Newsletter
periodica d’informazione
(aggiornata
alla data del 18 marzo 2011)
o
Dipartimento Politiche
Migratorie – Appuntamenti pag. 2
o
Discriminazioni – Rapporto
UNAR 2010 pag. 2
o
Unar, al via la VII
settimana d’azione contro il razzismo pag. 3
o
Discriminazioni –
Prestiti più cari per gli imprenditori immigrati pag. 3
o
Lavoro – Boom di colf
e badanti pag. 4
o
Emergenza Mediterraneo
– Lampedusa al collasso pag. 4
o
Società – Il giudizio
sugli immigrati pag. 5
o
Società – Proposta di
legge per rimborso contributi a immigrati che rimpatriano pag. 6
o
Giurisprudenza –
Importante sentenza del Tribunale di Venezia pag. 7
o Foreign Press
– The problem with Spain’s plan to pay migrants to go home pag. 8
o
Prensa Extranjera - Storie raccontate di una giovane
immigrata
pag.10
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n. 307
Dipartimento
Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma, 16 marzo 2011, ore 10
– sede nazionale Confindustria, via dell’Astronomia, sala P
Incontro Cgil, Cisl, UIL con
associazioni imprenditoriali su immigrazione
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)
Roma, 24 marzo 2011, ore 15.00
– sede Ambasciata Britannica in Roma
Conferenza Internazionale su
flussi migratori e politiche di integrazione
(Giuseppe Casucci)
Roma, 24 marzo 2011, ore 15.00
– sede OIM via Nomentana, 62
Riunione “Progetto Nautilus”
su integrazione del rifugiati
(Angela Scalzo)
Roma, 5 aprile 2011, ore 09.30
sede UIL Nazionale, sala Bruno Buozzi
Riunione Coordinamento
Nazionale Uil Immigrati
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci,
Angela Scalzo)
Mantova, 7 aprile 2011
Convegno Ital – UIL su
mediazione culturale e apprendimento della lingua italiana
(Guglielmo Loy)
Padova, 8 aprile 2011
Convegno Ital – UIL su
mediazione culturale e apprendimento della lingua italiana
(Guglielmo Loy)
Bruxelles, 18 aprile 2011, ore
10.00 – Sede CES
Riunione del “migration and inclusion working group”
(Giuseppe Casucci)
Roma,
15 marzo 2011 - La discriminazione razziale e' un fenomeno che spesso rimane
sommerso, per paura, ignoranza, sfiducia. Ma qualcosa sta cominciando a
cambiare e nell'ultimo anno in Italia le segnalazioni sono raddoppiate. Lo
afferma il Rapporto 2010 dell'Unar (l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali) presentato oggi a Roma, dal quale emerge che le vittime sono per il
63,4% stranieri, più uomini che donne, più adulti che giovani, la maggior parte
operai o impiegati.
E un 10% di
segnalazioni riguarda discriminazioni non razziali ma di genere, orientamento
sessuale o religioso. Le segnalazioni raccolte nel 2010 dall'Unar sono state
complessivamente 766, l'anno precedente erano state 373. E la tendenza e'
confermata dall'ulteriore aumento del 40% che si e' registrato dal primo
gennaio al 14 marzo 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010. Circa una
segnalazione su due proviene dalle stesse vittime di discriminazione, una su
quattro e' invece direttamente promossa dall'Unar, una su cinque e' segnalata
da un testimone. Solo l'8% dei casi e' segnalato da un'associazione o un ente
esterno all'Ufficio. A fine 2010, risultava chiuso il 76,7% delle istruttorie
avviate. Crescono i casi relativi a discriminazioni attuate dai mass media
(19,9% contro il 10,8% del 2009), anche grazie all'azione di monitoraggio dei
mezzi di informazione attuata dall'Unar. Aumentano anche le segnalazioni
relative alla vita pubblica (17,8%) e all'erogazione di servizi da enti
pubblici (16%),
diminuiscono invece quelle relative al lavoro e alla casa. Le vittime dei
casi segnalati sono più uomini (56,4%) che donne (43,6%), più over 35 (58,5%)
che giovani (40%) o anziani (1,5%). Quasi una segnalazione su quattro (23,3%)
riguarda stranieri che provengono dall'Europa orientale e dai Balcani, quelle
di persone dell'Africa del nord sono il 20,9%; nel complesso le vittime
straniere sono il 63,4%, il 9,7% sono stranieri con cittadinanza italiana e il
resto sono italiani: per questi ultimi le segnalazioni riguardavano altri tipi
di discriminazione, come quelle di genere o sessuali o religiose. In
maggioranza italiani (82,2%) sono invece i testimoni di discriminazioni. Tra le
vittime si segnala una prevalenza di persone coniugate e di istruzione medio - alta.
La maggior parte lavora come operaio (25,7%) o impiegato (23,6%), ma numerose
sono anche le persone che non lavorano (24,1%), in prevalenza donne. E se tra
gli uomini si nota una prevalenza di casi di discriminazione diretta, tra le
donne e' più frequente l'aggravante delle molestie.
