezione sociale di base, e importanti leader mondiali hanno ribadito ancora
una volta che la nostra voce, i nostri valori e le nostre azioni sono necessari
per portare maggiore stabilità nel mondo”, ha affermato Juan Somavia. Si tratta
di un sostanziale cambiamento di paradigma nello schema tradizionale delle
norme internazionali e del Lavoro Dignitoso, perché non è riferito a un gruppo
omogeneo di lavoratori, che possa costituire una naturale controparte delle
imprese e che quindi possa vantare una solida rappresentanza nelle
organizzazioni sindacali. In effetti, la norma è frutto di un confronto
avvenuto non solo tra i costituenti dell'ILO, ovvero governi, imprese e
sindacati, ma con il coinvolgimento delle organizzazioni e delle associazioni
in difesa dei diritti delle donne e degli immigrati. Anche la Confederazione
sindacale internazionale ha definito questa Convenzione “una grande vittoria”,
ricordando, tuttavia, che ora i governi dovranno ratificarla e applicarla e che
l'ILO dovrà fornire indicazioni precise affinché le diverse legislazioni
nazionali possano concretamente migliorare in termini di tutela. L’ILO è
l’unica Organizzazione tripartita all’interno del sistema delle Nazioni Unite,
e ognuno dei suoi 183 Stati membri è rappresentato da due delegati governativi,
un delegato delle organizzazioni dei datori di lavoro e un delegato sindacale,
che votano in maniera indipendente. I delegati alla Conferenza hanno adottato
la Convenzione sulle lavoratrici e i lavoratori domestici, con
396 voti favorevoli, 16 contrari e 63 astensioni, mentre la Raccomandazione che
l’accompagna ha ottenuto 434 voti favorevoli, 8 contrari e 42 astensioni. I due
testi costituiranno la 189ª Convenzione e la 201ª Raccomandazione adottate
dall’ILO dalla sua istituzione nel 1919. La Convenzione è un trattato
internazionale vincolante per gli Stati membri che lo ratificano, mentre la
Raccomandazione fornisce delle indicazioni dettagliate su come applicare la
Convenzione, ma contiene norme che in sé non sono vincolanti. Le nuove norme
dell’ILO stabiliscono che i lavoratori domestici di tutto il mondo, che si
prendono cura delle famiglie e delle loro abitazioni, sono titolari degli
stessi diritti fondamentali nel lavoro riconosciuti agli altri lavoratori:
orari di lavoro ragionevoli, riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive,
un limite ai pagamenti in natura, informazioni chiare sui termini e le
condizioni di impiego, nonché il rispetto dei principi e dei diritti
fondamentali nel lavoro, fra cui la libertà di associazione e il diritto alla
contrattazione collettiva. La Convenzione definisce lavoro domestico quel
lavoro svolto in o per una famiglia o più famiglie. I due nuovi strumenti
normativi, nonostante coprano la totalità dei lavoratori domestici, prevedono
delle misure speciali volte a proteggere i lavoratori che, a causa della giovane
età, della nazionalità o delle condizioni di alloggio, possono essere esposti a
rischi aggiuntivi rispetto ai loro pari.
Stando alle procedure
dell’ILO, la nuova Convenzione entrerà in vigore dopo che due Paesi l’avranno
ratificata.
“Aver messo i
lavoratori domestici sotto la protezione dei nostri valori è un passo molto
importante, per loro e per tutti i lavoratori che aspirano ad un lavoro
dignitoso, ma ha anche importanti ripercussioni sulle migrazioni e
sull’uguaglianza di genere”, ha precisato Somavia. Nel testo introduttivo, la
nuova Convenzione stabilisce che “il lavoro domestico continua ad essere
sottovalutato e invisibile e che tale lavoro viene svolto principalmente da
donne e ragazze, di cui molte sono migranti o appartengono alle comunità svantaggiate
e sono particolarmente esposte alla discriminazione legata alle condizioni di
impiego e di lavoro e alle altre violazioni dei diritti umani”. Michelle
Bachelet, Direttore Esecutivo dell’Agenzia ONU per le donne, nel corso del suo
intervento di fronte alla Commissione della Conferenza, ha affermato che la
carenza di lavoro dignitoso fra i lavoratori domestici “non può più essere
tollerata”, aggiungendo che UN Women sosterrà il processo di ratifica e
attuazione delle nuove norme dell’ILO.
