Questi ed altri temi sono stati dibattuti lo scorso 6 luglio, nellambito dello workshop che la UIL ha voluto dedicare ad una analisi ed un confronto sui processi sociali in corso in Africa ed in Italia, ad una valutazione delle politiche attuate dallEuropa in materia di immigrazione, cooperazione ed aiuti allo sviluppo, ad uno sguardo sul prossimo futuro di queste aree. Il dibattito stato ottimamente moderato dal Capo Ufficio Stampa della UIL, il giornalista Antonio Passaro. Presenti allevento ospiti di rilievo, quali il Direttore Generale per lImmigrazione del Ministero del Lavoro, Natale Forlani; il Capo Missione OIM in Italia, Jos Angel Oropeza; il Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea Lucio Battistotti; il demografo Antonio Golini, il Direttore del CIR, Christopher Hein; il Direttore Generale dellOICS, Gildo Baraldi; il Presidente dellAssociazione delle ONG italiane, Francesco Petrelli; il dirigente dellUff. VII DGCS Marco Falcone. Per la UIL, ha introdotto i lavori il Segretario Confederale Anna Rea, mentre il Segretario Confederale Guglielmo Loy ha concluso la mattinata. Due le comunicazioni principali ad inizio lavori, quella di Giuseppe Casucci, Coordinatore Nazionale del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL e di Bruno Bruni, Presidente di Progetto Sud. Anna Rea ha introdotto i lavori spiegando lobbiettivo delliniziativa voluta dai Dipartimenti Internazionale e Politiche Migratorie della Uil: il proposito – ha detto loratrice – quello di analizzare gli avvenimenti in quelle aree (Nord Africa, Medio Oriente) a noi tanto vicine; di dibattere sulle politiche internazionali attuate dallEuropa e dallItalia, al fine di valutarne lefficacia, sia in termini di aiuto allo sviluppo dei Paesi Nordafricani, sia di gestione dellimpatto migratorio che le rivolte in quelle zone hanno inevitabilmente prodotto. Si tratta anche di gettare uno sguardo sul prossimo futuro, per capire cosa succeder in quel continente e nel nostro e quali politiche lEuropa dovrebbe adottare ai fini di un accorciamento delle distanze tra le velocit di sviluppo e delle disuguaglianze tra le condizioni di vita e di lavoro tra i due Continenti. Non cՏ dubbio – ha detto il dirigente UIL - che lItalia abbia mostrato una grande ospitalit e solidariet verso le migliaia di persone in arrivo, evitando di chiudere le frontiere di fronte ad avvenimenti percepiti- se non come eccezionali – certamente fuori dallordinario. Cos come anche chiaro che lEuropa abbia mancato loccasione di muoversi su di una politica condivisa, sia in termini di governo dellimmigrazione, sia di politiche di buon vicinato con lArea del Sud del Mediterraneo. Loratore si poi soffermato sul vertice del Consiglio europeo, tenutosi il 23 e 24 giugno scorsi a Bruxelles, da cui ҏ venuto un nuovo tentativo di risposta allemergenza mediterranea: con la proposta di avviare un dialogo per le migrazioni, la mobilit e la sicurezza, da costruire e sviluppare con i Paesi del Mediterraneo meridionale. A parte la contingenza di questi ultimi avvenimenti, ha concluso Anna Rea, si tratta di proporre politiche ed azioni comuni, che non si limitino solo ai necessari controlli di sicurezza alle frontiere e pattugliamenti delle coste, ma che impostino soprattutto una politica di sostegno alle legittime aspirazioni alla democrazia di quei popoli, nonch un supporto concreto allo sviluppo economico e sociale in quelle aree, dove transitano ogni anno centinaia di migliaia di migranti e profughi provenienti dallAfrica Sub- sahariana. Senza la messa a punto di una politica comune anche con quei Paesi, il rischio che gli accordi bilaterali per il rimpatrio degli immigrati irregolari, non solo producano scarsi risultati, ma mettano a repentaglio i diritti individuali dei migranti e dei profughi.
Per
quanto riguarda il Mediterraneo, loratore ha sintetizzato la situazione
ricordando che da gennaio 2011 sono arrivati via mare circa 55 mila tra
migranti e profughi, una cifra certo limitata rispetto al volume complessivo
degli ingressi annui nel nostro Paese. Mentre i 30 mila arrivati dalla Tunisia
erano soprattutto migranti economici, i 25 mila arrivi dalla Libia erano
costituiti in grande maggioranza da profughi provenienti dallAfrica Sub
sahariana, in fuga dalla Libia. La situazione odierna sul fronte migratorio
– ha continuato il dirigente del Welfare – presenza caratteristiche
di maggiore complessit per due fattori: il gap demografico tra Paesi in Via di
Sviluppo e il nostro continente e la situazione di instabilit politica in
alcuni di quei Paesi. Per lEuropa, ha detto loratore, si trattato purtroppo
di una occasione mancata di rispondere alla contingenza dei flussi in arrivo
attraverso una politica condivisa, sia in materia di gestione di una situazione
migratoria - se non eccezionale certo non ordinaria - sia di aiuto allo
sviluppo ed alla democrazia richiesto dalle popolazioni dei Paesi Nord
africani. Ricordando che non basta il sia pur necessario controllo delle acque
del Mediterraneo, Forlani ha ribadito lurgenza di ricostruire ex novo il
quadro diplomatico di relazione con quei Paesi, attivando nuove alleanze in
materia di cooperazione commerciale ed allo sviluppo, con partnership ed
accordi comuni, in materia di mobilit delle merci, come delle persone.
