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Sentenza n. 3533 del 13 giugno 2011 Consiglio di Stato

Rigetto del ricorso contro domanda emersione da lavoro irregolare

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6650 del 2006, proposto da:
Mapelli Pietro, rappresentato e difeso dagli avv. Ernesto Sarno, Francesco Sassi, con domicilio eletto presso Francesco Sassi in Roma, via Pollia, 23/29;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Prefettura di Milano;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 01033/2005, resa tra le parti, concernente EMERSIONE DA LAVORO IRREGOLARE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2011 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avvocato dello Stato Melillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia riguarda l’applicazione del decreto legge n. 195/2002, convertito in legge n. 222/2002, che ha ammesso, a determinate condizioni, la regolarizzazione dei lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno.

In particolare, viene in rilievo la disposizione per la quale non erano ammessi al beneficio i lavoratori stranieri che si trovassero irregolarmente in Italia benché colpiti da un decreto di espulsione con accompagnamento forzato alla frontiera o comunque siano rientrati illegalmente in Italia dopo esserne stati allontanati .

2. La domanda di sanatoria presentata dall’attuale appellante quale datore di lavoro di un cittadino extracomunitario è stata respinta con l’argomento che nei confronti dello straniero risultava emesso un decreto di espulsione con accompagnamento forzato alla frontiera.

Il datore di lavoro ha impugnato l’atto davanti al T.A.R. Milano, contestandone la legittimità e prospettando inoltre una questione di costituzionalità nei confronti della disposizione applicata.

Il T.A.R. ha respinto il ricorso.

3. L’originario ricorrente ha proposto appello, riproponendo gli argomenti disattesi dal T.A.R.

Il Ministero dell’Interno resiste al ricorso.

4. Questo Collegio rileva, innanzi tutto, che non sono controversi i dati di fatto essenziali richiamati nel provvedimento impugnato in primo grado; in particolare, il fatto della pregressa espulsione eseguita con accompagnamento forzato alla frontiera e seguita dall’abusivo rientro dello straniero in Italia.

Peraltro, se questo è vero, ne consegue che il diniego di sanatoria era dovuto e vincolato sussistendo una delle ipotesi ostative previste dalla norma, senza margini di discrezionalità.

5. Quanto alla questione di costituzionalità, si osserva che la stessa era stata già sollevata davanti alla Corte Costituzionale con varie ordinanze di diversi giudici, ma è stata giudicata inammissibile dalla Corte.

Nondimeno, l’eccezione appare manifestamente infondata.

Il parametro invocato è essenzialmente quello dell’eguaglianza: si sostiene che il legislatore avrebbe irrazionalmente diversificato il trattamento degli stranieri irregolari già destinatari di un provvedimento di espulsione, riferendosi all’estremo di fatto (asseritamente solo accidentale) che gli stessi fossero stati o meno accompagnati coattivamente alla frontiera.

Questo Collegio invece ritiene che non sia manifestamente irragionevole che il legislatore abbia ammesso alla regolarizzazione anche gli stranieri già destinatari di un decreto di espulsione rimasto però ineseguito, escludendone coloro che fossero rientrati abusivamente in Italia dopo una espulsione effettivamente eseguita.

La diversità di trattamento non è illogica, perché il comportamento di chi, essendo stato espulso ed accompagnato coattivamente alla frontiera, rientra abusivamente in Italia, è intuitivamente più grave rispetto a quello di chi, pur essendo stato destinatario di un decreto di espulsione, non sia stato accompagnato alla frontiera e dunque non abbia mai lasciato il territorio nazionale. Nel primo caso infatti si manifesta una speciale insistenza nella condotta illecita.

6. Per il resto, il ricorso chiede al Giudice di prendere in considerazione aspetti di fatto relativi, peraltro, al periodo susseguente al provvedimento impugnato in primo grado (matrimonio, nascita di un figlio, etc.). Si tratta, pertanto, di elementi irrilevanti ai fini della presente controversia, centrata sulla legittimità (o illegittimità) del provvedimento impugnato. S’intende, tuttavia, che essi potranno trovare considerazione ai fini di ulteriori valutazioni della p.a., ove l’interessato proponga istanze in tal senso.

7. In conclusione, l’appello va respinto. Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Lunedì, 13 Giugno 2011

 
 
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