“Abbiamo bisogno
di norme efficaci e vincolanti per garantire l’accesso dei lavoratori domestici
ad un lavoro dignitoso, di un quadro di riferimento chiaro che guidi i governi,
i datori di lavoro e i lavoratori”, ha affermato Halimah Yacob, vice-Presidente
nella Commissione Lavoro domestico per parte dei lavoratori, rappresentante di
Singapore. Secondo la Yacob, la responsabilità collettiva consiste nel
garantire ai lavoratori domestici ciò di cui hanno maggiormente bisogno: il
riconoscimento come lavoratori; e il rispetto e la dignità come esseri umani. Halimah
Yacob, che da questo mese cessa di essere una sindacalista ed assume l’incarico
di ministro degli Affari Sociali a Singapore, è stata la vera anima del
movimento che ha portato alla formulazione prima ed alla approvazione poi dei
due testi di Convenzione e Raccomandazione. Avvocato ed attivista sindacale nel
settore del lavoro domestico Halimah si è dimostrata abilissima nel gestire il
dibattito in commissione e la trattativa con imprenditori e governo, allo stesso
tempo ferma nei principi e duttile nelle soluzioni. Un ottimo lavoro realizzato
anche grazie al prezioso appoggio tecnico di Actrav, presente in Commissione
attraverso la persona di Luc Demaret. Le lavoratrici domestiche presenti nella
Commissione hanno celebrato con emozione alla fine i risultati positivi del
lavoro durato due anni. Paul MacKay, neozelandese, vice-Presidente nella Commissione per parte dei datori di
lavoro, ha dichiarato: “Siamo tutti d’accordo sull’importanza di affrontare il
tema del lavoro domestico e di rispondere alle gravi preoccupazioni in materia
di diritti umani. Tutti i datori di lavoro riconoscono che è possibile fare dei
progressi, tanto per i lavoratori domestici quanto per le famiglie presso le
quali lavorano”.
“Il dialogo
sociale ha trovato la sua consacrazione qui oggi”, ha affermato il Presidente
della Commissione, H.L. Cacdac, delegato del governo delle Filippine, a
conclusione della discussione. “Si tratta di un risultato veramente
importante”, ha affermato Manuela Tomei, Direttore del Programma condizioni di
lavoro e occupazione dell’ILO, definendo le nuove norme “solide, ma
flessibili”. La Tomei ha aggiunto che le nuove norme affermano con chiarezza
che “i lavoratori domestici non sono né dei servitori né dei membri della
famiglia, ma semplicemente dei lavoratori. Da oggi in poi non potranno più
essere considerati dei lavoratori di seconda classe”. L’adozione delle nuove
norme è il risultato della decisione, presa nel marzo 2008 dal Consiglio di
amministrazione dell’ILO, di iscrivere nell’agenda della Conferenza
l’elaborazione di un testo in materia di lavoro domestico. Nel 2010, la
Conferenza ha tenuto la sua prima discussione e ha deciso di procedere con la
stesura della Convenzione e della Raccomandazione che sono state adottate oggi.