Loratore ha concluso il suo intervento affermando che la crisi economica ed
il conseguente rallentamento nellarrivo di flussi nel medio periodo, offrono
allItalia loccasione di ripensare allapproccio verso il fenomeno migratorio,
elaborando proposte e strumenti nuovi (condivisi tra governo e parti sociali)
capaci di governarlo davvero. E seguita poi la prima comunicazione, di Giuseppe
Casucci, con la quale loratore ha cercato di orientare il dibattito
ponendo cinque domande riguardanti la politica dellItalia in materia di
immigrazione e la scarsa efficacia delle stesse. La prima, se
gli arrivi di boat people costituisse una situazione davvero eccezionale; la
seconda ha riguardato lefficacia o meno di leggi draconiane
sullimmigrazione o gli accordi bilaterali, in termini di contenimento di
flussi dallAfrica; la terza
concerneva lefficacia o meno della cooperazione allo sviluppo nei PVS in
termini di possibile alternativa alle migrazioni in uscita; con la quarta
domanda loratore si chiesto se i governi europei e del Nord Africa
siano genuinamente interessati a congelare i flussi migratori; la quinta ha
riguardato lanalisi degli effetti di una immigrazione disordinata sul contesto
sociale italiano; lultima domanda concerneva i cambiamenti che
limmigrazione produce nel mercato del lavoro italiano, in termini di benefici
ma anche di problemi. Sulla prima domanda Casucci ha
dato le valutazioni ONU che prefigurano un raddoppio - per il 2011 - dei flussi verso lEuropa di migranti e
profughi provenienti da Tunisia, Libia ed Egitto, una situazione certo non
ordinaria, ma neanche un esodo biblico, come qualcuno aveva paventato. Sulla seconda
domanda loratore ha ricordato che i fallimenti delle politiche di
contenimento sono dovuti a molti fattori: forte il meccanismo di richiamo di
lavoro etnico irregolare prodotto dalla nostra economia sommersa (pari al 15%
del PIL); cՏ poi la difficolt oggettiva delle espulsioni di migranti
irregolari, anche a causa delle resistenze dei Paesi di origine e delle nuove
direttive europee che prediligono il rimpatrio volontario, rispetto alle maniere
forti. Sullefficacia o meno della cooperazione (terza domanda),
noto per gli esperti che laiuto allo sviluppo aumenti in una prima fase
lemigrazione stessa, per varie ragioni, non ultimi la maggiore conoscenza ed
informazioni, maggiori mezzi per pagare il viaggio. Casucci ha comunque
ricordato la funzione di assorbimento dei flussi gi in atto da parte dei Paesi
Nord africani e dunque il nostro interesse ad uno sviluppo economico e
democratico in quelle aree anche ai fini di affrontare assieme a loro il rebus
migratorio. Sulla quarta
domanda, loratore ha ricordato che i governi africani dipendono molto
dalle rimesse dei migranti, mentre leconomia di quelli europei conta sempre di pi sul lavoro etnico e
spesso non disdegna nemmeno lutilizzo di quello irregolare, anche se a parole
la politica stigmatizza quelle persone. La discrasia dunque tra la retorica
dei proclami e la domanda oggettiva di lavoro irregolare che proviene
dalleconomia sommersa italiana. Casucci ha poi parlato (quinta e sesta
domanda) degli effetti nefasti che un cattivo governo dellimmigrazione
produce in termini di dumping sociale e cambiamenti perversi nel mercato del
lavoro, ricordando che per la UIL la strada maestra non lindurimento delle
leggi, ma il rafforzamento delle politiche di immigrazione legale, contrapponendole come alternativa
praticabile alla clandestinit. E seguita poi la comunicazione di Bruno
Bruni, che si cimentato sul rapporto tra politiche di cooperazione
verso i Paesi africani, gli aspetti che legano sviluppo economico e mobilit
delle persone, nonch lestrema crisi che colpisce oggi la cooperazione
italiana, con i suoi effetti nefasti sulla vitalit di molte ONG. Per loratore In questi ultimi 15 anni
sono mutati radicalmente gli scenari nazionali ed internazionali in cui opera
la solidariet e la cooperazione internazionale del mondo non governativo. Una delle prime riflessioni da fare
– secondo Bruni - legata allo sviluppo delle ONG sia in termini
numerici che di ruolo e, di contro, alla riduzione delle risorse economiche
disponibili sia del MAE che di Regioni ed Enti Locali. Allinterno della
Associazione Nazionale delle ONG su queste linee
aperto un confronto che si propone di individuare i punti nevralgici della
costruzione di un sentire e fare comune e di offrire spunti di riflessione
per la condivisione e la definizione di un nuovo patto associativo. Il Presidente di Progetto Sud ha cos
