ANCORA STATO D'EMERGENZA IMMIGRAZIONE, TRA CINISMO POLITICO E
INCAPACITA' ORGANIZZATIVA.
Ancora una volta gli artefici di un autentico disastro umanitario
cercano di mettere all'incasso elettorale le politiche della paura e dei
respingimenti praticate in questi anni. Prima si sono illusi ed hanno illuso
gli italiani che gli accordi con i dittatori del nordafrica, da Ben-Ali a
Gheddafi riuscissero a bloccare le partenze. Un risultato effimero che stato
raggiunto per breve tempo solo grazie alla politica dei respingimenti
collettivi, che il 22 giugno prossimo
vedr l'Italia sotto il giudizio della Corte Europea dei diritti
dell'Uomo. Una politica che si infranta dopo i sollevamenti popolari che
hanno interessato la Tunisia, l'Egitto e poi la Libia. La diga che si voluto
costruire sulla pelle dei migranti, innumerevoli le vittime nei centri di
detenzione o annegati in mare, crollata all'improvviso. Non appena si sono
attenuati i controlli di polizia ai quali partecipavano militari italiani,
quelli che erano rimasti bloccati per anni, confinati nei lager libici o
privati di qualsiasi possibilit di ingresso legale in Europa, come nel caso
dei tunisini, si sono imbarcati e hanno raggiunto le coste siciliane.
Mentre le associazioni e diversi enti di tutela chiedevano l'adozione
di un provvedimento che riconoscesse la protezione temporanea prevista in caso
di afflusso massiccio di sfollati dal decreto legislativo n.85 del 2003,
dall'art. 20 del T.U. sull'immigrazione e dalla Direttiva 2001/55/CE, ed una distribuzione
equa dei migranti in tutte le regioni italiane, il governo insisteva per
trasformare Lampedusa in un grande centro di detenzione a cielo aperto. Maroni
e La Russa definivano clandestini la maggior parte di coloro che erano
fuggiti dalle coste africane e preparavano un piano di deportazione che
concentra nelle regioni meridionali i campi della detenzione amministrativa, in
tendopoli improvvisate, ubicate in aree militari, in modo da impedire qualunque
controllo di legalit, in ogni caso contro la volont delle comunit locali.
La distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici, e la criminalizzazione dei cd. clandestini, come se fosse possibile adottare nei confronti di quest'ultimi, in prevalenza tunisini, provvedimenti di allontanamento forzato, dimostra gi di non reggere alla prova dei fatti, se non come strumento di propaganda elettorale. Infatti, la direttiva 2008/115/CE, non ancora attuata dal governo italiano, prevede l'obbligo di privilegiare il rimpatrio volontario prima di eseguire i rimpatri forzati, ed individua varie forme di limitazione della libert di circolazione dei migranti irregolari, al posto dell'internamento nei centri di identificazione ed espulsione. Del resto, che il sistema delle espulsioni e dei respingimenti differiti sia una fabbrica della clandestinit, lo dimostra il crollo degli allontanamenti forzati effettivamente eseguiti dal 64 per cento degli stranieri rintracciati in condizioni di irregolarit nel 1999, prima della legge Bossi-Fini, al 34,7 degli irregolari fermati dalla polizia nel 2009. E non un mistero per nessuno, neppure in Europa, che la maggior parte degli immigrati irregolari giunti nelle scorse settimane a Lampedusa, in assenza di un qualsiasi documento provvisorio di soggiorno, sono stati rimessi in libert con l'intimazione a lasciare entro 5 giorni il nostro territorio e si sono dispersi per tutta l'Europa.
Di fronte al disastro umanitario creato con grande cinismo da Maroni, prima a Lampedusa e poi in Sicilia, il governo tenter di varare altri decreti da stato d'emergenza, al di fuori delle regole costituzionali, del diritto comunitario e dei principi costituzionali. Come avvenuto altre volte in passato, quando la Corte Costituzionale stata costretta a dichiarare la incostituzionalit di punti essenziali della legge Bossi-Fini e da ultimo del pacchetto sicurezza del 2009, quando stata cancellata la cd. aggravante di clandestinit. Contro questo tentativo di golpe giuridico-istituzionale, fino al punto di cancellare per gli irregolari gli art. 13 ( libert personale) e 24 ( diritto di difesa) della Costituzione, che potrebbe dispiegarsi subito, in sede di consiglio dei ministri, bisogna preparare le barricate, sul piano giuridico e sul piano della mobilitazione in favore dei migranti. Allo stesso modo bisogner contrastare i tentativi di respingimento forzoso, o per dire meglio, collettivo, verso la Tunisia, l'ennesima provocazione, che Maroni annuncia dopo il fallimento della missione con Frattini a Tunisi pochi giorni fa. Una minaccia di blocco navale che configura l'ennesima violazione del diritto internazionale, e che ben difficilmente potr intimidire la Tunisia, paese che ha accolto oltre 150.000 persone in fuga dalla Libia, mentre il nostro paese non ha saputo rispondere adeguatamente all'arrivo di ventimila persone, abbandonate in condizioni disumane e degradanti. Anche di questo potrebbe occuparsi presto la Corte Europea dei diritti dell'Uomo, se i nostri giudici non arriveranno prima.