21 giugno 2011

L’ultima di Maroni: si può stare nei Cie fino a 18 mesi
Italia-razzismo 21 giugno 2011
Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma quelle voci di corridoio sul decreto in materia di immigrazione già fanno discutere. Il provvedimento in questione andrebbe a completare il recepimento della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari nel territorio italiano. Nella scheda di sintesi del decreto, presentata dal ministero dell’Interno, si legge che, tra gli altri adeguamenti, ci sarà anche il prolungamento del «periodo di permanenza nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) fino a 18 mesi». Nonostante gli altri punti possano agevolare il rimpatrio volontario, quei 18 mesi fanno venire i brividi, soprattutto se si pensa alle condizioni, precarie sotto ogni punto di vista, in cui si trova la maggior parte dei Cie italiani. Non a caso il semplice annuncio del provvedimento ha già determinato qualcosa di assai simile a una “rivolta” nel Cie di Ponte Galeria, l’altro ieri. Un Cie dove attualmente sono “ospitati” oltre duecento tra uomini e donne e dove le condizioni igienico sanitarie tendono a deteriorarsi ogni giorno che passa: la prospettiva di dover prolungare la propria permanenza in quell’orribile “non luogo”, è destinato a produrre quegli effetti. Il ministro Maroni a Pontida domenica scorsa, ha tenuto a precisare che il decreto è stato pensato per «dare una risposta alla limitazione posta da sentenze che interpretavano le direttive europee in modo molto più favorevole ai clandestini rispetto alla nostra interpretazione». Insomma viene tutto ridotto alla lotta tra Stato e irregolari il cui epilogo è noto: vince chi ha il coltello dalla parte del manico. E indovinate chi è, a impugnare quel manico.