proseguito: collegato al quadro generale ed al dibattito interno al mondo
delle ONG vi sono due aspetti di grande rilievo che attengono il futuro della
Cooperazione, oltre al presente. Uno rappresentato dalla drastica riduzione
dei fondi della Cooperazione del Ministero Affari Esteri per il prossimo
triennio, che si aggiunge a quanto avvenuto nei precedenti due trienni di
programmazione di bilancio che hanno messo in crisi la Legge 49/87 e, di fatto,
lintero sistema della Cooperazione e delle ONG. Laltro dovuto alla apertura
di un Tavolo Interistituzionale della Cooperazione allo Sviluppo,
avviato circa un anno fa, nel giugno 2010, da parte dei Ministeri degli Esteri
e della Economia e Finanze, giunto al terzo incontro. E una iniziativa importante che sarebbe
sbagliato sottovalutare, in quanto essa punta a delineare una visione
strategica condivisa dellaiuto allo sviluppo italiano attraverso la
elaborazione comune da parte delle rappresentanze dei diversi attori che in
qualche modo fanno parte del cosiddetto Sistema Italia della Cooperazione,
del quale in tanti abbiamo lamentato e lamentiamo la concreta assenza. Su
questa iniziativa, visto anche come stato costruito lultimo incontro, vale
la pena avviare una riflessione approfondita, per alcuni motivi tra i quali:
il
Coordinamento del Tavolo oltre al MAE vede la piena partecipazione del MEF;
la
presenza dei numerosi soggetti che hanno aderito;
limpegno
diretto e qualificato di Confindustria;
la
presentazione di una bozza di documento titolato Elementi per una visione
italiana condivisa di Cooperazione allo Sviluppo suddiviso in 8 punti
che vanno dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, alla efficacia degli
aiuti, alla divisione del lavoro tra i donatori, fino al superamento
dellapproccio assistenzialista;
Loratore ha poi concluso la
sua comunicazione ricordando che CGIL,CISL,UIL fino ad ora sono state
rappresentate dagli Istituti di Cooperazione ma, vista la scesa in campo di
Confindustria, dobbiamo domandarci se non occorra un approccio diverso delle
Confederazioni, non escludendo una verifica diretta con
Confindustria sugli obiettivi, ruoli e rapporti. Alla
comunicazione di Bruni seguito lintervento di Francesco Petrelli, in
rappresentanza delle ONG italiane. Loratore ha ricordato che i Paesi Med hanno
goduto negli ultimi anni di una crescita economica sostenuta (+ 5% del PIL in
media annua) ma senza equit. Con situazioni quali quella delEgitto che ha
ancora due milioni di poveri (che vivono cio con meno di 1,25 dollari al
giorno) e 3 milioni di bambini malnutriti. A questo va aggiunta la spinta
demografica nel Nord Africa che ha portato la popolazione dai 150 milioni del 1980 a 350 milioni
di persone nel 2010, con il 47% di popolazione della popolazione attiva senza lavoro: il pi alto del mondo ! .
Petrelli ha dato poi un quadro sconfortante della quasi scomparsa dei fondi
italiani allo sviluppo e la crisi verticale che ha toccato ONG e terzo settore,
auspicando un cambio di rotta del Governo italiano in materia di politiche di
vicinato e aiuti allo sviluppo. Ha infine indicato alcuni elementi per il
rilancio di una politica italiana verso il MED basato su un approccio
territoriale integrato di tipo politico, economico e sociale, basato sulla
cooperazione territoriale e decentrata, che attivi e coinvolga attori
economici, societ civile e pubbliche amministrazioni. E stato poi il turno
del Capo Missione OIM in Italia Jos Angel Oropeza. Il
funzionario dellOrganizzazione Mondiale per le migrazioni, presente in tutti i
Paesi del Nord Africa, ha ricordato che nel mondo vi sono attualmente 214 milioni
di migranti, destinati a diventare 450 milioni entro il 2050. Molti di questi
migranti – ha detto loratore - sono gi con noi e sono intenzionati a
rimanere nei Paesi che li ospitano: gente che investe moltissimo nel progetto
migratorio che a volte, purtroppo, costa loro la vita, se vero che
dallinizio dellanno vi sono stati almeno 1.174 morti tra chi tentava di
attraversare le frontiere. Totale che dal 1988 sfiora la spaventosa cifra di
quasi 17 mila morti (dati Fortress Europe). In questi ultimi anni la
situazione nella regione del Mediterranea nella quale ci siamo trovati ad
operare cambiata notevolmente, ha detto Oropeza. Quella del Mediterraneo
infatti unarea piena di sfide, in quanto siamo molto vicini a un Sud che
molto pi povero: pensiamo ai Paesi del Maghreb o, ancor pi, ai Paesi
