Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 13 maggio 2011)

 

Immigrazione, sì alla regolarizzazione anche in caso di doppia espulsione

 

*Ventimiglia: un immigrato con il permesso di soggiorno (Ansa)

 

Sentenza del Consiglio di Stato. Conseguenze della Direttiva sui Rimpatri

Sommario

 

 

o      Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                       pag. 2

o      Sentenze – Consiglio di Stato: sì a regolarizzazione anche con doppia espulsione                        pag. 2

o      Approfondimenti – Il lavoro degli stranieri in tempo di crisi                                                        pag. 3

o      Approfondimenti – Analisi, flussi d’ingresso e regolarizzazioni                                                    pag. 5

o      Demografia – Analisi Cnel sulle migrazioni dall’Africa fino a metà secolo                                                 pag. 7

o      Emergenza Mediterraneo –  Laura Boldrini (UNHCR): da Libia fuggiti 750 mila profughi                         pag. 8   

o      Emergenza Mediterraneo –  UE: tutelare l’area Schengen                                                                        pag. 9

o      Foreign press – The demographic politics of immigration                                                                       pag. 9                

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 312



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 17 maggio 2011, ore 11.00, Largo Lamberto Loria, 3

Incontro col Delegato del Sindaco per l’integrazione degli immigrati, On. Romulo Salvador Sabio, sulla Convenzione OIL sul lavoro domestico.

(Giuseppe Casucci, Pilar Saravia)

Roma, 19 maggio 2011, ore 09.30- Grand Hotel Palatino, Via Cavour 213

Convegno Ital: “il servizio civile e l’immigrazione”

(Angela Scalzo)

Roma, 20 maggio 2011, Ministero del Lavoro – via Fornovo, ore 11.30

Comitato Tripartito OIL

(Giuseppe Casucci, Cinzia Del Rio)

Roma, 23 maggio 2011, Palazzo Marini, ore 9.30

Tavola rotonda CIR/Commissione Europea: “i meccanismi di ingresso protetto: un ponte verso la protezione internazionale?”

(Giuseppe Casucci)

Roma 24 maggio 2011 ore 10.30 sala Pietro da Cortona Musei Capitolini a Roma.

Presentazione V inchiesta sul Mercato del Lavoro a Roma da parte del Comune e dell’Università La Sapienza

(Angela Scalzo)

Roma, 27 maggio 2011, ore 9.30, sede CIR via del Velabro

Comitato Direttivo del CIR

(Giuseppe Casucci)

Ginevra, 31 maggio - 11 giugno 2011, Palazzo delle Nazioni

Conferenza Internazionale del Lavoro OIL, Commissione Lavoro domestico

(Giuseppe Casucci)


 

 

Sentenze


Sì alla regolarizzazione anche con la doppia espulsione

Il Consiglio di Stato: “Una condanna per non aver lasciato l’Italia non è un motivo ostativo”. Merito della Direttiva Rimpatri

di Elvio Pasca, www.stranieriinitalia.it


Roma – 11 maggio 2011 - Anche chi è stato condannato per non aver obbedito a un ordine di espulsione ha diritto a essere regolarizzato.  La querelle che va avanti dall’inizio dell’emersione di colf e badanti ha trovato finalmente un punto fermo  grazie a una sentenza emessa ieri dal Consiglio di Stato, il massimo organo della giustizia amministrativa. La legge che nel 2009 ha dato il via alla regolarizzazione dei lavoratori domestici era chiara sul fatto che una semplice vecchia espulsione non fosse d’ostacolo a mettersi in tasca il permesso di soggiorno. Non parlava però espressamente  di chi, già espulso, era stato sorpreso di nuovo sul territorio  italiano, quindi arrestato, condannato e di nuovo espulso, come previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione (art.14 comma 5 ter Dlgs 286/1998). In questi casi, alcune Questure autorizzavano comunque la regolarizzazione, altre invece la bloccavano e procedevano a una nuova espulsione, fino a quando, a marzo del 2010, una circolare del capo della Polizia Antonio Manganelli ha esteso a tutta Italia la linea dura. Diversi tribunali ed esperti hanno però sconfessato quell'interpretazione, finché la decisione non è stata rimessa all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Dopo una prima sentenza che non entrava nel merito della questione, ieri il Consiglio di Stato ha stabilito definitivamente che una condanna per non aver obbedito a un’espulsione (art. 14, comma 5-ter Dlgs 286/1998) non impedisce la regolarizzazione. Quel reato, hanno spiegato i giudici, praticamente non esiste più, dal momento che è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri, come sancito recentemente dalla Corte di Giustizia dell’Ue.

