UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PALERMO
DIRITTI SOTTO SEQUESTRO
Palermo
luned 4 luglio 2011 ore 17 -
Aula 1 della Facolt di Giurisprudenza- Via
Maqueda
Coordina:
Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d'asilo e status costituzionale
dello straniero, presso l'Universit di Palermo
Intervengono:
Stefano Galieni, giornalista,
Valentina Calderone e Valentina Brinis (A buon diritto)
Leonardo Marino, avvocato ( ASGI)
Germana Graceffo e Judith Gleitze ( BorderlineEurope),
Dopo l'approvazione del decreto legge che dovrebbe
attuare la Direttiva sui rimpatri 2008/115/CE, sembra sempre pi drammatica la
condizione dei migranti nei centri di detenzione amministrativa. Le nuove norme
sui rimpatri forzati appaiono allontanarsi dalla ratio di fondo della
direttiva, che intende conciliare la effettivit delle espulsioni con la
salvaguardia dei diritti fondamentali dei c.d. irregolari. Al di l di alcune modifiche
migliorative, come la riduzione del divieto di reingresso a 5 anni, i passaggi
fondamentali del nuovo decreto legge risultano ancora in contrasto con il
diritto comunitario, sia per quanto riguarda il trattenimento amministrativo,
che previsto nella normalit dei casi e potr durare anche 18 mesi, che per
le previsioni che riguardano l'accompagnamento forzato in frontiera, sottratto
ad un effettivo controllo giurisdizionale.
In base al Considerando 16 della Direttiva 2008/115/CE,
che ha acquistato adesso una precisa portata precettiva sul piano del diritto
interno, il ricorso al trattenimento ai fini dell'allontanamento dovrebbe
essere limitato e subordinato al principio di proporzionalit con riguardo ai
mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento giustificato
soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l'allontanamento e se luso di
misure meno coercitive insufficiente.
Nei casi in cui sia evidente la impossibilit di procedere al rimpatrio
forzato, come ad esempio dopo periodi di trattenimento in carcere o nei CIE
seguiti dalla rimessione in libert, o quando manca la collaborazione dei
consolati dei paesi di provenienza nel fornire i documenti di viaggio, la
detenzione amministrativa rimane dunque priva di fondamento.
La
stessa Direttiva mantiene carattere vincolante per tutti gli stati, e dunque
anche per l'Italia, nella parte in cui obbliga gli stati ad adottare
preliminarmente forme di rimpatrio volontario,anche imponendo obblighi diretti a evitare il rischio di fuga,
come l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorit, la costituzione di
una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o lobbligo di
dimorare in un determinato luogo, prima di procedere al rimpatrio (con
trattenimento ed) accompagnamento forzato.
Secondo
la Direttiva 2008/115/CE, il rimpatrio con accompagnamento forzato pu essere
disposto, in luogo del rimpatrio volontario, solo se sussista il rischio di
fuga o se una domanda di soggiorno regolare stata respinta in quanto
manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un
pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale. In questi casi gli Stati
membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o
concederne uno inferiore a sette giorni. Ma comunque, gli Stati membri devono tenere nella debita
considerazione: a) l'interesse superiore del bambino; b) la vita familiare; c)
le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato; e
rispettano il principio di non-refoulement ( non respingimento in violazione
dell'art.33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati). Inoltre la stessa
Direttiva Comunitaria 2006/115/CE prevede che ( art. 8) Ove gli Stati membri
ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare
un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono
proporzionate e non eccedano un uso ragionevole della forza. Le misure
coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione
nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della
dignit e dell'integrit fisica del cittadino di un paese terzo
interessato.
Nessuna
di queste previsioni trova conferma nel decreto legge approvato dal governo. Il
rischio di fuga non si pu collegare automaticamente alla mancanza di
documenti di soggiorno, senza riproporre di fatto il ricorso prevalente,
normale, all'accompagnamento forzato, che anche la Corte Costituzionale, lo
scorso anno aveva definito non coerente con la direttiva 2008/115/CE. Gli
ambiti riservati alla discrezionalit delle forze di polizia appaiono talmente
ampi da sfuggire ad un controllo effettivo da parte dell'autorit
giurisdizionale. La possibilit di ricorrere all'accompagnamento forzato in
tutti i casi di respingimento cd. differito, surrogato dell'espulsione
amministrativa, adottabile con larga discrezionalit da parte del Questore,
come si visto da tempo, con numerosi abusi, per la durata indefinita del
trattenimento ai fini della prima identificazione, esclude di fatto
l'applicazione della Direttiva sui rimpatri che sul punto sembra invece
limitarsi ad escludere il respingimento immediato in frontiera. Ma anche di
questo dovr occuparsi di nuovo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
In
questo quadro,la distinzione tra adulti e minori irregolari appare sempre pi
problematica. La situazione dei
minori stranieri non accompagnati, soprattutto tunisini ed egiziani e spesso
prossimi al compimento della maggiore et, aggravata dai ritardi delle
procedure di identificazione, dalla mancata nomina dei tutori e da un sistema
di accoglienza che appare bloccato, soprattutto per il mancato avvio dei
fantomatici centri ponte previsti dalle pi recenti ordinanze di protezione
civile. Si favorisce oggettivamente la fuga nella clandestinit, anche per i
lunghi periodi di detenzione imposti subito dopo lo sbarco, in assenza di
qualsiasi tipo di mediazione.
Occorre
dunque un ulteriore sforzo di ricerca e di mobilitazione per contrastare
ulteriori violazioni dei diritti fondamentali della persona, ed in particolare
dei diritti di libert, presidiati dall'art.13 della Costituzione, che pone
limiti e tempi precisi per la convalida giurisdizionale delle misure
restrittive adottate dall'autorit di polizia e dall'art.24 che afferma la
portata sostanziale dei diritti di difesa, da riconoscere anche agli
irregolari, secondo l'art. 2 del testo Unico 286 del 1998
sull'immigrazione.
Va
denunciata anche la mancata attuazione dell'art. 16 comma 2 della Direttiva
2008/115/CE nella parte in cui si prevede che i migranti trattenuti nei CIE
possano entrare in contatto, a tempo debito, con rappresentanti legali,
familiari ed autorit consolari competenti. Soprattutto per quanto riguarda
gli accessi a richiesta degli immigrati questa norma appare contraddetta dalla
circolare Maroni del 1 aprile che sottopone ad autorizzazione prefettizia
persino l'ingresso dei difensori di fiducia con una gravissima menomazione dei
diritti di difesa. La
segregazione imposta dal Ministero dell'interno alle persone trattenute nei
CIE, e nelle altre strutture chiuse di prima accoglienza ed identificazione ,
ribadita adesso attraverso le norme elusive del nuovo Decreto legge, rischia di
ledere anche altri diritti fondamentali come il diritto alla salute, i diritti
dei minori, il diritto all'unit familiare, l'accesso alla procedura di asilo.
Su questi temi si svolger un confronto
aperto a tutti i partecipanti al
fine di individuare strumenti efficaci e tempestivi di denuncia e di tutela dei
diritti fondamentali dei migranti giunti irregolarmente in Italia, con riferimento
anche ai minori stranieri non accompagnati.