africani. Negli ultimi anni, anche i Paesi del Maghreb stanno cambiando la loro
identit. Da zone di origine di
flussi verso lEuropa - o di transito dai Paesi dell'Africa subsahariana,
asiatici e, a volte latinoamericani -, paesi come l'Algeria, la Libia e il
Marocco stanno ormai diventando Paesi di destinazione, sia perch vi si trova
un po' di lavoro e un po' di risorse per i migranti, sia perch i migranti
vengono bloccati grazie alla collaborazione pi stretta tra l'Europa e i Paesi
del Maghreb. Questo dovuto anche alle grandi frontiere, ai grandi spazi
aperti difficili da controllare. Tutto questo ha creato l'attuale situazione,
per cui il nord Africa ora si deve confrontare con le enormi sfide della
gestione delle migrazioni, e l'Europa deve fare di pi e aiutare di pi. Questo
, grosso modo, il contesto regionale. LOIM, sin dallinizio della crisi,
intervenuta dapprima a Lampedusa e poi lungo il confine libico, dove riuscita
a evacuare oltre 150.000 migranti e a fornire assistenza immediata a coloro che
erano ancora bloccati sul posto. Un flusso, quello proveniente dalla Libia,
caratterizzato da gruppi e nazionalit miste. Persone provenienti da vari paesi
subsahariana, dal corno dAfrica, ma anche dallAsia, e che cercano di fuggire
dallattuale conflitto. Se per ci allontaniamo dallattualit e vediamo con
uno sguardo pi ampio la situazione nel mondo, ci rendiamo conto che questi
eventi sono delle emergenze che si vanno a inquadrare in una tendenza generale
ormai confermata a livello globale: il mondo in movimento e, soprattutto, la
migrazione un fenomeno destinato a restare tra di noi. Oropeza ha ricordato
che la globalizzazione delle comunicazioni rende oggi molto pi facile la circolazione
istantanea delle informazioni che invoglia i giovani dei Paesi poveri di
emigrare. Altro fattore push quello demografico che vedr la popolazione
africana raddoppiare entro il 2100. Sarebbe necessaria in Africa – ha
detto loratore – la creazione da oggi al 2050 di 1,6 miliardi di posti
di lavoro, solo per compensare la crescita della popolazione. Lalternativa,
naturalmente, rimane quella di emigrare. Va anche considerato che la
manodopera africana occupata attualmente al 70% occupa in agricoltura (in
Italia il 4,3%), e che lo sviluppo tecnologico in quel settore potrebbe
comportare lespulsione di milioni di persone dal mercato del lavoro,
meccanismo non necessariamente compensato dalla crescita occupazionale in altri
settori economici. Per molti cittadini africani non resta altra alternativa che
non quello di affidarsi ai trafficanti di persone e rischiare la vita in mare. In questo senso – ha concluso il dirigente OIM
– dobbiamo riflettere con cura sulla qualit dellaiuto commerciale
necessario allo sviluppo economico e sociale dellAfrica, anche in termini del
suo impatto sulla mobilit delle persone.
Largomento
stato richiamato dal contributo successivo del demografo Antonio Golini che
ha disegnato un quadro a dir poco allarmante del futuro demografico dei due
continenti. In prospettiva – secondo lesperto - non cՏ area al mondo
in cui la crescita della popolazione sia pi intensa di quella attesa per
lAfrica e non cՏ area al mondo in cui il decremento della popolazione sia pi
intenso di quello atteso per lEuropa. Secondo lesperto tra oggi ed il 2050
la popolazione in et lavorativa triplicher a 1.151 milioni per lAfrica Sub
sahariana, aumenter di 75 milioni nel Nord Africa, mentre lEuropa perder 100
milioni di lavoratori autoctoni. Ci sono poi le differenze di reddito, tra
Africa ed Europa, a rendere ancor pi attrattiva la scelta di emigrare.
Malgrado il reddito in Africa sia cresciuto negli ultimi dieci anni del 25%
(contro un +10% per lEuropa), le distanze tra i livelli di vita nei due
Continenti sono aumentate, tanto da ricordare il paradosso di Zenone su Achille
e la tartaruga. Oggi in Nord Africa ancora il 17% della popolazione vive con
meno di 2 dollari al giorno, cifra che per larea Sub sahariana riguarda oltre
il 70% della popolazione. Malgrado lalto tasso di mortalit infantile e la
bassa aspettativa di vita, la popolazione africana potrebbe toccare quota 2
miliardi nel 2100 a fronte di una sostanziale discesa della popolazione
europea. Ci sono poi altri fattori che possono spingere alla mobilit delle
persone, quasi la desertificazione, il crescere delluguaglianza di genere, un
maggior grado di istruzione. Nel futuro il problema chiave – ha
affermato Golini - se ci sar sufficiente domanda di lavoro, e di che tipo.