Il sindacato italiano, quest’anno, era rappresentato alla Conferenza dal
Coordinatore politiche Migratorie UIL, Giuseppe Casucci, in funzione di
delegato, con supporto di Cinzia Del Rio dell’Ufficio Internazionale UIL,
rieletta nel corso dei lavori quale membro del Consiglio di Amministrazione
dell’OIL . Altre presenze qualificate: Cecilia Brighi (Cisl), che ha seguito i
lavori della Commissione Norme; Giuliana Mesina (Fisascat Cgil), che ha
partecipato ai lavori della Commissione Lavoro Domestico. Nella seconda
settimana della conferenza sono anche arrivati, Leo Tartaglia e Sergio Bassoli
dell’Ufficio Internazionale Cgil. Per la Confindustria era presente Stefania
Rossi. Per il Governo italiano, è intervenuta in assemblea generale l’ambasciatrice
Laura Mirachian. Nel suo intervento in assemblea generale, Giuseppe Casucci
della UIL, delegato alla Conferenza per mondo sindacale italiano, ha rilevato
come il sindacato italiano “condivida le osservazioni che il Direttore Generale
Somavia ha fatto nel Report “a new
era of social justice”. “Così come, ha detto l’oratore, condividiamo l’idea che
la Convenzione e Raccomandazione
sui lavoratori domestici rappresenti uno strumento di <lavoro dignitoso> per i lavoratori domestici” e avrà un carattere storico in quanto, per la prima volta, l’OIL si
cimenta in norme volte a regolare
un settore largamente informale, quello appunto del lavoro domestico”. “Approvo
pienamente quest’analisi, ha rilevato il sindacalista UIL, anche perchè in questo settore, che
conta nel mondo oltre 100 milioni di lavoratrici, probabilmente il 70 o 80%
lavora in condizioni di informalità. C’e’ dunque l’urgenza di sensibilizzare
tutti i governi del mondo sulla necessità di misure volte a combattere
l’economia sommersa e far emergere il lavoro nero. Senza questa azione, non
solo l’applicazione della Convenzione sarebbe limitata, ma risulterà anche
difficile combattere la piaga dell’immigrazione clandestina. A domanda di lavoro sommerso
corrisponde, purtroppo, uguale offerta di manodopera sommersa. L’unico modo per
limitarne la diffusione non e’ quello di colpire gli immigrati con leggi più
dure e con le espulsioni ma, al contrario, colpire l’area patologica di
economia in nero che produce sfruttamento, condizioni di clandestinità e
dumping”.
Casucci ha anche rilevato come
la crisi globale “coincida con una grave crisi demografica che colpisce i Paesi
industrializzati, ed in particolare l’Europa. Il vecchio continente ha cercato
negli ultimi dieci anni di colmare questo gap con l’arrivo di milioni di
migranti. Spesso pero’ , com’è accaduto nel mio Paese, l’immigrazione è stata
subita come un fenomeno tumultuoso e non governato, complice l’economia
sommersa che in Italia costituisce almeno un quinto di quella complessiva”. Le
conseguenze di questa incapacità di governo dei flussi migratori, ha ricordato
Casucci, è stata ed è una forte
presenza di lavoro etnico irregolare, con inevitabili conseguenze in termini di
dumping sociale. “Ci sono due modi
- ha detto il sindacalista UIL - con cui molte imprese hanno cercato di
rispondere alla crisi produttiva: dislocando le proprie aziende in parti del
mondo a basso costo della manodopera, oppure sostituendo in Italia la vecchia
forza lavoro autoctona con lavoro migrante, spesso mal pagato e con pochi
diritti. Oggi in Italia , il trattamento riservato ai lavoratori provenienti da
Paesi Terzi, assume spesso carattere discriminatorio”. Secondo uno studio
dell’Istituto Italiano di statistica, infatti, nel 2010 i lavoratori migranti regolari hanno
percepito in media retribuzioni il 24 % piü basse dei loro colleghi italiani,
anche a parità di lavoro svolto. “Se questo accade agli stranieri regolari, ha
rilevato l’oratore, per i molti
migranti senza permesso le condizioni di lavoro e di vita sono spesso al limite
del tollerabile, come testimoniano purtroppo gravi episodi accaduti in
agricoltura al Sud d’Italia. “L’estensione di dumping sociale, ha concluso
Casucci, non è estraneo al sorgere
di comportamenti discriminatori o razzisti, spesso istigati da pesanti misure
di legge come il pacchetto sicurezza del 2009, e presenti anche nei
comportamenti di persone, anche a causa di una pesante e xenofoba campagna
mediatica, discriminatoria nello stesso linguaggio che spesso usa quando parla
di migranti o di Rom”. Tra gli ospiti che hanno preso parte alla Conferenza vi
sono il Cancelliere Tedesco Angela Merkel, il
Presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono, il Primo Ministro russo
Vladimir Putin, il Presidente finlandese Tarja Kaarina Halonen, il Presidente
della Tanzania Jakaya Mrisho Kikwete ed il Presidente svizzero Micheline
Calmy-Rey, nonché cinque ex capi di Stato e di Governo membri del Club di
Madrid.