Cie, pietanza indigeribile
Massimo Livi Bacci
Europa 21 giugno 2011
L’immigrazione è da sempre, nel menu leghista, una pietanza prelibata. Questa volta sono stati serviti due piatti, uno cucinato da Maroni – il dl approvato dal governo sui rimpatri – e l’altro offerto da Frattini con l’accordo firmato col consiglio nazionale di transizione di Bengasi che riguarda tra l’altro «la reciproca assistenza e cooperazione nella lotta all’immigrazione illegale, incluso il rimpatrio di immigrati in posizione irregolare».
Il decreto – del quale non si conosce il testo – recepisce la direttiva rimpatri della Ue 2008/115, ed evita così una onerosa procedura d’infrazione.
Nel fare questo, è stato giocoforza accogliere alcuni saggi principi di tale direttiva: il fenomeno dell’irregolarità – le stime pongono gli irregolari nei paesi Ue tra i 5 e i 10 milioni – non può essere governato col pugno di ferro dell’espulsione coattiva se prima non vengono esperite altre vie, e principalmente quella del rimpatrio volontario che le norme del pacchetto sicurezza rendevano impossibile con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina.
Il decreto pertanto prevede la concessione di un termine per il rimpatrio volontario «anche assistito » nonché «misure alternative al trattenimento nei Cie per lo straniero irregolare che non sia pericoloso». Di queste misure – occorrerà vedere l’articolazione delle stesse e la volontà di applicarle – la propaganda leghista non parla, né Maroni vi ha accennato nel suo intervento a Pontida (si è limitato a lamentarsi di aver contro oltre, alla magistratura, anche l’Europa, e perfino la Nato).
Sono misure che pongono il sigillo sul fallimento della politica securitaria leghista e sui cardini che la sostenevano: l’aggravamento delle sanzioni penali per i reati commessi dagli irregolari, bocciato dalla Corte costituzionale, ed il reato di immigrazione clandestina, fatto a pezzi dalla corte di giustizia Ue.
Per non parlare di altre misure minori, inapplicate o inapplicabili, ma sempre vessatorie per i migranti. Questa parte indigeribile (per la Lega) della pietanza è condita da una speziatura forte: l’estensione fino a 540 giorni, dagli attuali 180, del periodo di trattenimento degli irregolari nei Cie, dei veri e propri centri di detenzione, sprovvisti delle garanzie concesse ai carcerati, luoghi nei quali la convivenza è resa insostenibile dalle pessime condizioni di vita.
Questa misura è inefficiente e gravemente dannosa. Inefficiente, perché la stragrande maggioranza delle identificazioni avviene nelle prime settimane di permanenza ed estenderla non serve a niente, se non a incentivare l’allungamento delle procedure di identificazione; gravemente dannosa perché dilatando il tempo di trattenimento, aumenterà il numero medio degli ospiti nelle strutture già ora del tutto inadeguate, si aggraveranno le condizioni di vita dei reclusi, aumenteranno i rischi di conflitti, anche violenti.
L’accordo con Bengasi vale poco più dell’inchiostro e della carta sulla quale è scritto, ma viene utilizzato sul filo dell’equivoco. Il 16 giugno (vigilia della firma) Frattini ha dichiarato al Tg1 che avrebbe firmato «un accordo sulla cooperazione per prevenire e contrastare i flussi di immigrati, inclusa la problematica dei rimpatri» e coinvolgendo l’Unhcr (che subito si è dissociata).
Nella conferenza stampa a margine della firma, Frattini ha anche dichiarato «abbiamo registrato con soddisfazione il compiacimento dei ministri della Lega e del ministro Maroni...che avrà quindi uno strumento in più per poter contrastare efficacemente l’immigrazione dalla Libia».
Lesto è stato Calderoli a dichiararsi entusiasta che Bengasi «si riprenda i profughi che sono arrivati o arriveranno sulle nostre coste» e lesto Maroni a proporre che le navi della Nato operino il blocco delle imbarcazioni dei migranti (ma quel cattivone del generale Bracken, da Napoli, lo ha subito contraddetto!) Forse il ministro Frattini si è distratto e si è scordato che questi migranti non sono irregolari (o forse si riferisce ai 60 cittadini libici tra i 18.000 arrivati dalla Libia nel 2011?), ma profughi che fuggono la guerra e la situazione insostenibile che si è creata per molti di loro anche nei territori non controllati da Gheddafi.
Se intercettati in mare non possono essere rimandati in Libia, se arrivati sulle nostre coste debbono essere accolti e sostenuti nelle procedure di richiesta di asilo. Quella protezione umanitaria – il mantello della risoluzione 1973 del consiglio di sicurezza che consente alla coalizione di intervenire in Libia – rischia il tragico e il grottesco se finisce per rimandare in Libia i profughi di guerra.