Per quanto riguarda l'ambito delle discriminazioni, tra i giovani e' prevalente
quello dell'erogazione di servizi da parte di enti pubblici, mentre tra gli
adulti quelle relative al lavoro. Tra gli stranieri, il 26,3% ha segnalato
discriminazioni nell'accesso alla casa. La propensione alla denuncia, infine,
e' maggiore tra le persone con una condizione sociale più stabile: le vittime
infatti nella maggior parte dei casi sono in Italia da più di cinque anni.
Ministero per le pari Opportunità: Ufficio Nazionale Anti
Discriminazioni Razziali
VII Settimana d’azione contro il Razzismo, calendario delle
iniziative
Roma,
11 marzo 2011 - “Si terrà dal 14 al 21 marzo 2011 la VII Settimana d’azione
contro il razzismo promossa dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali) in collaborazione con il sistema delle autonomie locali, delle parti
sociali e della società civili. Saranno oltre cento le iniziative di
sensibilizzazione, prevenzione e informazione sui temi delle discriminazioni
razziali, della xenofobia, dell’integrazione dei cittadini stranieri e in
genere di promozione del principio di parità di trattamento e di non
discriminazione a tutti i livelli. La Settimana verrà aperta il 14 e il 15
marzo dalla Conferenza internazionale sulle reti integrate per la prevenzione e
la rimozione delle discriminazioni, che vedrà la partecipazione, il giorno 15,
del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna e nell’occasione anche la
presentazione del Rapporto UNAR 2010 sulle discriminazioni razziali, nonché
della campagna di comunicazione, finanziata in ambito Fei, rivolte alle donne
straniere. Altri eventi di rilevanza nazionale saranno domenica 20 marzo la
Maratona di Roma, giunta alla XVI edizione e il primo meeting del network di
volontariato civico giovanile contro il razzismo “Near to Unar”, che si terrà a
Roma lunedì 21 marzo, Giornata internazionale contro le discriminazioni
razziali. Moltissimi sono poi gli eventi e le iniziative realizzati a livello
territoriale in collaborazione con regioni, enti locali, società civile, mentre
per la prima volta in assoluto, nell’ambito del calendario viene anche realizzato
un programma specifico contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro d’intesa
con le organizzazioni datoriali e sindacali raccolte nella “Cabina di regia”
costituita dall’Unar nel 2010.
Il programma dettagliato delle iniziative è disponibile nel sito dell’Unar”
CALENDARIO SETTIMANA CONTRO IL RAZZISMO.pdf
(http://www.blitzquotidiano.it
) Roma, 10 marzo 2011 –
Prestiti più cari per gli imprenditori immigrati in Italia: lo rivela uno
studio della Banca d’Italia riportato da Repubblica. Confrontando i prestiti
erogati alle piccole imprese in Italia dal 2004 al 2008 Giorgio Albareto e
Paolo Emilio Mistrull, che hanno condotto lo studio, hanno notato che “gli
imprenditori immigrati pagano in media tassi di interesse più elevati di circa
70 punti base rispetto a quelli applicati dagli italiani”. Non solo. Non tutti
gli immigrati sono uguali. La differenza si attenua per gli imprenditori
provenienti dall’Africa (0,85%) e dall’America Latina (0,20%), si annulla per
quelli originari del Nord America e dell’Oceania, ma cresce per chi viene
dall’Est: fino all’1,3% in più. Per gli immigrati di seconda generazione o per
quelli nati all’estero, ma di origine italiana, la differenza si riduce allo
0,20% in più, ma resta. Il peso di queste differenze si fa sentire anche per la
giovane età degli imprenditori stranieri, per la metà con un età inferiore ai
40 anni, contro il 30% degli italiani. Maggiore anche la presenza femminile:
ben il 26% delle imprese costituite da immigrati vede a capo delle donne,
contro 19% di quelle italiane. Le aziende gestite da stranieri sono più diffuse
al Nord Italia, dove si trova oltre il 65% del totale, molto meno al Sud (11%).
I settori più diffusi sono l’edilizia e l’artigianato. In tutto le imprese
degli immigrati in Italia sono 250mila, e sono più che raddoppiate nel giro di
cinque anni, dalle 100mila del 2004. Questa crescita così rapida potrebbe
aver ”esacerbato le difficoltà che i migranti affrontano nel mercato del
credito in Italia in confronto agli altri Paesi, che sono più abituati ai
prestiti effettuati nei confronti delle minoranze”. La nota positiva,
sottolinea lo studio riportato da Repubblica, è che “Le difficoltà di accesso
al credito per gli immigrati si sono ridimensionate nel tempo, in concomitanza
con l’adozione da parte delle banche di strategie volte ad adeguare l’offerta
di servizi finanziari alle specifiche esigenze di questo segmento di clientela”.