“L’entrata in vigore della normativa comunitaria – scrivono i giudici - ha prodotto l’abolizione del reato” che commetteva chi rimaneva in Italia dopo un’espulsione, con “effetto retroattivo”. Questa retroattività ha effetto anche “sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato”.

Scarica:   La sentenza del Consiglio di Stato


 

Approfondimenti


Il lavoro degli stranieri in tempo di crisi  *

di Corrado Bonifazi e Cristiano Marini 11.05.2011, www.lavoce.info


La crisi economica mondiale ha avuto effetti importanti sulle migrazioni internazionali. Perché la forza lavoro straniera risulta più sensibile al ciclo economico e quindi più penalizzata nelle fasi di recessione. E in Italia? Il forte peggioramento della situazione occupazionale, con una crescita della disoccupazione e una maggior difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro riguarda nello stesso modo lavoratori italiani e stranieri. Sostanzialmente inalterati gli svantaggi di fondo che caratterizzano la condizione degli immigrati nel nostro mercato del lavoro. La crisi economica mondiale ha avuto effetti importanti sulle migrazioni internazionali, sulle variazioni dei flussi in entrata e in uscita dai paesi di destinazione, sul livello delle rimesse economiche dei lavoratori stranieri verso i paesi di origine e, non ultimo, sulla situazione occupazionale dei lavoratori stranieri nei mercati del lavoro dei paesi d'arrivo.

CRISI ECONOMICA E IMMIGRAZIONE

La forza lavoro straniera, rispetto a quella autoctona, risulta più sensibile al ciclo economico, e quindi più penalizzata nelle fasi di recessione, per la segmentazione in settori più esposti alle fluttuazioni economiche, per la maggiore quota di lavoratori con contratti di durata prefissata, per la minore stabilità del posto di lavoro anche a parità di contratto e per la maggiore probabilità di essere soggetti a licenziamenti selettivi. (1) Tuttavia, intensità e caratteristiche degli effetti dipendono, ovviamente, dalla portata della crisi sui diversi sistemi produttivi nazionali e dal ruolo che nei vari mercati del lavoro svolgono i lavoratori stranieri. Ogni paese presenta, quindi, una sua situazione particolare e non fa certo eccezione l'Italia, dove la crescita straordinaria registrata nella presenza straniera nel decennio appena concluso è legata a una serie di rilevanti deficit strutturali che hanno alimentato la domanda di lavoro immigrato. (2)

L'ANDAMENTO DEL FENOMENO

Secondo i dati anagrafici, la popolazione straniera residente continua a crescere anche in questi anni di crisi economica. A inizio 2011 le stime indicano quasi 4,6 milioni di stranieri residenti e l'incremento, pur rallentando, è stato di 328mila unità nel corso del 2010. Parallelamente, secondo le indagini sulle forze di lavoro, è anche aumentata la presenza straniera nel mercato del lavoro. Gli stranieri nelle forze di lavoro sono passati da 1,9 milioni del 2008 a 2,4 del 2010, per effetto di una crescita di 330mila unità tra gli occupati e di 110mila tra i disoccupati stranieri. Complessivamente, gli stranieri sono arrivati così a rappresentare più del 9 per cento delle forze di lavoro e degli occupati e il 13 per cento dei disoccupati. In termini quantitativi, quindi, la crisi non sembra aver invertito la tendenza alla crescita del lavoro straniero, anche se è necessaria una buona dose di prudenza nel considerare questi dati, che sono probabilmente sovrastimati, per le difficoltà del dato anagrafico (che serve da base all'indagine sulle forze di lavoro) di dar conto con precisione dei flussi migratori in uscita dall'Italia.
Ma le distorsioni dovrebbero attenuarsi considerando misure relative della partecipazione al mercato del lavoro. In questo caso appare evidente (tabella 1) che la crisi ha colpito molto più i lavoratori stranieri di quelli italiani e poco più le lavoratrici straniere di quelle italiane. In particolare, nel biennio 2008-2010, i tassi di attività e quelli di occupazione sono diminuiti più tra gli stranieri che tra gli italiani e il tasso di disoccupazione degli stranieri è cresciuto del 73 per cento contro il 32 per cento degli autoctoni. Tra le donne, le variazioni e le differenze sono più attenuate e, nel complesso, le straniere sembrano aver risposto alla crisi economica quasi come le italiane.