Da loro e da noi. Domanda da valutare in relazione alle dinamiche demografiche,
a quelle sociali e tecnologiche, oltre che alle differenze strutturali di
popolazione. CՏ poi da considerare let mediana della popolazione che nel Niger
di 15 anni, contro i 43 dellItalia ed i 44 del Giappone. Il che vuol dire
che normale il lavoro minorile, mentre qui ci si deve preoccupare di pi di
chi pagher in futuro le nostre pensioni. Tra il 2010 ed il 2050, nel mondo, la popolazione tra 15 e
64 anni aumenter di 1.342 milioni, il che significa che sarebbe necessario
creare quasi un miliardo di nuovi posti di lavoro. Ma in quel periodo lEuropa
perder 103 milioni di persone professionalmente attive, a fronte di unAfrica
che ne avr 725 milioni in pi. E questo ci porter ad una gigantesca e
insormontabile asimmetria: che alle regioni sviluppate
serviranno milioni di immigrati e a quelle arretrate
servirebbero miliardi di emigrati. Nel lungo periodo
bisogner immaginare e attuare perci – come si diceva - nuovi modi di convivenza per gli oltre
9 miliardi di persone prossime venture nel mondo e per gli oltre 2 miliardi di
persone in Africa. Nel
medio periodo, secondo Golini, bisogner comunque pensare anche a nuovi
strumenti specifici di governo delle migrazioni - a livello internazionale,
sovranazionale, nazionale. A livello nazionale per il governo delle migrazioni,
credo che nel nostro Paese si dovrebbe tornare ad avere un vice-presidente
del consiglio con delega alle migrazioni. Un primus
inter pares che, nei limiti del possibile, possa da un lato coordinare con
una visione olistica i numerosi problemi delle migrazioni e i ministri che se
ne occupano e dallaltro avere maggior peso e autorevolezza nei fori
internazionali. E ancora, bisogner pensare a livello comunitario e nazionale
anche a diverse e-o pi intense migrazioni internazionali, come ad esempio, le migrazioni
temporanee e rotatorie (che gi oggi si hanno per i
lavoratori dellagricoltura, del turismo e di fatto per le badanti e le
colf). Sarebbe anche vitale
lo sviluppo dellUnione
euro-mediterranea, quale istituzione fondamentale da favorire e potenziare. Tale Unione avrebbe, fra gli altri, gli
scopi:
1. di
favorire la crescita e un migliore equilibrio geo-politico nel Nord Africa,
dalla quale ci dobbiamo comunque aspettare immigrazione;
2. di
favorire un pi intenso interscambio - economico, tecnico, commerciale e umano
- del Nord-Africa con lEuropa, che produca sviluppo nelle due rive;
3. di
funzionare da elemento di drenaggio della attesa, assai vigorosa e inevitabile
emigrazione dal sub- Sahara. Considerando
le
tendenze demografiche,
la
crescente importanza e complessit dei problemi globali nel processo di
globalizzazione,
le
obiettive difficolt che si riscontrano per il governo del mondo per
laccentuarsi delle questioni internazionali e di lungo periodo (sulle quali
poco pu fare il governo nazionale).
Terminata
lesposizione del demografo, poi stato il turno di Christopher Hein,
presidente del CIR. Hein ha ricordato
la conferenza euro-africana sulle migrazioni, organizzata dal Ministero
dellInterno italiano il 7/8 febbraio a Napoli, con la presenza dei capi della
polizia di decine di Stati africani ed europei, Interpol, Europol, e anche del
Ministro dell Interno della Libia, Obeidi, che poche settimane dopo si
integrato delle file dei insorti di Benghazi. La conferenza stata un esempio
eclatante di approccio al fenomeno migratorio esclusivamente dal punto di vista
della sicurezza, con palese incapacit di cogliere il momento storico dei
grandi cambiamenti in Nord Africa. Hein ha sottolineato la straordinaria
importanza data in questi momenti ai diritti umani in tutti i Paesi del Maghreb
e del Mashrek, citando gli esempi della Costituente in Marocco, del processo
delle riforme in Algeria, della ratifica di tutti i trattati dellONU in
materia dei diritti umani da parte della Tunisia durante gli ultimi mesi,
dellattuale dibattito in Egitto sul reato di tortura nel codice penale. Ha
menzionato anche il ruolo fondamentale del sindacato in Tunisia nel processo
rivoluzionario e dellincontro esemplare tra societ civile ed istituzioni in
questo processo.