Lavoro
Roma,
13 marzo 2011 - Le famiglie italiane dipendono sempre di più dal lavoro
domestico: colf e badanti - secondo i dati dell’Inps aggiornati alla fine del
2010 - sono oltre 718.000 con un aumento dell’82% rispetto al 2005, quando
risultavano essere solo 394.535. Il dato riguarda colf e badanti regolari ed è
probabile che quasi altrettante lavorino in nero. Tra le nazionalità hanno
registrato un vero boom le domestiche romene (dalle 36.000 del 2005 alle oltre
160.000 del 2009) soprattutto grazie all’entrata del Paese nell’Unione europea
nel 2007. Il gruppo delle romene balza dal quarto al primo posto, superando
nelle preferenze delle famiglie anche le italiane (150.000 le iscritte all’Inps
come domestiche nell’anno), seguono ucraine e filippine. I dati Inps
smentiscono quindi il luogo comune sul lavoro domestico tutto affidato agli
extracomunitari: i comunitari infatti sono 414.983, oltre la metà del totale, e
in aumento del 185,6% dal 2005). E intanto arriva una buona notizia: da
aprile le famiglie che decideranno di assumere un lavoratore domestico o
interrompere il rapporto di lavoro in essere potranno farlo attraverso il sito internet dell’Inps
o telefonando al numero verde dell’Inps (803.164). La novità è contenuta in una
lettera che l’Istituto sta inviando a tutti i datori di lavoro domestico nella
quale si sottolinea come aumentino i servizi per i quali non sarà più
necessario fare la fila allo sportello. In particolare l’Istituto rende più
semplice il pagamento dei contributi sostituendo il bollettino postale con un
bollettino che potrà essere pagato anche in banca e in tabaccheria (oltre a
prevedere il pagamento via web o attraverso il numero verde). «C’eravamo
resi conto - spiega il presidente Inps, Antonio
Mastrapasqua - che la gestione del lavoro domestico era davvero complicata.
Bisognava andare allo sportello dell’Inps per assumere una persona e alla posta
a pagare i contributi. Adesso sarà possibile fare tutto da casa, al pc o
attraverso il telefono». L’assunzione e l’interruzione del rapporto di lavoro -
spiega l’Inps nell’opuscolo che sarà inviato alle oltre 700.000 famiglie
interessate - potranno essere comunicate esclusivamente tramite web e per
questa procedura sarà necessario avere un codice pin, che consentirà anche di
attivare un servizio gratuito di sms che segnali le scadenze.
di FRANCESCO VIVIANO
Palermo,
18 marzo 2011 - In 52 sono hano raggiunto l'isola su un barcone di legno. E'
solo l'ultimo degli sbarchi ripresi a Lampedusa nelle ultime ore, dopo due
giorni senza arrivi di immigrati a causa delle cattive condizioni del mare. La
scorsa notte poco dopo l'una sono approdati 39 tunisini, tra i quali tre donne.
Erano su un piccolo scafo che ha raggiunto la costa senza essere stato
avvistato in precedenza. Prima un'altra imbarcazione aveva portato altri 38
extracomunitari. Nelle ore successive la sala operativa della Capitaneria di
porto di Palermo, che coordina le operazioni nel Canale di Sicilia, ha
individuato altri 13 natanti in arrivo. E intanto sale la tensione sull'isola
dove la situazione resta critica, con la presenza di oltre 2.800 persone, delle
quali 2.600 nel centro di accoglienza che dispone di solo 800 posti, e le
restanti 200 nella "Casa della fraternità" della parrocchia di San
Gerlando. La protesta. Un gruppo di abitanti dell'isola ha
occupato in tarda mattinata i locali dell'area marina protetta gestita da
Legambiente, dove in giornata avrebbero dovuto essere trasferiti 200 tunisini.
La decisione di occupare è stata assunta al termine di una riunione del
Comitato giovanile, dell'associazione Askavusa e di albergatori e pescatori,
che si oppongono al montaggio di due tendopoli da 500 posti l'una per alloggiare
i migranti. "Non possiamo certo permettere - ha dichiarato il
presidente di Federalberghi delle isola minori della Sicilia, Christian Del
Bono - che lo sviluppo di queste isole venga improvvisamente arrestato".
In questa scelta del governo, i lampedusani vedono infatti l'intenzione di
trasformare l'isola in un ghetto con ripercussioni negative non solo sulla
stagione turistica ma sulla stessa vivibilità di Lampedusa che non dispone di
risorse idriche e agricole sufficienti al suo fabbisogno. Oltre all'occupazione
della riserva naturale, gli isolani minacciano altre forme di protesta nelle
prossime ore, anche sui moli del porto dove avvengono gli sbarchi di immigrati.
Ieri a Lampedusa (video) sono arrivati i primi militari
dell'esercito e il personale della Protezione civile incaricato di realizzare
una tendopoli per gli immigrati. Nella stessa giornata si è tenuta una manifestazione
con il tricolore a mezz'asta listato a lutto. Primi arrivi a Mineo
(Catania). In mattinata al Villaggio della solidarietà di Mineo,
in provincia di Catania, sono arrivati i 200 immigrati richiedenti asilo,
trasferiti su due pullman scortati da polizia e carabinieri. Nel Residence
degli aranci, fino a qualche mese fa utilizzato dalle forze militari Usa di
stanza alla base di Sigonella, troveranno posto complessivamente 2 mila persone
provenienti dai Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (Cara). Le
polemiche. Ad accogliere gli immigrati, il sindaco Giuseppe Castania,
che si è detto preoccupato per una soluzione che metterebbe a rischio l'ordine
pubblico. "Questo territorio difficilmente potrà dare risposte agli
immigrati richiedenti asilo, - ha detto Castania - tranne che il governo non
vari un programma strutturale che dia grandi opportunità qui di lavoro non solo
a loro ma anche alle popolazioni locali".