 

 

 

 

 

 

Tabella 1: Tassi di attività, occupazione e disoccupazione di stranieri e italiani, 15-64 anni. 2008 e 2010 (%)

 


Anni

Tasso di attività

Tasso di occupazione

Tasso di disoccupazione

 

Stranieri

Italiani

Stranieri

Italiani

Stranieri

Italiani

 

 

 

Maschi

 

 

2008

87,1

73,5

81,9

69,5

6,0

5,6

2010

85,1

72,3

76,2

67,0

10,4

7,4

Var. %

-2,4

-1,7

-6,9

-3,6

72,9

32,1

 

 

 

Femmine

 

 

2008

59,9

51,0

52,8

46,8

11,9

8,3

2010

58,7

50,2

50,9

45,6

13,3

9,2

Var. %

-2,0

-1,6

-3,5

-2,7

11,8

11,4


Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

LE TRANSIZIONI OCCUPAZIONALI

La struttura panel della rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat permette di costruire matrici di transizione della condizione lavorativa delle persone intervistate a distanza di dodici mesi. I dati relativi alle transizioni avvenute tra 2008 e 2009 (tabella 2) mostrano per gli occupati stranieri, in confronto agli italiani, una minor frequenza di persone che rimangono nella condizione di occupato, una maggior probabilità di passare in stato di disoccupazione e una minore di uscire dal mercato del lavoro. Parallelamente, se consideriamo gli stranieri che nel 2008 erano disoccupati o inattivi, questi presentano, sempre rispetto agli italiani, una maggior quota di persone che nel 2009 erano occupate e disoccupate, e una più bassa percentuale di transiti o permanenze in condizioni di inattività. Nel complesso, gli stranieri mostrano una minore capacità di mantenere il lavoro, ma anche una maggiore probabilità di trovarne uno se disoccupati o inattivi. Una situazione che appare legata alla maggior flessibilità del lavoro straniero e ai minori ammortizzatori sociali e familiari a disposizione degli immigrati, che hanno meno possibilità di transitare o restare in una condizione di inattività. 

Tabella 2: Transizioni occupazionali nel mercato del lavoro italiano dei 15-64enni per sesso e cittadinanza nel 2008-09 (percentuali di riga)

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro.

LE RAGIONI DELLE DIFFERENZE TRA ITALIANI E STRANIERI

Tramite l’utilizzo di queste informazioni si è cercato anche di analizzare la possibile relazione tra transizioni occupazionali e variabili strutturali per l’intervallo che va dal 2006 al 2009. Le relazioni sono state analizzate sia negli anni “normali” che in quelli di maggiore crisi economico-occupazionale. (3)
La crisi ha comportato, come è ovvio, un netto peggioramento della situazione: complessivamente la probabilità di perdere il lavoro è aumentata del 30 per cento tra il 2008 e il 2009 rispetto a quanto avveniva due anni prima. Particolarmente toccata è stata l’industria, in cui la probabilità di passare dalla condizione di occupato a quella di disoccupato è aumentata molto più che negli altri settori produttivi. Non sembra invece peggiorare, in termini relativi, la situazione dei lavoratori stranieri: il loro svantaggio rispetto agli italiani, che era del 30 per cento tra 2006 e 2007, è salito solo al 31 per cento tra 2008 e 2009. Una differenza minima, che mostra come sotto questo profilo la crisi economica non abbia comportato cambiamenti nelle modalità di funzionamento del mercato del lavoro italiano.
Nell’anno di crisi, gli stranieri presentano anche una minore probabilità relativa rispetto agli italiani di passare dall’occupazione all’inattività. Un risultato che conferma un altro aspetto della maggiore fragilità della popolazione straniera nei confronti della popolazione autoctona: quest'ultima può infatti contare su una più solida rete sociale e familiare a copertura di periodi di inattività, in caso di perdita del lavoro. Nel complesso, invece, non si registrano differenze significative tra italiani e stranieri nel rischio di restare intrappolati nella disoccupazione. Un rischio che è molto più influenzato dall’età, dal livello di istruzione e dalla ripartizione di residenza che non dalla cittadinanza.  
In definitiva, la crisi sembra aver colpito nello stesso modo italiani e stranieri e non aver modificato gli svantaggi di fondo che caratterizzano la condizione degli immigrati nel nostro mercato del lavoro. Tutto ciò è ovviamente avvenuto in un contesto che ha visto un forte e complessivo peggioramento della situazione occupazionale, con una crescita della disoccupazione e una maggior difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro. Quello che non è cambiato è la distanza che separa gli stranieri dagli italiani, rimasta sostanzialmente inalterata

CONDIZIONE NEL 2008 STRANIERI

CONDIZIONE NEL 2009 STRANIERI

Maschi

Femmine

occupato

disoccupato

inattivo

totale

occupato

disoccupato

inattivo

totale

occupato

92,5

4,6

2,9

100,0

89,2

4,8

5,9

100,0

disoccupato

32,7

51,8

15,5

100,0

29,2

30,8

40,0

100,0

inattivo

13,3

8,3

78,5

100,0

8,5

7,7

83,8

100,0

CONDIZIONE NEL 2008 ITALIANI

CONDIZIONE NEL 2009 ITALIANI

Maschi

Femmine

occupato

disoccupato

inattivo

totale

occupato

disoccupato

inattivo

totale

occupato

93,4

2,4

4,2

100,0

90,4

2,4

7,2

100,0

disoccupato

26,7

39,9

33,4

100,0

22,8

30,7

46,5

100,0

inattivo

8,0

6,1

85,9

100,0

5,1

4,3

90,6

100,0

durante la crisi. Ciò è sicuramente dipeso dal particolare impatto che la crisi ha sinora avuto sul sistema produttivo italiano, ma anche dal ruolo strutturale che il lavoro immigrato ha ormai all’interno della nostra economia.