In piazza per i bambini dell'Afghanistan
medici e società civile insieme all'Ostiense
Carlotta De Leo
Corriere.it 20 giugno 2011
Hossein, Mohammad, Hosni: sono tanti i «bacceye» (bambini) dell'Afganistan che si ritrovano alla stazione Ostiense di Roma. Un piccolo villaggio di tende blu sporche di guano, con un tubo che fa da doccia improvvisata e abiti stesi ad asciugare negli spicchi di sole. Un accampamento a pochi metri dai binari dove, di settimana in settimana, si alternano ragazzi, adulti e, recentemente, anche intere famiglie in fuga dalla guerra e alla ricerca di un futuro migliore in Italia o in Europa.
«Qui trovano rifugio circa 100-120 persone al giorno, il 30-40% sono minorenni. Molti non vogliono restare qui, ma raggiungere familiari in Francia, Germania e nel Nord Europa», dice Maria Rita Peca, coordinatrice del progetto “Un camper per i diritti dei rifugiati” che assiste i migranti non solo dal punto di vista sanitario. Si tratta di un progetto lanciato dall'associazione Medu (Medici per i diritti umani), che lunedì 20 giugno, proprio nel piazzale antistante la stazione Ostiense, organizza una grande manifestazione - «Un ponte per l'accoglienza a Roma» - per richiamare l'attenzione sugli «invisibili», senza alcuna tutela e spesso privati dei diritti e delle tutele fondamentali di cui i rifugiati, e soprattutto i minori, dovrebbero godere.
Sul palco gli artisti Paolo Rossi, i Tetes de Bois e Acustimantico chiederanno la creazione di un centro stabile di accoglienza per i rifugiati nel grande ponte coperto sopra i binari dell’ex air terminal; una struttura ormai in disuso. Un investimento per l'accogglienza, un progetto di civiltà che sostengono anche le associazioni «A Buon Diritto» e «Campagna Welcome».Sono tante le storie che si intrecciano alla stazione Ostiense, da anni punto di arrivo o di transito dei profughi dell’Afghanistan, costretti a vivere in condizioni inaccettabili sulla strada o persino nelle buche sottoterra. Da due mesi, in un’area limitrofa ai binari, è stata realizzata una tendopoli che ospita oltre cento profughi nonostante i ripetuti sgomberi forzati, e il cui funzionamento è affidato in gran parte al senso di responsabilità e alla capacità di autogestione degli ospiti stessi. Tra questi c'è anche Hossein (nome di fantasia) arrivato in Italia appena due settimane fa.
Ha 16 anni e in Afghanistan faceva il ginnasta, specialità corpo libero. O meglio, questo era il suo sogno fin quando i talebani non hanno chiuso la palestra del suo villaggio Sanjhendé, così piccolo da non essere riportato nemmeno sulle carte. «Hanno chiuso anche tutte le scuole della zona. Così sono andato in Pakistan a lavorare in un hotel – racconta in un buon inglese imparato tra turisti e uomini d'affari – Ma anche lì non c'era futuro così ho deciso di partire per l'Europa». A differenza di altri, Hossein non ha ancora deciso se resterà in Italia o andrà all'estero: non ha parenti da raggiungere e cerca solo un luogo dove poter inseguire il suo futuro. «Spero davvero di poter essere un ginnasta - dice -. È quello che voglio fare e, se ne avrò la possibilità, farò del mio meglio». Il viaggio di Hossein è stato lungo e pieno di rischi, nelle mani di trafficanti senza scrupoli: «Ho attraversato montagne e boschi sul confine con l'Iran e la Turchia, e poi dalla Grecia all'Italia nascosto in un camion. Il mio amico, che ha fatto il viaggio con me, ha i piedi congelati». Seduto accanto a Hossein, Mohammad ha lo sguardo sofferente, ma non osa lamentarsi. «Abbiamo viaggiato su due camion diversi e lui, purtroppo, è capitato in un frigorifero e ora non riesce quasi a camminare» dice Hossein. I medici del Medu sono accanto al ragazzo e stanno valutando se portarlo in ospedale per una visita più accurata. Dopo giorni di pillole e pomate, i piedi sono ancora gonfi e doloranti. «Questi sono i casi che affrontiamo più frequentemente – dice Peca – Questi ragazzi arrivano qui con traumi e ferite dovuti al viaggio». Con la manifestazione di lunedì 20 giugno (data in cui si celebra la Giornata mondiale del rifugiato), le associazioni Medu, A Buon Diritto e Campagna Welcome propongono la realizzazione di un «Ponte di civiltà» alla stazione Ostiense. Il centro potrà garantire accoglienza e dignità ai profughi che fuggono da guerre e persecuzioni e per i quali la capitale rappresenta il «porto di secondo sbarco» in Italia. Nel corso degli anni le risposte (fallimentari) delle istituzioni sono arrivate solo durante le emergenze, senza individuare soluzioni di tutela, accoglienza ed integrazione strutturali e sostenibili. La stessa tendopoli, dopotutto, è praticamente autogestita, precaria e provvisoria. Eppure da questa esperienza, «è possibile passare alla realizzazione di un vero e proprio centro di protezione e di tutela nella stessa area. A pochi passi dalla tendopoli si trovano le strutture abbandonate dell’ex air terminal, tra cui appunto un grande ponte coperto che fa da sovrappasso ai binari. Perché non riconvertire una struttura, simbolo di spreco e abbandono, in un esempio virtuoso di accoglienza per i profughi?», propongono le associazioni. Al di là, infatti, della destinazione finale dei migranti (Italia o Europa), è necessario garantire le tutele fondamentali a persone in fuga dalla guerra, della violenza e delle persecuzioni.
«Un Ponte per l’accoglienza» sarebbe, quindi, una risposta necessaria: «Una proposta nata dal territorio e dalla società civile - spiegano le associazioni - per contribuire, nei fatti, alla soluzione del deficit di civiltà e accoglienza che affligge la città di Roma».