"I timori della popolazione riguardano una percentuale che il governo ha
quantificato intorno al 30 per cento delle persone ospitate nei Cara, cioè
almeno 600 persone, - ha continuato Castania - che non riesce a concludere il
percorso per l'ottenimento dello status di rifugiato politico. Qualcuno viene
colto in flagranza di reato e viene rimpatriato, altri fuggono e non si trovano
più".
Tutto dipende - ha concluso Castania - dal numero di migranti che saranno
ospitati, da come saranno assistiti in questo villaggio: chi si sente trattato
bene e intravede la possibilità di un processo di inclusione ed integrazione
non ha motivo di delinquere".
Società
L’immigrazione rimane al centro del
dibattito sociale. Gli italiani sono disposti all’accoglienza, ma gli immigrati
rappresentano ancora un problema più che una risorsa per l’Italia.
Fondazione
Moressa, comunicato dell’11 marzo 2011 - La questione immigrazione preoccupa
ancora oltre un italiano su due (55,1 per cento) e viene al terzo posto dopo
disoccupazione e criminalità tra i timori dei cittadini del Bel Paese.
Dall’altro lato però emerge un’alta disponibilità a condividere con chi non è
italiano la propria vita (dal vicinato alla scuola) e il riconoscimento
dell’importante ruolo svolto in ambito economico.
In occasione
della settimana contro il razzismo, che si concluderà il 21 marzo con la Giornata
Mondiale contro le discriminazioni razziali, la Fondazione Leone Moressa ha
rivolto alcune domande a 600 italiani per sondare il loro grado di apertura
verso gli immigrati presenti nel territorio, sia dal punto di vista economico
che socio-culturale. Il dibattito attuale continua ad essere animato dalla
questione immigrazione: dopo disoccupazione e criminalità, la presenza
straniera in Italia desta infatti le maggiori preoccupazioni tra gli italiani.
Il 55,1% degli intervistati ritiene molto o abbastanza preoccupante il fenomeno
dell’immigrazione. In particolare, sono i cittadini più “anziani” ad esprimere
la maggiori riserve in merito (quasi sei su dieci). Al contrario, i giovani
sembrano essere meno preoccupati (48,3%) e temono di più la disoccupazione e
dimostrano una maggiore sensibilità rispetto alle questioni ambientali. Rispetto
alla componente straniera nella società e nel mercato del lavoro, gli immigrati
sono considerati nella maggior parte dei casi sia una risorsa che un problema
(49,7%). Una risorsa in quanto indispensabili per occupare
delle posizioni lavorative che gli italiani difficilmente accettano (anche in
periodo di crisi), perché contribuiscono a sostenere il sistema di
welfare e ad accrescere la ricchezza del nostro Paese (secondo le stime di
Centro Studi Unioncamere e Istituto Tagliacarne dal lavoro degli stranieri
deriva l’11,1% del valore aggiunto nazionale). La diversità etnica diventa un problema
(32,5%) per gli italiani che ritengono che gli immigrati assorbano più risorse
economiche di quante ne destinino alla finanza pubblica o quando sono
considerati una minaccia all’ordine pubblico. Secondo gli intervistati, episodi
di discriminazione nei confronti degli immigrati continuano a
persistere e nel tempo sembrano essere addirittura aumentati. In particolare,
al Nord e nel Centro sono più avvertiti rispetto alle aree del meridione, ma è
proprio nel Sud che tale tendenza sembra essere in aumento.
Istruzione,
assistenza sanitaria e lavoro sono le condizioni che secondo gli italiani
dovrebbero essere garantite agli immigrati per incentivare e sostenere il
processo di integrazione. Alloggio, ricongiungimento familiare, sostegno
economico e libertà di culto sono ritenuti invece fattori secondari. Alcuni
elementi consentono, tuttavia, di ipotizzare un certo grado di apertura nei
confronti degli stranieri, sia dal punto di vista lavorativo, che sociale. Gli
intervistati infatti non avrebbero alcun problema a lavorare insieme ad uno
straniero, né tanto meno a iscrivere i propri figli in una classe dove vi sono
il 20% di alunni stranieri. Si accetterebbe volentieri anche di avere un vicino
di casa immigrato, sono più reticenti invece ad affittare agli stranieri locali
commerciali o appartamenti privati. In generale, gli intervistati sono molto
d’accordo nell’affermare che gli stranieri occupano quelle posizioni lavorative
che gli italiani ormai rifiutano e che rappresentano comunque una forza lavoro
valida. La questione che gli stranieri tolgono lavoro agli italiani o che sono
la causa principale dei problemi di sicurezza e di ordine pubblico è infatti
smentita dalla metà degli intervistati, dimostrando come le solite affermazioni
sulla presenza straniera in Italia sono per lo più dei luoghi comuni. “La
presenza sempre più capillare degli stranieri nel sistema sociale ed economico
italiano – affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa
– influisce sul livello di percezione dei cittadini, che valutano il
fenomeno migratorio ancora come un problema, più che come una risorsa.
