Zaia non respinge i profughi. E la base del partito si rivolta
Libero 13 maggio 2011
Alessandro Gonzato
Ilpopolo leghista dei Veneto non ci sta. Il Papa e il governatore Zaia possono dire quello che vogliono. II popolo
leghista i profughi non li vuole. Le parole diBenedetto XVI che, in occasione della recente visita a Venezia, ha aperto
le braccia ai migranti, parlando di ospitalità e di solidarietà, non sono piaciute. E se non sono andate giü a chi vota
Lega, tanto piü non sono andate giü ai militanti duri e puri.Per non parlare dei dirigenti del partito che oggi non
sanno come fare a dare ragione sia al Papa che alla base in rivolta. II loro imbarazzo è evidente e il piü imbaraz-
zato di tutti è proprio Zaia che non può né sconfessare le "parole sante" del Papa né evitare di condividere gli
improperi dei suo popolo. «Solidarietà un corno». Sul web la protesta dei leghisti infuria. «IlPapa vuole aprire ai
clandestini. Allora che se li prenda il Vaticano» scrive un militante sulla pagina Facebook dei presidente dei Veneto
Zaia, il primo a ringraziare, obtorto collo, il Santo Padre per le parole di fratellanza pronunciate in Laguna. Cosa
avrebbe dovuto fare? La rabbia corre sul social network. «La chiesa è la nostra rovina e vive solo sulle disgrazie
della gente» si sfoga Loris. «Pensiamo ai nostri Cittadini bisognosi, che sono già troppi» aggiunge Silvia. L'ondata di
profughi che sta invadendo il Veneto deve essere arrestata, secondo il popolo leghista. Negli ultimi due giorni ne sono
arrivati 355, una cifra che deve essere sommata agli oltre 200 già presenti da qualche settimana. Come la pensi il
segretario regionale della Lega e sindaco di Treviso, Gian Paolo Gobbo, è presto detto. «II Papa dice che bisogna
aprire le porte? Piü aperte di cosi non si può». Dello stesso parère anche il presidente della Provinda di Treviso,
Leonardo Muraro: «Anche Napolitano ci ha elogiati citandoci come esempio di integrazione e di solidarietà» dice «ma
adesso basta. Non c'è piü posto per nessuno». E poi ha aggiunto: «Quando capirò chi deve gestire questa emergenza,
allora Zaia mi chiami nel suo ufficio». Zaia però, resta un amico. Muraro nega di essere in polemica col governatore.
L'impressione però è che in Veneto la questione degli immigrati stia mettendo tutti contro tutti.
Lampedusa, l'affondo di Amnesty
Europa quotidiano 13 maggio 2011
Lorenzo Biondi
Il Médio Oriente e il Nord Africa sono in subbuglio e l'Italia che fa? «L'unica risposta del governo è stata provocare
la crisi umanitaria di Lampedusa a marzo». «Provocare», proprio cosi. Parola di Amnesty international, per bocca della
direttrice dell'ufficio ricerca italiano, Giusy D Alconzo, alla presentazione del rapporta annuale dell'ong sui diritti
umani nel mondo. È un'indagine che - dalla rivolta di Rosarno, al rogo dei bambini rom, alla crisi lampedusana -
racconta un anno di quotidiane discriminazioni compiute nel nostro paese. Con un'accusa precisa alla classe politica
(europea, oltre che nostrana): la diffusissima retórica degli sgomberi e dei respingimenti in mare «ha favorito il
consolidarsi di quella coltre di pregiudizio che ormai è dif-fusa in ampi strati della popolazione».
Quello che préoccupa Amnesty è la mutazione "culturale" in corso in Italia. Un cambiamento che contrasta con l'istin-
tivo senso dell'accoglienza della gente comune (la stessa D'Alconzo ha descritto la solidarietà dei Cittadini di
Lampedusa ai profughi nordafricani, un esempio di «come si fa a non avere paura»). Ma nel rapporta di quest'anno si
legge un generale - anche se prudente - ottimismo. Proprio perché, secondo l'organizzazione, è in corso un epocale
riassestamento délla mentalità collettiva. «È un'ondata di Speranza che ha il Potenziale di cambiare il mondo», spiega
la presidentessa Christine Weise. Inutile dire che si sta parlando di primavera araba.