Garante detenuti Lazio, governo trasfoma Cie in carceri
Asca 17 giugno 2011
''Con l'aumento dei tempi di permanenza nei Cie da sei a 18 mesi si compie il passo definitivo per trasformare strutture, inizialmente pensate per una permanenza massima di 60 giorni, in luoghi in cui cittadini stranieri, pur non avendo commesso alcun reato, nemmeno quello di clandestinita', cosi' come sancito dall'Unione Europea, sono costretti per un anno e mezzo a vivere in carceri lager''. E' quanto dichiara il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, commentando in una nota il decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.
''Sono indignato e addolorato - aggiunge il Garante - per come si stia affrontando il problema delle politiche migratorie del nostro paese. In questa decisione del Governo, fortemente criticata anche dal mondo cattolico e dal volontariato, non si tiene in considerazione in primo luogo la sofferenza e la dignita' di migliaia di persone disperate, a cui nonostante la sensibilita' e l'attenzione delle forze dell'ordine e degli operatori che gestiscono i Centri, oggettivamente non e' possibile garantire i diritti fondamentali. Le condizioni di vita all'interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione sono piu' pesanti e i sempre piu' lunghi tempi di permanenza trasformano queste strutture in luoghi di tortura dove proteste e atti di disperazione sono all'ordine del giorno. Non e' questa un'operazione degna di un Paese civile come il nostro. Trasformare dei disperati in detenuti senza diritti, senza assistenza e senza garanzie.
Auspico che il Governo riveda questa decisione e ripensi ad una politica dell'immigrazione in coerenza con le direttive europee e affronti le problematicita', legate alla sicurezza ed al rispetto delle leggi, derivanti dai flussi migratori, in un'ottica ispirata a principi di umanita', accoglienza ed integrazione''.



Gli immigrati restano a Manduria "Campo aperto anche d'estate"
la RepubblicaBari 21 giugno 2011
Il campo d'accoglienza di Manduria resterà aperto anche d'estate. La conferma è arrivata dal sottosegretario all'Interno Mantovano, in visita nel capoluogo pugliese: "Era chiaro sin dal primo momento - ha detto - che la struttura ha il compito di dare un alloggio e un pasto a coloro che poi dovranno essere ricondotti sul territorio delle singole regioni sulla base di un criterio di ripartizione proporzionale".
Nessuna chiusura, dunque. "Sono previsti per l'estate ancora arrivi massicci" -continua il rappresentante del governo "era previsto che restasse operativo anche durante la stagione estiva, e così sarà" . Il centro rimarrà in funzione ed accoglierà gli immigrati nel primo periodo di permanenza sul territorio nazionale.



Mineo, migranti tolgono blocco Catania-Gela
20 giugno Ansa
Si e' concluso dopo circa un'ora a Mineo, in provincia di Catania, il blocco della Strada Statale 417 Catania-Gela da parte di un centinaio di migranti ospiti del Villaggio della solidarieta' che hanno protestato contro i presunti ritardi nell'insediamento delle commissioni che dovranno stabilire lo status di rifugiato politico dei richiedenti asilo. Successivamente per circa mezz'ora i manifestati hanno continuato a protestare davanti ai cancelli del Villaggio della solidarieta'.