Principali
questioni affrontate nel corso della 100ª Sessione della Conferenza L’affermazione
della necessità di una nuova era di giustizia sociale, tema al centro della
discussioni del nuovo rapporto del Direttore Generale sulla condizione del
mondo del lavoro a seguito della crisi, dal titolo Una nuova era di giustizia sociale (A New Era
Of Social Justice) e di un incontro di alto livello
composto dai cinque ex capi di Stato e di Governo membri del Club di Madrid.
L’adozione, il 16 giugno, di un insieme di nuove norme internazionali volte a
migliorare le condizioni di lavoro di decine di milioni di lavoratori domestici
in tutto il mondo: la Convenzione n. 189 sul “lavoro dignitoso per le
lavoratrici e i lavoratori domestici” e l’annessa Raccomandazione n. 201. La Commissione sull’amministrazione
del lavoro ha invitato i governi ad introdurre dei sistemi
di amministrazione ed ispezione del lavoro che siano in grado di far fronte
alle sfide che emergono in un mondo del lavoro in continua e rapida evoluzione.
La Commissione sulla Protezione
Sociale ha discusso su come estendere a livello universale
la sicurezza sociale, in quanto strumento accessibile ed efficace per
promuovere la crescita economica, ridurre la povertà e mitigare l’impatto delle
crisi. La Commissione della Conferenza
sull’applicazione delle Convenzioni e delle Raccomandazioni
ha esaminato 25 casi individuali che coprono una serie di questioni relative
alle tematiche dell’ILO.
Quattro incontri di alto livello su: disoccupazione giovanile
in Nord Africa, Medio Oriente ed altre regioni; occupazione e giustizia sociale
in un’economia globalizzata; ruolo del lavoro dignitoso in una globalizzazione
più equa, più verde e più sostenibile; l’idea di una nuova era di giustizia sociale.
Questi incontri hanno completato le discussioni sulla condizione del mondo del
lavoro a seguito della crisi economica e finanziaria mondiale. La discussione
in Conferenza Plenaria del Rapporto Globale dell’ILO sull’uguaglianza nel lavoro,
che ha visto l’intervento di Michelle Bachelet, Direttore Esecutivo
dell’Agenzia delle Nazioni Unite UN Women, e la firma di un Memorandum of
understanding tra UN Women e l’ILO per promuovere l’empowerment delle donne sul
posto di lavoro. La realizzazione di una serie di eventi internazionali in
occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile,
fra cui il lancio di un nuovo rapporto sui minori impiegati in lavori pericolosi. Un
evento speciale sulla Cooperazione Sud-Sud e la cooperazione triangolare dal
titolo “Un nuovo sentiero per lo sviluppo sociale”.
Allegati:
Testo della Convenzione 189
http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@europe/@ro-geneva/@ilo-rome/documents/normativeinstrument/wcms_157904.pdf
Testo della Raccomandazione 201
Interventi Casucci e dell’Ambasciatore Mirachian:
http://www.lavorodignitoso.org/acm-on-line/Home/News/articolo18012308.html
Inviato da Andrea Canfora il Mar,
21/06/2011
Di Riccardo Bottazzo (Terra Nord Est)
PADOVA.
Dopo aver tentato tutte le strade, tre giovani migranti hanno protestato
davanti alla prefettura contro la sanatoria truffa. Sono saliti sopra una gru.
Su, in alto. Proprio sopra il tetto della prefettura di Padova. Eugene, John e
Khalid. L’ultimo, disperato, tentativo di farsi riconoscere i loro diritti.
Prima di arrampicarsi sopra la gru, Eugene, John e Khalid, hanno tentato tutte
le altre strade. Quelle per così dire “istituzionali”. Hanno bussato alle porte
del prefetto, del sindaco e persino del vescovo. Tanta solidarietà, qualche
mozione di sostegno in consiglio comunale ma nessun fatto concreto. Assieme ad
altri migranti truffati dalla sanatoria, allora hanno organizzato un presidio
ad oltranza, accampandosi mercoledì davanti a palazzo santo Stefano, sede della
prefetture e della Provincia di Padova. «Nonostante la vittoria al Consiglio di
Stato e le centinaia di denunce nei confronti dei truffatori - ha spiegato un
portavoce dei migranti - il nostro permesso di soggiorno è ancora lontano.