Terminata lesposizione del
demografo, poi stato il turno di Christopher Hein, presidente
del CIR. Hein ha ricordato la
conferenza euro-africana sulle migrazioni, organizzata dal Ministero
dellInterno italiano il 7/8 febbraio a Napoli, con la presenza dei capi della
polizia di decine di Stati africani ed europei, Interpol, Europol, e anche del
Ministro dell Interno della Libia, Obeidi, che poche settimane dopo si
integrato delle file dei insorti di Benghazi. La conferenza stata un esempio
eclatante di approccio al fenomeno migratorio esclusivamente dal punto di vista
della sicurezza, con palese incapacit di cogliere il momento storico dei
grandi cambiamenti in Nord Africa. Hein ha sottolineato la straordinaria
importanza data in questi momenti ai diritti umani in tutti i Paesi del Maghreb
e del Mashrek, citando gli esempi della Costituente in Marocco, del processo
delle riforme in Algeria, della ratifica di tutti i trattati dellONU in
materia dei diritti umani da parte della Tunisia durante gli ultimi mesi,
dellattuale dibattito in Egitto sul reato di tortura nel codice penale. Ha
menzionato anche il ruolo fondamentale del sindacato in Tunisia nel processo
rivoluzionario e dellincontro esemplare tra societ civile ed istituzioni in
questo processo. Prendendo spunto dal precedente intervento del Prof. Golini,
Hein ha parlato della necessit di prepararsi, in Italia e in Europa, al
probabile aumento dell arrivo di migranti dal Nord Africa durante un periodo
del prossimo futuro, proprio come conseguenza di una altrettanto probabile
ripresa economica in quellarea, accompagnata comunque da galoppante disoccupazione
giovanile. I Paesi del Maghreb – secondo il direttore del CIR -
continueranno anche a servire ancora per un certo periodo come transito di
rifugiati provenienti dallAfrica sub-sahariana, considerando che ci vuole
tempo per creare strutture legislative ed amministrative per diventare paesi di
asilo e offrire opportunit di integrazione di rifugiati e migranti. Per
affrontare queste sfide, Hein offerto due parole chiave : apertura e
partenariato. Apertura in termini di una lungimirante politica di accoglienza
in Europa, simultanea alla politica di supporto e di capacity building in Nord
Africa. Bisognerebbe permettere – ha concluso il direttore del CIR
- larrivo gestito, ordinario e
sicuro di un certo numero di rifugiati presenti in tali Paesi e aprire canali
per una immigrazione programmata. Risulta imperativo, per Hein, costruire una
rete di partenariato tra la societ civile in Europa e nei Paesi del Nord
Africa, a livello dei sindacati, delle associazioni, delle universit, degli
enti locali: Conoscersi meglio attraverso lo scambio, degli stages, degli
incontri, delle attivit in comune – questa sarebbe una politica di
cooperazione che non richiede grandi fondi e potr contribuire alla
confidence-building tra i popoli delle due sponde del Mediterraneo. Il
sindacato ha un ruolo fondamentale in un tale partenariato. CՏ stato poi un
breve intervento del dott. Falcone della DGCS, che ha confermato
il quadro generale di difficolt della cooperazione allo sviluppo italiana, anche
se non particolarmente quella realizzata attraverso le ONG. Questo non
significa, ha detto loratore, che lItalia abbia cessato di essere Paese
donatore: al contrario, il nostro contributo va soprattutto alla Commissione
Europea, per la quale lItalia il terzo donatore a livello comunitario, con
un contributo annuo di 1,5 miliardi di euro. La Commissione Europea, a sua
volta, il primo donatore al mondo in materia di cooperazione allo sviluppo.
Falcone ha poi parlato del ruolo importante della cooperazione decentrata,
dello sforzo istituzionale in corso per delineare nuove linee guida italiane in
materia di cooperazione ed aiuti allo sviluppo, per i quali – ha
concluso loratore – Paesi quali lEgitto, la Tunisia sono considerati
prioritari, mentre il Marocco – pur non prioritario - continuer comunque
ad essere beneficiario di un intervento attivo della DGCS italiana. E poi
seguito
poi lintervento di Lucio Battistotti, Direttore
della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. Per loratore: gli
eventi epocali verificatisi in Africa mediterranea hanno offerto ai popoli dei
Paesi coinvolti lopportunit unica di esprimere pi liberamente il loro
desiderio di vera democrazia, rispetto dei diritti umani civili, ma anche la
richiesta di un funzionamento pi imparziale ed efficiente delle istituzioni
statali e uso pi equo delle risorse pubbliche. Per loratore lUE
pronta a confermare il sostegno a favore dei suoi vicini meridionali e a
firmare convenzioni di partenariato con questi paesi per realizzare progressi
concreti a favore dei cittadini. Per quanto riguarda i flussi migratori, per
Battistotti: la risposta
dellUnione europea alla situazione di emergenza complessivamente giudicata
rapida, articolata ed efficace. Daltro canto, per, anche emerso con
chiarezza che la situazione di crisi non si risolver rapidamente e che occorra
creare le condizioni per mettere in atto un piano pi strutturato e sostenibile
