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Sentenza n. 3705 del 21 giugno 2011 Consiglio di stato

Diniego del permesso di soggiorno per lavoro subordinato

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 2687/2011, proposto da:
Ministero dell'Interno, Questura di Bari, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

*****, rappresentato e difeso dall'avv. Roberta Rubino, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione II, n. 4346/2010.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2011 il Cons. Marco Lipari e udito l’avvocato dello Stato Vessichelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso proposto dall’interessato, ha annullato il provvedimento del Questore di Bari, in data 15 settembre 2010, concernente il diniego del permesso di soggiorno per lavoro subordinato richiesto dal cittadino extracomunitario, Sig. *****.

La determinazione annullata era basata sulla circostanza che il ricorrente aveva subito, in precedenza, una condanna per il reato di cui all’articolo 14, comma 5 ter, prima parte, del decreto legislativo n. 286/1998.

L’amministrazione contesta la decisione, mentre l’appellato resiste al gravame.

2. L’appello è infondato, poiché, nella presente vicenda, devono trovare integrale applicazione i principi espressi dalle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 28 aprile 2011, in causa C-61/11 PPU, e dall’Adunanza Plenaria 10 maggio 2011 n. 7 e n. 8.

Secondo tali decisioni, il reato di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5 ter, del decreto legislativo n. 286/1998, punito con una pena edittale fino a quattro anni di reclusione e per il quale è previsto l’arresto obbligatorio, non è più compatibile con la disciplina comunitaria delle procedure di rimpatrio di cui alla direttiva 2008/115/CE.

Pertanto, l’entrata in vigore della normativa comunitaria ha prodotto l’abolizione del reato previsto dalla disposizione sopra citata, con efficacia retroattiva ai sensi dell’art. 2 del codice penale.

3. Secondo l’Adunanza Plenaria, “tale retroattività non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato, in quanto il principio del tempus regit actum esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l’atto inerisce sia irretrattabilmente definito, e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento.”

4. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto, tenuto conto che la controversia si è risolta in base allo ius superveniens.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

Respinge l’appello, compensando le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Marco Lipari, Consigliere, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/06/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Martedì, 21 Giugno 2011

 
 
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