Nessuno ci sa dire neppure se e quando arriverà. Il ministro Roberto Maroni,
come se non bastasse, ha diramato una circolare che sospende il rilascio dei
documenti. In questo modo le stesse procure faticano a rilasciare i permessi di
soggiorno che permetterebbero la protezione delle vittime e darebbero credito
alle nostre testimonianze sulle truffe. Truffe che nella nostra regione sono
state organizzate da una vera e propria associazione a delinquere legata alla
camorra di cui ancora nessuno conosce i veri contorni e su cui forse qualcuno
che sta in alto non vuole andare fino in fondo». In alto allora hanno deciso di
andarci i tre migranti che alle 15 di giovedì si sono arrampicati sopra una
gru, replicando l’impresa di Brescia. Una iniziativa piuttosto pericolosa in
quanto la gru in questione non era dotata di cabina di comando. I migranti
quindi sono stati costretti a rimanere appesi alla struttura. Lassù, hanno
resistito tutta la notte, grazie anche al sostegno dei tanti ragazzi che in
quel momento erano impegnati a montare lo Sherwood Festival ma che hanno
immediatamente smesso il lavoro per accorrere sotto la gru. Sostegno concreto
quello dei ragazzi con coperte, cibi pronti, termos di bevande calde e un
presidio di sostegno lungo tutta la nottata.
La situazione si è sbloccata verso la mattina, quando prefettura e questura
hanno deciso di accogliere le loro richieste sbloccando circa 40 permessi di
soggiorno per coloro che erano stati colpiti dalla doppia espulsione (così
Maroni potrà dire un’altra volta che la “colpa è tutta dei giudici e non del
ministero”) e aprendo un tavolo di trattativa con le vittime della truffa. «Nel
Veneto ha operato una associazione di stampo camorristico e noi invece di
aiutare le vittime e di valorizzare le loro testimonianze per ottenere
giustizia, le perseguitiamo, - commenta amaramente Luca Bertolino
dell’associazione Razzismo Stop. - Ma la cosa ancora più incredibile è che in
Italia oramai tocca salire sopra una gru, mettendo a repentaglio la propria
vita, non per sostenere una piattaforma sindacale o per ottenere più garanzie
lavorative, ma per far rispettare una legge dello Stato e per chiedere che la
polizia indaghi su un raggiro e smetta di perseguire il raggirato».
Oltre 200 calciatori e 9 selezioni al I Torneo dell’Immigrazione
Uniti
L’8 giugno la conferenza stampa
Nove
selezioni, altrettante bandiere e quasi 200 giocatori dilettanti provenienti da
tutto il mondo, ma ormai “adottati” dalla Puglia e dalla provincia di Bari.
Sono i numeri e i colori del “I Torneo dell’Immigrazione”, campionato di calcio
organizzato dalla UNITI-Unione Immigrati UIL di Puglia, con la collaborazione
dell’associazione Abusuan e la collaborazione tecnica della Joma, che verrà
presentato mercoledì 8 giugno alle 16 presso l’auditorium dell’Istituto Tecnico
Superiore per Geometri “Euclide” di Bari.
Il torneo è destinato alle
comunità di immigrati della provincia barese: Afghanistan, Albania, Eritrea,
Georgia, Mauritius, Nigeria, Romania e Senegal, oltre ad una “nazionale”
italiana composta da volontari della Protezione Civile e della Serbari, si
sfideranno sul rettangolo verde del centro sportivo comunale del quartiere San
Pio di Bari (ex Enziteto) dal prossimo 12 giugno (quarti di finale, fischio
d’inizio alle ore 9) fino al 26 giugno (semifinali e finale).
“Troppo spesso si parla di
nuovi cittadini – è il commento della presidentessa dell’Uniti, Vera
Gulefi – o di nuovi italiani, eppure in troppi casi ancora, per tanti
giovani immigrati, anche piccole iniziative come organizzare una partita di
calcio diventano grandi imprese. Lo sport invece può svolgere un ruolo
fondamentale nel completamento di un necessario processo di integrazione che
deve partire dalle fondamenta della società, in una terra naturalmente di
confine e di frontiera come Bari e la Puglia in generale”.