che sia in grado di coprire le diverse dimensioni del fenomeno e
si fondi sulla solidariet tra gli Stati membri e sul
partenariato con i paesi terzi interessati, nel pieno
rispetto degli obblighi internazionali dellUnione. Per la Commissione Europea
I flussi di migrazione irregolare provenienti dalla Tunisia e dalla Libia
potrebbero esser seguiti da fenomeni simili in altri paesi del Sud del
Mediterraneo. A fronte di questa situazione e per rispondere a queste sfide in
modo rapido ed efficace, emersa l'urgenza di intraprendere immediatamente
nuove iniziative e di presentare misure a lungo termine per lo sviluppo delle
capacit di gestione della migrazione e dei flussi di profughi nel Mediterraneo
nel Consiglio europeo che ha avuto luogo il 24 e 25 di giugno. La Commissione convinta della
necessit di adottare misure miranti innanzitutto a risolvere le cause
strutturali all'origine dei flussi migratori. La cooperazione con i paesi del
Sud del Mediterraneo dovrebbe essere potenziata per rispondere efficacemente
alla sfida di creare posti di lavoro e migliorare le condizioni di vita
nell'intera area. La Commissione convinta che lavvio dei partenariati per la
mobilit con i paesi del Sud del Mediterraneo sia uno strumento cruciale di
stabilizzazione, proposta che si tradurr in un approccio su misura, basato
sullimpegno assunto da ogni singolo paese di soddisfare determinate condizioni
e di rispettare nella loro globalit le relazioni con il paese partner
interessato. Lultimo intervento della mattinata, prima delle conclusioni,
stato di Gildo Baraldi Direttore Generale OICS, che ha
spiegato la natura e le attivit della sua Organizzazione: una struttura della
Conferenza delle Regioni italiane per la cooperazione impropriamente definita
cooperazione decentrata, con il compito di attivit a sostegno dei processi
di internazionalizzazione territoriale, valorizzazione delle comunit regionali
emigrate (soprattutto nelle Americhe), governo territoriale e valorizzazione
internazionale dei flussi di immigrazione (soprattutto nel Mediterraneo). Ci premesso, ha detto Baraldi,
tenter una sommaria risposta alle questioni poste da Casucci. Ovvio che la
paventata emergenza immigrazione stata volutamente esagerata. Ci nondimeno
la demografia ed il persistente divario economico imporranno nel tempo ingenti
flussi migratori, che (seconda questione) accordi bilaterali e leggi non
possono sperare di bloccare. Loratore ha ricordato che durissimi controlli e
frontiere elettrificate non hanno impedito che oggi la lingua pi parlata negli
USA sia lo spagnolo. Siamo sicuri, si chiesto Baraldi, che lobiettivo debba
essere contenere o bloccare i flussi e non piuttosto cercare di
governarli? E dimostrato che una
maggiore e migliore cooperazione con un Paese terzo non drena, ma al contrario
incrementa limmigrazione da quel Paese. Ci nondimeno la cooperazione uno
strumento fondamentale per governare e migliorare, non quantitativamente ma
qualitativamente, limmigrazione, ridurne la componente di fuga disperata ed
incrementare quella pi utile sia al nostro sviluppo, sia a quello del Paese
dorigine, favorendo l la formazione professionale, la creazione di
occupazione, la coesione sociale, i servizi di welfare ed
il rafforzamento istituzionale, facilitando qui la chiamata dei lavoratori
qualificati necessari alla nostra economia. Daltronde (quarta questione)
perch mai i Governi nordafricani dovrebbero impegnarsi a congelare
lemigrazione? Anche qui non ho tempo per analisi, ma ricordo che fino al 1960
la seconda voce della nostra bilancia dei pagamenti era costituita dalle
rimesse dei nostri emigrati. Loratore ha poi cos proseguito: sarebbe
troppo lungo anche solo elencare i disastrosi effetti del non governo
dellimmigrazione, dalla mancata integrazione, alle reazioni xenofobe
(Rosarno),
allimportazione
di clandestini disperati e costretti quindi a divenire manovalanza a basso
costo della nostra criminalit, o, quando va bene, lavoratori in nero
sottopagati e quindi dirompenti per il mercato del lavoro, allincapacit di
cogliere le opportunit di internazionalizzazione, scambio e sviluppo reciproco
del nostro territorio e di quello dorigine. Dobbiamo prendere atto, ha
concluso Baraldi, che tutta lEuropa destinata ad assorbire una crescita
esponenziale di popolazione esogena ed attrezzarci di conseguenza, sul piano
istituzionale, sociale, economico e (ultima delle questioni poste da Casucci)
su quello dellorganizzazione del lavoro. Perch, tra laltro, non prepararci,
come fanno i Paesi nati dallimmigrazione (Americhe ed Australia) ad estendere
la cittadinanza dallo jus sanguinis allo jus
soli? Unultima osservazione a proposito della cooperazione con i
Paesi di origine: possibile che non si faccia nulla per valorizzare le rimesse
degli immigrati ed i contributi sociali, assicurativi e pensionistici che
(almeno quelli regolari) versano alle nostre istituzioni? . La mattinata si
chiusa con lintervento
conclusivo di Guglielmo Loy Segretario Confederale della UIL.