* L'articolo è presente anche su www.neodemos.it

(1) Oecd (2010), International Migration Outlook: Sopemi 2010.
(2) C. Bonifazi, L’immigrazione è solo un problema di sicurezza?, Neodemos
(3) A questi scopi, si è fatto ricorso a modelli di regressione logistica multinomiale. La variabile risposta infatti può assumere le modalità della condizione occupazionale a distanza di dodici mesi: inattivo; in cerca di occupazione; occupato. La categoria di riferimento è costituita dagli individui che nell’anno t+1 hanno un lavoro. I casi selezionati riguardano la popolazione in età lavorativa di 15-64 anni occupata/disoccupata al tempo t.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L’analisi. Flussi d’ingresso e regolarizzazioni

Nel confronto degli immigrati sono concretamente più severe le politiche del Centro Destra o quelle dell’Opposizione? Il bilancio di 14 anni di politiche dell’immigrazione.

Nostro aggiornamento di un lavoro realizzato da Andrea Stuppini, Rappresentante delle Regioni nel Comitato tecnico nazionale sull’immigrazione della Regione Emilia-Romagna


Roma – 12 maggio 2011 - La riapertura dei decreti flussi (con il DCPM 30/11/2010), insieme al decreto di aprile scorso sugli stagionali, ci da’ lo spunto per fare il punto sulle politiche dei flussi impostate dai governi negli ultimi dodici anni, cioè dall’entrata in vigore della normativa sui flussi di ingresso dei lavoratori stranieri, contenuta nel testo unico sull’immigrazione.
I dati contenuti nella tabella allegata si riferiscono al numero dei lavoratori programmati nei flussi di ingresso, cioè dei posti messi annualmente  a disposizione e non al numero di lavoratori che hanno ottenuto l’effettivo nulla-osta ed il relativo permesso di soggiorno che risulta inferiore. Ciononostante i numeri della programmazione sono assai indicativi e nei quattordici anni di vigenza della normativa appaiono piuttosto rilevanti : oltre tre milioni di autorizzazioni di ingresso suddivise in 722 mila per gli stagionali, in 1.349.000 quote di ingresso per lavoro autonomo e subordinato (ivi compreso il decreto flussi “doppio” nel 2006) ed oltre 1.558.000 frutto delle tre regolarizzazioni nel periodo. Complessivamente si tratta dei numeri più elevati all’interno dell’Unione Europea.
Può essere di qualche interesse rilevare che i governi di centro-sinistra hanno privilegiato il canale delle quote di ingresso ordinarie, mentre i governi di centro-destra hanno privilegiato le quote per lavoro stagionale e le regolarizzazioni; da notare che le regolarizzazioni  del 2002 e del 2009 sono intervenute per moderare gli effetti di due provvedimenti “restrittivi” almeno nelle intenzioni , come la legge 189/2002 e la legge 94/2009. Si può considerare come esistano due visioni dell’apporto lavorativo degli immigrati: una più propensa a considerare prevalentemente una permanenza di breve durata ed una che accetta di fare i conti con i progetti di vita stabili nel nostro paese. Esaminando i dati dal 1998 ad oggi un osservatore imparziale faticherebbe ad individuare una linea coerente nella programmazione dei flussi. Emergono infatti due contraddizioni principali: una interna alle politiche del lavoro ed una collegata alle politiche di accoglienza e di accesso ai servizi. In una fase di crisi economica come l’attuale, una norma assai problematica è quella che prevede la perdita del permesso di soggiorno dopo sei mesi dalla perdita del posto di lavoro (fatta salva ovviamente la Cassa Integrazione). Si rischia così di disperdere professionalità preziose. Sarebbe auspicabile, come già sollecitato dalle organizzazioni sindacali, ritornare ai dodici mesi precedentemente previsti, o considerare gli ammortizzatori sociali reddito utile al fine del rinnovo, per dare ai disoccupati maggiore possibilità di rientrare nel mercato del lavoro regolare, indipendentemente dai decreti flussi. La seconda contraddizione è quella per la quale la programmazione dei flussi è stata regolata indipendentemente dalle capacità di accoglienza dei servizi di welfare. Ciò ha fatto emergere dei problemi redistributivi soprattutto nelle regioni del nord, particolarmente in una fase  di risorse pubbliche decrescenti. Nei prossimi anni le politiche migratorie italiane dovranno quindi porsi un interrogativo di fondo: i flussi di lavoratori stranieri potranno essere programmati (come è avvenuto finora)  indipendentemente dalle capacità di  accoglienza e di integrazione nei servizi, cercando di limitare in qualche modo l’accesso ai servizi degli stranieri? Oppure si dovranno rapportare i flussi alle capacità di accoglienza dei servizi, garantendo comunque (come prevede la Costituzione) una piena parità di diritti e doveri per gli immigrati? È questa una discussione importante che può riassumere il tono delle politiche migratorie del nostro paese. È interesse di tutti affrontarla in maniera trasparente.