A Cecina dal 25/26 il meeting antirazzista
Asca 20 giugno 2011
La costruzione di un luogo comune, nel senso di spazio aperto a tutti, al confronto, alla discussione, alla democ razia, per combattere tutti gli altri luoghi comuni, quelli che creano disuguaglianze e discriminazioni. Sara' questo il filo conduttore dell'edizione numero 17 del Meeting Internazionale Antirazzista, organizzato da Arci Toscana con il sostegno della Regione ed in programma a Cecina Mare e Livorno dal 25 giugno al 2 luglio.
Ampio e ricco il cartellone degli eventi con musica, cinema, workshop, incontri, giochi per i piu' piccoli, mostre e teatro.
La Regione e' coinvolta in due eventi. Il primo, previsto per lunedi' 27 e martedi' 28 giugno, e' un incontro informativo e formativo per l'accoglienza e la tutela di rifugiati e richiedenti protezione internazionale promosso da Arci e Regione in collaborazione con il Servizio Centrale dello S.P.R.A.R (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e l'ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione). L'incontro e' rivolto a enti locali, enti gestori e operatori dei progetti di accoglienza in favore dei migranti provenienti dal Nord Africa, coordinati dalla Regione Toscana. Il secondo, fissato per l'ultimo giorno, sabato 2 luglio a Livorno, e' il Coordinamento Regionale dei Consigli e delle Consulte degli stranieri e si intitola 'Come rilanciare gli organismi di rappresentanza e di partecipazione'?'.
''Il meeting - afferma l'assessore al welfare Salvatore Allocca - resta uno degli appuntamenti piu' importanti a livello nazionale sul tema immigrazione. Per noi resta una tappa di arrivo su tutto quello che, nel corso di anno, abbiamo fatto e l'appuntamento per programmare le politiche migratorie insieme al mondo dell'associazionismo e del terzo settore''.



Otto associazioni «Chiudete il Cie di Palazzo»
Franco De Florio
la gazzetta del Mezzogiorno 21 giugno 2011
Cgil, Arci, Legambiente, Forum del terzo settore, Libera, associazioni di donne, Lucania World e Acli, ieri pomeriggio nel corso di una conferenza stampa a Palazzo San Gervasio hanno chiesto la chiusura dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e la costruzione di «una nuova politica dell’accoglienza», annunciando per il 25 giugno «una grande manifestazione» davanti alla struttura allestita a Palazzo San Gervasio.
Secondo i firmatari del documento, il Cie di Palazzo San Gervasio, «da simbolo dell’accoglienza del popolo italiano si sta trasformando in un altro incubo che i popoli del Mediterraneo, in fuga da situazioni di guerra e miserie, sono destinati a vivere». Le associazioni hanno chiesto un incontro al prefetto di Potenza, «per stabilire tempi e modi utili a rendere possibile un presidio di diritto dove il diritto muore, attraverso la costituzione di un gruppo di avvocati che possano portare assistenza gratuita ai migranti», affinchè siano impediti «ulteriori usurpazioni di diritti e vite».
Intanto per avere notizie in merito «alle modalità di gestione del centro Cie di Palazzo San Gervasio e al suo futuro», l’on. Vincenzo Taddei (Pdl), che fa parte del Comitato parlamentare di controllo di Schengen, Europol e immigrazione, ha incontrato ieri il questore e il prefetto di Potenza, Romolo Panico e Luigi Riccio. Taddei ha spiegato «di aver avuto rassicurazioni sul fatto che fino ad oggi si è fatto il possibile per assicurare massima accoglienza e sicurezza sia agli immigrati che ai cittadini di Palazzo e delle zone limitrofe. E in questo senso mi preme tranquillizzare la comunità di Basilicata che in tale centro le istituzioni preposte alla sua gestione utilizzino le regole comuni a tutti i centri Cie esistenti nel Paese. E’ tra l’altro utile ricordare come il centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio sia stato trasformato in Centro per l’identificazione ed espulsione per rispondere all’emergenza occorsa in primavera quando erano numerosissimi gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane. E' evidente, quindi, che il centro non potesse da subito rispondere perfettamente a tutti i canoni tipici previsti per un Cie. Infine abbiamo avuto la conferma che entro pochi giorni il centro sarà svuotato per poi essere adeguato agli altri centri d’identificazione ed espulsione presenti in Italia – ha concluso il parlamentare lucano – con la massima considerazione per le condizioni in cui saranno accolti ed ospitati gli immigrati e per l’oggettiva sicurezza nei confronti della comunità locale».
E nel frattempo spuntano altre iniziative. Allestire un nuovo campo nell’area dell’ex tabacchificio di Palazzo San Gervasio o realizzare un progetto di «ospitalità diffusa» nelle abitazioni del centro storico: sono queste due delle ipotesi per l'accoglienza di circa 200 extracomunitari che saranno impegnati nella raccolta dei pomodori, nella prossima stagione estiva.
Le due iniziative sono state esaminate nel corso di un incontro a cui hanno partecipato il governatore lucano, Vito De Filippo, l’assessore regionale alla salute, Attilio Martorano, l’assessore provinciale di Potenza alle politiche sociali, Paolo Pesacane, e il sindaco di Palazzo San Gervasio, Federico Pagano.
Per il progetto di «ospitalità diffusa» sarebbero disponibili, fino a questo momento, circa la metà dei posti necessari. De Filippo ha anche proposto un confronto con le associazioni agricole «per individuare la soluzione migliore», e ha spiegato di «voler coinvolgere, dopo l’individuazione della soluzione da praticare, Prefettura e Questura per sollecitare politiche di sicurezza su quel territorio». Tutti i partecipanti all’incontro hanno infine «chiarito di voler realizzare un modello di ospitalità che, a differenza del Cie, sia realmente basato su principi di accoglienza» criticando «il ministero dell’Interno che ha scavalcato Regione e Provincia quando ha deciso di impiantare il Centro di accoglienza immigrati, che ora si è trasformato in Centro identificazione e espulsione».