Loratore ha ripreso le ragioni che hanno motivato la UIL ad organizzare lo
workshop: la situazione che riguarda i Paesi del Mediterraneo certamente complessa – ha esordito - e
concerne aspetti di politica internazionale, politica interna di quei Paesi, il
futuro dei rapporti economici e
commerciali tra Nord Africa, Medio Oriente ed Europa; e, naturalmente la
questione spinosa della mobilit delle persone: un quadro di grandi problemi,
ma anche di opportunit. Si
aprono dunque nuovi scenari a cui il nostro sindacato deve dedicare grande
attenzione: relazioni bilaterali e multilaterali tra Paesi, ma anche una nuova
grande partecipazione della gente alla costruzione del proprio futuro, diversa
dal passato: questo ci spinge – ha detto Loy – a valorizzare
maggiormente il rapporto con i sindacati di quei Paesi, ma anche con i
cittadini di quelle stesse nazioni che gi vivono con noi, che possono
diventare un nesso importante con i loro connazionali nei Paesi di origine. Loratore
ha poi ripreso il concetto di poliedricit dellimmigrazione – gi
ricordato da Natale Forlani – ribadendo che si tratta di un fenomeno
molto complesso e diversificato a cui non possono essere date risposte
generiche e superficiali, cos come spesso avvenuto. Lincapacit di capire
questa poliedricit – ha continuato loratore – una delle cause
che ha portato ad un sostanziale mancato governo della spinta migratoria in
arrivo nellultimo decennio ed anche una concausa delle nostre difficolt nelle
politiche di integrazione tra culture diverse. Abbiamo ormai centinaia di
migliaia di figli di immigrati la cui cultura prevalente quella italiana, ha
detto Loy. A loro vanno date risposte certe sul piano dei diritti civili e di
cittadinanza. Certo una battaglia per i diritti di cittadinanza
sacrosanta. Ci sono, per,
piccole cose che si possono fare anche a legislazione invariata che possono
aiutare concretamente a migliorare le condizioni di vita ed i diritti di questi
nuovi cittadini, molti dei quali preferirebbero – io credo - una maggior
semplicit nella procedura di ottenimento di un permesso di soggiorno di lungo
periodo, piuttosto che il lunghissimo ed incerto cammino per ottenere la
cittadinanza italiana, non sempre richiesta per convinzione, ma spesso per mera
convenienza. Loy ha ricordato che le vicende del Nord Africa ci hanno
riportato crudamente alla drammaticit di un mondo che a noi molto pi vicino
di quanto spesso ricordiamo e a cui ci conviene dare risposte ragionate, in
quanto lo sviluppo economico e democratico in quelle aree pu aiutare anche noi
ad un possibile approccio euro mediterraneo per rispondere al tema incombente
della pressione demografica e migratoria africana nel prossimo futuro. in
questo senso – ha ribadito il dirigente UIL – le risposte date attraverso facili slogan, servono
solo a produrre danni. Le proposte della UIL su questi temi sono molto
articolate ed equilibrate, ha detto loratore. Noi pensiamo che vada rafforzato
il ruolo dei Paesi del Nord Africa – in un quadro di maggior democrazia e
partecipazione della gente, nonch di tutela dei diritti della persona –
per costruire risposte comuni alla forte mobilit africana, nel rispetto dei
diritti umani, ma anche delle normative europee in materia. Abbiamo avuto
conferma anche in questo seminario – ha detto loratore - che il vero fattore di attrazione della
clandestinit leconomia sommersa e che la strada giusta da seguire non sono
leggi sempre pi draconiane, ma una normativa che favorisca percorsi legali di
ingresso in Europa, e lincontro virtuoso tra domanda ed offerta di lavoro
regolare. Oggi in Italia abbiamo un mercato del lavoro che utilizza fortemente
la manodopera etnica (2 milioni di accensioni di rapporti di lavoro con
immigrati nel 2010, malgrado la crisi). Dunque si tratta di una grande risorsa
che potrebbe per diventare un problema se non viene governata. Infatti il
lavoro nero (etnico o meno), produce dumping sociale, dunque maggiore
insofferenza da parte di chi le paga le tasse e soffre delle conseguenze della
concorrenza sleale, dunque condizioni favorevoli al nascere di possibili
atteggiamenti xenofobi.
Specie, ripeto, quando si usano gli
slogan invece della ragione per rispondere ai problemi. E questa certo una
realt che riguarda lintera Europa, come la cronaca di ogni giorno ci
conferma. Ed una sfida anche per il sindacato, che la UIL raccoglie e rilancia
ai suoi interlocutori sociali ed istituzionali. Dopo aver stigmatizzato luso
strumentale dei problemi dellimmigrazione e della crisi, Loy ha concluso il
suo intervento chiedendo alle istituzioni ed agli attori sociali maggior
coraggio ed intelligenza per la ricerca comune di strumenti adeguati a
combattere il lavoro nero e la clandestinit, creare condizioni efficaci di
incontro tra domanda ed offerta di lavoro etnico regolare, nonch di maggior
cooperazione economica e sociale con i nostri vicini del Sud del Mediterraneo.