Tuttavia, il rapporto che gli italiani hanno con la componente straniera è
duplice: se da un lato considerano gli immigrati la causa dei problemi di
sicurezza, dall’altro accettano di buon occhio la convivenza lavorativa e
sociale. Probabilmente quando l’”immigrato” non è un oggetto astratto di
discussione pubblica, ma un soggetto che entra a far parte della convivenza
pratica e quotidiana – perché vicino di casa, collega di lavoro o
compagno di scuola – allora le cose cambiano e così la percezione, dimostrando
come gli italiani si scoprono “inclusivi” nell’esperienza quotidiana. La
discussione pubblica è senz’altro utile e necessaria, ma la sfida
dell’integrazione si vince sul campo, creando un sistema nel quale le diverse
culture possano dialogare e confrontarsi nell’esperienza di tutti i giorni nel
rispetto delle regole, garantendo parità di trattamento e il rispetto dei
diritti fondamentali, affinché la diversità sia considerata un valore più che
un freno allo sviluppo – anche economico – del Paese.”
On.le Bucchino: oltre 60 deputati
firmano la proposta di legge sul rimborso dei contributi previdenziali agli
immigrati che rimpatriano
Roma,
16 marzo 2011 - “Oltre sessanta deputati (tra i quali Livia Turco, Walter
Veltroni, Cesare Damiano, Savino Pezzotta, Massimo Donadi) hanno firmato la mia
proposta di legge che prevede il rimborso dei contributi previdenziali versati
in Italia ai cittadini extracomunitari che rimpatriano definitivamente nel loro
Paese di provenienza. Una adesione così
massiccia, in un momento in cui la sensibilità di questo governo verso i diritti delle persone più
disagiate non è molto alta, fa ben sperare per l’impegno d’una larga parte del
Parlamento sul futuro del percorso legislativo di temi apprezzabili come
questo. La proposta di legge mira a tutelare i diritti previdenziali dei
cittadini extracomunitari che hanno lavorato e versato i contributi in Italia e
decidono di lasciare definitivamente il nostro Paese prima del compimento
dell’età pensionabile o della maturazione del diritto a pensione. La proposta
inoltre ha l’obiettivo di supplire al blocco da parte dello Stato italiano, in
atto da molti anni, delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i
Paesi di origine degli immigrati extracomunitari che consentirebbero
l’utilizzazione dei contributi che non fanno maturare un diritto a pensione
autonoma (come è noto i cittadini dell’Unione Europea sono invece tutelati in
maniera adeguata dai Regolamenti comunitari). A partire dal 1996 e fino al
2002, grazie anche alla legge sull’immigrazione “Turco-Napolitano” i contributi versati in Italia venivano
rimborsati ai lavoratori stranieri in caso di rimpatrio. La legge
sull’immigrazione “Bossi-Fini” varata in quell’anno abolì il rimborso dei
contributi e introdusse una norma che consente agli stranieri rimpatriati di
ottenere una piccola pensione al compimento del 65mo anno di età ma solo se i
versamenti rientrano nel sistema contributivo – che si applica a tutti
coloro i quali hanno cominciato a versare in Italia a partire dal 1996 -
escludendo tutti gli altri, e cioè coloro i quali hanno versato i contributi
prima del 1996 oppure sia prima che dopo tale data (sistemi retributivo e
misto) e che quindi, attualmente, perderebbero la loro contribuzione. Si è
creata così una situazione di disparità di trattamento tra categorie simili di lavoratori che
penalizza paradossalmente quelli che rientrano nel sistema retributivo o misto
e i quali sono immigrati in Italia
in periodi più remoti nel tempo, (quando vigeva solo il sistema retributivo)
hanno forse vissuto in Italia più a lungo e hanno versato un numero più alto di
contributi. La proposta di legge intende appunto sanare in parte tale
discriminazione reintroducendo
nella legislazione italiana l’istituto del rimborso dei contributi.
La proposta di legge
stabilisce che i lavoratori extracomunitari, compresi quelli che avrebbero
titolo alla pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto, in caso di rimpatrio hanno la facoltà
di richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni
internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro
favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 3 per cento
annuo.
E’ una proposta di legge
coraggiosa che va contro tendenza e che, ci aspettiamo e decisamente
auspichiamo, solleverà le più che
legittime obiezioni da parte di coloro i quali sostengono che tale rimborso
deve essere previsto anche per i cittadini italiani i quali non maturano il
diritto a pensione. Questo dei contributi “silenti” è un problema nazionale che
andrebbe affrontato in un momento e in un clima economico e politico diverso da
quello attuale e con il sostegno e la volontà dello Stato, delle istituzioni,
della politica e delle parti sociali. Da parte nostra, con questa proposta di
legge, ci siamo impegnati a dare un piccolo contributo a favore di una
categoria di diseredati.”
Giurisprudenza
La Corte di Appello di Venezia
ha pronunciato un’ importante decisione che rafforza la propria linea di
giurisprudenza sulla questione dell’applicazione della norma che prevede
l’agevolazione dell’ingresso e soggiorno dei familiari del cittadino
dell’Unione europea diversi dal coniuge, dai discendenti o ascendenti diretti ,
vale a dire dei familiari che siano a carico o convivano con il cittadino
dell’Unione o che soffrano di gravi problemi di salute che impongano
l’assistenza da parte di quest’ultimo (art. 3 c. 2 lett. a d.lgs. n. 30/2007 di
recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione
europea e dei loro familiari n. 38/2004/CE). E’ noto che tali disposizioni
debbono trovare applicazione anche nei confronti dei familiari di cittadini
italiani per effetto dell’art. 23 del d.lgs. n 30/2007, norma introdotta con
l’evidente finalità di evitare l’introduzione nell’ordinamento di forme di
“discriminazione a rovescio”. Con decreto dd. 9.02.2011, la Corte di Appello di
Venezia ha accolto il reclamo inoltrato da un cittadino italiano di origine
marocchina, avverso la decisione del Tribunale di Verona (dd. 12.7.2010 n.