Evoluzione della struttura della programmazione dei flussi di lavoratori extracomunitari e delle regolarizzazioni nel periodo 1998-2009

Anno

Riferimenti atti

 

Governi

1998

Decreto del Ministro Affari Esteri del 24 dicembre 1997 ( art.2 legge 39/90)

1° decreto flussi legge 40/98

DPCM 16/10/1998

Prodi

1999

DPCM 4 /08/1999

D’alema

1999

D,Lgs 13 aprile 1999 REGOLARIZZAZIONE “Turco-Napolitano”

D’alema

2000

DPCM 8/02/2000

D’alema

2001

DPCM 9/04/2001

Amato

2002

DPCM 15/10/ 2002

Berlusconi

2002

L.189/2002 REGOLARIZZAZIONE “Bossi-Fini”

 

Berlusconi

2003

DPCM 20/12/2002

DPCM 6/06/2003

Berlusconi

2004

DPCM 19/12/2003

DPCM 8/10/2004

DPCM 20/10/2004

Berlusconi

2005

DPCM 17/12/2004

Berlusconi

2006

DPCM 14/03/2006 (170.000)

 

DPCM 14/07/2006 (30.000)

DPCM 25/10/2006 (350.000)

Berlusconi

 

Prodi

2007

DPCM 9/01/2007 (80.000)

DPCM 30/10/2007

Prodi

2008

 

DPCM 8/11/2007 (80.000)

 

DPCM 3/12/2008 (150.000)

Prodi

 

Berlusconi

2009

DPCM 20/03/2009 (80.000)

Berlusconi

2009

L.102/2009 REGOLARIZZAZIONE “Colf e badanti”

Berlusconi

2010

DCPM stagionali aprile 2010

Berlusconi

2010

DCPM stagionali aprile 2010

Berlusconi

2010

DCPM dicembre  2010

Berlusconi

2011

DCPM 02/11 stagionali

Berlusconi

Nel periodo 1998-2011 (14 anni) CS ha governato 6 anni e CD 8 anni ciascuno:
CS nel 1998-99-2000-2001, metà 2006, 2007, e metà 2008.
CD nel 2002-2003-2004-2005- metà 2006, metà 2008, 2009, 2010, 2011.
1998-2011 Complessivo
Quote di ingresso per stagionali  722.900
Quote di ingresso per lavoratori subordinati ed autonomi 1.349.000
Numero regolarizzati fuori dai flussi: 1.158.744  
(Esclusi gli stagionali, nei 12 presi in considerazione, le sanatorie hanno avuto lo stesso peso dei decreti flussi).
1998-2011 Governi di centro sinistra
Quote di ingresso per stagionali  199.400
Quote di ingresso per lavoratori subordinati ed autonomi : 749.000
Numero regolarizzati fuori dai flussi: 214.000
1998-2011 Governi di centro destra
Quote di ingresso per stagionali: 523.500
Quote di ingresso per lavoratori subordinati ed autonomi: 600.000
Numero regolarizzati fuori dai flussi: 650.000 + 294.744 = 944.744
IL CENTRO SINISTRA HA PROGRAMMATO 948.400 INGRESSI DI CUI 199.400 PER STAGIONALI (21%) E REGOLARIZZATO 214.000 PERSONE PER UN TOTALE DI: 1.162.400
Il CENTRO DESTRA HA PROGRAMMATO 1.123.500 INGRESSI DI CUI 523.500 PER STAGIONALI (45%) E REGOLARIZZATO 944.744 PERSONE PER UN TOTALE DI : 2.068.244

In pratica, fatti 100 il numero di immigrati entrati regolarmente o regolarizzati, 64 sono entrati in periodi di governo del Centro destra e 36 con quello del Centro sinistra.
Flussi e regolarizzazioni nel periodo 1998-2011: comportamenti dei Governi di CS e CD nei 12 anni presi in considerazione

 

 

 

Demografia

 


Per il Cnel fino al 2050 in Europa arriveranno dall'Africa due milioni di persone ogni anno


Ilsole24ore.com - Roma, 10 maggio 2011 - Da oggi e fino al 2050 si stima che in Europa migreranno ogni anno 1,5-2 milioni di persone provenienti dall'Africa. Ma, secondo il responsabile del comitato Immigrazione del Cnel, Giulio Alessandrini, questa prospettiva «non ci deve allarmare, è importante mettere in campo politiche che qualifichino la migrazione, che non siano frutto di improvvisazione e che siano innestate dentro la politica estera».