Le politiche dell'Unione Europea sull'immigrazione
Radicali Italiani 21 giugno 2011
'Altiero Spinelli', in collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano, la Rappresentanza a Milano della Commissione Europea e l'Ufficio di Milano del Parlamento Europeo, organizza un incontro dal titolo 'Le politiche dell'Unione Europea sull'immigrazione'. Introduce Antonio Longo, direttore del Circolo di cultura politica 'Altiero Spinelli'. Modera Alessandra Lang, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano. Partecipano: Matteo Fornara, direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea; Antonio Panzeri, parlamentare europeo del gruppo 'Alleanza Progressista dei Socialisti & dei Democratici' e presidente della Delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Maghreb arabo del Parlamento europeo.
Attraverso il Gruppo di Studio 'Immigrazione: una questione europea', il Circolo di Cultura politica 'A. Spinelli' di Milano, ha avviato un confronto sui problemi dell'immigrazione con associazioni e giuristi, aperto anche agli studiosi, agli studenti e agli operatori interessati.
Le vicende di questi ultimi mesi hanno riproposto la centralità politica e sociale del tema.
Obiettivo di questo terzo incontro è quello di esaminare il 'pacchetto di misure' che di recente la Commissione Europea ha presentato per gestire i flussi migratori dal Sud del Mediterraneo e che verrà discusso nel Consiglio europeo di questo mese.
A partire da questa proposta occorre avviare un dibattito tra Parlamento europeo – che dovrà pronunciarsi – e società civile, a partire dalle associazioni degli immigrati, dagli operatori del settore e dai cittadini.
Quali scelte politiche in tema di diritto d’asilo, controlli alle frontiere esterne dell’Unione, gestione dei flussi? È in discussione lo 'spazio Schengen'? Quale politica europea per l’immigrazione?



Sbarco nelle coste iblee, 235 migranti a bordo
Stefania Zaccaria

BlogSicilia 21 giugno 2011
Un altro sbarco, qualche giorno fa, ha interessato le coste ragusane. 235 immigrati, tra cui 19 donne e 5 bambini, sono arrivati nel porto di Pozzallo dopo essere stati avvistati in acque maltesi.
Sei di loro sono stati trasferiti negli ospedali di Modica e Ragusa per disidratazione mentre gli altri sono stati accompagnati al centro di prima accoglienza della città marinara.
I presunti scafisti sono stati fermati lo stesso giorno dalla polizia di Ragusa: si tratterebbe di due tunisini e di un libico, ritenuti responsabili di aver gestito la traversata.
I tre uomini, accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono stati rinchiusi nelle carceri di Ragusa e Modica in attesa di essere ascoltati.

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