1171/10 VG) che confermava il diniego al rilascio del visto di ingresso per
motivi di riunificazione familiare da parte del Ministero Affari esteri
italiano nei confronti dei suoi nipoti di minore età, a lui affidati secondo l’istituto
di diritto islamico della Kafalah. Facendo propria l’interpretazione adottata
dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 4868/2010), il Tribunale di Verona
aveva infatti affermato che l’istituto della Kafalah, regolamentato dalla
legge marocchina, non poteva costituire presupposto idoneo al
ricongiungimento familiare con il cittadino italiano, in quanto contrario
all’ordine pubblico e non assimilabile a quello dell’adozione regolato
dalla legge n. 184/83. La Corte di Appello di Venezia, invece, afferma che
l’istituto della Kafalah, così come regolato dal diritto marocchino, e che
prevede una procedura giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e
autorizzazioni giudiziarie, non può ritenersi contrario al principio di ordine
pubblico in quanto è idoneo ad assicurare la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, e risulta, pertanto, istituto riconosciuto anche
nella Convenzione di New York del 1989 (art. 20). Ne consegue che l’istituto
della Kafalah, così come regolamentato dal diritto marocchino,
è assimilabile a quello dell’affidamento previsto dal diritto italiano. Nel
caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque applicabile l’art. 3
c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007 nell’interpretazione secondo la
quale il diritto all’agevolazione all’ingresso e soggiorno di
talune categorie di familiari del cittadino dell’Unione europea o
italiano, diversi dal coniuge, dai discendenti e ascendenti diretti ,
cioè quelli a carico o conviventi o che soffrano di gravi condizioni
di salute che rendano indispensabile l’assistenza da parte del cittadino
dell’Unione o italiano, non può che tradursi nel rilascio del visto
di ingresso per motivi di riunificazione familiare (in tal senso Corte di
Appello di Venezia, decreto 3.2.2009). Ugualmente, la Corte di appello
sottolinea che l’art. 28 c. 2 del T.U. imm fa espressamente salve le
disposizioni più favorevoli in esso contenute (e di tale possibilità di
applicazione di eventuali norme più favorevoli di quelle contenute nel d.lgs.
n. 30/2007 si fa esplicita menzione all’art. 23 del d.lgs. n. 30/2007) riguardo
al ricongiungimento dei familiari stranieri di cittadini italiani ed, in
proposito, l’art. 29 c.2 d.lgs. n. 286/98 prevede che i “ minori
adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli ai fini del
ricongiungimento familiare”, con ciò legittimando pienamente la possibilità di
rilascio di un visto per ricongiungimento familiare ai minori affidati ad un
cittadino italiano secondo l’istituto di diritto marocchino della Kafalah.
si
ringraziano per la segnalazione gli avv. Enrico Varali e Beatrice Rigotti del
Foro di Verona.
Scarica la
sentenza di Venezia ed altri dispositivi analoghi
Corte di Appello di Venezia, decreto dd. 6.12.2010 dep.
09.02.2011 (164.09 KB)
Corte di Appello di Venezia, decreto dd. 19.01.2009 dep.
03.02.2010 (77.4 KB)
Tribunale di Verona, decreto dd. 09.07.2010 dep.
12.07.2010 (41.1 KB)
Foreign Press
For the first few years that he lived in Spain, Nexar
Sambrano seemed to be living the immigrant dream. Leaving behind a
near-subsistence existence on a farm in Ecuador, he had moved to Barcelona in
2005 and found a good delivery job with the local beer company. After 18 months
he had set aside enough money to think about bringing his children and girlfriend
over to join him. But then the recession hit, and Sambrano lost his job. He
took odd jobs painting or doing masonry, but in the end, it wasn't enough.
"I was relying on my friends for food," Sambrano, 38, says. Which is
why, when the Spanish government offered him money to go home, he took it. It's
been over two years since Spain enacted its Voluntary Return Plan for
immigrants, which grants legal residents who lose their jobs the right to
receive their entire unemployment benefit in two lump sums — one upon
departure, and the second after arriving in their country of origin. By now,
some 17,000 documented migrants from the U.S., Eastern Europe, and Africa have
signed on to the plan, part of a successful effort, says the government, to
reduce the pressure on the Spanish economy and spark development in other parts
of the world. Yet because that number falls far short of the government's own
predictions of 87,000 when the program launched in 2008, some immigrant
organizations have labelled it a failure. And many of those who have been its
supposed beneficiaries, like Sambrano, aren't sure what to think. "The
reason behind the plan is simple," says Secretary of State for Immigration
Anna Terrón. "In this situation, it helps everyone if those who want to
return to their country of origin are able to." She means, of course, the
economic situation: Spain's already astonishing unemployment rate of over 20%
skyrockets to 30% among documented migrants, many of whom arrived during the
boom years and took jobs in Spain's thriving construction industry — the
very industry whose collapse has sent the economy plummeting. Terrón points to
the fact that the number of immigrants inquiring about and signing on for the
plan has continued to grow as proof that it is having the intended effect. And
it's true that, for the first time in a decade, the number of non-E.U.
immigrants in Spain began dropping in the last quarter of 2010. But
organizations who work with immigrants aren't so sure that the Return Plan is
the reason. "I know of very few Peruvians whom it has helped," says
José Luis Garcia, president of an association for Peruvian immigrants living in
the northern region of Asturias. "There aren't many who have signed on,
and for those who have, they've actually lost more money returning than they
gained. After all, the situation in Peru is a worse than it is here." The
quantities distributed have, for many, turned out to be significantly less than
the "average 30,000 euros" originally predicted by the government.