Ad alimentäre la Speranza ci sono i 1659 detenuti egiziani liberati da febbraio ad oggi. Altre migliaia di prigionieri
politici hanno riconquistato la libertà in Tunisia. Poi l'abrogazione dello stato d'emergenza in Algéria. O i processi
in corso contro i vertici degli ex-regimi di Tunisia ed Egitto. «Era dai tempi dei crollo dell'impero soviético che
governi cosi repressivi non affrontavano una tale sfida al loro potere», ha detto ancora la Weise.
Non sorprende di trovare nel rapporto diversi riferimenti alla libertà di espressione sui social media. Con un
dettaglio interessante: se Facebook e Twitter sono stati strumenti fondamentali nel dare voce alle proteste, i governi
dittatoriali della regione si sono già attrezzati per la controffensiva. Non si tratta solo di bloccare o limitare
l'accesso a internet, un provvedimento che si è sempre dimostrato insufficiente. L'lran (e la Cina) - all'avanguardia
nella cyber-repressione - hanno sperimentato il método di arruolare «schiere» di blogger filogovernativi.
Oltre alle speranze, problemi insoluti. E il librone verde di Amnesty non guarda in faccia a nessuno. Nessun
trattamento di favore per i paesi "amici" dell' Occidente. A partire dall'Arabia Saudita, con le sue 27 sentenze
capitali eseguite nel corso dell'ultimo anno, le centinaia di detenzioni per reati di pensiero e di religione, i
decessi in cárcere per tortura. «Per anni gli stati occidentali hanno chiuso gli occhi davanti alia brutalità dei
regimi mediorientali e dell'frica del nord», prosegue la Weise. «Oggi sono imbarazzati dalla loro ipocrisia, come gli
Usa nel caso di Mubarak». Quella politica non si è invertita ancora del tutto, se in molti casi America e Europa danno
ancora priorità alla difesa della «stabilità» su quella dei «diritti umani».
Magari solo in modo indiretto ma Amnesty pare aver promosso l'intervento "umanitario" sulla Libia. I toni sono
lontanissimi da quelli di qualche anno fa, ai tempi delle guerre in Iraq e Afghanistan. Chiediamo alla Weise se la
ricetta libica si debba applicare anche altrove, dalla Siria allo Yemen. Risponde che Amnesty pone al primo posto la
difesa dei civili, ma non si schiera sulla legittimità di un intervento militare. Nel 2003 sarebbe stata una risposta
impensabile. Anche nel mondo del pacifismo, forse, un cambiamento di mentalità è in atto.
Sulla frontiera
Il Foglio 13 maggio 2011
Bruxelles, I ministri dell'Interno dell'Unione europea vogliono* salvare l'Europa senza frontiere con nuove regole per
Schengen che permettano di chiudere i confini interni in caso di afflusso massiccio di migranti in un paese europeo
vicino. "Schengen è una delle conquiste chiave dell'Ue. Dobbiamo mantenere e salvaguardare questa conquista", ha detto
ieri l'ungherese Sándor Pintér, che ha presieduto il consiglio straordinario sull'immigrazione, Occorre evitare
"decisioni unilaterali" degli stati perché il rischio è "una reazione a catena", ha spiegato Pintér. "Non indeboliremo
Schengen in alcun modo", ha ribadito la commissaria Cecilia Malmström, riconoscendo che qualche modifica è necessaria.
Perfino il francese Claude Guéant, che ha ordinato aile sue forze antisommossa di impedire ai migranti tunisini di
passare la frontiera di Ventimiglia, sostiene che è tutto un "malinteso. La Francia vuole difendere Schengen", Secondo
Guéant, "Schengen è minacciata perché ci sono flussi migratori che diventano sempre più importanti". La reazione a
catena è già una realtà che sta portando alla chiusura dell'Europa senza frontiere. Nei fatti i governi si stanno
riprendendo la lora sovranità sulle frontiere interne all'Unione.
Tutto è iniziato con la decisione italiana di concedere un permesso di soggiorno temporaneo a 20 mila migranti tunisini
per farli circolare in Europa. La Francia ha reagito con controlli a Ventimiglia per bloccare'e rimpatriare i tunisini.
