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Interventi e interviste

Interviste - Ministro Roberto Maroni

05.03.2011

Maroni: il nostro intervento umanitario

Il ministro dell`Interno spiega in un'intervista a 'La Padania' i contorni dell`operazione in Maghreb e sferza la Ue: «Deve garantire aiuti ai popoli e non minacciare l`uso della forza, altrimenti fa un regalo ai fondamentalisti»

Di Paolo Bassi

«Ci siamo mossi senza aspettare il "plantigrado" Europa, perché siamo di fronte ad una vera emergenza». Roberto Maroni rivendica il ruolo che sta giocando l`Italia sul difficile scacchiere della crisi in Libia sottolineando la tempestività della missione umanitaria iniziata ieri. «Ai primi fuochi della rivolta - osserva il ministro dell`Interno - abbiamo subito messo sul chi va là l`Ue. In prima battuta ci hanno accusato di fare dell`allarmismo, oggi invece è la stessa Commissione europea a stimare in 77mila le persone fuoriuscite in Tunisia. E altrettante ce ne sarebbero, ancora entro i confini libici, pronte a compiere lo stesso percorso».

Una situazione potenzialmente esplosiva.

«Ho lanciato l`allarme un mese fa sostenendo che la situazione in essere rischia di trasformare il Maghreb in un nuovo Afghanistan. L`altro giorno il capo del dipartimento di Stato americano Hillary Clinton ha usato la stessa espressione».

Ministro, come è articolata la missione italiana?

«Il nostro contingente umanitario opererà nella zona di Ras Ej Der dove è già attiva una base dell`Agenzia Onu per i rifugiati e dell`organizzazione internazionale delle migrazioni. A queste si aggiungerà un campo base italiano con una struttura di pronta accoglienza. L`obiettivo è quello di prevenire flussi massicci di migrazione verso l`Italia».

Un rischio, quello dell`esodo verso i nostri confini, che continuate a sottolineare.

«Poco distante dai campi base della missione ci sono i porti di Zarzis e Djerba dai quali sono partiti tutti i barconi arrivati a Lampedusa nel mese di febbraio. Il pericolo, quindi, è che le persone attualmente presenti al confine fra Tunisia e Libia raggiungano questi scali marittimi per imbarcarsi in direzione dell`Italia. La nostra missione umanitaria, oltre all`assistenza, serve proprio per cercare di evitare questa possibilità».

Parallelamente marcerà il rimpatrio verso i paesi d`origine.

«Esattamente. Il 70 per cento dei fuoriusciti dalla Libia sono cittadini egiziani. Compito della nostra missione è aiutare le autorità tunisine a riportarli nel loro Paese».

L`11 marzo si terrà una riunione dei capi di Stato e di Governo della Ue sull`emergenza. Quale sarà la posizione italiana?

«Torneremo a chiedere che tutti i Paesi europei affianchino l`Italia nell`impegno umanitario e lavorino per fare in modo che la transizione in Maghreb possa avvenire attraverso un processo scevro della contaminazione del fondamentalismo islamico. E questo lo si può ottenere promettendo aiuti e non minacciando interventi militari, come invece purtroppo è stato fatto. Il ricorso alla forza o la sua continua minaccia è solo un regalo alla propaganda degli estremisti musulmani che così si possono accreditare come "amici" dipingendo l`Europa e l`Occidente come nemici. Io spero davvero che il Consiglio europeo dell` 11 marzo sia in grado di varare un "Piano Marshall", ossia investimenti e aiuti per queste aree, che accompagni la transizione verso un sistema sociale, politico ed economico che non sia ostile all`Europa. Se nascono i califfati, gli emirati, i sultanati di impronta saudita o di matrice islamica, richiamo davvero che la situazione peggiori ulteriormente. In un simile contesto è infatti facile ritenere che altri paesi, come Algeria e Marocco, possano infiammarsi, innescando un effetto domino incontrollabile».

A conferma di quanto dice, c`è già la dichiarazione dell`ayatollah ultraconservatore, Ahmad Khatami secondo il quale sarebbe l`Iran ad aver "ispirato" le rivolte nel mondo arabo.

«Quanto ha detto non è vero. Ma è evidente il tentativo di accreditarsi per il "dopo". L`Iran vuole diventare un punto di riferimento. Geograficamente noi siamo più vicini di Teheran, ma mentre loro promettono sostegno. Nato e Stati Uniti, minacciano il ricorso alla forza. E l`Ue, per ora, sta zitta. Invece, ribadisco, dovrebbe assumere una posizione chiara e dire a questi Paesi: completate il processo di transizione democratica e noi saremo lì ad aiutarvi se ci garantite di contribuire alla lotta contro il fondamentalismo islamico. La voce dell`Europa deve essere una e chiara: siamo contro le violenze dei regimi, contro l`estremismo religioso e siamo pronti a fornire aiuti e non bombe ai popoli che vogliono affrancarsi».

Oggi però "trattare" con la Libia è molto difficile. I rivoluzionari non hanno un leader, né strutture chiare e autorevoli.

«Trattare con la Libia è impossibile. Tanto con i rivoltosi, quanto con il regime. Però con gli altri Paesi, per quanto difficile, è possibile farlo. E parallelamente dobbiamo farci trovare pronti a qualsiasi scenario possa tratteggiarsi».

Allude al "piano b", quello per affrontare l`ipotesi di un esodo massiccio verso il nostro Paese?

«Certo, dobbiamo tenere sempre presente questo pericolo. Anche se, per fortuna, si registrano anche notizie confortanti. Due giorni la Guardia costiera tunisina è intervenuta su nostra segnalazione e ha bloccato un barcone con oltre cento clandestini che stava navigando verso l`Italia. Purtroppo operazioni di questo tipo non sono frequenti. E poi c`è l`incognita Libia, dove ci sono circa un milione e mezzo di persone che prima o poi cercheranno di scappare».

A tal proposito, il ministro degli Esteri di Parigi ha chiesto all`Italia di non lasciar andare gli immigrati tunisini che vogliono raggiungere la Francia.

«Ho letto le sue dichiarazioni e mi hanno meravigliato. Noi i clandestini li teniamo nei Cie e non li lasciamo andare. Certo che se la preoccupazione degli altri Paesi non è quella di aiutarci nei controlli ma quella di chiederci di tenere tutti gli irregolari che sbarcano sulle nostre coste, mi sembra abbiano un`idea molto strana di quella che dovrebbe essere l`Europa unita».





   
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