When he left for Ecuador, for example, Sambrano's 20 months with the beer
company netted him only 1,500 euros, the amount that the government calculated
he would have received in unemployment benefits had he stayed in Spain. "I
had thought maybe I'd be able to start my own business," he says by phone
from El Carmen, Ecuador. "But I'm back working on the same farm as before
I left."
Although some have been able to use the money to
successfully start a new business in their country of origin, most, according
to a study released in February by the Association for Cooperation between
Bolivia and Spain, have struggled economically. Prior to leaving Spain, 89% of
the departing Bolivians interviewed said they expected to find a job or start
their own business. But after just six months in Bolivia, a full 74% reported
that attempts to rejoin the workforce at home had been "negative."
Insufficient funding, along with inadequate promotion and explanation, are some
of the reasons that Carlos Giménez, Director of the Institute for Migration,
Ethnicity and Social Development at Madrid's Autonomous University, believes
the Return Plan hasn't had more adherents. But the real problem, he suggests,
is the provision that requires departing migrants to surrender their residency
permits, and agree not to return to Spain for at least three years.
"You're asking people to give up something they've worked hard to
earn," he says. "I understand why the government is concerned about
... a scenario where someone takes the money, and turns around and comes back.
But there are things they can and should do to protect against that, while
still protecting people's juridical status." Recently, the Spanish
government has begun working an amendment to the Return Plan that would grant
preferential treatment to those immigrants who wish to come back to Spain once
their three years are up. It's a change that Sambrano would like to see
implemented. From his farm in Ecuador, he says he misses the beach in
Barcelona, and pauses when asked if he thinks he made the right decision in
returning. "It's not either/or. Economically, I didn't have any options at
the time," he says. "And I'm happy to be back with my children, with
my family. But it's a hard life here. If I had the chance to go back, I would."
Prensa
Extranjera
‘Mi pasado, presente y futuro’
Riportiamo una bellissima storia scritta da Stephany Zambrano, nata in Ecuador oggi
perfettamente integrata in Italia. Il suo scritto è stato pubblicata dal
mensile etnico “Expreso Latino”- Edizione marzo 2011
Net) Soy Stephany Gabriela Zambrano León, naci en Quito -
Ecuador, mi historia con Italia inicia cuando yo era una niña de 12 años. En
esa época la situación económica de mi familia se tornó bastante complicada, en
la familia éramos 5 en total, papá, mamá, mis 2 hermanos y yo. Al ponerse las
cosas difíciles mi papá decidió viajar a Italia para probar suerte, quedarnos
mi mamá y mis hermanos sin nuestro papá fue duro porque nunca antes nos
habíamos separado. Pasó un año aproximadamente y mi papá creyó conveniente que
mi mamá viajara, ella trabajaba en
Ecuador pero no era suficiente, entonces reunió el dinero del pasaje y
algo extra para cualquier emergencia y se vino a Italia. Mis hermanos y yo nos
quedamos con mi tía y mi abuelita, ellas siempre nos cuidaron con mucho amor
pero jamás pudieron suplir la falta de nuestros padres, ellos nos extrañaban
mucho y nostro también. Cuando mis padres decidieron que era hora de reunirnos
yo estaba feliz porque pensé que ellos regresaban, mi sorpresa y sensación de temor
fueron grandes cuando entendí que éramos nosotros los que teníamos que viajar a
Italia. Fue muy duro dejar a la tía y a la abuelita que nos habían cuidado con
tanto cariño, dejar a nuestros amigos y amigas, dejar nuestra casa, nuestra
escuela, eran muchas las preguntas que llenaban mi cabeza, para ese entonces yo
tenía ya 12 años, estaba en una etapa difícil y todo esta situación me
confundía mucho, le tenía miedo al cambio y a no saber qué esperar, no sabía
italiano, no sabía como era el sistema educativo, no sabía como era la gente,
no sabía tantas cosas y estaba asustada, lo único que me alegraba era saber que
por fin estaríamos todos juntos. Al inicio lo tomé como una vacación y pensé
que íbamos todos a regresar pero me di cuenta que no era así, eso me produjo
una mezcla de sentimientos, entre
rebeldía, impotencia, miedo, inseguridad, ansiedad, y más aún cuando se
aproximaba el periodo de las clases. Mi mami quería inscribirme y yo lloraba
por no ir porque tenía miedo, miedo por no conocer el idioma, de no saber
expresarme pero igual tuve que ir y, efectivamente todos mis temores se
hicieron realidad, muchos niños me tomaban el pelo es decir se burlaban de mí,
otros me mostraban la más grandes de las indiferencias y eso me hacía mas daño
que las burlas de los demás, me sentí terriblemente sola, frustrada y más
asustada que cuando llegué. Yo esperaba que alguien se interesara en mí,