Il Belgio ha rafforzato le verifiche negli aeroporti. Mercoledi la Danimarca ha annunciato il ritorno dei posti di
frontiera al confine con Germania e Svezia, smantellati dieci anni fa. "Tanto rumore per nulla: sono solo controlli
doganali", ha detto il ministro dell'Interno danese, Soren Pind. Legalmente Schengen prevede la possibilità di
controlli entro 20 chilometri dal confine, purché siano casuali e non sistematici. Di fatto è l'ennesimo colpo alla
libera circolazione Ue. Malmström preferisce non commentare: "Abbiamo ricevuto solo mercoledi la proposta. Non
l'abbiamo ancora esaminata". Gli sbarchi in Italia "sono un alibi", spiega al Foglio un diplomático. La decisione della
Danimarca non ha nulla a che vedere con le rivolte arabe. "Assistiamo a una crescita del crimine transfrontaliero:
droghe,'bande di europei dell'est, traffici di esseri umani, riciclaggio di denaro", ha spiegato il ministro delle
Finalize danese, Claus Hjort Frederiksen. Da tempo alcuni governi si sono accorti che le frontiere esterne dell'Unione
sono piene di buchi attraverso i quali passa l'immigrazione clandestina. Il confine più permeabile è quello tra Grécia
e Turchia, Bulgaria e Romania, pur essendo formalmente pronte a entrare in Schengen, si scontrano con il veto di
Francia e Germania, L'establishment europeísta accusa i populisti per i guai che vive Schengen. 11 ritorno delle
guardie di frontiera in Danimarca è stato ottenuto dal Partito popolare danese di Pia Kjaersgaard. La campagna anti
tunisini di Guéant è coincisa con una crescita nei sondaggi in Francia dell'estrema destra. Con la proposta di
"europeizzare Schengen", la Commissione vorrebbe evitare i gesti unilaterali, come quello francese o danese. "Ci deve
essere un meccanismo comunitário", ha detto Malmstrõm: Parigi o Copenaghen dovrebbero chiedere a Bruxelles prima di
reintrodurre le frontiere. Il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, è preoccupato "per le spinte xenofobe
dei movimonti populisti". Ma "questo non è populismo, è îa democrazia al lavoro", ha risposto all'agenzia Ansa il
danese Pind. E mentre l'Ue litiga sulle frontiere interne, Roberto Maroni nota che fa poco per difendere i confini
esterni dagli sbarchi. "Manca concretezza nel dar seguito ai buoni propositi. L'Italia è l'unico paese che sta
contrastando l'immigrazione clandestina dalla Tunisia. Lo stiamo facendo con beneficio di tutti i paesi europei".
SI AI PATTUGLIAMENTI MA SOLO PER SOCCORRERE
L'Unità 13 maggio 2011
Jean-René Bilongo Ufficio politiche immigazione Cgil
Da vivi, sarebbero stati etichettati come gli ennesimi "clandestini" arrivati a Lampedusa. Ma il rigor mortis li
tramuta ineluttabilmente in "profughi". Ad ispirare il mutamento semântico sono i tre migranti ritrovati senza vita
lunedi matti- na sotto unbarcone incagliatosi tra gli scogli, nelle immediate vicinanze dei porto di Lampedusa.
Penoso che sia il passaggio a miglior vita a ridare la giusta connotazione a quelle persone che fuggono dal caos
libico, cercando di trovare rifugio e protezione nel Bel Paese. Che però fa la faccia feroce e ricorre a toni veementi,
almeno per quanto riguarda il governo, minacciando addirittura di rimandarli indietro. Quando taluno non invoca la
cannoneggiata come ultimo rimedio per inibire ulteriori arrivi.
I morti, senz'altro, hanno diritto al rispetto. Ma guai a pensare, come avverte Leopardi, «che la morte sia il
raggiungimento di qualche felicità: l'esser beato è negato, in ugual misura, ai vivi e ai morti».
Il processo di "beatificazione laica", nel caso di quanti giungono a Lampedusa, deve partire dai morti per poi
riverberarsi sui vivi. Il rico- noscimento postumo dello status di "profughi" che viene concesso ip¬so facto a chi
perde la vita nel tenta¬tivo di arrivare in Italia, deve esten- dersi analogicamente a chi soprav- vive alia traversata
dei Mediterrâ¬neo. Altrimenti, si rimane chiusi nel regno dell'ipocrisia.