In occasione della presentazione della ricerca "Le prospettive delle dinamiche migratorie sud-nord, in particolare dal continente africano verso il Mediterraneo, determinate da fattori demografici ed economici", oggi al Cnel, Alessandrini ha osservato che il fenomeno migratorio che ha interessato l'Italia in questi ultimi mesi ha una dimensione europea, anche se «l'Ue non ha dato un bello spettacolo. È urgente una visione più strategica e complessiva del fenomeno» a livello comunitario.

Secondo la ricerca, da oggi e fino al 2050 la popolazione europea continuerà a diminuire (passando da 733 a 691 milioni di abitanti) e quella del Nord Africa e dell'Africa subsahariana, nonostante le migrazioni correnti, continuerà ad aumentare (da 213 a 321 milioni nel primo caso, da 863 milioni a 1,7 miliardi nel secondo). In Africa, la popolazione in età lavorativa aumenterà di 725 milioni fino al 2050, mentre in Europa diminuirà di 103 milioni di unità: all'Africa servirebbero 508 milioni di posti di lavoro in più entro quella data.

«Le migrazioni internazionali - si legge nella ricerca – pur necessarie e convenienti, non sono in grado di risolvere i problemi e le miserie della regione euro-africana. Ma nel breve-medio periodo bisognerà trovare strumenti specifici di governo: a livello nazionale si dovrà tornare ad avere un vice presidente del Consiglio con delega alle migrazioni; a livello comunitario e nazionale di dovrà pensare a migrazioni temporanee e rotatorie per superare l'asimmetria tra Europa (a cui servono milioni di immigrati) e Africa (a cui servono miliardi di emigrati). Infine sarà fondamentale potenziare e favorire lo sviluppo dell'Unione euro-mediterranea».

«Il grosso dei potenziali immigrati - spiega Alessandrini - arriverà dalla zona subsahariana. Tenendo presente questa forte spinta verso il Mediterraneo, il punto vero è che gli eventi del nord Africa e questa prospettiva sempre più incombente dell'immigrazione spazzano via tutti i nostri ragionamenti sulla strutturalità dell'immigrazione. C'è stata una politica d'immigrazione centrata sul "breve respiro", cioè tutta collegata all'emergenza, con l'ossessione dei clandestini e la preoccupazione alla sicurezza, ma in realtà il tema vero dell'immigrazione ha ben altre dimensioni», che saranno determinate da problemi economici e demografici.

>> Per saperne di più


 

Emergenza Mediterraneo


Laura Boldrini (UNHCR): da Libia scappati 750 mila profughi. 11 mila sono arrivati in Italia, ma ne arriveranno altri.


Lampedusa, 12 maggio 2011 - (Adnkronos) - "Dalla Libia sono scappate 750 mila persone e soltanto 11 mila di queste sono sbarcate sulle coste siciliane. Molti di loro si sono rifugiati tra la Tunisia e l'Egitto, ma e' molto probabile altre migliaia di profughi si metteranno in viaggio per raggiungere le nostre coste". E' l'allarme lanciato da Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati Onu, in questi giorni a Lampedusa per seguire da vicino gli ultimi sviluppi dell'emergenza immigrazione. "E' importante fare chiarezza sul fatto che nel Mediterraneo ci sono due flussi migratori paralleli, uno di carattere economico che arriva dalla Tunisia e l'altro dalla Libia con persone in fuga da un paese in guerra -ha detto ancora Laura Boldrini- non ci dobbiamo affatto meravigliare che in Italia siano arrivate 11 mila persone, e' solo una minima parte dei migranti scappati dal paese di Gheddafi. Si tratta di persone che rischiano la vita nel Mediterraneo". Ecco perché, secondo il portavoce Onu, "è importante che si continui nell'accoglienza, così come si sta facendo. Le persone vanno accolte, se il flusso dovesse diventare massiccio sarebbe auspicabile dare una protezione temporanea ai profughi per poi stabilire le condizioni, persona per persona".