que lguien quisiera ser mi amiga,
eso es lo que mi mamá me había dicho que va a pasar, recuerdo sus palabras “no
te preocupes, todo va a salir bien, los niños te van a recibir contentos, te
van a hacer preguntas de tu país y pronto serán tus amigos, tus profesores
colaborarán con el idioma y tú te sentirás muy bien”. Nada de eso ocurrió, al
principio estuve enojada con mi mami por mentirme pero cuando pasó el tiempo
entendí que su intención era darme seguridad y confianza y que en el fondo ella
también esperaba que los niños reaccionaran así, las dos nos decepcionamos y
mucho. Al pasar los meses, poco a poco me fui adaptando y traté de tomar este
cambio como una gran oportunidad, aprendí italiano en poco tiempo, no me
resultó difícil y eso me dio fuerzas para seguir, también estaba conociendo
otra cultura, otra gastronomía, nuevas costumbres, tenía una vida nueva y la
obligación de aceptarla y tratar de hacer lo mejor para que esa vida nueva
llenara mis expectativas. Cuando pasaron los años ya me sentí más segura aunque
siempre sentía miedo por la indiferencia de los demás. Yo pienso que ese
período es un paso obligado para todo inmigrante, nos ha pasado a todos y
seguramente seguirá pasando. Sin embargo el tiempo es nuestro mejor amigo, poco
a poco las cosas cambian aunque siempre hay gente que no entiende que ser
diferente o tener diferente cultura no es malo, al contrario eso nos permite
aprender y nos enseña a aceptar que el mundo está lleno de diversidad y que es
esta diversidad la que nos permite relacionarnos, conocernos, integrarnos y
buscar fines comunes como la paz, la salud, la lucha contra la pobreza, la
desigualdad, es esta diversidad la que da forma y color al mundo. En la
actualidad yo tengo 22 años, me siento muy integrada en este país y ya no tengo
miedo de nada, desgraciadamente aún me encuentro con personas que todavía
discriminan a los inmigrantes, en mi caso a pesar de vivir aquí tantos años, de
respetar sus costumbres, de seguir sus leyes, de vivir sus tradiciones y
compartir el día a día aún soy solo una extranjera para algunas personas, y
como “extranjera” no tengo los
mismos derechos que tiene los italianos, Por ejemplo en el trabajo apenas saben
que eres extranjero te dicen que no te dan el trabajo porque es para italianos,
o te ofrecen solamente trabajos de limpieza, quello que no son dignos de
italianos, y peor si eres extranjera y joven, muchas puertas se cierran. Qué
vergüenza y qué pena, felizmente son pocos los que aún creen en las
diferencias, nosotros no venimos a quitarle el trabajo a nadie, vinimos a
estudiar y a luchar por un trabajo demostrando cualidades, responsabilidad,
dedicación, profesionalismo y los otros requisitos que se pidan, compitiendo al más alto nivel
con italianos o con otros extranjeros, no robando ni quitando nada a nadie,
sino ganándonoslo con méritos propios. Sin duda alguna, la migración nunca se
detendrá specialmente en países como el mío en donde las fuentes de trabajo
escasean y las oportunidades son casi nulas, por eso ahora, cuando han pasado
10 años ya de vivir en Roma, yo tengo mucho que agradecerle a este país, aquí
me eduqué, aquí puedo vivir con mi familia, aquí trabajo, aquí aprendí otro
idioma, otra cultura y aprendí sobre todo a aceptar a los demás. Qué
contradictoria es la vida, estuve tan reacia a venir a Italia, nada me
entusiasmaba, todo me asustaba y ahora, no quisiera regresar a mi país, no
porque no lo quiera, yo amo mi país, amo a la familia que está allá, pero, aquí
estudió, aquí estoy trabajando, aquí está mi familia inmediata, mis amigos, mi
novio, toda mi vida está aquí. Yo quiero ir a Ecuador pero de visita, quiero
estar con mis tías, mi abuelita, mis primos, pero nada más.
Mi esperanza es que toda esa gente que todavía ahora en el 2010
nos discrimina a nostro los extranjeros, entienda que no todos somos iguales,
es verdad, muchos inmigrantes se portan mal, no trabajan, no estudian, se han
convertido en una verdadera carga social, pero, no todos somos así, somos
diferentes, estamos esforzándonos por salir adelante y contribuir para la
grandeza del país que nos abrió las puertas en este caso Italia. Ojalá algún
día no muy lejano todos gocemos de los mismos derechos en este mundo, y que
todos entendamos que estos derechos van de la mano con responsabilidades que
estimo obligados a cumplir para hacer de éste un mundo mejor, para evitar que
niños sean relegados o ignorados como lo fui yo, para evitar que otros niños
sientan la frustración que muchos sentimos, para darles la oportunidad a otras
personas de encontrar una mejor forma de vida y cumplir sus sueños como los
cumplieron mis padres, el sueño de ellos fue venir a Italia para darnos mejor
educación, mejores oportunidades, major vida, y, hoy, yo les doy gracias por su
sacrificio y su empeño, todo valió la pena, gracias a mis padres por traernos,
gracias a Italia por acogernos.. No somos de aquí ni de allá, somos universales
Stephany Zambrano