L'isola più a sud dell'Italia è ormai il bagnomaria di ogni ossimoro sulle sorti dei migranti. Dove il senso di umanità
sostanziale délia gente locale si contrappone alla pe- rentorietà dei toni dei Governo. Una sorta di battaglia in
sordina nella quale i lampedusani fanno prova di benevolenza, comprensio- ne e solidarietà nei riguardi degli sfuggiti
agli spasmi rivoluzionari nord africani, dagli indiscutibili risvolti umanitari, mentre c'è chi si ostina a sostenere
che costoro sono clandestini cioè personae non gra- tae. Da riportare al punto di partenza.
Ulteriore paradosso sarebbe, qualora si avverasse fondata, la vicenda del negato soccorso da parte delia Nato a
un'imbarcazione diroccata carica di bambini, donne e uo- mini in cerca di salvezza in Italia e lasciati crepare di
stenti. Paradossa- le in quanto l'intervento delle forze del Patto Atlântico è formalmente funzionale a impellenze
umanita- rie. In questa situazione di grande confusione è stata più volte tirata in ballo l'Europa. Nell'entropia in
cui verte il Mediterrâneo, è auspicabile che le istituzioni di Bruxelles battano un colpo. A cominciare dalla necessità
di fare dei pattugliamenti, non per respingere, ma per soccorrere. Altrimenti, le lacrime versate successivamente, a
tragedie consumate, non potranno che essere di coccodrillo.
L'Ue ferma i danesi: Schengen è una conquista
Il Giornale 13 maggio 2011
Roberto Fabbri
L'Unione Europea è con¬traria a sospensioni parziali del trattato di Schengen come quella decisa mercoledi dalla
Danimarca, e il gover¬no italiano è d'accordo. È quanto è emerso dal vertice straordinario dei ministri degli lnterni
dell'Ue tenutosi ie- ri a Bruxelles, al quale ha partecipato per l'Italia Roberto Maroni.
La visione comune espres- sa dai Ventisette è quella che nessun Paese membro possa reintrodurre i controlli aile
frontiere, comeinvecehaan- nunciato di voler fare Cope-naghen adducendo preoccu- pazioni legate all'ondata mi-gratória
proveniente dal Nord Africa. Il trattato sulla li¬bera circolazione è diventa- to in questi anni un simbolo délia nuova
Europa, una con¬creta dimostrazione dei su- peramento di antiche divisio- ni che nel corso dei secoli ave- vano portato
a încompren- sioni tra i popoli e a disastrosi conflitti. E a Bruxelles si è con- venuto che non sia il caso - come ha
sottolineato tra gli altri il tedesco Guido Weste-rwelle il cui Paese è diretta-mente coinvolto dalla deci- sione
danese - di sacrificare i diritti di libertà degli europei per questioni di politica inter-na. Il riferimento di
Weste-rwelle è al peso che esercita sul governo di Copenaghen il movimento xenofobo guidato da Pia Kjaersgaard, «pa-
sionaria» anti immigrazione che certamente non brilla per spirito europeista.
Il rischio di cui si è parlato ieri a Bruxelles è quello di una sorta di reazione a cate- na: se un Paese comincia a
li- mitare Schengen, altri si sentiranno autorizzati a imitarlo, danneggiando sempre più gravemente il principio di
libertà che è alla base del trattato. La presidenza di tur-no ungherese dell'Ue e la commissaria agli affari inter¬ni
Cecilia Malmstroem, sve- dese, hanno rimarcato in una conferenza stampa che lo stesso trattato di Schengen contempla la
possibilità dei- la propria sospensione, ma che ciò deve accadere solo in occasione di situazioni ecce- zionali. Per
esempio, come era accaduto in passato an¬che in Italia, quando sono prevedibili gravi conseguen- ze per l'ordine
pubblico in un Paese dove va a svolgersi un evento importante. Diver¬so è il caso delia minaccia rap- presentata o
temuta da un af- flusso incontrollato di immi-grazione straniera, che po- trebbe assumere carattere di continuità nel
tempo e quin- di portare a uno snaturamen- to dello spirito del trattato sul¬la libera circolazione tra i Pae- si
aderenti. Al termine dei lavori, il mi-nistro Maroni ha ricordato che martedi scorso il presi¬dente delia Commissione
eu- ropea Barroso si era espresso «per un rafforzamento di Schengen e non per un suo indebolimento», preveden- do una
revisione délia gover- nance delia libera circolazio-ne e il no alia chiusura delle frontiere se non in casi ecce-
zionali, limitati e ben defini- ti.Il governo italiano, ha affer- mato Maroni, «è assoluta- mente a sostegno della
comu- nicazione della Commissio-ne». Peraltro, ha osservato Ma-roni, 1'Unione Europea nonostante «buone e condivisibili
intenzioni» dimostra su que- ste questioni «scarsa concre- tezza». II problema, peril mi-nistro, sono i tempi: «Ho ri-
cordato che esattamente un mese fa il 12 aprile ci fu un al- tro consiglio Gai alla fine del quale il documento
approva- to richiedeva la richiesta Frontexdi cominciare subito i pattugliamenti con la Tuni¬sia. A distanza di un
mese, il rappresentante di Frontex è venuto a dire che non è stato fatto ancora nulla. Quindi so-no documenti che
contengo- no tanti buoni propositi, ma manca la concretezza»: l'Unione Europea dovrebbe «dare attuazione alle sue de-
cisioni».