Secondo quanto spiegato dalla stessa Boldrini, "i paesi più colpiti dall'emergenza guerra in Libia sono la Tunisia, l'Algeria, l'Egitto e il Niger. questi paesi stanno facendo fronte a questa ondata d'urto di profughi". Auspica, quindi, "una maggiore solidarietà tra gli stati europei. Fino ad oggi ogni Stato ha agito da sé, mi auguro che da adesso si cambi". Ma ha anche ribadito che l'Italia "è in grado di fare fronte a questa ondata migratoria". La portavoce in Italia dell’UNHCR ha anche spiegato come stia: "cambiando la dinamica del flusso migratorio proveniente dalla Libia; gli immigrati vengono mandati allo sbaraglio. Alcuni migranti ci hanno raccontato che dopo aver visto il naufragio proprio davanti alle coste della Libia non volevano più partire ma sono stati costretti dagli uomini armati".

"E' una situazione che non si può più tollerare - ha aggiunto Laura Boldrini - i profughi vengono mandati a bordo di imbarcazioni sempre più grandi e spesso affidate a persone senza alcuna esperienza. E' una sorta di roulette russa. queste persone vengono mandate in balia della sorte con il rischio di perdere la vita". "E' doveroso che si capisca che non si può più aspettare la chiamata di soccorso per aiutare i profughi sui barconi nel Mediterraneo", sottolinea il portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati: "con la nuova dinamica del flusso migratorio le persone sono più a rischio -ha aggiunto - sono a bordo di barconi stracolmi quindi e' importante un meccanismo di coordinamento. Appena un barcone viene intercettato, va soccorso, soltanto così si possono evitare altre tragedie come quelle accadute di recente con centinaia di morti in mare per i mancati soccorsi".


 


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Immigrati: UE, tutela di Schengen, frontiere esterne più forti, ma anche più cooperazione con i Paesi Terzi


Sbarchi Lampedusa (ASCA) - Roma, 12 maggio 2011 - Tutelare la libera circolazione prevista dal trattato di Schengen, rafforzare le frontiere esterne dell'Unione europea e aumentare la cooperazione con i paesi terzi a Sud dell'Europa. Una cooperazione fondata su aspetti della mobilità e della sicurezza, sulla base di un approccio differenziato e di condizioni adeguate. Queste le conclusioni cui e' giunto il Consiglio europeo di Giustizia e Affari interni (Gai) dedicato all'emergenza immigrazione, che si e' svolto oggi a Bruxelles. ''C'e' stato consenso sul fatto che la libera circolazione delle persone e' uno dei principali successi dell'Unione europea e che deve essere preservato'', ha detto il ministro degli Interni ungherese Sandor Pinter, presidente della riunione. Per l'Italia ha partecipato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che ha commentato: ''Sono documenti che contengono tanti buoni propositi, assolutamente condivisibili'' ma che ''mancano di concretezza''. Sul fronte francese, invece, il ministro Claude Gue'ant ha evidenziato come Parigi sia ''del tutto in linea con il consenso raggiunto ''. All'ordine del giorno del Gai, la Comunicazione sulla politica di migrazione adottata il 4 maggio dalla Commissione Europea con l'ipotesi di sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione, ma solo in casi particolari; il seguito della riunione svoltasi a Lussemburgo l'11 aprile scorso sui flussi migratori verso l'Europa e l'eventualità di stringere accordi con i paesi terzi per il rimpatrio dei migranti. Le iniziative proposte dalla Commissione europea (la possibilità che le frontiere esterne possano essere controllate meglio attraverso Frontex, la possibilità di aiuti economici per la gestione delle emergenze umanitarie, una revisione della governance di Schengen per affrontare l'immigrazione irregolare e un approccio strategico per le relazioni con i paesi terzi sulle questioni legate alla migrazione) andranno ad aggiungersi alle misure urgenti a breve termine già adottate dalla Commissione e sostenute dagli Stati membri dell'Ue per affrontare la situazione della migrazione dal Nord Africa. Il Consiglio ha avuto poi un primo scambio di vedute su un'eventuale strategia futura della Commissione per il rimpatrio dei migranti attraverso accordi con i paesi terzi. Frutto della discussione la scelta di attuare una maggiore cooperazione nel settore della mobilità, per esempio facilitando i visti ai cittadini del paese terzo in questione come incentivo durante la fase di negoziazione di accordi di riammissione. Infatti, e' stato evidenziato dai ministri, gli accordi di riammissione vanno spesso di pari passo con gli accordi di facilitazione dei visti. Finora, l'Ue ha concluso accordi di facilitazione dei visti con otto paesi: Albania, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ex Jugoslava di Macedonia (acronimo Fyrom), la Repubblica di Moldavia, Montenegro, Russia, Serbia e Ucraina. Tutti e otto hanno concluso anche accordi di riammissione. Inoltre, negoziati sulla facilitazione del visto sono in corso con Capo Verde.Ora i prossimi passi sul fronte della gestione dei flussi migratori da parte della Ue sono alcune proposte della Commissione in materia di migrazione, asilo e integrazione attese per fine maggio-inizio giugno alla luce della discussione del Consiglio di oggi, il prossimo Consiglio Gai del 9 e 10 giugno e il Consiglio europeo del 24 giugno.
map/cam/alf


 

Foreign Press


The Ecomist

Immigration reform

The demographic politics of immigration

May 10th 2011, 20:33 by W.W. | IOWA CITY


AS MY colleague noted below, Barack Obama gave a speech on immigration reform this afternoon in El Paso, Texas, reviving a debate largely dormant since the Senate voted down the DREAM Act in December. In my estimation, Mr Obama's earlier defence of the DREAM Act, which would have offered a path to citizenship to certain non-citizen children of undocumented immigrants, was both lacklustre and politically savvy. Mr Obama did not burn scarce political capital last year fighting tooth and nail for DREAM, but he did successfully signal strong and sincere support for a provision popular in America's rapidly-growing Latin-American immigrant population, even while appeasing law-and-order Democrats and swing voters by racking up record numbers of deportations. Keeping immigration reform at the forefront of the administration's agenda promises to consolidate Latino support for Mr Obama while capitalising on the tensions within the GOP's approach to this issue.   As NPR's Frank James reports: The White House and congressional Democrats also want to take advantage of the fissures on immigration within the Republican Party. By pushing an immigration overhaul, they're banking on immigration hardliners in the Republican Party, through words and actions, doing their part to energize Latinos in the Democratic base. Republicans really are in a tough spot. The GOP's best medium-to-long-run strategy—a continuation of George W. Bush and Karl Rove's efforts to court Latino voters—conflicts directly with the best short-run strategy of conservative candidates who bank on nativist populism to get them in office and keep them there. This exchange between NPR's Mara Liasson and Marty Wilson, a Republican political strategist, illustrates the GOP's problem: MARA: Republicans say they want to pass bills that would enhance border security—not legalize undocumented workers. But GOP strategist Marty Wilson thinks that's short-sighted. Wilson ran Carly Fiorina's Senate race in California, a race he says she lost because she didn't get enough Hispanic votes. WILSON: The hardline approach on immigration, which is: "find em, arrest 'em, and throw 'em out," is not going to work. Latinos are a growing population in a state like California. They're a growing political force. And unless we come up with a better way to talk about immigration, we're going to continue to way underperform and that does not indicate that you're going to win many elections. MARA: Wilson thinks Republicans should add a guest worker program to their border-security bills. That would allow them to appear welcoming to Hispanics without angering their conservative base with talk of amnesty. As Reihan Salam recently noted in The Daily, the success of Canada's Conservative Party, which picked up seats and clinched a majority government in last week's federal elections, is due in no small part to it's concerted (perhaps Bush-inspired) attempt to attract immigrant voters: [Prime Minister Stephen] Harper recognized early on that a large share of Canada’s aspirational middle class were immigrants. Led by Immigration Minister Jason Kenney, the Conservatives mounted an unprecedented effort to win the votes of Asian voters, many of whom had long been loyal to the Liberals. The gestures ranged from large to small, from reforming Canada’s immigration policies to welcome more high-skilled immigrants to creating official committees celebrating the virtues of traditional Chinese medicine. The Conservatives realized that the key to winning immigrant voters is to demonstrate that you understand and value their concerns. One result of this outreach effort has been the election of a large number of Asian Canadians as Conservative MPs, a number of whom have made it into Harper’s cabinet. Given that the American electorate is growing steadily less white, it is widely understood that Republicans need to make inroads in large and growing Latino and Asian communities. Harper’s Conservatives offer a road map as to how they might do that. 

When I was in Ottawa a couple years ago, I had the opportunity to speak with one of Mr Kenney's aides who stressed the folly of neglecting immigrant and ethnic voters simply because large majorities happen to prefer competing parties. The Tories don't need majorities of Chinese or Indian voters to stay in government, he told me, just a steadily increasing share of the Asian-Canadian vote. It looks like this strategy is paying off. The GOP has much to gain by following Mr Harper's example, yet America's right-wing rank and file seems to me so invested in an immigrant-unfriendly expressive politics of American identity that I doubt the party will get its act together until it's too late—until it experiences a humiliating electoral defeat that finally brings it home that there is no other way. Mr Obama's move to put immigration reform on the front burner may help some Republican candidates in strongly anti-immigration districts, but it will almost certainly help Democrats generally, and keep the Obama family comfortably ensconced at 1600 Pennsylvania Avenue.

(Photo credit: AFP)