Governo da bocciare
Terra 13 maggio 2011
II 2010 in Italia è iniziato con Rosarno e le violenze nei confronti degli lavora- tori extracomunitari. Ma il resto
dell'anno è trascorso senza inversioni di mareia significative. Per Amnesty
International, infatti, lanno concluso è stato attraver- sato da politiche di sgom- beri a ripetizione dei cam- pi rom,
di criminalizzazio- ne degli stranieri e di risalto delle differenze, soprattutto dellomosessualità. «Scelte dal
respiro molto corto», ha commentato la direttrice dell'ufficio campagna e ri- cerca delia Ong, Giusy DAlconzo, «che
senza alcun in-vestimento futuro hanno alimentato il clima di in- tolleranza e di insicurezza delle persone».
L'emergen- za sull'isola di Lampedusa «è stata provocata» mentre la sensibile riduzione delle domande dasilo presenta-
te nel 2010 «è 1'effetto nefa¬sto di un trattato che ha im- pedito ai migranti di arriva- re in Italia». Tuttavia, Am-
nesty ha sottolineato che di fronte alie scelte istitu- zionali, la reazione della so- cietà civile italiana è anco¬ra
molto critica e indipen- dente. «Unampia faseia del¬la popolazione non si sente rispecchiata in quelle deci- sioni», ha
notato DAlconzo. Sulla condotta dei governo italiano pesano lassenza di un'istituzione indipenden- te di tutela dei
diritti uma- ni, quella di un organismo che possa ispezionare sen-za autorizzazione le condi- zioni delle strutture di
de- tenzione e la mancata in- troduzione dei reato di tor-tura nel códice penale.
La Ue: "Tutelare l'accordo di Schengen" Immigrati, Sos da un barcone salpato da Tripoli
La Repubblica 13 maggio 2011
La commissione Ue ha presentato ieri al Consiglio straordinario dei ministri degli In- ternidei27unpacchettodipropo-
ste sull'immigrazione. I punti principali sono la re-introduzione temporanea dei controlli alle frontiere nazionali
nell'area Schengen, un rafforzamento di Frontex ed un sistema comune d'asilo europeo. La commissione ha chiesto anche
chiarimenti a Copenaghen dopo l'annuncio da- nese di voler ripristinare i control¬li alle frontiere intra-europee.
Sulla proposta danese la com- missaria Ue incaricata delle que- stioni su sicurezza e immigrazio- ne, Cecilia
Malmstrom, ha detto che «dobbiamo evitare che venga- no adottate decisioni unilaterali che abbiano conseguenze dirette
su altri paesi Ue». L'esecutivo Ue ha precisato di non «potere accet- tare e non voler accettare misure
checomportinounamarciaindie- tro sulla libera circolazione delle persone e delle merci in Europa».
Che 1'immigrazione resti un problema caldo lo ha dimostrato ieri 1'ennesima emergenza: in serata tra Italia e Malta è
arrivata attraverso un telefono satellitare una richiesta di aiuto da un barcone salpato da Tripoli mercoledi notte, in
stallo a 60 miglia da Lam- pedusa con circa 220 migranti a bordo: «Stiamo imbarcando ac- qua e rischiamo di affondare».
Sú¬bito si sono attivati per il salvatag- gio uomini delia Guardia costiera e delia Guardia di finanza.